In Rete come Uno, Nessuno o Centomila? Il Professore Ne Parla Con Gli Studenti.

Commenti

  1. — Esempi —

    Sono una ex studentessa del professore Cirica.
    Tento di esporre in breve la mia opinione.
    Cosa ci spinge a condividere certe idee, certe parole in rete?
    Dipende molto da persona a persona e anche dal posto in cui ci si trova.
    Per esempio io sono iscritta a Netlog un social network simile a Facebook. La maggior parte delle persone che sono iscritte a questo sito sono:
    1. adulti in cerca di ragazzine
    2. fake
    3. adolescenti dove la maggior parte sono ragazze/i che si fanno foto stile spogliarellista
    4. quell’un per cento di persone che pubblicano foto normali.
    Vi cito qui la presentazione che ho scritto su Netlog:
    “Foto di ragazzine mezze nude: slip, regiseno o niente.
    Cos’è, sentirvi dire “Siete Fighe E Scopabili” vi fa sentire realizzate?
    Bè vi basta poco!
    Tentate di avere ancora un pò di Dignità.-
    No, non sono gelosa. Sono solo Realista.
    Fuori da questo sito siete solo delle Bambinette, niente di più!
    Il bello è che non avete neanche le palle di rispondere e per questo mettete in lista nera solo perchè non sapete creare un discorso argomentato. Penose.”
    Ho avuto anche delle discussioni con queste ragazze per scoprire alla fine che “copiano” il modello televisivo delle veline. Soprattutto perchè la maggior parte di loro fuori da quel sito sono delle ragazze semplicissime, ma in quel sito diventano delle mini porno star già a partire dai 12 anni.
    Altre sono ragazze che essendo fisicamente robuste (nulla in contrario al fisico!) facendosi foto in certe posizioni in regiseno mostrando solo il seno si sentono apprezzate così.
    Per poi non parlare degli adulti che tentano di abbordare queste ragazze! Uomini anche sposati che ci provano con ragazzine che potrebbero essere loro figlie!
    Oppure i fake, persone che si spacciano per altre, che si nascondono dietro a foto di altre persone! E perchè? Perchè hanno paura di mostrarsi per ciò che sono realmente.
    Ma i direttori di netlog non fanno niente per fermare questi pedofili e queste ragazzine.
    Si può definire Netlog come la nostra società, perchè la società moderna in cui viviamo ci spinge ad essere delle veline perseguitate dai “Papi” (e per chi capisce, a chi mi riferisco complimenti!) dove ogni cosa gira intorno all’aspetto fisico.
    Facebook trovo che sia un pò diverso, forse anche un pò più serio perchè appena ci sono dei post razzisti o offensivi la polizia postale tenta di darsi una mossa il più veloce possibile.
    Penso, oltre al fatto che certi siti siano una nostra società in miniatura, che internet sia un posto dove la maggior parte delle persone si comportino in un modo che dal vivo non farebbero mai.
    Per esempio le ragazzine seminude di netlog, alcune di queste (non tutte) nella vita reale sono delle associali. Un altro esempio sono quelle persone che qui sui siti sono dei leoni e nella vita vera non hanno le palle (scusate il termine) di dire le cose come stanno.
    Tutto sommato ci nascondiamo dietro ad uno schermo dove nessuno ci può “sputtanare” (riscusate!) dal vivo.
    Qui concludo e spero di essere stata chiara visto che quando voglio esporre le mie idee su questo genere di avvenimenti mi impappino un pò
    Ho voluto solo citarvi degli esempi che ho vissuto sulla mia pelle e dei quali posso sicuramente discuterne.
    Ciao (:
    Irene

  2. Anche io sono un’allieva del professor Cirica e anche io condivido a fondo ciò che ha detto Irene nel commento precedente….
    non sono iscritta a netlog proprio perché una volta visti i contenuti del sito mi sono sentita uno schifo, perchè anche io faccio parte di questa società dove solo l’apparenza è importante. proprio in questi giorni, abbiamo affrontato a scuola un discorso sul libro di O. Wilde: “IL Ritratto di Dorian Gray” esaminando in particolare un passo dove Lord Wotton afferma che l’unica cosa importante per questo mondo è l’apparenza, la bellezza… bhè questi siti secondo me rispecchiano la società di allora ma soprattutto la nostra dove gli esempi più ambiti sono i calciatori ignoranti e le veline con il culo di fuori che anche bambini e bambine possono vedere alla televisione dalle 7 e mezzo di sera…. per non parlare poi del meraviglioso esempio del grande fratello (mi rifiuto di scriverlo con la maiuscola).
    Siti come netlog o facebook potrebbero essere usati come strumenti importanti, di divulgazione, notiziari, informativi ma purtroppo le uniche informazioni che vedo sono prese in giro sul calcio video stupidi e gruppi inutili. Ogni tanto passa qualche canzone degli anni ’70 che alcuni ragazzi sanno ancora apprezzare. Tuttavia quello che penso è che se un ragazzo della nostra età si vuole informare deve andare cercare da solo sul web, guardando anche siti stranieri non corrotti come le nostre riviste e i quotidiani.
    Come mezzi di comunicazione fra persone fb lo trovo utile, io ad esempio sono riuscita a mettermi in contatto con vecchi amici che non sentivo da tanto ma diverse persone utilizzano le amicizie di fb solamente come una gara tra pirla a chi ha più amici su facebook…. assurdo.
    Mi dispiace, ma per la mia umile opinione, il progresso tecnologico e della società sta solo portato la mia generazione alla distruzione, ragazzine di 12 13 anni che hanno come ambizione quella di pubblicare la foto più hard del sito mi fanno personalmente schifo

    Ciao
    Francesca 😛

  3. Ivan Malara dice

    Ciao. Sono un attuale studente del professor Cirica e sono contento di aver scoperto un altro sito interessante che propone nuove questioni ancor più interessanti. Anche questo sito d’altronde è racchiuso, comprende ed è compreso, entro le parole delle domande che voi ci ponete (veramente belle e significative). La seconda domanda sembra addirittura rispondere ad un’altra domanda: “Cosa proviamo, cerchiamo, offriamo, quando ci colleghiamo al mondo?” La domanda ci parla (e ci chiede anche) “del mondo” rispondendo così, forse, alla domanda successiva: “La Rete potrebbe essere lo “specchio” del mondo? Oppure è un luogo del tutto immaginario, o falso, o ludico?”: la Rete è anch’essa il mondo, si tratta solo di capire cosa si intenda per “mondo”.
    Come nel mondo incontriamo persone, assistiamo a fatti, camminiamo e sappiamo riconoscere le varie zone e i vari quartieri delle città, così in Rete riconosciamo i luoghi, cioè i siti, che ci interessano e sappiamo discernere con accurata distinzione i “netlog” dai “facebook”. Se prima dicevo che la Rete è anch’essa il mondo, ossia rientra nelle possibilità che il mondo mette a disposizione, ora però quasi involontariamente ho anche detto che la Rete è “un mondo” paragonabile al mondo… Anche la scuola è un piccolo mondo, nella classe si leggono già i caratteri della futura società, ma penso che la Rete abbia molti più termini di paragone da spartire col mondo “generale” (ci sono scuole anche in Rete!) di quanti ne abbia la scuola. Insomma, c’è veramente di tutto in Rete, e mentre i confini del mondo li conosciamo bene, la Rete è invece in continua espansione, non si ferma mai. E’ importante quindi non perdersi in questo continuo spazio/temporale, un continuo che sussiste proprio perché non c’è alcun tempo e alcuno spazio rischiando di entrare quasi in un altra dimensione, in un altro mondo appunto. Non è di poco conto il fatto che quando si sta al computer non ci si rende conto del tempo che passa (penso che questo non capiti solo a me). Il rischio però non è solo quello di perdersi in questo continuo senza riuscire più ad uscirne, ma è un altro: è il rischio, che diventa problema, di quando dobbiamo rapportarci con gli altri.
    Alla domanda: “Siamo proprio sicuri che non si possa essere “veri” anche in uno spazio come Facebook?”, la mia risposta è decisamente negativa. Anche in uno spazio come Facebook non saremo mai veri. Una delle tante cose che mi ha insegnato il professor Cirica è che verità significa originariamente (lo sottolinea anche Heidegger) qualcosa come non-nascondimento (aleteia, dove la “a” è privativa se non mi sbaglio). Come possiamo noi dunque essere veri in una dimensione -quella del continuo dove tempo e spazio sono assenti- che non è la nostra? Noi siamo noi solamente dove siamo. Questa frase può sembrare stupida, ma serve ad introdurre il concetto che il modo più usato per presenziare in questo continuo che è la Rete, forse il modo principale, è la scrittura: una scrittura che oso definire “morta” perché è la prima a perdersi nel rischio della Rete. Non è proprio un’accezione negativa di scrittura, e forse questo mio concetto prende piede da una certa eco di Blanchot che mi è rimasta ancora in testa…
    Quando scriviamo in Rete spesso tralasciamo le maiuscole, lasciamo correre qualche errore lessicale, e questo non è puramente negativo, ma indica soltanto il fatto che l’esperienza della nostra scrittura, quella per cui noi siamo e con la quale presenziamo nel mondo “generale”, è completamente sconvolta in questo mondo e appunto per questo motivo è la prima a plasmare questo mondo.
    Nell’esperienza diversa della scrittura in Rete è già possibile rilevare la traccia di un mondo diverso, in cui la scrittura vera e propria (che SIAMO noi stessi) è spesso trascurata e cede il passo ad un’altra scrittura (che non SIAMO noi) per così dire “morta”. Ma forse mi sbaglio ed è tutto all’opposto, nel senso che in Rete la singola persona può tralasciare gli insegnamenti e mostrarsi per la persona che è veramente, in tutti i suoi errori lessicali, senza che nessuno la pregiudichi…
    Come al solito mi dilungo troppo e non sono riuscito a rispondere alle domande, però ci tenevo prima di tutto a sottolineare il ruolo che lo “scritto” ha in Rete.

    Grazie. A presto. Ivan

  4. Un veloce commento a caldo: complimenti Renato per la profondità dei tuoi studenti!

  5. scritto da: Sara (che ormai non è più studentessa)

    No che non ci sentiamo responsabili delle nostre parole!
    Perchè è molto più facile parlare e dire ciò che abbiamo dentro quando lo “digitiamo” sulla tastiera?
    Manca, manca l’intonazione della nostra voce, lo franchezza dei nostri occhi, l’insicurezza dei gesti delle nostre mani.
    Ho il brutto vizio di dimenticarmi con troppa facilità ciò che dico, penso a riguardo di qualsiasi cosa nell’arco di 24 ore. Forse perchè anch’io, come tutti, rifletto troppo su quello che devo comunicare?
    O forse non ci rifletto abbastanza.

    In ogni caso, sarebbe il sintomo di una scarsissima importanza data alla nostra figura (vera) nel mondo della Rete. Siamo convinti di vivere una vita parallela, dove appariamo solo nelle nostre foto migliori, nelle nostre frasi migliori, nei nostri pensieri migliori, nell’immagine che noi vogliamo dare di noi stessi.

    Ma io dico, è praticamente impossibile capire come siamo dentro per noi stessi (e miglior amico con cui parlare di sè stessi al mondo non c’è), figuriamoci riuscire a dipingerci in maniera reale (e non realistica!) per qualcun altro!! A maggior ragione se non ci accettiamo!

    Forse Internet è come lo specchio di non so che favola, nel quale tutto ciò che veniva riflesso era la bella copia dell’oggetto/persona reale. Sì, è vero, si potrebbe anche dire che viene utilizzato per scopi di divulgazione, umanitari, di informazione (ed in Italia ce n’è proprio bisogno!), ma con tutta l’onestà di questo mondo, io credo che ciò venga fatto per il nostro desiderio di essere apprezzati e lusingati, e sfamare 10.000 bambini in Congo è un buon modo per raggiungere questo obiettivo. Pubblicizzandolo su internet poi, è un successo assicurato.

    Non so se il passaggio è stato “Considerazione delle persone in tv -> considerazione delle persone in Rete” o viceversa, sta di fatto che oggi come oggi, ovunque si guardi, si veda la stessa cosa, ossia la NECESSITA’ di dare un’immagine distorta di sé stessi. (Come sto facendo io in questo momento andando a cercare su internet il modo corretto di scrivere “sé stesso”)

    Quindi, io sono qui, sto cercando di comunicare insieme a voi, ma son pur sempre seduta sulla mia sedia sola (o quasi) nella stanza. E che profonda tristezza che mi prende! La cosa peggiore, è che non riusciamo più a renderci conto se poi, quello che siamo veramente, è normale e diffuso, che ciò proviamo non sia nostra peculiarità, ma siano sentimenti che tutti quanti avvertiamo!

    Questo sensazione di essere dispersi, non riuscire a collocarsi in nessun luogo, è molto accentuata da internet! Perchè non c’è più lo sguardo d’intesa tra due amici o due amanti, che sovrasta le parole. Internet E’ parola! Senza parola, senza scrittura, non esisterebbe! Ed anche se sta prendendo piede l’idea di pubblicare video dove parliamo, ci esprimiamo e diciamo la nostra (ed è una cosa che mi sta facendo impazzire di pensieri perchè ho scoperto questo nuovo lato della rete da pochissimo!), non avranno mai l’immediatezza di un rapporto umano in carne ed ossa.

    I sensi sono 5, siamo stati fatti per usarli tutti. Ne usiamo al massimo 3 davanti al computer!

    Cosa desideriamo mettere in gioco? E’ proprio questo il problema. Ho in mente quest’immagine: un cancro, il “gioco” della nostra vita su internet, che si impadronisce piano piano dei nostri organi sani, il nostro nome che diventa un nickname anche nel richiamo dell’amico sotto casa, i nostri visi che diventano truccati come quelli delle foto su facebook anche quando andiamo dal panettiere, perchè “potrei incontrare qualcuno”, e alla fine si prende quella scintilla vitale, quella voglia di vivere che ci caratterizzava da bambini, che ci faceva amare l’erba fresca e l’aria pulita. E siamo morti, anzi, spenti. Proprio come un computer dallo schermo nero.

    Mi piaceva questa immagine, devo però aggiungere per dovere di cronaca un appunto: penso che questa scintilla la si perda nel momento stesso in cui si cresce, e si comincia a guardare con occhio critico il mondo che sta intorno a noi, ma soprattutto dentro noi, che ci ha presi e fatti a sua immagine e somiglianza (una bella immagine schifosa direi!). Forse anche nel 1300 accadeva, dev’essere un meccanismo scritto nel dna umano…

    Per concludere (se non la finisco più), in un mondo finto, non possiamo far altro che essere finti. Ed è un paradosso che io lo dica, perchè se in questo momento dovressi essere finta, allora quello che ho detto non avrebbe valore, e quindi al contrario ciò che dico rappresenterebbe la realtà, e ritorniamo all’inizio del cerchio.

    Purtroppo la nostra era è più maledetta di altre, ovunque abbiamo stimoli a rendere diversa la nostra immagine, e dunque noi stessi.

    (Scusate se a volte il post risulterà troppo criptico o incomprensibile, mi sono emozionata perchè il prof. Cirica mi ha paragonato a Rimbaud e potrei aver perso la lucidità!)

    “Almeno su internet ci passo il tempo morto”

  6. scritto da: Sara (che ormai non è più studentessa)

    Noooo fa più paura ora che è pubblicato! E’ terribilmente lungo!!

  7. — COME SI CURA LA DIPENDENZA DA FACEBOOK: ECCO L’ESPERIENZA DI TORINO —

    Molinette, ambulatorio per malati di Facebook di Marco Accossato – La Stampa 14.03.2010
    Maniaci del web, compulsivi battitori su tastiera, videodipendenti cronici da social network: è nato alle Molinette il primo ambulatorio per malati patologici di Facebook. Ogni mercoledì mattina, su prenotazione, gli ambulatori del dipartimento di Psicologia clinica diretta dal professor Donato Munno aprono le porte di via Cherasco 11 a chi non riesce più a fare a meno di un computer. L’ambulatorio per «nuove» dipendenze si occupa – e si preoccupa – dei social network. Ma non solo: in ambulatorio seguiranno i casi di assuefazione in genere da Internet, di quella da videopoker, videogiochi e gioco d’azzardo. L’attenzione degli psichiatri è concentrata però in particolare sui network così tanto di moda, a iniziare da quello per antonomasia, il sito del giovane (e miliardario) Mark Zuckerberg. «Ambulatorio per “nuove” dipendenze», si legge sui volantini affissi un po’ ovunque in ospedale. «Le nuove dipendenze – spiega il professor Munno – sono quelle senza droga.

    L’idea di una struttura dedicata è nata al termine di una ricerca diventata tesi di laurea su un centinaio di persone da cui è emerso fra l’altro che mentre nei depressi e negli psicotici prevale il ricorso al gioco d’azzardo e alla dipendenza da psicofarmaci, in quelli con disturbi della personalità c’è una sorta di “caos delle dipendenze”, cioè sono un po’ tutte tutte presenti». L’overdose da Facebook «non è ancora classificata come vera e propria patologia psichiatrica», precisa subito il professor Munno. In ogni compulsivo da Facebook, tuttavia, esiste e cresce una sindrome latente: «E’ il rischio del distacco dalla realtà – spiega ancora il professore -: tra i casi segnalati, ci sono quelli di persone che arrivano tardi al lavoro perché non riescono a spegnere il computer attraverso il quale dialogano a distanza. Oppure uomini e donne che soffrono di deprivazione del sonno, che sviluppano un isolamento dal resto della famiglia, figli compresi, passando ore e ore della giornata o della serata chiusi in stanza o addirittura in uno scantinato trasformato in angolo-Facebook».

    Dati sul fenomeno non ne esistono. Né un osservatorio piemontese. Anche in questo senso potrà essere utile l’ambulatorio delle Molinette, che fa parte del dipartimento di Neuroscienze diretto dal professor Filippo Bogetto. L’ambulatorio è aperto da fine gennaio, «ma è presto per tracciare identikit e bilanci». I primi casi trattati sono state emergenze legate anche ai videogiochi, cominciando dal poker. Ci sono precisi segnali del comportamento e del corpo che possono spingere un genitore a sospettare che un figlio stia esagerando. «Ma c’è anche – sottolineano gli psichiatri – una sorta di familiarità: un padre o una madre che stanno ore e ore davanti a un computer probabilmente cresceranno figli che riprodurranno i medesimi comportamenti, e che finiranno loro stessi con lo stare ore e ore a chattare, taggare, commentare e allegare Mp3 e video».

    Professor Munno, quanti sono i malati di Facebook a Torino e in Piemonte?
    «Non esiste ancora un bilancio preciso, né siamo in grado di farlo noi dell’ambulatorio».

    Perché creare un servizio di questo tipo?
    «Innanzitutto vorrei precisare che non ci occupiamo soltanto di Facebook. Sarebbe riduttivo. Facebook colpisce maggiormente, perché è un fenomeno nascente. Ma bisogna ricordare che Internet può scatenare dipendenza anche al di fuori di un social network. Mi riferisco ai videogiochi o ai videopoker».

    Pensa arriveranno molte le richieste di aiuto?
    «L’obiettivo dell’ambulatorio è anche nello slogan “prevenire è meglio che curare”. L’esperienza dimostra che è importante intercettare i primi segnali di dipendenza, e intervenire immediatamente».

    Quali sono i campanelli d’allarme, di fronte a Facebook o ad altri social network come Twitter?
    «E’ il tempo l’elemento principale da valutare. Il tempo passato davanti al computer, e l’aggressività della persona quando è lontana dal computer da molte ore. Sono due parametri importanti per valutare se siamo di fronte a una possibile “patologia”. Ci sono famiglie i cui membri si isolano dagli altri per comunicare con amici o colleghi attraverso i social network. Il pericolo è il distacco dalla realtà, oltre naturalmente al rischio di sfasciare una famiglia. Troppe ore davanti a un computer possono portare alla deprivazione del sonno: pur di stare al pc non si va neppure a dormire, o si va a letto molto tardi».

    Altri segnali?
    «Agitazione crescente, ansia, nervosismi fisici del corpo, come ad esempio muovere le mani e le dita simulando il tocco del mouse anche quando non si è di fronte a una tastiera».

    Chi sono le principali «vittime» della rete, professore?
    «Finora abbiamo notato una prevalenza di giovani e di anziani. I giovani cercano nella comunicazione attraverso Facebook una sorta di “compenso al vuoto esistenziale”, gli anziani inseguono invece soluzioni di vita magiche e puntano sui videopoker: molti sperano di aiutare figli o nipoti vincendo grosse somme di denaro. E qualcuno, come una signora che si è rivolta a noi, finisce col rovinarsi spendendo tutto ciò che ha. Nel caso che abbiamo seguito, alla fine, i familiari hanno dovuto toglierle il controllo di ogni patrimonio, lasciandole il necessario per vivere e accompagnandola ogni mese a ritirare la pensione. Alla fine questa persona è guarita dalla dipendenza dal gioco, ma ha sviluppato una dermatosi»

  8. Un intervento veloce veloce, per ora. Desidero ringraziare i ragazzi che sono intervenuti e interverranno. I loro “lunghi” ed articolati interventi testimoniano del loro desiderio di comunicare, comprendere e condividere. C’è un forte desiderio di autenticità. La presenza di questi giovani in Rete è attenta e critica, pronta a cogliere pericoli e a denunciare fenomeni di alienazione. Mi pare che uno dei temi centrali sia il desiderio e, a volte, l’incapacità di uscire dalle moltepilci forme di solitudine nelle quali ci troviamo compressi e mortificati. La parola “morte” torna spesso: “scrittura morta”, “cancro” che lentamente ci consuma, consuma le “immagini” che ricoprono e soffocano le nostre energie vitali. Ma… in tutto questo forse si avvista, da lontano, anche un “risvolto”, una possibilità di “rivoluzione”, che anche la Rete ci offre come occasione.

    Grazie davvero a questi giovani amici, che vi assicuro sono proprio così, come la loro scrittura ce li offre (e anche questo mi pare un segno importante).

    A dopo, Renato

  9. Marco Guzzi dice

    Grazie Domenico, e grazie Renato, un bellissimo tema,
    e grazie a tutti gli intervenuti.
    Il tema ci riguarda tutti, tanto più le generazioni nate nell’ambiente telematico.

    Internet è un prodigio, come lo era anche la TV.

    Il problema è che questi miracoli sembrano macchine celesti in mano a bambini ancora quasi del tutto inconsapevoli.

    Il male, non si combatte per vie dirette.
    La frammentazione mentale e la perdita di senso di sé e di dignità lo contrastiamo trovando dimensioni positive in cui impegnare le nostre energie, e divertirci…. col corpo fisico, mi raccomando…

    Solo cuori saldamente ancorati nelle loro profondità, attraverso un esercizio continuo di ascolto/meditazione/lettura etc., potranno utilizzare questi strumenti come tali, e cioè come mezzi per altro, per un fine reale, di creatività e di comunicazione.

    Il problema è trovare questo scopo e tenerlo al centro, lasciando che i tentacoli degli strumenti che vogliono diventare fini di se stessi, cadano uno dopo l’altro.

    Il mezzo che diventa fine è satanico: vale per il denaro (mezzo universale di scambio), e vale per ogni medium….

    Auguri ragazzi, e tentiamo sempre di rovesciare la disperazione in carica di rinnovamento e di trasformazione.

    Marco Guzzi

  10. Ivan Malara dice

    Forse è vero che in fondo la Rete, per quei “cuori saldamente ancorati nelle loro profondità” (frase stupenda!), sia qualcosa di costruttivo. Penso alla mia esperienza e all’importanza che un semplice forum ha avuto realmente sulla mia vita.
    Posso solo aggiungere che anche questo scrivere e ascoltare leggendo in Rete sia particolarmente rilevante, dove là fuori la velocità delle commissioni da svolgere e gli impegni pressanti lasciano spesso spazio a dialoghi impersonali. In “spazi” come questi, anche se virtuali e di difficile gestione, alle volte si ritrova e si inaugura una necessaria familiarità fatta soprattutto di ascolto e apertura, in cui il mezzo non è quindi fine a se stesso…
    (Ma questa di cui parliamo è la Rete degli Uno, Nessuno o Centomila?)

    Grazie. Ivan

  11. L’amica Marta mi scrive che non è riuscita a postare e mi prega di riportare il suo intervento.

    Eccolo:

    Quante cose mi sono venute in mente!!
    Le domande principali mi sono sfuggite, sono rimasta troppo colpita da alcuni commenti…e mi chiedo…ma solo io accendo il pc “TANTO PER NON STUDIARE”???
    Procedo per punti, mi viene più facile:

    -Non so, per prima cosa mi sembra che sia una banalità paragonare la rete ad un mondo (e lo dico più con ignoranza che con presunzione)…qualsiasi “luogo d’incontro” che prevede l’interazione tra persone può essere paragonato a un mondo no?? Ma forse ho un’idea di “mondo” tutta mia…
    E in ogni caso…se noi(umanità) siamo il mondo e noiabbiamo creato la rete (riversandoci inevitabilmente il nostro caratteristico “nasconderci/non mostrarci”)…come potrebbe la rete non rispecchiare il nostro mondo?
    Ok…difficile spiegarmi…passiamo a qualcosa di più semplice…

    -Qualcuno di voi (non so bene chi, ho salvato spezzoni di frasi sparse) dice: “Non c’è più lo sguardo d’intesa tra due amici o due amanti, che sovrasta le parole.”
    Io credo che sia un’esagerazione…oppure sono una ragazza fortunata!
    Passo ore e ore al pc (sempre per la logica “piuttosto che studiare”)…eppure non passa un giorno senza che io non scambi uno sguardo d’intesa con un amico, con il mio ragazzo, mi capita perfino con i professori e addirittura, in casi eccezionali, mi capita con mia madre o mio padre.
    Ci tengo a questo punto, non mi piace “demonizzare” la rete solo perchè è qualcosa di “nuovo”…nessuno è rimasto sconvolto quando hanno inventato le porte blindate? Non sono sintomo di chiusura nel proprio piccolo mondo o di paura?
    Naturalmente sono ironica, non pretendo di paragonare la rete ad una porta blindata, credo solo che ci facciamo troppi problemi (e se lo dico io che delle seghe mentali ne ho fatto una filosofia di vita…!)…PERCHE’ NON POSSIAMO SEMPLICEMENTE PRENDERE ATTO DEL FATTO CHE INTERNET SIA UNA GRANDE INVENZIONE? E CHE COME TUTTE LE COSE ABBIA I SUOI PRO E I SUOI CONTRO?

    -Per continuare il discorso e tentare di spiegarmi meglio: inutile negare che la rete offra, insieme a immense possibilità, una gamma inimmaginabile di pericoli/schifezze.
    Parto da una correzione: caro Ivan, noi ASSOLUTAMENTE NON SAPPIAMO DISCERNERE (come dici tu) i vari Facebook e Netlog.
    Se avessi frequentato una volta nella tua vita una chat come Netlog scopriresti che chi ha un certo tipo di foto su Facebook al 99.9% è iscritto a Netlog e simili…perchè chi era iscritto a Netlog ha trattato Facebook nello stesso identico modo!
    Certo, è uno scempio e una vergogna e mi sale il nervoso quando vedo certe cose ma questa non si chiama “influenza negativa della rete” (o della televisione)…mi dispiace gente, ma per me questa si chiama EDUCAZIONE.

    …la rete non ci “disinsegna” niente, il modo in cui la usiamo dipende da come siamo cresciuti.

    -Ho l’impressione di aver scritto tanto senza dire niente…(tranne per la cosa degli sguardi, a quella ci tengo!).
    Vorrei lasciarvi con una nuova domanda (sintomo di totale fallimento di questo intervento, accidenti): che ci importa di sapere se una persona è così come la vediamo su Facebook? In fondo, le persone che stimiamo, a cui vogliamo bene e che hanno un ruolo nella nostra vita le conosciamo personalmente no?

    Prof Cirica, lei che ha districato più di una volta le mie pseudointuizioni contorte…mi aiuti!!

    Baci a tutti! =)

    P.S. Avevo il sospetto di essere andata fuori tema e rileggendo…ne ho avuto la conferma! Ma ci ho messo ore a rielaborare almeno qualcuno dei miei pensieri…quindi ora lo pubblico per principio!!! =D

    Passo molte ore su internet perchè il mondo non propone niente di meglio, ma appena si organizza qualcosa con gli amici, appena qualcuno ha bisogno di me, appena posso fare qualcosa che mi soddisfa stacco tutto e corro!!! Non so bene come ma so che c’entrava qualcosa nel discorso, la rete non mi ha resa un mostro, non ancora!!

    Marta

  12. Ivan Malara dice

    Bello l’intervento di Marta, anche perché almeno mi aiuta particolarmente a riflettere su quello che ho detto.

    Non penso che la Rete sia solo un “luogo di incontro”, ma qualcosa di molto più grande, appunto un mondo dove si può comprare (mi viene in mente ebay), studiare (seguendo dei corsi su youtube), e anche incontrarsi. In più il mio problema era proprio quello di capire cosa si intende per la parola “mondo”…

    “E in ogni caso…se noi(umanità) siamo il mondo e noiabbiamo creato la rete (riversandoci inevitabilmente il nostro caratteristico “nasconderci/non mostrarci”)…come potrebbe la rete non rispecchiare il nostro mondo?” , scrive Marta. Secondo me è difficile riversare qualcosa in uno specchio: nello specchio si riflette soltanto l’apparenza della cosa, ad esempio della verità. In ogni caso anche su questo punto è difficile dire se siamo veri o no in Rete e, almeno io, non saprei proprio cosa pensare…

    “Parto da una correzione: caro Ivan, noi ASSOLUTAMENTE NON SAPPIAMO DISCERNERE (come dici tu) i vari Facebook e Netlog.
    Se avessi frequentato una volta nella tua vita una chat come Netlog scopriresti che chi ha un certo tipo di foto su Facebook al 99.9% è iscritto a Netlog e simili…perchè chi era iscritto a Netlog ha trattato Facebook nello stesso identico modo!”, scrive sempre Marta. Per capire quali sono le foto su Facebook che si avvicinano molto agli standard di Netlog significa che bisogna inevitabilmente conoscere sia l’uno che l’altro e quindi discernerli, distinguerli. Scegliere se entrare sia nell’uno che nell’altro o in nessuno dei due è un’altra cosa…

    Scusate, rischia di diventare una cosa personale tra me e Marta (mia migliore amica, e non scherzo!).

    Su una cosa però sono d’accordissimo: “..la rete non ci “disinsegna” niente, il modo in cui la usiamo dipende da come siamo cresciuti.”

    Un caro saluto a tutti. Ivan

  13. Buonasera a tutti, sn una studentessa del prof. Cirica..
    a mio parere internet è una sorta di “arma a doppio taglio”: può essere del tutto inoffensiva se utilizzata con buon senso, ma “pericolosa” se usata con superficialità. Dipende tutto dalla persone seduta davanti allo schermo..dalle sue intenzioni, dall’idea che ha di sè, dalla propria dignità e da ciò che vuole realizzare.
    Purtroppo, “oggi”, internet sembra rispecchiare soltanto i lati negativi della nostra società: persone nascoste dietro le apparenze, dove ormai chi tenta di usare un pò di cervello viene visto come la “pecora nera”. E’ un mondo in cui per forza tutto dev’essere o bianco o nero.. tutto agli estremi.. ma perchè??! dopotutto le vie di mezzo sn così belle..esistono un’infinità di colori e sfumature! solo che chi ne fa uso è in minoranza.. e si sa che le minoranze sn destinate ad essere messe in ombra.. ma cosa succederebbe se questo 10% venisse ascoltato per una volta? se iniziassimo a dar loro spazio e visibilità? forse i modelli di negatività smetterebbero di trionfare..
    Però tornando alla questione principale, penso che il problema sollevato dal prof sia molto più profondo..partendo da una prima analisi i “colpevoli” (se così si possono chiamare)che si potrebbero subito additare sono i genitori. ma in realtà non è nemmeno tutta loro la colpa.. il vero problema è il nostro sistema capitalistico: tutto è basato sul consumismo. La società è in continua corsa verso la carriera ed il successo, trascurando e dimenticando i valori che penso siano davvero fondamentali: la famiglia e gli amici.
    In questo meccanismo sono coinvolti quindi anche i genitori, che giocano un ruolo fondamentale poi sul nostro argomento:ad esempio, le ragazzine che pubblicano foto hard, commenti spinti e sfacciati in realtà cercano solo un pò di attenzione (se non tutte in buona parte)..quell’attenzione che manca in casa.. e quale posto migliore se non una “piazza pubblica” e molto frequentata come netlog, facebook e altri?! ormai sembra che l’unico mezzo di comunicazione sia proprio il pc.
    quando pensiamo alla parola “comunicazione” ci appare subito l’immagine del computer o di una schermata chat, dove è facile nascondersi,apparire differenti.. uniformarsi agli altri.
    A questo punto direi che sta a noi voler essere differenti, unici, come solo ognuno di noi può essere..
    Concludo affermando che tuttavia facebook, ad esempio, può essere un ottimo strumento per mantenere vivi i contatti con persone lontane o per ritrovare vecchie amicizie.. ma le vere amicizie si costruiscono al di fuori della scatola tecnologica dotata di tastiera! le emozioni più belle , quelle che ci accompagneranno sempre, saranno quelle vissute nella vita reale, non in quella virtuale.
    Valentina

  14. — Uno, Nessuno o Centomila? Uno .. possibilmente 🙂 —

    Bello aver potuto leggere come da un’esperienza “in Rete” si sia arrivati a parlare della ricerca di un “senso”, del senso di quello che uno fa, pensa.

    Allora mi viene da dire che se siamo convinti che la Rete Siamo Noi il tema è: quali relazioni costruiamo tra di noi? come vediamo gli altri? come mi vedo? Uno, Nessuno o Centomila?

    Se pensiamo che stare lì (in Rete) è diverso che stare qui (nel Reale?) allora abbiamo 2 identità. Se siamo degli schizzati persi allora va bene 🙂 ma …. la maggioranza delle persone non lo è quindi distinguere tra lì e qui è una semplificazione troppo spinta.

    Noi abbiamo “una sola” identità (da cercare, conoscere, approfondire… non è gratis) che muta nel tempo grazie alle esperienze che facciamo dove viviamo, lavoriamo e ci muoviamo. Non esistono “muri digitali” ma muri nelle nostre teste, muri di cui liberarci questo si.

    Una cosa che sperimento quotidianamente è la consapevolezza che la nostra identità si è dilatata … nel digitale svelandoci qualcosa in più di noi. Per dirla semplicemente ci stiamo conoscendo meglio.

    Capita così che ci scopriamo tanto grandiosi quanto pericolosi.

    Possiamo dire che la Rete ci sta dando una mano a fare i conti come persone visto che le accellerazioni tecnologiche aprono nuove opportunità (e problemi) di “relazione” tra di noi.

    Ciao
    Domenico Parlavecchio

  15. … ho una riflessione accostamento/provocazione”hard”,da porre, così:
    PER DIVERTIMENTO.
    Ho letto con molto interesse gli scritti dei ragazzi e penso che possiamo essere fiduciosi e fieri per il loro e nostro futuro.
    Sorrido molto mentre vado postanto quanto segue:
    tratto dalla Traduzione dall’originale francese a cura della Certosa della Trinità
    ” la vita solitaria in cella
    Tra le diverse famiglie religiose votate alla vita contemplativa, il tratto distintivo delle monache certosine è la vita solitaria in cella, nella separazione dal mondo. La vocazione alla solitudine si esprime nel loro stesso habitat. Nel monastero certosino, che deve essere sufficientemente distante dai luoghi abitati, ogni monaca vive in una “cella”, composta da un piccolo eremo e da un giardino.
    In questo eremo, l’assenza di rumori del mondo invita all’interiorità e alla solitudine, per una vita d’unione intima con Dio, cuore a cuore con lui, nell’ascolto della sua Parola. La maggior parte della sua vita , la monaca certosina la trascorre in questa cella. È il quadro abituale delle sue occupazioni quotidiane: preghiera personale e liturgica, lectio divina, lavoro, pasti e riposo.
    al ritmo della preghiera ”

    ecco: e se fosse ANCHE QUESTO parte della favola in cui lo specchio…

    “SPECCHIO specchio DELLE MIE BRAME dimmi chi è la più bella … del reame?”

    (… immagine che rimanda ad altro/ Altro da cui SON FATTA?”)

    Ciao a tutti
    Rosella

  16. Diciamo che, ad ora, emergono più aspetti “negativi” che “positivi” intorno alla Rete.
    Irene e Francesca hanno sottolineato la debolezza che caratterizza l’uomo contemporaneo, il suo continuo nascondersi dietro maschere e modelli superficial-televisivi.
    Anche Ivan muove le sue critiche, pur riconoscendo che in qualche modo Internet è un “mondo”, una sua parte, o forse una sua traduzione (una “figura di mondo”). Pone poi la questione della “scrittura” (ma questo è un tema troppo complesso per me. Magari altri interverrano con maggior competenza): certo è diverso scrivere una lettera o scrivere un post su un blog digitale (è un po’ il tema rilanciato da Sara, quando ci ricorda che abbiamo 5 sensi). E sappiamo quali cambiamenti siano in grado di produrre le varie forme di scrittura sul mondo e sulla nostra esperienza del mondo. Certo la Rete, anche per la sua scrittura, tende a disincarnarci, a digitalizzarci, a riprodurci a sua immagine e somiglianza. Questo è il potere (talvolta “satanico”) del medium, se comprendo bene ciò che dice Marco Guzzi. Quindi bisogna far sì che il medium non ci neutralizzi, ma assuma anche la nostra “carne”, il nostro “cuore”, i nostri vissuti.
    <> dice Marta, e Valentina ci ricorda che è nostro compito (e qui c’è un richiamo anche ai genitori e agli adulti) coltivare e custodire la nostra differenza e unicità, ed essere davvero noi stessi là “dove siamo” (direbbe Ivan, forse).

    Come dice Domenico <>, ed è lì che comincia il cammino di liberazione. Il medium si dilata, dilatando i confini del mondo e delle nostre identità, ma se non ci diamo un “ordine”, un “centro di gravità” (il cuore ben ancorato di Marco), allora rischiamo la polverizzazione. E’ solo un simile “centro” a darci pace…

    Infine Rosella: bellissima la tua “provocazione”, come sempre. Mi viene in mente un gioco di parole magari un po’ sciocco: decentrarsi per ricentrarsi. Ma di rinvii e rimandi son pieni i nostri incontri (vero Rosella?).

    Mi son dilungato e faccio un po’ di silenzio anche io.

    Grazie a tutti, soprattutto per l’ospitalità.

    Renato

  17. scritto da: Sara (che ormai non è più studentessa)

    Marta, ti rispondo su questo punto:

    “”Non c’è più lo sguardo d’intesa tra due amici o due amanti, che sovrasta le parole.”
    Io credo che sia un’esagerazione…oppure sono una ragazza fortunata!
    Passo ore e ore al pc (sempre per la logica “piuttosto che studiare”)…eppure non passa un giorno senza che io non scambi uno sguardo d’intesa con un amico, con il mio ragazzo, mi capita perfino con i professori e addirittura, in casi eccezionali, mi capita con mia madre o mio padre. ”

    Proprio quello che volevo dire, è appena capitato.
    Con la mia frase “Non c’è più lo sguardo d’intesa”, intendevo dire che in una comunicazione su internet, come è la nostra in questo momento, mancano tutti gli altri elementi che permettono un dialogo completo in un incontro reale. Lo “sguardo” che manca è quello ti avrebbe permesso di capire ciò che ho scritto (male visto che non son riuscita a spiegarmi!), evitando l’incomprensione! Ed è proprio questo che critico, i limiti che la rete ci impone nel magico gioco che è l’interazione umana (i 5 sensi…)!

    Grazie per l’ospitalità… In qualche secondo ho pensato come sarebbe bello poter parlare tutti insieme intorno ad un tavolo e sviluppare in modo molto più articolato l’argomento…

    E credo che forse sono proprio le nostre vite così piene di impegni e scadenze ad impedire di ritagliarci degli attimi di riflessione in comune. Internet ci ha aiutato velocizzare quello che un tempo avveniva per posta… Ma la distanza è rimasta!!

  18. Caro Renato,
    grazie.
    … allora quest’ anno li porti alla maturità i tuoi allievi/amici.
    Penso che sia un “dono grande” poterne cogliere l’evoluzione in un quinquennio.
    E’ bello il tuo lavoro e “fiorisce” a quanto si vede.

    Non scrivo altro sulla rete, perchè son limitata praticamente a questo blog, per cui, sai, data l’età non faccio testo. Però rimando, chi lo desiderasse, al primo post di Domenico in cui trattava dello stesso argomento “INTERNET SIAMO NOI”.
    Solo un anno fa iniziavo faticosamente a rapportarmi con voi; lì vi sono i miei ENTUSIASMI DA NEOFITA e qualche “visione positiva” del mezzo. Sono andata a rileggere e trovo che mi son calmata, sembro più matura “quasi una maturanda” persino io… mah?!? staremo a vedere.

    Ciao, auguri per tutto ed a tutti.
    Rosella.

  19. Sara hai ragione!
    Avevo interpretato male!…mi tocca anche rettificare allora: SONO D’ACCORDO CON SARA!
    E anzi, ti confesso che ho avuto la possibilità di discutere di persona con il prof Cirica e Ivan e avevo interpretato male molte altre cose -.-

    Vi risparmio i vaneggiamenti sul resto, ma su questo vorrei soffermarmi ancora un attimo.
    Premetto che i miei restano sempre interventi tesi più a capire che a dire la mia e non vorrei che il mio “ragionare per assurdo” mi faccia passare per la guasta feste, eppure ho riflettuto su questo fatto delle incomprensioni e…potrebbe darsi che abbia trovato uno spunto di riflessione che sia minimamente pertinente! (viva me, prof!!)

    Abbiamo visto che è facile “fraintendersi on-line” per questa “mancanza di sguardi d’intesa”, di gestualità ed espressione, ma le incomprensioni non sono una prerogativa della rete.
    Avete addirittura la fortuna di interagire con un esempio vivente: io e Ivan proprio ieri mattina abbiamo discusso faccia a faccia (…possiamo dire “animatamente”?), la PACIFICA conversazione è durata per più di mezz’ora finchè non abbiamo capito che…stavamo dicendo la stessa cosa!
    Ci capita anche abbastanza spesso direi, e chissà quante volte nemmeno ci accorgiamo di essere d’accordo!!!
    …ma allora cos’ha di peggio “il mondo della rete” dal mondo reale (almeno per quanto riguarda le incomprensioni, faccio ancora fatica a slegarmi dal problema singolo)? E’ solo una questione di probabilità (cioè io e Ivan siamo davvero un caso così isolato da essere insignificante rispetto alle “incomprensioni on-line”)?

    Ciao a tutti! 🙂

    P.S. Può essere interessante osservare come si sono moltiplicate le virgolette durante la discussione?

  20. Ivan Malara dice

    Ritornando brevemente sul discorso della “scrittura”:

    mi è capitato di rifletterci un po’ su ed in effetti è un concetto ampio che richiederebbe forse un dibattito tutto suo. Però anche ragionarci semplicisticamente non è male.

    Io avevo detto che era una scrittura “morta” riferendomi al fatto che in questo contesto digitale essa perde spesso i caratteri, i canoni o i suoi modi di “vita” (maiuscole, punteggiatura, il “ch” diventa “k”, ecc..). Ma allo stesso tempo avevo chiuso dicendo che forse proprio questa “morte” della scrittura era ed è “rivelatrice”, è la scrittura che ci da la possibilità di “offrirci” per quello che siamo veramente.

    Ora però si è detto anche che è facile fraintendersi in questa scrittura e che, nonostante questo, anche quando comunichiamo faccia a faccia è facile ricadere nell’incomprensione, anche con l’aiuto di sguardi e gestualità. “Ma allora cos’ha di peggio il mondo della rete dal mondo reale?”, o forse, in altre parole: in termini di comprensione/comunicazione, cos’ha di diverso la Rete dal “tet a tet”?

    Di diverso, dico io, c’è che da una parte sentiamo e dall’altra leggiamo. Oralmente ci “sentiamo”, nel senso che entra in gioco un approccio emotivo legato soprattutto alla gestualità, al tono di voce, all’intesa di sguardi. Quando leggiamo invece siamo separati rispetto al discorso, possiamo fermarci e tornare indietro per riflettere con una certa “freddezza” sulla frase scritta; non sentiamo, ma “immaginiamo” la voce nella nostra testa. Il legame emotivo è spezzato.

    Si potrebbe dire che la scrittura qui è rivelatrice perché in fondo noi siamo nel modo in cui scriviamo, ma anche che essa è allo stesso tempo ri-velatrice, non “tira più indietro la cortina” ma ricopre e ovatta il nostro “sentire” gli altri “paticamente”, mettendoci quindi in condizione di relazionare con una cosa “morta” che prende vita nel nostro immaginario.

    Io stesso dicevo che la Rete è una sorta di “figura mondo” ed aggiungo adesso che allo stesso tempo inaugura anche dei dialoghi abbastanza immaginari o immaginifici, senza togliere niente al fatto che comunque, come scrive Domenico:

    “Possiamo dire che la Rete ci sta dando una mano a fare i conti come persone visto che le accellerazioni tecnologiche aprono nuove opportunità (e problemi) di “relazione” tra di noi.”

    Un saluto a tutti. Ivan

  21. Alcune cose (poco ordinate, me ne rendo conto) che mi son venute in mente leggendo fin qui quanto è stato scritto:

    Mi pare di poter dire che per quanto riguarda la questione del “comprenderci” pienamente oppure no ogni tipo di comunicazione risulta soggetta alla dinamica interpretativa esponendosi al rischio del fraintendimento o della “mai piena” comprensione. Comunicare è un duro lavoro, uno sforzo paziente di ascolto e avvicinamento dell’altro e di noi stessi. Non è che guardandoci negli occhi per due ore riusciamo a scavalcare il rischio del fraintendimento. Sempre l’altro ci chiama a riascoltare le sue parole, i gesti, la sua stessa presenza (o assenza). Ogni linguaggio ha le sue specifiche aperture rivelative, altrimenti non avremmo poeti o pittori o scultori ma solo persone “parlanti”. Probabilmente ogni linguaggio, ogni esperienza di mondo, contribuisce a farci comprendere la verità. Certo è che se noi siamo particolarmente confusi questa confusione non aiuterà la comprensione. Per questo è essenziale che ogni persona lavori su se stessa e su di un proprio “ordine” ed equilibrio interiore. In fondo è “noi stessi” che portiamo e riversiamo nei contenitori di per sé vuoti dei mezzi di comunicazione.

    Incontrarsi: di persona (minima distanza fisica); in un socialnetwork (massima distanza)… Ma anche quando ci si scriveva lettere c’era una distanza (spazio-temporale). Ogni incontro sconta una sua distanza. Ma distanza non è necessariamente contrapposizione. E il fraintendimento, forse, può non esser visto come “errore”, come il “falso” contrapposto al vero. Quando incontro l’altro devo in qualche modo uscire da me stesso, decentrarmi per centrarmi nell’altro. Ma questo è un cammino, non un qualcosa che avviene automaticamente. Nel cammino verso l’altro mi capita di oscillare tra me e l’altro, e in questa oscillazione misuro la distanza che mi separa dall’altro e da me stesso. Esco da me e vado verso l’altro, ma andando verso l’altro ritorno anche a me stesso, ma ad un me stesso che è il riflesso del cammino che ho compiuto verso l’altro…

  22. Ivan Malara dice

    Renato: “Ogni incontro sconta una sua distanza. Ma distanza non è necessariamente contrapposizione.”

    Quale incontro migliore del linguaggio? Ogni incontro ha come presupposto il linguaggio, qualunque esso sia, che chiama le cose verso di sé nel più bello degli incontri. Parlare, scrivere, non significa solo comunicare una nostra idea, significa anche, come scrive Renato (se non fraintendo!), decentrarci verso il continuo gioco del linguaggio e arrischiarci verso l’altro ritornando sempre un po’ più arricchiti…

  23. Marco Guzzi dice

    Molto bello questo scambio di riflessioni, e sono molto d’accordo con Renato e con la considerazione che ogni scambio comunicativo implichi interpretazione, distanza, possibilità di fraintendimento, e così via.

    Mi chiedo solo se l’esplosione della società delle telecomunicazioni non inserisca nel quadro abituale degli scambi linguistici tra gli umani qualcosa di inedito, di nuovo, con cui fare i conti.

    In fondo il problema vale per lo sviluppo della tecnica nel suo complesso.
    E’ evidente che l’uomo sia di per sé un animale tecnico: dalla ruota in poi.
    Ma è anche evidente che nel XVIII secolo passiamo una certa soglia, ed entriamo in un tempo in cui gli sviluppi tecnologici incominciano a determinare ogni aspetto della vita sociale: dall’industrializzazione in poi…

    Mi pare inoltre evidente che in questi anni stiamo oltrepassando un’ulteriore soglia, che Neil Postman segnala con il passaggio dalla tecnocrazia alla tecnopoli: ci sembra cioè di poter costruire tecnicamente addirittura la struttura genetica dell’uomo, non solo il suo ambiente.

    Stiamo in altri termini rischiando una artificializzazione radicale, entrando in un universo umano ridotto ad Impianto Tecnico (il Ge-stell di Heidegger…)
    In questo contesto i mezzi di comunicazione rischiano di diventare fini a se stessi, e la comunicazione non più un luogo di trasmissione di affetti-pensieri, ma di autocertificazione di un essere umano ridotto a scorza: una girandola di specchi e di spettri.

    I mezzi cioè diventano fini, come si diceva, e allora siamo chiamati ad uno sforzo poetico ancora più radicale, a ricercare cioè ogni volta che utilizziamo Internet, un bisogno del cuore sempre più vero, una scaturigine sempre più profonda, un fuoco sempre più forte….

    Da qui l’assoluto bisogno di un controbilanciamento interiore, di una pratica meditativa e contemplativa, che ci dia appunto la forza di utilizzare i media in vista di ciò che nessun medium può dare.

    Auguri e grazie. Marco

  24. Grazie Marco, le tue riflessioni sono sempre un “chiaro nel bosco”.
    Mi veniva in mente, oggi durante l’intervallo, l’aforisma 125 della “Gaia scienza” di Nietzsche, e mi domndavo: “Dove sono? Dove mi colloco oggi? Se desidero cercare me stesso, dove devo cercare?” Siamo come proiettati in un infinito in continua espansione, dove sembra non esserci né centro né periferia. All’inizio della storia dell’Occidente Socrate lanciava il suo appello: “Cerca te stesso”, e pensava alla psyché. Al tramonto di questa vicenda Rimbaud intuiva: “Io è un altro”. Con Freud il nostro essere più autentico si disloca negli abissi più profondi della nostra anima, e quel che pensavamo fosse la nostra vera identità si rivela essere niente di più che un effetto di superficie, schiuma dell’essere. A parte queste mie grossolane semplificazioni, nel corso della nostra Storia questo “me stesso” ha cambiato spesso luogo, fino ad arrivare ad oggi, tempo in cui “io” sono come disperso fra la rubrica del cellulare, l’hard disk del computer, le email e le decine di blog e siti che frequento. La mia memoria è disseminata nel mondo, qui e altrove. La mia identità chiede di essere ri-costruita, riportando ogni singola scintilla al Fuoco originario dal quale è schizzata via. Alla fine della Storia dialettica segnata dalle scissioni e opposizioni, inizia forse un Tempo di Ri-Unificazione. ma forse è meglio che io mi fermi qui.

    Renato

  25. Caro Renato,
    tu sai che io non ho studi e quindi punti di riferimento bibliografici, su cui contare.
    Ho solo vissuto nel mio corpo (il mezzo?) riflettendo con la mia mente (lo spirito?)
    Ora tutto ma proprio tutto mi ha condotto a questa semplice formuletta esistenziale:
    “io sono – TU – che mi fai”
    niente altro e questo.
    Ciò che rilevo essere l’essenza di quel TU che è necessariamente “l’attimo evolutivo” è LA RELAZIONE (tra un uomo ed una donna per il mio concepimento ad esempio…), la relazione con altro da me che mi costituisce essere ciò che sono.
    Quel che è determinante è la relazione (lo spirito di vita? lo spirito d’amore o lo spirito di morte? spirito di distruzione?)
    In fondo io sono evoluzione, io sono creatività in quanto IO SONO in relazione con altro da me…

    Sai non so se la faccio troppo semplice o troppo complicata, in fondo ci credo perchè ritengo che essa possa essere INFINITA come infinito è il mio desiderio di un destino di eterna felicità.

    Buona giornata.
    Rosella

  26. Ivan Malara dice

    Anche qui possiamo ri-costruirci e ricordarci, cioè ri-accordarci dopo le tante dispersioni dell’io. Il “cuore si spaura” di fronte alle infinite possibilità, positive e negative, che questi mezzi ci offrono, ma è proprio così che il cor latino riprende a vibrare ri-accordandosi col suo ritmo vitale. Un ritmo che è la musica armoniosa dell’io. Un ritmo “poetico”.

    “Se desidero cercare me stesso, dove mi devo cercare?” – “io sono -TU- che mi fai”

    In qualche modo il mio ricordo parte da un altro, da un “Tu che mi fa”. Come il fuoco parte dalle profondità abissali e si slancia verso l’alt(r)o, così noi cominciamo la ricerca dalle nostre profondità, dal nostro inconscio che assomiglia a un Tu proprio perché non lo conosciamo. Il ricordo prende piede dalle fiamme “infernali” e arriva alle fiamme lucenti, fino alla Pasqua.

    Così in Internet emerge sicuramente un aspetto sconosciuto del nostro essere, un aspetto che altrimenti non avremmo mai potuto vivere altrimenti, un aspetto che è necessario ricordare e ri-accordare al nostro cuore.
    Il problema è che non è facile….

    Un caro saluto. Ivan

  27. Caro Ivan, credo che questo tuo intervento, che riprende le parole di Rosella, sia davvero qualcosa di fondamentale, di essenziale. Grazie di cuore.

    Renato

  28. caro Ivan complimenti!

    “Il problema è che non è facile…”

    LA FATICA colora la vita e ne trae IL SUCCO .

    “Fatica e sacrificio NON SIANO i compagni dei tuoi giorni”, ma lo siano: IL GUSTO DI VIVERE la vita nutrendone le diverse stagioni al loro succo.

    Ora se lo desideri concepisci CONTEMPORANEAMENTE “il tempo e la relazione”, il dentro ed il fuori, gli opposti che abitano LA VITA… anche la rete…

    Una rete, può servire per pescare, per trarre a riva pesci che nutrano, contemporaneamente donando loro la morte.
    Una rete può stringertisi addosso contenendoti/imprigionandoti, uccidendo la vita che vive… ( forse non fa per me, come per te…una rete. ).

    Ma qui in internet, le cose stanno diversamente, sono differenti pur permanendo tutti i rischi gia citati. Qui la rete E’ ALTRA COSA dilata gli spazi li rende potenzialmente sconfinati…

    Proviamo a considerare i due opposti tipi di rete:
    – della prima il vantaggio degli “spazi” racchiusi tra le strisce di corda che, pur separando, consentono il passaggio di elementi vitali, spazi in cui fluiscono acqua ed aria, in opposizione alla “stretta mortale” tra i nodi
    – mentre in internet, anche in questo preciso momento utilizziamo proprio le connessioni, i nodi, come potenziali relazioni nel collegamento tra le persone negli spazi intercontinentali… .

    Se stiamo vivendo un passaggio epocale (antropologico come afferma Guzzi), ritengo essere quello dell’ unificazione, della “coniugazione creativa” all’interno di un tutto IL BING BANG .

    Non prendermi troppo seriamente, intendiamoci, però tutto ciò mi da GUSTO.. Mi fa assaporare il piacere di vivere. Pensare migliora anche il mio umore PRIMAVERILE alquanto altalenante .

    Ciao Rosella

  29. Ivan Malara dice

    Ringrazio veramente di cuore Renato e Rossella per i bellissimi commenti e colgo l’occasione per sollecitare alla lettura di un libro che ho visto di sfuggita stamattina. Si intitola “Il dono al tempo di Internet” di Marco Aime e Anna Cossetta. A riguardo non so niente, quindi rimando al link: http://comelacarta.net/index.p…-internet/

    Grazie e auguri di una serena Pasqua. Ivan

  30. Caro Ivan
    grazie per la segnalazione.

    Ho letto attentamente la pagina e, nell’immediato mi sorgono queste reazioni/riflessioni.

    Non possiamo immaginare la rete come la proiezione “ultima”(sulla linea del tempo intendiamoci) e creativa del desiderio umano?

    In quanto proiezione dell’umano, composta da un tutto “dentro/fuori spazio/tempo inizio/fine” nel quale VALORE /LIMITE coesistono come in tutte le cose che procedono nella vita e nel creato?

    Una sorta di concretizzazione tecnica della proiezione immaginaria, nella quale l’uomo è stato sospinto anche dalle religioni, a riporre la sua speranza nel REGNO DEI CIELI disincarnando un pò la realizzazione di quel DESIDERIO D’INFINITO E FELICITA’ che ne connotano il cuore nella sua carne?

    IL DONO può essere libero e contemporaneamente desideroso di un ritorno, di un riscontro.
    Può consistere nel BUTTARSI VIA PER NIENTE e contemporaneamente vivere in modo anche spasmodico L’ATTESA di essere totalmente accolti e riconosciuti…(come il dono di noi stessi… il dono in cui siamo stati FATTI DONO anche a noi stessi NASCENTI…).

    In fondo la rete, da questo punto di vista, rende più sopportabile la delusione dell’incomprensione, del rifiuto della non accoglienza, quasi fosse un poco “l’incrociare scaramantico delle dita” per superare LA PAURA, il limite umano, delle relazioni interpersonali.
    Anche questo può fissare nel proprio stesso limite,oppure evolvere aiutando il superamento del limite stesso.
    Dipende .
    La non conoscenza reciproca CORPOREA in un incontro è così determinante per una relazione?
    Le relazioni corpo/corpo sono realmente più vere, sincere e profonde?
    La creatività di un’idea per L’ESSERE UOMO è meno necessaria di una (casa) pelliccia ?
    Quel DIALOGO INTERIORE immateriale dal quale scaturisce COMUNIONE e fatto (magari poetico) di concreto cambiamento che SODDISFA E REALIZZA la persona umana, non può essere letto proiettivamente in ciò che la tecnica ha permesso NELL’IMMAGINARIO DELLA RETE?
    Forse il difficile è RESTARE NEL CORPO quando si comincia ad assaporare un piacere mentale DISINCARNATO…

    Per non perdersi nella rete, necessaria non è la perfezione ma L’ARMONIA e per questo ASCOLTA ciò che scaturisce IN/DI/TRA…
    … le dita di Alessandro Drago “Lui sì che se ne intende!”.

    Buona Pasqua anche a te E DIVERTITI mantenendo l’equilibrio come un funambolo SENZA RETE.
    ciao
    Rosella

  31. Ivan Malara dice

    Che belle parole! Grazie Rosella.

    “Per non perdersi nella rete, necessaria non è la perfezione ma L’ARMONIA…”, scrive Rosella e mi sembra, non so perché, che si concili con l’affermazione di Marco Guzzi per cui:
    “Solo cuori saldamente ancorati nelle loro profondità, attraverso un esercizio continuo di ascolto/meditazione/lettura etc., potranno utilizzare questi strumenti come tali, e cioè come mezzi per altro, per un fine reale, di creatività e di comunicazione.”

    In qualche modo per abitare questo luogo interattivo, in cui il “piacere mentale si disincarna”, senza perdersi, c’è bisogno di un cuore che tenga il tempo armonico e non quello “semplicemente” perfetto di un metronomo.

    Metaforicamente parlando: una cassa toracica diventata cassa armonica di un cuore che vibra armonicamente perché è ormai ancorato alle sue profondità… Questo è il modo per non perdersi. Se così non fosse, invece di riunificare i nostri tanti “altri” del subconscio, non facciamo altro che disperderli nell’infinita rete ed articolarli sempre e sempre più.

    Bisogna ritrovare la propria musica armonica, quella che non elimina le singole note ma le riunisce in un Uno armonico e melodico. Ogni singola note coesiste coll’altra nel gioco di un saldo equilibrio. Nessuna si può perdere e staccare.

    Forse non lo dico solo io, ma per un diciannovenne come me, forse ancora nell’adolescenza (ma quando finisce???), le note continuano a separarsi e distaccarsi e i “grandi” spesso non aiutano.

    E’ tutto uno strano trambusto. Sembra impossibile che diventi Armonia.

    Grazie ancora Rosella =)
    Auguri di una bellissima Pasqua a tutti. Ivan

  32. Ivan
    … in quanto all’adolescenza che dirti? a 65 anni temo di non averla ancora attraversata tutta.
    Ormai mi trovo pure a mio agio in questo “trambusto”.
    Tutto sommato nulla mi ha impedito di vivere. Rimboccandomi le maniche e ricominciando ogni volta per non tradire me stessa. Ora sono qui a condividerla (insieme al marito ed ai figli), questa storia, che assapora “in fine” anche gioia e serenità.
    Forse vi è una piccola parte di me “adulta” quella che, talvolta, sopporta il dolore e la fatica in pace.
    Ti abbraccio.
    Penso che i tuoi genitori possano essere fieri di te.
    Ringraziali.
    Buona vita
    Rosella.

  33. Cercherò in breve di esporre la mia idea.
    La Rete o il web è forse l’invenzione più grande mai fatta dall’uomo.
    Ovviamente è l’uomo stesso che la controlla, quindi è soggetta al comportamento di ogni singolo navigante.. Se troviamo foto di streptease, o ragazzine particolarmente denudate, non deve essere uno scandalo. Ognuno di noi decide come navigare, ed è quel decidere che fa di noi i naviganti che siamo. La Rete sicuramente non è lo specchio della vita reale, oso dire che è più veritiera. Per quanto strana possa essere affermazione, io la considero vera. Vedete, la possibilità di scrivere (in Rete) ciò che si pensa senza essere riconosciuti, senza avere responsabilità, senza il pensare a chi lo dico e come lo dico, spingono le persone a dire, o meglio scrivere, ciò che pensa e non ciò che impedisce di avere guai. La capacità di comunicazione che possiede la Rete è unica e non va sprecata, è uno specchio di ciò che pensiamo e non di ciò in cui viviamo.. Mi fermo, altrimenti il mio intervento diventerebbe lunghissimo..

  34. continua m’interessa.

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