24 agosto. Sono all’incirca le 23,00. Dovrei essere contento per la serata trascorsa al Dolmen “La Chianca” di Bisceglie, patrimonio dell’UNESCO, dove ho letto un mio componimento poetico intitolato “Quando avrete consumato i vostri amori” al cospetto di molti amanti del genere:
Quando avrete consumato i vostri amori
fino all’osso,
e fatto patire mille cuori sensibili
con il vostro modo di fare insidioso e stravagante.
Quando avrete ridotto a smorfia
il sorriso di chi vi desiderava,
e sciolto il nodo lasco.
Quando avrete annientato
ogni residuo di compassione,
e cancellato le orme,
il suono dei passi non vi lascerà.
Non vi lascerà l’inganno,
vi trascinerà con sé,
nel vortice che non sosta
e che lentamente uccide.
Vi lascerà l’anima, piano piano,
come amante di una notte sola,
in punta di piedi.
Vi lascerà l’anima,
non ciò che credete lo sia,
quel fatuo sentimento del vago,
quel vago sapore del fatuo.
Chi sarete in quel tempo?
Eppure lo sono moderatamente. Perché? Ho respirato un’aria di invincibile malinconia, di caos, di note scure e dolenti, come se questa vita non avesse altro senso che il non-senso, il caos, per l’appunto, la morte, il disgusto. L’unico poeta che ha introdotto un discorso timido sull’anima, con l’intento di stimolare alla vita piena, sono stato io. Per altri, non siamo che “figli delle stelle”. Non di Dio. Me ne rammarico. E non ne vado fiero. C’è stato anche un momento dedicato al teatro, anch’esso votato al buio, al nulla, foriero di angosce. Il teatro del cupo, mentre un’attrice accostava alcuni spettatori ripetendo il mantra “siamo solo burattini”. E un altro, il protagonista, recitava, di nero vestito: “è talmente vero da apparire falso”. Io avrei accennato alle stravaganze, toccando una nota pertinente. E c’era una musicista che cantava canzoni che Luca, il mio caro amico, avrebbe definito “da obitorio”. L’uomo come burattino, mosso da fili invisibili? Il vero che è falsità, parodia? Nessuna verità? Eppure cerchiamo la pace, e ci danniamo alla ricerca della felicità. Ma la pace non è la tranquillità dell’ordine interiore? E la pace non è già felicità? Votati ad un dio mortifero, signore del caos e dell’inconcludenza. “Non vi lascerà l’inganno,/vi trascinerà con sé,/nel vortice che non sosta/ e che lentamente uccide”.
Poi, mi è venuta alla mente l’immagine di un eau de toilette contenuta in un teschio. Marca “Police”. Il teschio reca una corona regale. La morte che profuma di regalità, o il potere che odora di morte. Un altro stigma mortifero esposto nella vetrina di un megastore. Purché si venda, anche la morte fa da attrattore, da spot pubblicitario. E c’è gente che acquista il teschio contenente un profumo. Tempo fa si utilizzò a scopo pubblicitario il corpo di una ragazza anoressica. Ennesimo inno al dio della morte e della putrefazione.
Quale direzione ha una vita senza senso e costellata di stigmi di morte? Che ne è dell’amore per la vita? Che ne è di Dio, del Cristo che ha vinto il caos? E della sua pace? Si è intellettuali, poeti, scrittori, attori, pittori, artisti solo se si inscena la morte, di cui una vita disorientata e disordinata ne è l’alter ego?
L’io egoico gongola dinanzi agli scenari di morte, perché gli sono congeniti. Osserva solo lo svolgersi sotto i suoi occhi del caos, della fiera delle vanità umane. Non impartisce disposizioni, anzi. Non possiede risposte di vita, non essendo in relazione con la vera vita. Si limita meccanicamente a partorire altri demoni, o gli stessi demoni di ieri riveduti e corretti, ad uso e consumo di platee distratte o omologate. Semmai si limita a porre sui loro crani delle corone regali, così che l’inganno possa durare. Ma la sua non è una funzione pro vita. Non è il partoriente, ma l’uccisore “che lentamente uccide”.
Caro Salvatore, comprendo la tua malinconia, ma non mi stupisco, conosco molto bene il mondo della letteratura, ed è ad oggi dominato, come d’altronde quello dell’arte e della cultura in genere, dal punto di vista terminale dell’ego morente. E’ come se la cultura prevalente sapesse mettere in scena soltanto ciò che sta morendo in questo grandioso transito epocale, ma quasi mai ciò che in questa fine sta nascendo. L’elaborazione di una cultura del Nascente è d’altronde, come sai, uno dei compiti dei nostri Gruppi. Ciao. Marco
Carissimo Marco, grazie del tuo commento e, prima ancora, della tua amicizia e della tua opera “educativa” latu sensu. Se non ci fossero stati segnali di vita nuova dalle parti di Darsi Pace, io oggi non sarei qui. Trovo che il cammino che stiamo percorrendo sia stimolante e, sebbene articolato e complesso, sia quello giusto. Educare cuore, mente e spirito alla Verità è il giusto cammino. A presto!
Ciao Salvatore, non ci siamo ancora mai incontrati ma spero che ciò avvenga presto perchè condivido molti tuoi pensieri e devo riconoscere che apprezzo anche il tuo modo di condividerli.
Il lavoro che stiamo facendo per favorire una nuova umanità è veramente affascinante e il fatto che la cultura di questo mondo giri alla larga ci fa capire che siamo sulla strada giusta altrimenti saremmo stati fagocitati con apprezzamenti, interessamenti e riconoscimenti.
Mi stupisce ma solo un pò, il silenzio della stampa e cultura cattolica riguardo questo cammino iniziatico che sintetizza e fa interagire tutte le facoltà umane allo scopo di giungere alla Verità.
La nostra catacomba però si sta ramificando sempre di più e noi non abbiamo nessuna fretta, importante è fare il possibile, bene, sapendo che il resto arriverà. Ecco così me lo sono detto anche per me che spesso sento una gran fretta.
Quasi dimenticavo, in compenso incontro spesso tua cugina ( la preferita ) ed è sempre un piacere.
Un abbraccio pacificante Ale
Caro Alessandro, certamente ci vedremo in quel di Roma. Ti ringrazio dell’apprezzamento. Consola mia cugina. E’ tuttora traumatizzata dal fatto che, dopo il mio, essendo ingordo e vorace, mangiavo anche il suo gelato! 🙂 Salute, pace e gioia!
Salvatore, continua a scrivere le tue poesie e quando ne hai l’occasione a leggerle, perchè molti aspettano qualcosa di diverso da quanto impone la cultura dominante. Noi che siamo ricercatori di verità e che ne abbiamo visto tanti barlumi, abbiamo il piacere di comunicarli a chi ne è assetato, e ne abbiamo anche il dovere. L’odore di morte che esala da tante espressioni dell’arte moderna da un lato deriva dal dolore del male di vivere o da “scelte di fede” distruttive.
Dall’altro è conseguenza di scelte culturali e politiche che selezionano e sostengono solo lavori con impostazione prona all’ideologia del “politicamente corretto”: vengono cioè finanziati solo determinati circuiti. Poi c’è anche l’opportunismo di chi, dovendo sbarcare il lunario, fiuta l’aria che tira e si adegua al corrosivo e al macabro di moda.
meno male che, grazie a Darsi Pace, sto continuando a lavorare sui miei traumi infantili e sulle loro insospettabili conseguenze …
😀
…a proposito di “ciò che sta nascendo” (e non solo di “ciò che sta morendo”) nel CD dedicato a Gaber nel 10° anniversario della morte (“per Gaber…io ci sono) mi ha colpito particolarmente l’interpretazione di Gianna Nannini del pezzo L’ATTESA di Gaber-Luporini (1981). Il testo ha parole che, pur se scritte più di trent’anni fa, suonano straordinariamente attuali e ‘risonanti’ (in part. per i praticanti dei gruppi DP). Ve le trascrivo:
No, non muoverti
c’è un’aria stranamente tesa
c’è un gran bisogno di silenzio,
siamo come in attesa.
No, non parlatemi
bisognerebbe ritrovare
le “giuste” solitudini
stare in silenzio ad ascoltare.
L’attesa è una suspense elementare
è un antico idioma che non sai decifrare
è un’irrequietezza misteriosa e anonima
è una curiosità dell’anima.
No, non muovetevi
c’è un’aria stranamente tesa
e un gran bisogno di silenzio,
siamo come in attesa.
Perché da sempre l’attesa è il destino
di chi osserva il mondo
con la curiosa sensazione
di aver toccato il fondo.
Senza sapere
se sarà il momento
della sua fine
o di un neo-rinascimento.
Non disturbatemi
sono attirato da un brusìo
che non riesco a penetrare
non è ancora mio.
Perché in fondo anche il mondo
nascente
è un po’ artista
predicatore e mercante
e pensatore e automobilista.
E l’uomo qualunquista
guarda anche lui il presente
un po’ stupito
di non aver capito niente.
L’attesa è il risultato, il retroscena
di questa nostra vita troppo piena.
E’ un andar via di cose dove
al loro posto
c’è rimasto il vuoto.
Un senso quieto e religioso
in cui ti viene da pensare,
e lo confesso ci ho pensato anch’io,
al gusto della morte e dell’oblìo.
No, non muovetevi
c’è un’ aria stranamente tesa
e un gran bisogno di silenzio.
Siamo tutti in attesa.
Ciao a tutti, mcarla