L’essenziale e il superfluo

Commenti

  1. Bel testo, davvero, grazie, carissimo.
    Mi sembra che tu descriva bene quella domensione "poetica" del pensiero che sa produrre il mistero della realtà in modo più vivente del pensiero troppo rigidamente concettualizzato.
    In realtà ogni concetto porta con sé l’immagine da cui deriva.
    Il "poetico" è consapevole di questa origine immaginativa dello stesso pensiero razionale, e non si arroga perciò la pretesa di definire ciò che per sua natura è in-finito.
    Mostra il Vivo in vita…lo comunica come vivente…o almeno ci prova.

    Un abbraccio
    letta

  2. paolabalestreri dice

    Caro Alessandro, solo oggi ho finalmente avuto il tempo di godere pienamente della tua esecuzione di Beethoven su questo sito e di leggere il testo che l’accompagnava.
    Mi ha colpito quello che dici di aver imparato dal tuo maestro e cioè che quello che conta in musica non sono i suoni, di per sé, ma le relazioni che tra questi si instaurano, volta per volta. E il fatto che queste relazioni devono tener conto della situazione concreta in cui accade l’evento.
    Continuavi ricordando che essere in ascolto significa perciò ritrovare quella condizione di silenzio interiore, la Coscienza pura, che è la condizione originaria attraverso la quale siamo in grado di mettere in relazione i suoni fra loro, stabilendo di volta in volta le priorità.
    Infine ti chiedevi e ci chiedevi se non è così anche nella vita e nei rapporti interpersonali.
    Mi sembra di capire che questa idea di verginità che descrivi in questa tua esperienza pittorica – riferendoti anche a Cézanne – sia sempre la stessa esperienza: come uno stato di smemoratezza che, solo, ci consente di percepire la magia, il miracolo della nostra presenza qui e di compiere un atto veramente creativo, nuovo, capace di mettere ordine e di stabilire le priorità. Un atto tanto più originale e ‘mio’ quanto più non desidero possederlo, facendomi canale di ‘altro’.
    Nei rapporti con gli altri questa verginità è preziosa, forse è ciò che ci da la giusta misura.
    Penso per esempio al mio ruolo di madre: quante volte mi scopro invasiva, sottilmente giudicante sulla base dei miei preconcetti che appiccico ai malcapitati. Lasciare liberi coloro che ci sono stati affidati: liberi di essere, di esprimersi per come sono e non per come li vorremmo. Sicuramente migliori di come potremmo pensarli. Questa mi sembra una grande sfida. Auguri!
    letta

  3. sì Marco, è proprio nella dimensione poetica, che musica e parola si possono incontrare… far musica e ascoltarla, come l’atto poetico è un Erlebnis, un’esperienza vivente. Tutti i riferimenti prosaici invece sono frutto di un esperienza ponderata (Erfahren), sono dimensioni estranee a quelle propriamente artistico-poetiche, anche se ne derivano e potrebbero prepararne nuovamente il terreno.

    Con Paola mi trovo molto in sintonia per quello che dice del nostro ruolo di genitori, banco di prova del nostro grado di maturità raggiunto.

    Auguri anche a voi
    letta

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