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Commenti

  1. Che dire Iside? Hai messo il dito nella piaga oggi più drammaticamente diffusa in ogni fascia d’età: il nostro rapporto malato con il tempo, che ci rende incapaci di vivere in modo libero e creativo la nostra esistenza…grazie per le tue preziose riflessioni che condivido ampiamente, mcarla

  2. Grazie Iside di queste riflessioni! Condivido pienamente.
    Viviamo un tempo estremo in cui tutto sembra travolgerci e ingurgitaci senza tregua .,
    Anche i bambini riproducono il malessere degli adulti con ansie di prestazione,omissioni , inversioni,sostituzioni di lettere o parole nella lettura che li fa apparire tutti dislessici, o con una serie di errori che farebbe pensare alla disgrafia.
    Andare in profondità e “ascoltare la Vita” ci fa discernere,ma non basta .Incarnare ciò che siamo davvero vuol dire andare contro le logiche di questo mondo in ogni nostra azione quotidiana e questo non è facile,richiede una concreta trasformazione,una forza che solo la fede ci può dare accanto ad una scelta precisa ,libera e radicale.
    E’ cambiare la propria vita rinnovandola ogni giorno nello Spirito, con pazienza e perseveranza,senza porci dei traguardi,ma semplicemente accogliendola.

  3. Condivido l’analisi.mi sembra però che l’epilogo meditativo manchi di quel “punto di morte”di cui marco in continuazione ci parla(quarto punto della pratica).infatti più che surfare sulle mie parti frammentate ,sento sempre più il bisogno di affogarle.
    non vuole essere una polemica,assolutamente.tra l’altro amo particolarmente i tuoi post.ciao.davide

  4. Carissima Iside,
    è sempre bello per me leggerti e sentirti/mi vicina, anche se gli accadimenti non ci permettono di incontrarci fisicamente.

    Fino a trentacinque anni ho atteso ciò che non accadeva mai, poi mi sono svegliata dal lungo sonno ed ho cominciato ad attendere ciò che è nelle mie possibilità.

    In Darsi pace imparo l’attesa aperta al compimento, imparo a riconoscere e ad accogliere ciò che muore con la fiducia del nuovo che si prepara a venire alla luce.

    Abbiamo bisogno di rallentare, di silenziare, di ascoltare, di attendere, di attraversare il vuoto delle nostre relazioni per andare oltre, ma per farlo è necessario contattare dentro noi stessi il luogo di pace che ci apre alla Relazione.
    Lì comprendiamo che esiste una logica diversa da quella del mondo perché sentiamo di essere veramente noi stessi.
    Lì non c’è paura, non c’è separazione, solo comune-unione.

    Un abbraccio.
    Giuliana

  5. Cara Iside, le tue parole, sempre profonde ed efficaci, toccano corde importanti: il desiderio, la libertà, l’attesa come essenza profonda della vita.
    A me sembra che i nostri impulsi, quelli che si generano e prosperano nella superficie del surfista, siano sempre ben alimentati e gonfiati dal nostro ego e dal sistema sociale in cui viviamo. I desideri invece, quelli profondi, sono spesso inespressi, poco frequentati e quindi avvizziti. Penso al desiderio di una vita piena e compiuta, di relazioni vitali e feconde, di comunione con Dio e con gli altri. Frequentare questi desideri nella superficie veloce della vita è una cosa un po’ folle, mentre a livello di “palombaro” incredibilmente le cose cambiano, e qui l’attesa diventa quasi un briciolo di anticipato godimento.
    Io soffro ancora molto la sfasatura tra queste due dimensioni, e cioè tra quella parte profonda e dolce del desiderio e dell’attesa, di cui tu parli, e quella della vita quotidiana e delle sue frustrazioni. Probabilmente in mezzo c’è quella morte di cui parla Davide.
    Ciao
    Antonietta

  6. Cara Maria Carla anche a me pare che talvolta siamo come su un tapis roulant: corriamo corriamo ma in realtà siamo sempre allo stesso punto. Ma per uscire dalle logiche del mondo occorre che ci ricomprendiamo ogni volta di nuovo l’essenza della nostra libertà.
    Ciao Rosanna! Una mia amica, insegnante elementare, è solita dirmi che, lasciando da parte tutte le amarezze che la gestione insufficiente della scuola come istituzione le provoca, ha la fortuna di lavorare con bambini che sorridono. È un gran peccato che tante volte fagocitiamo i nostri bambini dentro i nostri asfissianti ritmi, invece di imparare da loro, ricordando quando noi eravamo così, la curiosità sana sulle cose, senza pregiudizi.
    Caro Davide in effetti hai messo il dito in una delle mie piaghe: abbandonarmi per me è davvero difficile. La mia parte difesa ti direbbe che nello spazio, gioco forza contenuto di un post, non si può scrivere tutto ciò che si vorrebbe. Il mio io che cerca invece di togliere qualche opacità ammette più onestamente di sentire molto potentemente quelle ventose di cui spesso Marco parla guidando le meditazioni. Io sono particolarmente aggrappata e stento a mollare la presa, ma continuo nell’esercizio della pratica persuasa che non sia l’esito prestazionale ciò che fa la differenza, ma l’affidamento ad un Dio che saprà senza dubbio andare oltre le mie meschinità.
    Ciao Giuliana! Mi viene da pensare che ciò che chiami “attendere ciò che è nelle mie possibilità”, se avviene nell’affidamento alla trascendenza, diventa la follia di dare credito all’invisibile che però ha la potenza di capovolgere le nostre vite per farci trovare veramente a noi stessi.
    Ciao Antonietta! Anch’io sono piuttosto “sfasata”. A me pare tuttavia che possiamo soltanto tentare di allineare, e in modo parziale, le sfasature che viviamo perché la condizione che sperimentiamo qui ha una sua frizione interna che soltanto l’atto sorprendente di un Dio può superare definitivamente.
    iside

  7. Tutto il nostro armamentario telematico, sempre a portata di mano, ci mette in comunicazione (?) , se va bene, con i lontani, ma i vicini restano fuori dal nostra raggio di attenzione. Rifletto su questo , quando sono in autobus o in treno. Mi sento ignorata insieme alla realtà, dagli altri passeggeri. Io invece mi guardo intorno e spero di incontrare qualcosa di interessante, o qualcuno che mi venga veramente incontro Mariapia!

  8. Ok, a quando la app con tutte le nuove meditazioni di Marco? 😉

  9. Carissima Mariapia, hai ragione, perciò l’apertura d’amore che ci è richiesta è verso il prossimo, cioè verso chi ci è vicino, cioè lungo quelle zone di sovrapposizione sfumata tra il sé e l’altro che sono fonte di vita ma anche di scompiglio.
    Ciao Simone! Un’app per Darsipace, un’idea da start-up in silicon valley :-)!
    iside

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