Abbracciare il mondo con la propria identità

Commenti

  1. Domenico Parlavecchio dice

    Cara Gabriella,
    approfitto del tuo post per condividere l’esprienza del percorso che ho avviato ormai da 5 anni rispondendo ad alcuni punti importanti
    da te sollevati.

    una sintesi del percorso DP è quella inserita nel blog “Trasformazione interiore –> Liberazione del mondo”.

    E cosa dovrei trasformare? Smettere di sentirmi il centro dell’universo e delle mie relazioni, smettere di avere paura
    e di pensare di poter controllare tutto e tutti,
    Sintetizzando, abbandonare la mia maschera (strutture difensive) e integrare la mia ombra (i sentimenti e le emozioni nascoste).

    Le pratiche meditative che tramite l’attitudine interiore del sorridere (accoglienza) e dell’abbandonarsi (mollare tutto quello che penso di sapere di me)
    mi permettono di fare esperienza di una quiete profonda. Un luogo di silenzio (lontano dal chiacchericcio) dove posso ascoltare i moti della mia anima,
    accogliere i miei pensieri senza giudicare, senza forzare. Il silenzio che apre all’incontro con il Signore.

    E questo ci porta a dire che siamo una “proposta ecclesiale” che vive quindi nella Chiesa e che vuole dare una risposta umile ma incarnata
    (perchè sperimentata su noi stessi nelle difficolta e nei benefici) a questa sete di trasformazione, di senso e di Dio che si avverte oggi.

    Voglio dire che il percorso DP è per sua natura NON escludente con una valenza missionaria intrinseca dall’inizio.
    Perchè l’altro non è più fuori di noi ma è anche dentro di noi è questo nuovo Io, quello relazionale che supera quello bellico
    (che per identificarsi ha bisogno di essere contro).

    Più profonda sarà la nostra trasformazione, più ci mettiamo il cuore e ci abbandoniamo più saremo vicini a noi stessi e
    agli altri nei modi e nei talenti che ci sono propri e che il percorso tende a mettere in evidenza, sempre.

    L’unica difficoltà che viene fuori è come posso essere più vicino, come posso trasformare il mio cuore in un cuore che ascolta,
    come posso abitare sempre di più questo Io Relazionale.

    I libri della collana Crocevia e primi fra tutti i libri di Marco offrono un supporto al percorso che possiamo usare come
    cartina al tornasole per capire a che punto ci troviamo ed eventualmente da dove e come ripartire. Senza dimenticare il
    confronto delle epsrienza che ciascuno di noi condivide all’interno dei gruppi.

    Questa è la mia esperienza personale dopo 5 anni sperando che possa dare un contributo a quanto hai scritto.

    COn affetto
    Domenico

  2. Cara Gabriella,
    io non so se noi nel gruppo di Mozzo, incarniamo realmente quell’identità dei gruppi Darsi Pace, che auspica Guzzi, siamo così principianti.

    Quel che mi sento di corrispondere al tuo post è questo: noi siamo dispiaciuti di non poter salvare, per così dire “capre e cavoli”. Avremmo desiderato approfondire il percorso iniziatico e nel contempo poter essere missionariamente aperti agli altri.

    Questo per dire che tra di noi, esiste una forte tensione ad INCARNARCI non già a separarci.
    Anche chi nel gruppo pratica la meditazione da 12 anni ormai, ci ha più volte testimoniato la gioia di appartenere ad un gruppo che si ponga come tensione quella DELL’ INTEGRAZIONE dei tre livelli proposti.

    Ho l’impressione che le tue perplessità nascano da uno sbilanciamento.
    Ritengo che la pace interiore, se non si “sporca le mani” missionariamente, aprendosi agli altri, prima o poi inaridisca e muoia.
    Ciò che mantiene vivo un percorso iniziatico E’ L’ INNAMORAMENTO (luogo che la vita ci dona naturalmente iniziandoci alla relazione adulta) e penso che l’evoluzione dei gruppi “darsi pace” non possa prescindere da una maturazione costante di questo DESIDERIO INTERIORE di essere/divenire sempre di più noi stessi, ABBRACCIANDOCI gli uni gli altri.

    Nelle relazioni di gruppo il disagio è normale, e proprio qui si gioca LA VERIFICA di quanto sappiamo incarnare il persorso iniziatico. Quanto questa morte e ressurrezione continui, trasformino in noi l’innamoramento in amore, attraversando la fatica di un atto di fede: IO MI FIDO DI TE.

    Necessita mantenere vivo il fuoco del desiderio agendo la volontà che incarni un gesto quotidiano.

    “AGIRE la necessità TRASFIDURA IL BISOGNO rendendolo desiderabile” Vuol dire: ciò che oggi incontri come assenza, mancanza o bisogno, se “metti mano all’aratro senza voltarti indietro” lo ritrovi come un tesoro nascosto nel campo.

    Un fuoco? un desiderio? un amore maturo? un sè? un IO SONO TU CHE MI FAI

    Ti abbraccio
    Rosella.

  3. Le tue considerazioni a voce alta, cara Gabriella, mi fanno pensare alla “peculiarità” dei Gruppi dp, in cui interagiscono il piano dell’io (ciascuna persona che vi partecipa con i suoi ritmi) e quello del “noi” (gruppo).
    Dalla mia esperienza (lo dico sottovoce, perché tocca a Marco G. dire ad alta voce), vedo che il piano del “noi” tuttavia non ha una propria identità (cioè stabilita da uno statuto, regolamento, tesseramento, obblighi, consiglio direttivo, attività pratiche, ecc. come in genere avviene per ogni gruppo o associazione), se non quella di proporre un tipo definito (questo sì) di lavoro personale di trasformazione a tutti coloro che lo desiderano. I modi possono perfezionarsi, arricchirsi, affinarsi, concordarsi (penso alla redazione che cura questo sito e i contenuti da comunicare tramite esso). La proposta di lavoro è quella pensata e scandita da Marco, esposta nel manuale “Darsi Pace” ecc..

    Ciò che fa gruppo è la condivisione del metodo di lavoro interiore, come delle tappe del percorso, dell’accostamento alla fatica del vivere (esplorazione dei tre livelli).
    Chi fa vivere il gruppo, oltre a Marco ovviamente (presente o per via telematica o tramite gli scritti), sono i partecipanti e il loro personale lavoro interiore (ma con risvolto esteriore).

    Venendo al timore di chiusura o meno: il gruppo in sé non è chiuso a nessuno ed è aperto a chiunque desideri fare un tipo di cammino trasformativo, iniziatico-esperienziale e non teorico. Il gruppo si “chiude” se non accoglie chi desidera fare un cammino oppure se non lo propone ad altri.

    Pur avendo dei confini tracciati da chi vi partecipa, aggiornati anno per anno, il Gruppo tuttavia non ha confini rigidi. Etty Hillesum ad es. fa in certo senso parte dei Gruppi dp, come altre figure…

    Ci può essere qualcuno che partecipa fedelmente ai corsi ma non entra ancora pienamente nello spirito dei gruppi dp. E ci può essere chi non partecipa ai Gruppi ma pratica di fatto lo spirito di dp.

    Ecco qualche reazione a caldo, forse solo impressioni.

  4. Cara Gabriella,

    ciò che mi ha maggiormente colpito frequentando il corso a Roma è stato vedere il corpo che sta assumendo l’esperienza dei Gruppi di Darsi pace.

    Uomini e donne che lavorano su di sé in continua e consapevole trasformazione; uomini e donne che capiscono che i processi di liberazione, di unificazione, di pacificazione planetarie sono strettamente connessi a quelli di liberazione, di unificazione e di pacificazione personali.

    La preziosa collana Crocevia delinea, attraverso i manuali, la strada da percorrere e gli strumenti da utilizzare, aiuta a leggere e comprendere il nostro tempo in modo positivo, tempo propizio per l’emersione di una nuova figura di umanità e a “cogliere l’onda travolgente del XXI secolo con la grazia del surfista che sa sfruttarne al meglio tutta la potenza”.
    (Dalla fine all’inizio)

    Il percorso trasformativo, che ci mette a disposizione anche questo blog e un corso telematico, a me donna e cristiana chiede un atto di fede, una adesione consapevole all’annuncio cristiano.

    La mie relazioni con gli altri sono materiale di lavoro per riconoscere le mie distorsioni; accogliere lo sconosciuto dell’altro significa entrare nei meandri oscuri della mia carne, per scoprire nella mia storia le radici della mia separazione, ma anche sperimentare un io libero, che non si perde in un assoluto indifferenziato, ma entra in relazione con il Principio vivente che lo ri-genera.

    Io in te, Signore, sono me stessa.

    L’io in relazione è un io in grande apertura, un io che non ha etichette se non quella di essere in trasformazione.

    Un io ricominciante, dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina.
    Ora e sempre.

    Ti abbraccio.
    Giuliana

  5. Ho già pensato di dire qualcosa su questo post, ma alla fine non ho mai cliccato il tasto “invio”, perché mi sento un po’ un intruso in questo tipo di riflessioni, non conoscendo (esperienzialmente) il vostro lavoro. Forse non posterò neanche questo.
    Tuttavia mi pare che l’approdo del percorso sia proprio quello di unificare interno e esterno, fuori e dentro, micro e macro cosmo. La “cura” interiore, così come viene proposta da Marco, richiede, credo, un doppio movimento (però circolare): cura del Sé e azione nel mondo. Siccome il mondo sembra essere sempre più una nostra “proiezione”, ma ha anche il pericoloso potere di retroiettarsi sul Sé, occorre essere molto prudenti. Come dice Marco si tratta di curare il “nascente”. Ma questi, se ho compreso, è come un neonato, un fragile boccio profumato, che deve essere custodito e fortificato con grande attenzione, per non rischiare che le ombre del mondo lo feriscano mortalmente. La distorsione è sempre in agguato e bisogna vigilare, facendosi bene le ossa e lo spirito.
    Forse sono fuori luogo, chissà!
    Un abbraccio a tutti e buon cammino.

    Renato C.

  6. Carissimo, no, non mi pare affatto fuoriluogo la tua riflessione. Anch’io sento che il Nascente vada custodito e protetto, fortificato ad ogni istante…..come tu stesso dici:
    “si tratta di curare il “nascente”. Ma questi, se ho compreso, è come un neonato, un fragile boccio profumato, che deve essere custodito e fortificato con grande attenzione, per non rischiare che le ombre del mondo lo feriscano mortalmente. La distorsione è sempre in agguato e bisogna vigilare, facendosi bene le ossa e lo spirito.”

  7. Ottimo intervento cara Gabriella.

    Offre la possibilità per qualche brevissima riflessione:

    – l’apertura al mondo, anche attraverso lo strumento del sito Darsi Pace, è una naturale evoluzione del nostro lavoro all’interno dei Gruppi;

    – la forbice cui fai riferimento esemplifica ad arte il crescere del divario e dunque del disagio che molti avvertono tra il ritmo ed i significati di un percorso spirituale evolutivo che integra i tre livelli : culturale, psicologico e spirituale, e l’ordinario scandire delle vite ad orologeria che viviamo;

    – il quotidiano e consueto irrifiutabile sporcarsi, mescolarsi, impastarsi con il non senso ed il vuoto aberrante della normale routine logora e stride, e mortifica anche gli slanci più puri, ma grazie agli strumenti che il lavoro dei Gruppi ci rende familiari riusciamo a trovare ogni volta la forza per rialzarci e ripartire e continuare a connetterci col Nascente in noi;

    – è certamente necessario delineare sempre meglio una precisa identità dei Gruppi Darsi Pace come Marco G. avverte, ma condivido il tuo timore che in tal senso si determini una sorta di chiusura esclusiva : noi o gli altri, dentro o fuori, in linea o non in linea, omologhi o non omologhi, in tema o fuori tema, vicini o lontani … insomma buoni o cattivi;

    – non credo sia questa la giusta direzione ed il pericolo mi sembra latente come abbiamo avuto modo di constatare a ben rileggere determinati interventi che sono scaturiti sulla scia solo di alcuni ultimi post, come una sorta di pesante cesura;

    – sono in questa fase un po’ confuso : da un lato mi sento forte di una frequentazione pluriennale degli incontri e fautore della crescita dei Gruppi in virtù della quale tendo a considerarmi radicalmente trasformato ed in profonda consonanza con le linee guida del percorso intrapreso, tuttavia nel corrente delinearsi della identità dei Gruppi mi sembra di arrancare e di stonare al cospetto di maestri giudicanti che additano o che con i loro silenzi condannano, e ne deriva una strana amarezza.

    Mi accorgo che anche i miei pensieri sono usciti alla rinfusa, ma non credo sia necessario scusarsi per questo, dobbiamo in primo luogo l’accoglienza, anche del diverso, e di chi non la pensa come noi; è dal confronto che si sviluppa la crescita … o no?

    Un caro saluto e un abbraccio a tutti.

    Marco F.

  8. Caro Marco F .
    Io non capisco molto circa questa questione “dell’identità dei gruppi”.
    Come Giuliana ritengo che ” L’io in relazione sia un io in grande apertura, un io che non ha etichette se non quella di ESSERE IN TRASFORMAZIONE.”
    La trasformazione dell’io in relazione è una trasformazione DI SENSO.
    Cioè UNA GIOIA E UNA PACE che senti nel cuore, nonostante le difficoltà quotidiane della vita.
    Ho persino pudore a dirlo, ma, se avverti, almeno a tratti, questa trasformazione gioiosa e pacificante nella tua vita; che si amplia nel tempo e ti fa stare meglio; che allontana da te il tuo peggiore incubo, donandoti una maggiore energia e sciogliendo i tuoi timori , checosa ti turba realmente? Sei certo che sia proprio l’identità dei gruppi il problema?
    Sono dispiaciuta comunque sia; ma effettivamente la trasformazione vera può porre di queste questioni proprio perchè va ad incidere sulle nostre strutture profonde, spesso ancora inconsce nonostante il lavoro di anni. E ci tocca ricominciare DAL PRINCIPIO.
    con affetto
    Rosella..

  9. Carissimi vi ringrazio perché i vostri commenti mi arricchiscono come sempre, e poi in fondo le vostre certezze le sento anche mie è che ho bisogno ogni tanto di sentirmele dire!

    Concordo con Domenico quando dice che il percorso di DP è per sua natura non escludente, con Corrado quando pensa che Etty Hillesum fa in un certo modo parte dei gruppi (sono sicura che spesso il suo Spirito ci ha accompagnato), con Giuliana quando dice che l’Io in relazione è un io di grande apertura, e con Rosella nel suo DESIDERIO INTERIORE di abbracciarci gli uni agli altri.

    Caro Renato ti prego in futuro non esitare, clicca sempre il tasto “invio”…, forse Corrado quando ha detto “ci può essere chi non partecipa ai Gruppi ma pratica di fatto lo spirito di dp” si riferiva a te; hai citato il Nascente e la sua fragilità; come ben ha detto Marco G. è tutto lì il segreto!

    Riflettendo anche in questi giorni ho compreso quanto il mio timore (e probabilmente quello di Marco F.) sia direttamente proporzionale alla certezza della trasformazione interiore che si è consolidata in noi dopo tanti anni di percorso. Cioè più ci rendiamo conto del Nascente che è dentro di noi, più ne godiamo i benefici e ne proviamo gioia e più abbiamo paura che sia solo un bel sogno! Che possa svanire nel nulla. Grazie di cuore a tutti.

    Gabriella

  10. “in te la pace nel cuore” di Frère Roger
    piccola meditazione di oggi – 29 Giugno 2011

    “E sorge l’insperato…Lo sappiamo abbastanza?
    E’ con il dono di noi stessi che ci costruiamo.
    E viene il giorno in cui è offerto qualcosa di inatteso. Le vie oscure, le lunghe notti appena rischiarate, sono superate.
    Le situazioni senza via d’uscita, le situazioni di lotta, lungi dall’indebolirci, possono arrivare persino a forgiarci. “

  11. Capisco il timore di Gabriella e a me pare che sia sano porsi domande di “ricentratura”. Del resto, su questo lato della vita, non possiamo sottrarci all’ambivalenza del vivere.
    Anche i discepoli nell’episodio della trasfigurazione ebbero la tentazione del “noi” esclusivo – “Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia” … Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: “Alzatevi e non temete”. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.” (Mt 17,4ss). Nel vedere soltanto Gesù solo e nell’ascoltare l’esortazione ad alzarsi, essi vengono ricentrati sulla terra, a percorrere le strade consuete della Palestina. E confesso che questa tentazione è stata la mia durante l’esperienza dell’intensivo a Santa Marinella, lo scorso maggio. Tuttavia, a me pare che pur nelle nostre umanissime oscillazioni, se rimaniamo vigilmente autocritici, il desiderio del “noi” sarà includente. Mi pare che l’insegnamento di Darsi Pace ci chiami a coniugare il raffinamento di un percorso di conversione che ci affina il palato con l’umiltà del principiante che sa incontrare l’altro, inclinandosi verso l’umano, qualunque forma abbia.
    iside

  12. Grazie Iside per aver posto il tema della “ricentratura”, d’altra parte Marco G. ci ha sempre avvertito, in questo lavoro vi troverete spesso a dover ricominciare. E’ anche vero che più si procede e più diventa facile capire che bisogna ricentrarsi e più è facile trovarne il modo.
    Ad esempio per me è davvero rigenerante questo scambio di pensieri con voi!

    Che le meravigliose parole di Frère Roger siano un monito per tutti noi.

    Gabriella

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