Lampi – Di che cosa ho veramente bisogno per essere più felice?

Commenti

  1. Caro Marco, tante volte mi sono chiesta se sono felice o no, e la risposta è stata sempre affermativa. Eppure ho tanti momenti di rabbia, di sconforto, l’anno scorso ho conosciuto anche per la prima volta cosa è “la depressione”; mi sono torturata con l’affannosa domanda “perché? Se non mi manca niente, se ho davvero tutto ciò che posso desiderare?”. E questo atteggiamento, come ben descrivi non fa che aumentare i nostri sensi di colpa.
    Stamattina ho incontrato un’amica che ha il marito su una sedia a rotelle per una malattia degenerativa (giovane, bello, mio amico di infanzia), parlando proprio di quanto mi era capitato lei mi ha risposto “ Io davvero non posso permettermela la depressione!”.
    Allora credo che, nonostante i dieci anni di lavoro nei gruppi che sicuramente mi hanno fatto acquisire una maggiore sensibilità e una conoscenza di me stessa più profonda, il mio lavoro deve continuare, questo per capire innanzitutto cosa vuol dire per me essere felice e per liberarmi di quelle catene che ancora non mi permettono la piena libertà di essere felice!
    Sappi che le tue parole sono sempre per me motivo di riflessione e di grande conforto. Un abbraccio Gabriella

  2. Fabrizio F. dice

    Grazie di cuore, carissimo Marco.

    Credo davvero che il diritto/dovere alla felicità dovrebbero essere al primo posto, all’articolo 1 di ogni Costituzione Umana.

    Rimasi grandemente colpito, mi ricordo, anni fa, quando assistendo ad una dotta lezione del Prof. C.Scognamiglio, che era allora presidente del Senato, egli seraficamente, adducendo i valori portanti del liberalismo politico, asserì che il dovere di ogni governo è quello di “garantire il benessere” dei cittadini, ma non “la felicità”. Insomma, un governo non può e non deve farsi carico della felicità dei propri cittadini.

    Mi ha molto fatto pensare questa cosa. In parte credo sia una affermazione condivisibile. Ma da un altro lato, la cosa è piuttosto spaventosa e credo anche che giustifichi in modo eloquente lo stato delle cose in cui siamo arrivati in Occidente, dove a uno stato generale di benessere diffuso corrisponde uno stato generale di infelicità diffusa.

    Una infelicità che – come nel magnifico romanzo di Peter Handke – potremmo definire ‘senza desideri’. Una ‘infelicità senza desideri’ credo cioè sia davvero la infelicità più radicale nella quale si rischia di sprofondare quando ci ‘sembra di avere tutto (come scrive Gabriella nel comm. precedente) e invece non abbiamo niente (o almeno così ci pare di percepire a volte).

    E’ il motivo di tanta depressione che si vede in giro. Come tu dici, caro Marco, l’infelicità è davvero un peccato, anzi, ‘il’ peccato. Il torto più ingiusto che noi facciamo alla vita, prima che a noi stessi.

    I tuoi gruppi, il tuo lavoro, i tuoi libri, il tuo lavoro poetico, sono una strada di consapevolezza per molti, nell’attraversamento dei nostri blocchi di infelicità che ci zavorrano, ci tarpano le ali, non ci permettono di apprezzare pienamente la vita come Dono.

    F.

  3. Grazie, carissimi, delle vostre parole.

    Certamente lo stato non può garantire la felicità, ma può facilitarne il raggiungimento, oppure ostacolarlo.

    Un’educazione pubblica come quella attuale, ad esempio, difficilmente aiuta i ragazzi a comprendere come ci si possa dirigere verso la propria realizzazione umana, e quindi verso la propria felicità.

    E così, l’organizzazione del lavoro, gli orari dei nostri uffici, la situazione del traffico urbano o della raccolta rifiuti, la diffusione degli asili nidi, e così via, sono tutte cose di pertinenza dell’amministrazione pubblica che possono creare le condizioni affinché gli esseri umani abbiano la concreta possibilità di aprire spazi di felicità nella propria giornata terrena.

    Carissima Gabriella, è già tanto sapere che la felicità è uno stato che ci abita, che a volte si offusca e sembra svanire, ma che resta la nostra vocazione fondamentale, un nostro diritto, ciò per cui viviamo.

    La felicità è quel sogno di pienezza di vita, di pienezza di conoscenza, di pienezza di amore, di libertà, di assenza di ogni paura, e colpa, e vergogna, che possiamo anche chiamare DIO.

    Noi umani, che lo riconosciamo o meno poco importa, che siamo atei o credenti conta relativamente, comunque vogliamo la felicità piena, e cioè vogliamo DIO: vita, amore, sapienza senza fine.

    Perciò qui sulla terra oscilliamo tra Notte e Giorno: siamo in una zona dualistica della creazione, tra il Niente e Dio; ma la nostra meta è lo stato unitario, che chiamiamo anche il REGNO.

    Si tratta di farci assorbire ogni giorno di più da questo stato, che è già presente in noi e tra di noi, e così la nostra gioia cresce e assorbe aree sempre più vaste della nostra esistenza, trasformandole, depurandole, ordinandole.
    Anche attraverso processi a volte dolorosi di smantellamento, frantumazione, liquidazione, che possiamo chiamare anche fasi depressive, oppure purificazioni passive.

    In tal senso Gesù ci dice di cercare innanzitutto il Regno, così che tutto il resto ci venga ordinata-mente come un sovrappiù, un effetto del nostro anelito continuo verso la Gioia.

    Un abbraccio. Marco

  4. Gabriella
    “…parlando proprio di quanto mi era capitato lei mi ha risposto “ Io davvero non posso permettermela la depressione!”.
    Marco Guzzi
    “(.) … siano molto più infelici di altre ritenute mille volte più povere e primitive. Forse … (.), a riporci cioè quelle domande semplicissime e perciò difficilissime che la nostra cultura della distrazione tende a soffocare.”

    Le donne, quando coloro che amano hanno bisogno di loro, lasciano ogni titubanza, ogni timidezza e sanno operare con tutta la forza sapiente del loro amore.
    La vita le pone in una condizione nella quale “non possono distrarsi” neppure un minuto. Pur nel dolore, sanno amare con tutte le loro forze e questo impedisce loro DALL’ INTERNO di lasciarsi andare all’amarezza. Non sempre agiamo così verso noi stesse, prendendoci cura del nostro disagio.
    Credo che tutti noi sottovalutiamo quale sia il danno di questa continua “distrazione” che ci trasporta inconsapevolmente. La nostra comodità di vita e “le cure ricevute nell’infanzia”, ci hanno convinti che tutto ci sia dovuto “dagli altri”. Piovuto dal cielo e non sappiamo più reggere l’abisso che è in noi: LO SGOMENTO sotto il quale è sepolto il grido che libera il desiderio di felicità.
    Che il Signore C’ INNAMORI della vita che ci dona.
    Buona domenica
    Rosella

  5. Ciao a tutti,
    nelle settimane scorse ho attraversato “un blocco d’infelicità'” significativo. Mi sono fermata a riflettere sui motivi che mi creavano quello stato ed ho scoperto che le cause stesse della mia infelicità le avevo provocate io. Con questo voglio dire che come possiamo essere gli artefici della nostra infelicità, nel contempo possiamo essere anche i promotori della nostra felicità. Che ne dite? Stefania.

  6. Carissima Stefania, è proprio questa la nostra speranza: divenire pro-creatori, con l’aiuto dello Spirito divino che è in noi, della nostra liberazione-realizzazione.

    Abbi piena fiducia in questa Forza interiore, affìdati alla sua sapienza, abbandonati alla sua dolce pedagogia.

    Con affetto. Marco

  7. Cara Rosella, è bello questo accenno all’attenzione femminile, al cuore che si prende cura, alla sensibilità materna.

    In fondo questa attitudine femminile è propria di ogni persona spirituale, nel suo lato femminile appunto, nel suo mariano tenere nel cuore attenta-mente le cose e le persone, gli eventi e le attese.

    Ciao. Marco

  8. ” Il tempo delle mezze misure mi sembra del tutto esaurito.

    Questo mondo ci offre ormai soltanto portate dietro portate di sofferenza pura.

    Dobbiamo deciderci per la direzione opposta, puntare tutta la nostra vita sullo 0, come a roulette, o tutto o niente: o Dio o il Niente.”

    Caro Marco, tra tutte le tue parole piene di coraggio e forza di Spirito, scelgo queste che abbracciano la dimensione intima, individuale e collettiva, personale e sociale. Le scelgo anche perchè un bel po’ di anni fa ho scritto questi pochi versi (riportati sotto) che mi pare si attaglino alle tue considerazioni, anche se allora forse non avevo ancora scelto con decisione sentendo fortemente l’oscillazione tra i due stati (Eterno e Nulla).

    Il ponte

    c’è un ponte

    sospeso

    quasi un arcobaleno
    nel vuoto lanciato
    tra l’Eterno ed il Nulla

    non c’è senso obbligato

    Ora capisco appieno tutta la libertà che ci è data nella mancanza di un senso obbligato e so, per averlo compreso nei nostri corsi e per averlo sperimentato nella pratica quotidiana, che la scelta non avviene una volta per tutte ma si attua giorno per giorno, momento per momento,fino all’ultimo terreno respiro

    Grazie, sempre
    Filomena

  9. Enrico Macioci dice

    Ho sentito Marco nell’ultimo video affermare che la nostra paura della morte nasconde una più profonda e reale paura del Nulla. Anche in questa discussione vedo che il concetto del Nulla – che è quello che più mi ossessiona, personalmente – torna più volte. Domando: l’emersione di questo horror vacui si sta facendo più acuta nonostante l’alienazione in atto a ogni livello, o proprio a casua di essa? Ed è vero, come mi sembra, che il senso del Nulla si sta facendo più acuto (a livello sia conscio che inconscio), o è una mia impressione errata?

  10. caro Enrico,
    anch’io ho notato un paio di volte le osservazioni di Marco circa “il nulla”,ma, per la verità, a me hanno fatto tutto un altro effetto.
    Io “non concepisco il nulla” così come: il vuoto per me è solo un luogo (una cavità?), ma non “il niente”.
    M’ interesserebbe sapere se questo aspetto è legato alla maternità, prima ancora che alla femminilità…
    E’ vero anche che io non temo la morte (la sofferenza fisica sì), ma la considero, comunque sia, una pace eterna in: “polvere nella polvere” oppure “nell’Eterno in cui siamo” Amore.
    Ciao
    Buona giornata
    Rosella

  11. darsi pace su fb dice

    Su Darsi Pace su facebook, un nostro iscritto ha lanciato un post commentatissimo sul tema della felicità. Eccolo:

    http://www.facebook.com/profile.php?id=100001565315361&v=wall

  12. Caro Marco ti ringrazio dal profondo per questo post e per tutto quello che fai e proponi. Ringrazio anche tutti gli altri per i loro interventi che, come ho già detto nel post di Maria Pia riguardo la confessione, sono per me oro. Cerco di ritagliarmi spazi di tempo (Darsi tempo!!!) nella mia vita che tra il lavoro e altri impegni familiari me ne lascia davvero pochi e quindi ti chiedo scusa se non sono intervenuto prima. Come ho avuto già occasione di scrivere su facebook – anche qui perdonami per la confusione – penso anzi credo che ognuno di noi possa, come uomo e come donna, “essere” e “fare” la felicità nello stesso tempo solo se abbandoniamo la paura e viviamo amando la nostra vita. Solo ricercando e costruendo la felicità del nostro prossimo avremo l’opportunità di incamminarci nella via che porta ad essere realmente e veramente felici. Ne va da sé che solo pensando alla felicità come ad un mistero da accogliere nella propria e altrui libertà forse si riesce ad essere veramente felici.
    Questa ovviamente non è (purtroppo?) una certezza della mia vita ma come ha giustamente detto Fabrizio è un lento cammino di consapevolezza che non si finisce mai di imparare. Consapevolezza che non possiamo darci da soli, come forse neanche la pace possiamo darci da soli, ma il continuo confrontarci con la nostra vita, con il nostro prossimo, il vincere o tentare di vincere le nostre paure per un “salto” verso l’altro. Solo andando verso l’altro possiamo trovare noi stessi e la nostra felicità. Per me che credo in Dio, nel Dio di Abramo, di Giacobbe, di Isacco di Gesù Cristo fondamentale in questo salto verso l’altro è la presenza dell’Altro. Per questo mi permetto di suggerire, anche a chi non crede, la lettura del libro di E.Bianchi: “Le vie della felicità, Gesù e le beatitudini”.
    Cercherò di seguirti, caro Marco, spero di farcela ma già da adesso ti voglio dire grazie perché senza ombra di dubbio, almeno per me, sei un “operatore” di pace.
    Un abbraccio.
    lello

  13. Grazie di cuore,Filomena, Enrico, Rosella, Lello.

    Due sole parole.
    Sì, io credo che la percezione della nullità delle cose, la perdita di un senso del Senso, stia crescendo, e penso che questo dipenda dalla fase antropologica che stiamo attraversando:
    l’Io umano è chiamato ad un salto evolutivo grandioso tra il concepirsi come prodotto mortale della materia, o come lo Spirito creatore stesso che nell’essere umano diviene cosciente di sé.

    In questo transito attraversiamo uno stato che è propriamente l’annientamento dell’illusione della coscienza egoica separata.

    Questo è il nichilismo come epoca:
    l’Io attraversa l’annientamento delle sue identificazioni illusorie, e, morendo a questo falso sé, si assimila allo Spirito.

    E’ cioè un Battesimo in corso.
    Il nostro compito è credere e sperare e in parte sperimentare che questo Nulla in verità è la porta dell’Essere più pieno, della pienezza della vita.

    Grazie, Lello, delle tue parole: mi pare che la via verso la felicità sia un’alternanza di stati, uno scendere dentro di sé per aprirci all’altro.
    Ogni unilateralità può essere nociva: sia un intimismo narcisistico-spirituale, che un protendersi alienante verso l’altro, per fuggire da problematiche irrisolte.

    Oggi incontriamo entrambi i pericoli dentro e fuori di noi, dentro e fuori dalla Chiesa.
    Nei nostri Gruppi tentiamo una sintesi, una sinergia tra lavoro interiore e apertura all’altro, consapevoli che l’apertura autentica è sempre il frutto di un’ispirazione interiore, di una liberazione cioè dell’amore.

    Marco Guzzi

  14. darsi pace su fb dice

    ‎”Oggi una sola cosa mi sembra importante: risvegliare il desiderio verso il lavoro creativo, renderlo un’abitudine e insegnare a superare le difficoltà, che sono nulla a paragone di questo obiettivo per il quale si lotta.”
    Friedl Dikers-Brandeis, internata nel campo di sterminio di Therensiestadt, dove insegnava a disegnare ai bambini prigionieri. Scritto poco prima di morire.
    Per iscriversi a Darsipace su fb:
    http://www.facebook.com/profile.php?id=100001565315361&v=wall&story_fbid=153198821386862&ref=notif&notif_t=like

  15. … continuo per la mia strada integrando.
    “tanto per cominciare mi hai quasi convinto ad entrare in facebook”
    (Insisti ancora un po’ “che mi piace tanto essere corteggiata”. Sai son proprio tanto, tanto “io” “io”).

    Mi ritornano alla mente le parole di qualcuno che ha preso a metafora della creatività il concepire un figlio. A me pare che sia proprio vero il contrario.
    Se tu fai l’esperienza corporea NELLA TUA CARNE di concepire un figlio, niente è uguale a prima, ne “il nulla” ne “il vuoto”.
    Tutto può rivelarsi molto peggio, nel senso che ormai “lo sai” di avere agito un delirio d’onnipotenza. La vera impotenza è IL NON RITORNO.
    Concepire è l’esatto contrario del niente e noi siamo concepiti e concepiamo, come esseri CONCEPIENTI la realtà nella materia: NOI STESSI
    In fondo moriamo proprio perchè non incarniamo la nostra REALE NATURA.
    Ciao
    Rosella

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