Terza Meditazione: Chi sono io nel perfetto perdono

Commenti

  1. … sorrido e mi abbandono
    io mi abbandono sorridendo alla vita; ma, non accolgo atrettanto sorridentemente, l’altro e la vita.
    In fondo la mia reale difficoltà è quella di accettare di stare/vivere in questo mondo.
    Come se al fondo il mio desiderio di morte, per fondermi nel tutto, fosse il desiderio più intimo, vero e unificante in me… . Come se non mi sentissi adatta ad accogliere, ma solo a lasciare: "la vita".
    Trovo strano questo, poichè io sono "ora" serena; in pace , sia in famiglia che con me stessa. Eppure contemporaneamente è come se un "atteggiamento" depressivo mi qualificasse; ciò nonostante, senza per questo diventare un "sentimento" depressivo.
    Questo, seppur confuso, è il mio punto.
    Se non avessi cercato di dirmi a voi non ci avrei pensato.
    Grazie e ciao a tutti
    Rosella
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  2. marcoguzzi dice

    Carissima, quello che scrivi è molto importante.
    Noi infatti siamo fatti a strati, e quella disperazione di fondo che percepisci è un punto preciso della geografia della nostra anima, un punto che noi chiamiamo punto di scissione, il luogo emotivo in cui siamo stati tagliati fuori dalla vita.

    Questa ferita può essere raggiunta e attraversata, ogni volta di nuovo, ad ogni pratica (psicologica o spirituale), per scoprire che, abbandonandoci in quella impotenza, senza resistere o riprodurre le antiche e inutili difese, e facendo di quel luogo disperato un luogo di richiesta di aiuto e di preghiera, e quindi di relazione col principio della vita, possiamo sbucare ogni volta di nuovo nell’Aperto di una integrità senza tagli o separazioni.

    Inesauribile cammino di integrazione/guarigione.

    Credo che sia questo luogo disperato l’area che tu oggi puoi contattare e sanare, per aprirti ad un’esperienza più matura della fede, che proprio lì, al fondo di ogni disperazione, trova la propria verità.

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  3. Grazie Marco Guzzi per quel che mi dici.
    Ma c’è qualcosa di diverso, una sorta di "non disperazione" in ciò che contatto.
    Una sorta di mancanza di emozione della disperazione, in questo luogo d’impotenza; che questa notte mi ha fatto formulare questo pensiero: Spesso quel che "non lascio consapevolmente" è proprio la quotidianità.

    Quelle faccende in cui "posso sbrigarmela da sola".
    Eppure se ci penso bene il dramma della mia vita si è formato (anche per quello che ho riconosciuto nel passato dell’infanzia) giorno per giorno, con piccole cose.
    Come pietruzze poste una sull’altra che si sono accumulate soffocando il cuore.

    Senti non ho la pretesa di capire, ne di parlare la stessa lingua.
    In fondo non sò neppure meditare.
    Mi piacerebbe e desidererei ascoltare la voce dell’esperienza di chi quest’avventura la vive gia.
    Buona giornata
    Rosella
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  4. radio europa dice

    Vi segnaliamo l’intervista a Marco Guzzi sul programma Radio Europa di Radio 1 Rai, che parla della crisi dell’Europa dopo il voto della scorsa settimana.
    http://www.radioeuropa.rai.it

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  5. Marco Guzzi,
    hai ragione.
    Quello che contatto è proprio l’essenza emotiva della mia scissione, nell’esperienza del "perdono".
    Io sono veramente "un’impunita".
    Ci sto lavorando.
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  6. Una delle cose più difficili da capire, da accettare, e poi da sperimentare nel cammino interiore di liberazione è che torniamo integri proprio scendendo ogni volta di nuovo nel punto in cui siamo stati fratturati, che cioè la vita nuova scaturisce solo dalla discesa entro la ferita che ha prodotto e continua a produrre la nostra vita dissennata.

    A volte noi invece cerchiamo il divino proprio allontanandoci dai nostri inferi, dalle nostre ferite, dai nostri luoghi più infami e tenebrosi, e così ci costruiamo un cielo di cartapesta, utile solo per le mascherate di carnevale.

    No, paradossalmente il cielo vero si apre proprio nell’abisso di una notte senza più speranze (umane), e cioè proprio nel luogo in cui sperimentiamo il nostro essere tagliati fuori dalla vita e dal bene, la nostra impotenza, il nostro essere perduti, e "de profundis" innalziamo però la nostra invocazione di aiuto a Dio, alla Vita, ricollegandoci così alla sua forza: questo nuovo stato lo chiamiamo io in relazione, il nuovo io immacolato.

    Sapienza pasquale, sapienza battesimale.

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  7. O.K. Marco Guzzi,
    mi permetto continuare.
    Comprendo quello che dici poichè, se pur, non nel metodo da te proposto, ma, in una sorta di meditazione a cui sono pervenuta all’interno della psicoterapia; quegli inferi lì li conosco.
    Li ho attraversati in compagnia del "certosino", nella purificazione del cuore; tenuta per mano saldamente da una persona competente in psicoterapia..
    Ora a me non pare molto differente da quello che fate voi. Anche se sono consapevole che la "questione" non è risolta una volta per tutte, ma che vi sono cicli di ritorni: Mi pare però che vi sia una differenza come nella faccenda del bicchiere: mezzo pieno o mezzo vuoto.

    Un bicchiere è un bicchiere, per metà è pieno d’aria e per metà… pieno di vino.
    Se hai sete bevi e se desideri respirare tieni fuori dal vino il naso.

    Qui è uguale. Forse ogni tanto nella vita, dopo tanto dolore attraversato e lasciato (dopo tanto peccato lavato dallo Spirito e nel sacramento) si comincia a percepire che ( il Risorto esiste veramente) il Nascente nasce.
    Io cercavo il mio Risorto, più o meno come la Maddalena.
    Forse quando l’incontro comincia ad essere esperienza, si può cominciare a vivere un poco in pace, nel proprio "centro".
    Si scopre che "tutto è dato". Anche il perdono. E che magari "possiamo godercelo".

    Magari ci vuole quel tanto di "vuoto" per accettare di "godercelo"!
    … di concepirsi illimitato limite o limite illimitato… in quell’incontro: "per dono"

    Avere/prendersi il permesso di essere anche nella pace… unitamente alla consapevolezza che non puoi più tornare ad allevare i tuoi figli, con questo "cuore nuovo"! che non possedevi, mentre imprecavi contro la vita; mentre testimoniavi alla tua stessa carne che: la vita non era degna di essere vissuta, ne procreata, ne continuata…. mentre invocavi l’esser sterile e la morte.

    Ma che ne sai tu di quale pozzo ho attraversato, prima di giungere qui?

    Ritieni opportuno conoscere le "grandi colpe " da cui "siamo state" travolte, mia madre ed io?

    La morte di mia sorella,prima d’esser concepita io; e della quale ho preso inconsapevolmente il posto? o l’allattamento interrotto su consiglio medico, e nel quale mi sono lasciata morire d’amore?
    L’impotenza umana è persino oltre la propria colpa e la colpa dei nostri genitori naturali. L’impotenza umana è "storica".(Sembra la storia del cieco nato: "chi ha peccato lui o i suoi genitori?"

    "Che il Signore ci doni RI- CONOSCERE e sperimentare IL DOLORE NELLA gioia della PACE".
    (… ma forse questa è cosa da donne, quando prendi tra le braccia il figlio che hai appena partorito!)

    Ciao e Buona domenica.
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  8. Marco Guzzi, appena postato ho riletto e: "Vuoi vedere che ho frainteso e dicevamo la stessa cosa?"
    Se così è, scusami e "lascia andare".
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  9. Stride la carne
    Nel "voler"
    Attaccata all’osso
    Abbarbicata lì
    Quel tanto o poco
    Basti continuar
    "la fame".
    letta

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