Poesia quanto basta, sobrietà e compassione
Se desidero che nella mia vita soffi l’impercettibile soffio della libertà ho da preparare tutti i giorni una dimora sufficientemente sgombra da ciò che è inutile e sufficientemente cava da accogliere l’eccedenza. Proprio come tutti i giorni arieggio casa.
Per una dimora sufficientemente sgombra imparo tutti i giorni ad essere un po’ più sobria, di una sobrietà che parta da una decisione del cuore e da una voglia di pulizia della testa.
Che parta da dentro e raggiunga mani e piedi.
E scorra nelle mani non accaparratrici che sappiano offrire, aggiustare, lasciare, scambiare, condividere e non solo prendere, acquistare,conquistare.
E scorra nei piedi che non desiderino più soltanto calpestare, mangiarsi in fretta chilometri pigiando l’acceleratore, stare nelle scarpe, stare in quelle all’ultima moda, stare in due scarpe diverse per mero vantaggio personale, camminare indifferenti e scortesi.
E scorra nei piedi a imprimere il giusto passo, la leggerezza, la voglia dell’incontro e del riposo, del cammino, della danza e della sosta.
Che parta da dentro a contenere le voracità, tutte le voracità, anche quelle di belle parole, di buoni libri, di idee illuminate.
Perché anche ciò che è buono e bello va gustato e non ingurgitato, va calato in ogni fibra offrendo tempo, attenzione, spazio e diventi parte di noi e non scivoli via veloce senza nulla cambiare dentro e attorno a noi.
Che parta da dentro e sappia condurci a vedere come stiamo diventando unilateralmente vocati al consumo e sempre più smemorati circa la nostra vocazione ad essere felici, come stiamo preferendo l’apparire su qualche palcoscenico effimero anziché vivere davvero la propria vita con le porzioni di rischio e di responsabilità da assumere in compagnia con gli altri uomini e le altre donne.
La sobrietà rende concava la mia vita per stare intensamente nella vita e stare con gli altri in regime di attenzione ai più piccoli segnali di bellezza e di dolore.
I dettagli di bellezza accolti sono la festa dell’anima oltre che degli occhi e germinano parole nuove nel mondo, le parole di tutti e di sempre dette con grammatiche altre da quelle consuete e ritmi che s’accordano con la semplicità della vita.
Parole di tutti e di sempre risvegliate dai loro torpori e squarcianti i nostri.
Parole di tutti e di sempre che suscitano il senso dell’incomparabile dagli angoli dimenticati dove l’abbiamo relegato, quasi fosse inutile.
Parole di tutti e di sempre come piccole luci a far rinascere in noi il senso dell’unicità di ognuno, spogliato d’arroganza, e tutte le possibilità d’essere che abbiamo soffocato, e gli stupori che credevamo ormai estinti.
E i più piccoli segnali di dolore, i gemiti, i sospiri che salgono da sotto la pelle del pianeta e si fanno leggibili nei pori degli esseri viventi e nell’incrociare sguardi di chi ci cammina a fianco: anche loro accolti nella nostra dimora resa un po’ concava dalle decisioni di quotidiana sobrietà.
Ogni più piccolo segnale di dolore s’accomuna al nostro e ogni gemito e sospiro diventa tutt’uno col nostro patire che la terra è sottoposta a violenza, che i miti sono sopraffatti e che di ingiustizia sono intrisi i nostri rapporti.
Questo compatire si fa com-partire.
E nella strada che parte dall’avvertire che stiamo partecipando del dolore fino ad arrivare a partecipare lo stesso cammino ci sta di mezzo il com- partire i sogni gli uni degli altri e contaminare i propri con gli altrui.
La compassione non è un buon sentimento, un po’ inerte e un po’ dolciastro: può portare ad ospitare un lupo nel cuore accanto a quello che ulula in noi e trasformarli entrambi in cantori della bellezza della luna. E questo è il caso in cui la compassione è legna per il buon fuoco dell’indignazione e della lotta per le trasformazioni attorno, quando le cose attorno hanno il virus dell’ingiustizia.
Altre volte la compassione si declina con la compagnia discreta a se stessi, con l’assunzione silenziosa nel laboratorio alchemico delle trasformazioni profonde e sottili che ci fanno fare passi verso l’armonizzazione di sé.
Lotta non meno ardua contro il virus dell’intolleranza che vorrebbe cancellare in noi parti di noi, piuttosto che fermarsi a dar loro nome e volto, e guardarle con tenerezza e trasformarle.
Eva
Grazie, carissima, di queste parole, sempre così precise, puntuali, nutrienti.
Mi piace in particolare la sottolineatura del tempo necessario a gustare veramente le cose.
Mi piace che sia in fondo una questione di gusto, e non tanto morale o legale, a spingerci ad una certa sobrietà: troppe cose sono sempre un po’ volgari, e ben poco godibili.
La vacanza è un po’ anche la scoperta di quanto poco basti per essere felici:
di quanto "vuoto" basti….
letta
Cara Eva,
ogni volta che ti leggo "mi fai venire un nervoso, ma un nervoso" che non ti dico. Prima o poi ti faccio fare la fine del Grillo in Pinocchio. Oppure no?
M’innervosisci così tanto che poi "mi tocca" meditarci sopra. Una di quelle faccende alla Marco Guzzi. "sorrido e lascio andare".
Tanto per dirne una: i piccoli passi… 1, li ho proprio stampati e portati in montagna.
Ogni tanto li rileggo e, quasi, ma solo quasi, non mi innervosiscono più.
Ma come si fa ad essere così? proprio agli antipodi del mio "pressapoco", del mio fare e poi pensare.
Il fatto è che io mi piaccio così come sono ma in un certo qual modo: "Tu mi manchi".
Dentro di me manca un qualchecosa che tu hai.
Interessante non trovi?
E’ come se anelassi a qualcosa che non ho e che tu hai, eppure non mi cambierei per nulla al mondo, ma forse esser migliori è un desiderio che: nasce da sè!
Grazie di tutto.
Rosella.
letta
… ora lo sò! ho nostalgia.
Nostalgia di tempi antichi, quelli in cui ero tra le braccia di mia madre, contemplata sorridendo da mio padre.
… come: " nata ora".
Tu mi proponi di rivisitare la mia peculiarità, col mio di temperamento, quello che mi ritrovo addosso; alla luce di una storia, antica e nuova.
Grazie ancora e di cuore.
Per favore, continua, "a me fa Bene".
letta
Grazissime,Eva
Si è possibile vivere la sobrietà con-passione e un po’ di poesia,oltre che a casa nostra anche in vacanza a ferragosto. !!
Sono appena rientrata da una breve com-partecipazione di tre giorni (in realta’ tutta l’eperienza era di una settimana) auto gestiti da un gruppo di famiglie di Capannori(prov.di lucca) presso una canonica in prov. di AREZZO.
Il gruppo ruota intorno ad alcune coppie legate da un’amicizia nata ai tempi della loro adolescenza all’interno della parrocchia.Tutti hanno figli dai 4 ai 18 anni e intendono vivere insieme a loro il valore della ricerca spirituale, dell’amicizia ,della collaborazione,della sobrietà,della creatività anche in vacanza.La gestione dei gruppi di figli -bambini, adolescenti è stata guidata da un giovane o da un genitore e la meditazione-preghiera del mattino animata da Arturo Paoli,riferimento del gruppo in incontri mensili.
Alla cucina pensavano tre bravissime nonne,la sera caccia al tesoro e danze popolari davvero
com-partecipate,preparazione e cottura del pane nel forno a legna,laboratori creativi sul tema della sobrietà e camminate a passi lenti.Arturo Paoli,ha sommessamente detto che quei giorni sono stati caraterizzati da un’impronta veramente rivoluzionaria,capace di "amorizzare il mondo".
Ancora piena di gratitudine e di meraviglia posso dire di aver vissuto con tutti loro e insieme a mio marito un anticipo di Paradiso e di realizzazione poetica.
letta