Lampi – La nascita di Dio al fondo della notte, nel gelo invernale

Commenti

  1. “Ci troviamo infatti gettati in questo mondo con la terribile percezione di un’impotenza radicale, di una solitudine e di un abbandono irrimediabili” . Perché, mi chiedo, leggo queste parole che potrebbero sembrare tristi e cupe e provo invece un senso di straordinaria liberazione? Perché invece tutti i triti e falsi appelli al “natale buono” e alla felicità “a comando” rilanciati (soprattutto) da un sistema commerciale pervasivo e quasi omnicomprensivo, mi soffocano? Credo, perché finalmente qui trovo una corrispondenza con quanto vedo – spesso con sgomento – nella mia anima. Questo senso di solitudine e abbandono, non lo apprendo leggendo, ma lo apprendo guardando con onestà dentro di me. E il fatto che per la civiltà odierna non abbia cittadinanza, sia obliterato (tentativamente, appunto, ma traspare dai visi…) rende il mio “inferno” soltanto più cupo, lo sospinge dalla parte di una patologia personale, mentre capisco che invece ha un riscontro oggettivo e collettivo…

    …così come la speranza che ci anima, che in fondo a questa drammatica e cupa profondità vi sia Chi ci salva, acquista uno spessore più bello, proprio perché finalmente non si censura la drammaticità del momento… e non siamo appena e fintamente “felici”, ma “felicemente afflitti”… finalmente una parola di verità. Grazie Marco, grazie di cuore.

    Marco

  2. Caro Marco, grazie a te, perché hai colto proprio nel segno: ciò che ci soffoca è sempre l’ipocrisia, il voler nascondere, rimuovere, censurare la nostra condizione reale, rendendola così irredimibile, in quanto mai presa veramente in cura.
    La diagnosi oculata, invece, pur dolorosa a volte, ci dà la sensazione che possiamo intervenire, che sussista un itinerario di cura, che non tutto è perduto. E questa è la prima vera sensazione della guarigione, della liberazione: è liberante già osservare senza finzioni la situazione così com’è, sopportandone il peso, anzi portandolo insieme.
    Il resto, questa felicità forzosa e rumorosa, non è che un’espressione dell’angoscia, e non fa che incrementarla.
    Un abbraccio. Marco

  3. giancarlo salvoldi dice

    Fratelli,
    “La nascita di Dio al fondo della notte”: la Luce nel buio del cosmo, la Luce nel buio del mio cuore.
    Ho letto e riletto più volte lo scritto di Marco, e sempre ne ho ricevuto dolore e gioia.
    Come nella mia esperienza esistenziale in cui ha sempre prevalso la gioia della certezza di Lui, nell’affidamento a Lui: anche se le vicende della vita prima e “Darsi pace” dopo, mi hanno insegnato il dolore e il confronto con la disperazione.
    Lentamente mi sono reso conto che Marco non si rivolge a noi chiamandoci, come tante volte, amici, e neppure praticanti, ma “fratelli”, e non è un sinonimo o un caso.
    Fratelli,
    Gettati nel buio della solitudine e dell’angoscia, nel nostro cammino di ricerca e in stato di consapevolezza, possiamo sentirci affratellati e assorellati nella comune condizione di vita drammatica dove “mors et vita duello conflixere mirando”, cioè la morte e le vita hanno guerreggiato in un duello incredibile, in uno scontro titanico: o morte o vita.
    Possiamo provare a scendere giù nell’abisso, indifesi, ma non siamo soli perchè siamo con Cristo e con i fratelli in com-pagnia, in com-unione, fidandoci e affidandoci, perchè sappiamo che il nostro svuotarci e morire è solo il morire dell’io egoico e non del nostro vero essere Umano/Divino.
    Fratelli,
    perchè nella nostra fede comune, che è la nostra Salvezza, diciamo “Padre nostro”.
    Anche se fosse una follia, ma non è infinitamente più credibile quella follia piuttosto che la evidente menzogna autoconsolatoria e mortifera e stomachevole dei tromboni stolti e ciechi del “mondo”?
    E in ogni caso quand’anche fossimo una compagnia di folli, viviamo e sperimentiamo speranza anzichè disperazione, benevolenza anzichè inimicizia, calore anzichè freddo, conforto anzichè invidia, e il centuplo già su questa terra.
    E se siamo salvati dalla morte adesso, possiamo iniziare quella ricerca spirituale che può cambiare, oltre che noi, anche la cultura evanescente del “politicamente corretto” e le strutture economiche che non devono essere asservite alla multinazionali finanziarie ma devono essere per l’uomo e per tutto il Creato.
    Abbraccio tutti coloro che “sentono” fraternamente, e anche gli altri.
    GianCarlo

  4. Grazie, carissimo GianCarlo, ho sempre pensato che la condizione umana possa essere considerata o assurda o folle.
    Ciò che ci dice la ragione materialistica descrive infatti un quadro cosmico e umano assurdo, pazzesco, e desolante.
    La visione spirituale ci descrive a sua volta un quadro folle, pazzesco, e consolante.
    L’alternativa cioè non è tra ragionevolezza e follia, ma tra due visioni comunque folli, una però desolante e l’altra consolante, e aperta ad infinite trasformazioni e dilatazioni conoscitive.
    Pascalianamente ognuno può scegliere come vuole…
    Un abbraccio. Marco

  5. In questo post parli dell’angoscia e della solitudine che gli esseri umani sperimentano, mi è capitato di pensare “ si muore da soli”, per quanto i più fortunati possano essere circondati dall’ amore dei propri cari, “l’esperienza” rimane individuale, come non condivisi e, a me pare, non condivisibili rimangono molti momenti della nostra vita, soprattutto interiore. Questo essere individui ci rende “affamati” di comunione.
    Ho seguito il discorso alla radio in “Uomini e profeti”, come sempre molti passaggi hanno grande risonanza in me, in particolare il punto in cui dici “ciò che si fa in realtà è un misto fra la nostra opera e un’azione che ci supera e ci dà la grazia (spero di aver riportato le parole abbastanza fedelmente), ogni tecnica spirituale deve portarci all’ abbandono, l’ispirazione, la grazia ci vengono nel nostro impegno e nella macerazione”. Credo che anche la vita ordinaria, quotidiana se posta in questa prospettiva di impegno e affidamento (impegno affidato) acquisti un’altra luce. Questo sentire la presenza di qualcosa dentro di noi che è altro da sé, ci dà gioia, ci libera dall’ angoscia dal percepirci individui separati e soli, non toglie la necessità dell’impegno né la consapevolezza dei drammatici problemi, non elimina neanche la paura del dolore né della morte, li rende però più accettabili nella speranza di un senso futuro, rende più capaci di apprezzare e essere grati.
    Perché una persona che porta in sé la convinzione di questa presenza senta il bisogno di intraprendere un percorso come quello di Dp? Non dovrebbe già sentirsi paga? Personalmente cerco di discernere, sanare e liberare sempre più il mio vero volto, per comprendere meglio questo dono, e non trovavo attorno a me chi fosse interessato a condividere e approfondire questi aspetti, perché come drammaticamente dici nell’ intervista “ non vorrei morire senza essere nato” nella convinzione che questo sia bene per me e per chi mi sta vicino. Avevo bisogno di dirlo con parole mie seppur banali, spero che queste siano premesse corrette e di riuscire a sostenere l’impegno. Grazie per qualunque riflessione possiate donarmi, mi scuso per essermi dilungata, un saluto permettetemi di dire fraterno. Stefania

  6. Cara Stefania, grazie delle tue profonde e belle considerazioni.
    Posso solo aggiungere due piccole cose.
    DP nasce per aiutare le persone a liberarsi dalle proprie tenebre/illusioni/alienazioni interiori, e quindi per prendere contatto col grande mistero vivente che ci abita. Ma, allorché iniziamo a contattare questo mistero, questo Spirito che è in noi, potremmo dire che inizi il vero lavoro, che va anch’esso aiutato, e condiviso. Per cui i Gruppi DP servono anche a consolidare questo contatto e a condividerne le esperienze trasformative. In tal senso si può intendere la stessa vita ecclesiale (di cui in fondo DP è solo una piccola espressione): la Chiesa serve sia ad aiutare le persone ad entrare nel mistero della salvezza, sia a permanervi, crescendovi dentro.
    Un grande augurio! Marco Guzzi

  7. Grazie di cuore dell’augurio che contraccambio e della gentile risposta che rimette tutto in prospettiva,
    anch’io frequento regolarmente la Chiesa. Un saluto Stefania

  8. I needed to thank you for this fantastic read!! I certainly enjoyed every little bit of
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  9. Non sono iscritto al gruppo, ma vorrei lasciare ugualmente un mio commento, in un momento molto importante della mia vita.
    Ho scoperto Dio.
    Sì, ho scoperto Dio e l’assurdità dell’ateismo.
    E ve lo dice uno che si è professato da sempre ateo, fanatico di Nietzsche fino al midollo.
    Ho provato il dramma dell’esistenza.
    Mi sentivo totalmente perso, senza punti di riferimento, come una palla in un flipper infernale.
    Giunto al fondo di me stesso, però, ho scorto una luce.
    La luce della speranza.
    Non è una frase buttata lì.
    Sono rinato sperando.
    Ma non sperando in qualcosa di particolare.
    Sperando e basta.
    Credevo.
    Ma non in qualcuno.
    Credevo e basta.
    E ho capito che senza speranza la vita non ha senso.
    Non può essere vissuta.
    Quando mi sento male mi rifugio in questa speranza, mi rivolgo verso questa speranza, che si fa giorno per giorno sempre più salda.
    Questo per me è Dio.
    E’ affidarsi ad una speranza, e crederci fino i fondo, nonostante tutti e tutto.
    E’ difficile da spiegare, ma ormai vivo affidandomi saldamente a qualcosa, guardando ogni giorno dentro di me verso un luogo pieno di luce, pace, sicurezza.
    L’altro giorno sono andato a messa, dopo anni e anni. Da solo.
    E mi sono commosso a questa frase “Liberaci o signore da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l’aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell’attesa che si compia la beata speranza.”.
    Mi affido a lui, senza dirmi nulla, senza sentirmi obbligato a fare nulla.
    Non sono tanto bravo a spiegarmi, ma spero di esserci riuscito.
    Volevo condividere ciò con voi.
    Ho grande ammirazione per Marco e per quello che fate.
    Buona vita a tutti.

  10. Caro Maurizio,
    ti sei spiegato benissimo.
    Grazie per dirti nella trasformazione.
    L’apertura alla speranza è per me la visione a 360° che la montagna mi ha regalato e che in Darsi Pace si è definita come conoscenza iniziatica, è credere nonostante tutti e tutto, come dici tu.
    Abbiamo bisogno di tornare a credere, di scoprire che la fiducia- fede è connaturata all’uomo come il linguaggio e la ragione e di sperimentare la Speranza che ci ri-genera, l’Uomo Nuovo che pulsa dentro ognuno di noi per venire al mondo, per sanarlo e rinnovarlo.

    Un caro saluto.
    Giuliana

  11. Caro Maurizio,
    Giuliana ha commentato molto bene il tuo post.
    Io commossa ti dico solo: Alleluia.
    Un grande saluto. Stefania

  12. Caro Maurizio,
    ti sono anch’io vicino perché Marco, nella mia tribolata esistenza, continua ad essere un punto di riferimento e di continuo sostegno. Ascoltarlo , scambiare anche poche parole con lui mi lasciano una grande forza interiore e mi rasserenano e mi stimolano a continuare ad accettare e a Sperare nonostante tutto.
    A questo proposito mi fa piacere condividere con te le parole del grande teologo e matematico russo Florenskij che in un intensivo di Santa Marinella, Marco ci ha fatto conoscere: alcuni giorni fa ho riascoltato la registrazione e ho trascritto il breve testo tratto da : “La colonna e il fondamento della verità”

    “L’uomo che pensa ha già capito che non possiede nulla su questa sponda.
    Ma per imboccare il ponte che porta al di là ci vuole sforzo ed energia. E se questo dispendio fosse vano? Non è forse meglio pur torcendosi per i dolori dell’agonia restare al di qua del ponte? E se lo si imbocca, vi si dovrà forse camminare tutta la vita? Aspettando eternamente di raggiungere l’altra riva? Ma che cosa è meglio, morire perennemente e forse in vista della terra promessa gelare nel freddo del nulla assoluto oppure spendere le ultime energie forse per una chimera, un miraggio che si allontanerà man mano che si tenta di raggiungerlo? Questo è il dilemma. Io rimango qui! Eppure una tormentosa brama ed una improvvisa speranza non mi danno pace.
    Allora balzo in piedi e mi metto a correre, ma il freddo di una disperazione altrettanto improvvisa mi taglia le gambe, una paura senza confini si impossessa dell’anima e allora corro indietro; andare o non andare ? cercare o non cercare? Sperare o disperare? Temere di spendere le ultime energie e perciò spenderne dieci volte di più correndo avanti e indietro, dov’è una via di uscita? Dov’è uno scampo? A chi ricorrere per un’aiuto? Signore, se esisti aiuta la mia anima folle, vieni Tu stesso, Tu stesso conducimi a te, Salvami! Che io lo voglia o non lo voglia, concedimi di vederti come tu puoi e sai, Attirami a te, con la forza e con il dolore in questo grido di suprema disperazione è il principio di uno stadio nuovo del filosofare, il principio della fede viva. Io non so se la verità esista o meno ma con tutto il mio essere sento che non posso farne a meno, so che se esiste per me è tutto, ragione, bene, forza, vita, felicità. Forse non esiste ma io l’amo più di tutto ciò che esiste. Mi unisco a lei come a tutto ciò che già esiste e anche se non esistesse l’amo con tutta l’anima e con tutta la mente, per lei rinuncio a tutto perfino a miei quesiti e ai miei dubbi.”

    Spero che anche queste parole ti possano dare una mano, ti saluto con affetto.

  13. Carissimo Fabio,
    grazie di questa testimonianza.
    E’ solo al limite di tutte le forze e le facoltà umane, è partendo da questo abisso personale, da questa radicalità e nudità esistenziale che riesco a vivere in modo nuovo anche i sacramenti e la vita ecclesiale.
    Oggi nella nostra parrocchia, il battesimo di tre bambini mi porta a rinnovare il mio battesimo: rinuncio al male e alle sue seduzioni e credo nella vita che, in Gesù, Dio Padre ci ha donato. Il suo Spirito ci riunisce oltre ogni separazione, oltre ogni morte. E ci dà il coraggio e l’energia per attraversare il ponte!
    Un abbraccio. Paola

  14. Grazie a tutti per le bellissime risposte.
    Mi sento ancora all’inizio del percorso che, però, sono sicuro sarà profondo ed entusiasmante.
    Grazie ancora.
    Maurizio

  15. “Liberaci o signore da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l’aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell’attesa che si compia la beata speranza.”
    Sai quante volte ho ascoltato questa invocazione nella Messa , senza particolare emozione ? ! Di solito queste parole passano sopra di me insieme alla voce del celebrante …stavolta invece, tu me le hai fissate nel cuore e mi rendo conto della loro straordinaria forza , stabilitò e bellezza. Grazie, hai rianimato anche la mia speranza …una speranza come la tua, senza nome, ma che però conosce anche il mio nome ……..e mi ha chiamato…..mi chiama ancora quando dispero di riuscire a sperare ancora ……..
    Resti con noi ? Che bello !
    ivano

  16. Purtroppo in questo momento non ho la disponibilità economica per iscrivermi al gruppo.
    Però, se non è un problema, sarei felicissimo di continuare a postare i miei commenti e confrontarmi con voi.
    Grazie per le belle parole.
    Maurizio

  17. Caro Maurizio credo che la verità che hai compreso è che Dio si manifesta a noi proprio in molti modi soprattutto nella nostra interiorità, nella fede e nella speranza che ci salvano nel momento della disperazione. È che, spesso, la nostra continua cecità o “distrazione” (come scrive Marco) ci distolgono dallo Spirito che è in noi. Se contattiamo lo Spirito e mettiamo a fuoco la nostra mente scopriamo che nulla è perduto e che la vita può essere vissuta in pienezza!
    Permettimi di consigliarti di contattare help@darsipace.it se hai difficoltà economiche non dovrebbe essere un problema ma non ti privare di questa opportunità.
    Ti abbraccio e ringrazio Fabio per averci ricordato quel bellissimo testo di Florenskij. Gabriella

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