Un ghirigoro tra tanti?

Commenti

  1. Che bello leggerti, Marco! Complimenti e grazie infinite. Ho già capito che, alla prossima occasione, comprerò il libro di Rovelli e lo metterò in coda ai tre o quattro libri di Marco Guzzi, più l’autobiografia di C.G.Jung, più il Salmo 106 (miracoli della bontà del Signore) che non riesco più a smettere di rileggere, trovandoli ogni volta più veri, nuovi ed estremamente attuali. Di nuovo: grazie!
    Benigno

  2. Grazie a te Benigno, per i complimenti! Se posso permettermi, direi inoltre che la tua “coda bibliografica” è di tutto rispetto! Se poi per la autobiografia di Jung intendi “Ricordi, sogni, riflessioni”, come credo, ebbene è un libro che ha avuto una grandissima “rispondenza” nelle mie corde più intime, l’avventura di leggerlo è stata veramente un viaggio straordinario!

    Un abbraccio,
    Marco

  3. La riflessione che hai innescato, Marco, è una di quelle su cui si possono scrivere interi libri .

    Il problema è antico : esiste o no un “fine” per tutto questo ?

    La scienza nel suo procedere ci rende ogni volta maggiormente edotti su di mondo fisico quasi sempre diverso da come lo pensiamo e, come conseguenza, dilava sempre di più la nostra ricerca di un “fine” e di una “ragione prima” in un mare di incertezze sempre più ampio, tanto che in molti casi se ne può concludere che non ci sia affatto bisogno del concetto stesso di Creatore.

    Siamo “primari” in questo universo, o solo delle cose insignificanti come Rovelli afferma ?

    Essendo domande a cui, sia in senso scientifico che in quello filosofico, non è possibile argomentare con fatti reali la risposta ( con un leggero vantaggio per la scienza che usa dati reali e quindi argomenta le sue tesi meglio della filosofia ) io sposterei il focus della questione, pur mantenendo il nucleo del discorso, ad alcuni semplici interrogativi che portano diritti ad una migliore definizione della potenziale risposta.

    Siamo “importanti” in questo Universo ?

    Come tu stesso hai affermato non c’è alcun bisogno di “essere al centro” dell’Universo per essere importanti, anche in periferia, come noi siamo, si può essere tranquillamente il “fine ultimo” per cui l’Universo stesso è progettato.
    ( cosa conosciuta anche come “Principio antropico forte” )
    Ciò è verissimo, ma se diamo per valida questa ipotesi e che quindi noi siamo “importanti” una domanda risuona nella mente: che ne facciamo di tutta questa infinità, perchè il Creatore l’ha creata ?
    Come i dati confermano da sempre, con le velocità attuali, sappiamo bene che non possiamo andare lontanissimo e sappiamo che non potremmo , comunque, mai esplorare o colonizzare l’ Universo intero ma solo i nostri “dintorni” più vicini. Quindi noi di tutta questa infinità, in definitiva, non ce ne facciamo nulla a parte ammirarla e studiarla per cercare di capirla.

    Come interpretare , dunque , il fatto che siamo piantati in un posto “X”, perso in nell’immenso, a parte pensare ad un Creatore “cattivo” che pur mostrandoci l’infinità ci ha proibito di poterla “utilizzare” ed esplorare ?

    La cosa più probabile è pensare che il Creatore, la nostra “Ragione Prima”, abbia fatto un banale errore creando una cosa enorme per una creatura che nemmeno può “utilizzarla” tutta . La spiegazione, messa così, “fa del male” a noi stessi poiché è difficile concepire un Creatore distratto o cattivo nei confronti della sua creatura eletta.
    Allora rimane l’altra alternativa , ossia che l’ Universo non sia appannaggio delle sole creature del pianeta Terra,
    ma che, almeno di logica, devono esserci molte altre creature li fuori che condividono con noi, probabilmente con gli stessi problemi filosofici 🙂 , questa infinità. I
    n tal caso il nostro Creatore avrebbe fatto un ottimo lavoro disseminando di vita l’intero universo , ma, in questo caso nasce una domanda anche più terribile: se davvero l’Universo contiene altre specie oltre la nostra, cosa ci fa supporre che noi siamo “il fine”, la specie eletta per cui tutto questo è stato creato, quando potrebbero esserci specie di tipo superiore rispetto a noi in senso evolutivo ? E se fossero loro il “fine” e non noi ?

    In realtà non lo sapremo mai e quindi siamo liberi di cullarci nelle nostre convinzioni di essere i prediletti del Creatore, pur sapendo bene che è una pia illusione.

    E nella scala delle domande terribili la successiva è : se davvero esistono altre creature, evolutivamente superiori, a cui contendiamo il titolo di “preferiti” se queste ultime hanno le loro cosmogonie regolate anche esse sul concetto di “Ragione Prima” il loro Creatore potrebbe essere diverso e molto più “potente” del nostro, in ragione proprio della loro superiorità evolutiva … Cosa ne sarebbe delle nostre certezze, del nostro Creatore declassato a “creatore locale” ?

    Se uno ci pensa bene nota che rispondendo a queste domande l’idea di un “disegno intelligente” dell’Universo è fortemente compromessa, il che porta verso le conclusioni di Rovelli che, a rigor di logica e dati, sono ben più appetibili. Ovviamente, essendo entrambe le ipotesi indimostrabili, il tutto viene lasciato nello stato ex ante, ossia di una discussione che tende da un lato ad un fideismo temprato scientificamente, dall’altro ad un semplice affidare al caos come Ragione Prima di tutto.

    Personalmente preferisco sposare la tesi di Weinberg ed altri che assomma due cose importanti, la presenza del caos come “Ragione Prima”, che spiega anche i dati che continuamente ci arrivano, e quella di una “intelligenza” successiva, nata dal caos stesso, in grado di regolare ed elaborare le funzionalità dell’Universo stesso.

    Questa “intelligenza” quindi sarebbe “funzione” di questo Universo , non la sua causa.

    Apparentemente sembra un assurdo, ma abbiamo altri esempi fisici che ci dimostrano che la cosa è possibile, ad esempio gli atomi che costituiscono l’acqua o un liquido qualsiasi, di per se stessi, non hanno la proprietà fisica della fluidità o della liquidità se però ne uniamo casualmente miliardi di atomi insieme, tale proprietà comincia ad apparire come “funzione” stessa dell’aggregato permettendoci di definirla come parametro fisico reale, lo stesso potrebbe essere successo alla “capacità di elaborare informazioni del nostro universo” portando, da un certo punto in poi, alla creazione di una “intelligenza” in grado di intervenire attivamente in esso ( “Legge Software dell’Universo” citando Weinberg ) e, per quello che ne sappiamo, possiamo anche riferire a questa “funzione” come la nostra creatrice, eliminando l’ipotesi di essere stati creati dal puro caso.

    Essendo questa “intelligenza” figlia essa stessa del caos, non necessariamente ha un “fine”, non è nata prima dell’universo, non lo ha progettato di proposito, è solo “dentro questo” così come lo siamo noi.

    Per cui potrebbe esserci benissimo un “creatore” ma nessun “fine” specifico, il che risponde più o meno bene anche alla domanda: essendo il Creatore “perfetto” da ogni punto di vista possibile che necessità avrebbe avuto nel crearci ?
    Non essendoci un “fine” specifico, in questa ipotesi, la domanda trova una semplice risposta.

  4. Caro Mariano,

    grazie per la tua articolata riflessione, prima di tutto. Ci offri diversi “semi” di discussione che possono essere utilmente ripresi, e già ci darebbero materia per un confronto che promette d’essere istruttivo, per tutti, e che non possiamo certo – grazie al cielo! – delimitare artificiosamente in un paio di botta e risposta.

    Per questo, senza alcuna pretesa di esaurire o nemmeno di toccare tutti i punti che hai messo sul tavolo, ad una cosa mi viene intanto – e subito – da offrire una mia personale risposta. Mi preme darla, perché è quella che mi sono dato io, che mi dò se guardo la notte alla vastità del cielo, se la studio e la indago di giorno dal mio computer, la leggo sui testi di astronomia. la respiro.

    Tu dici “che ne facciamo di tutta questa infinità, perchè il Creatore l’ha creata ?”

    La mia risposta è forse semplice in modo disarmante, ma tant’è. Il Creatore ci mostra cosa vuol dire creare in abbondanza, ci mostra cosa vuol dire essere fuori dagli schemi mercantili di offerta minima, di offerta misurata alla domanda, ci mostra che ogni atto di creazione è potenzialmente “infinito”.

    Abbiamo fatto dell’economia una semi-divinità, e siamo troppo spesso male-educati da una logica di mercato, di dare/avere con il minimo sforzo e il massimo rendimento, e questo ci produce un pensiero “piccolo”, incapace di cogliere l’enormità di ciò che esiste.

    Con la presenza di zone di universo dove probabilmente non metteremo mai il naso (ma è tutto da dimostrare ancora come non possano in qualche modo indiretto venire a contatto con noi), ci mostra cosa vuol dire creare con piena gratuità, fuori da ogni misera logica “di calcolo” o di “efficienza”.

    Ci mostra, in altre parole, cosa è la vera creazione. Il vero atto creativo è – prima di tutto e soprattutto – abbondanza.

    Non è bello pensare così?

    Un caro saluto!

  5. Certo che è quello il libro. Da un anno e mezzo a questa parte mi ha come stregato. Ecco per esempio, cosa dice a pagina 411 in merito all’argomento del tuo post:
    “Il bisogno di affermazioni mitiche è soddisfatto quando ci costruiamo una visione del mondo che spieghi adeguatamente il significato dell’uomo nel cosmo, una visione che scaturisca dalla nostra interezza psichica, cioè dalla cooperazione della coscienza e dell’inconscio. La mancanza di significato impedisce la pienezza della vita, ed è pertanto equivalente alla malattia. Il significato rende molte cose sopportabili, forse tutto. Nessuna scienza sostituirà mai il mito. Non “Dio è un mito”, ma il mito è la rivelazione di una vita divina nell’uomo. Non siamo noi a inventare il mito, ma esso parla a noi come “verbo di Dio”. Il “verbo di Dio” viene a noi, e non abbiamo modo di distinguere se, e in che modo, si differenzi da Dio. Non vi è nulla in questo “Verbo” che non possa essere considerato noto e umano, tranne il modo col quale spontaneamente ci sollecita e ci costringe. Sfugge al nostro arbitrio. Non si può spiegare una “ispirazione”: sappiamo solo che una “trovata” non è il risultato del nostro raziocinio, ma ci viene “da qualche altra parte” …… tutto ciò attraverso cui si esprime l'”altra volontà” è materia formata dall’uomo, il suo pensiero, le sue parole, le sue immagini, e tutte le sue limitazioni. Di conseguenza egli ha la tendenza a riferire ogni cosa a se stesso, quando comincia a pensare in termini rozzamente psicologici, e crede che tutto derivi dalle sue intenzioni e da “lui stesso”. Con infantile ingenuità presume di conoscere tutti i propri poteri e di sapere che cosa è “in sè”. ”
    Un caro saluto a tutti

    Benigno

  6. Ciao prof! Bellissimo articolo! Ho sempre condiviso la visione di Rovelli ma devo dire che con le tue parole mi hai messo un po’ in crisi! 😀 Di sicuro ora ho tantissimi spunti di riflessione. Grazie.
    Adele

  7. Caro Benigno,

    grazie per questo passo molto significativo! Jung è una sfida da riprendere appieno, per come a distanza di anni sfida ancora il senso comune – il nostro senso comune di uomini “laici” o “credenti”, ha estremo bisogno della sua visione illuminata e provocatoria, della sua intuizione profonda delle cose, delle sue parole così gravide di mistero, quel mistero che purtroppo manca anche in tanti discorsi “religiosi”. E di cui si avverte compiutamente la mancanza, come di uno spazio vuoto, una mancanza appunto di senso, quel senso che aiuta a rendere tutto più sopportabile, come Jung insegna.

    Jung – e persone che derivano dal suo insegnamento – è l’architrave nemmeno tanto celata di vite incredibili come quella di Etty Hillesum, che sfidano ancora ogni nostro pensiero razionale, trascendono ogni nostro “incasellamento” in regole o dottrine.

    Il libro poi – quel libro – è veramente un tesoro “condensatissimo”, una pietra preziosa.

    Grazie.

  8. Carissima Adele,

    che bella sorpresa trovarti qui! Grazie per il commento molto onesto che hai voluto apporre all’articolo. Sono contento (e un po’ orgoglioso…) di averti fatto “aggiustare il tiro” (appena un po’, del resto come ho scritto Rovelli ha delle indubbie qualità di narratore e mi pare che la fisica la sappia assai bene). E’ un po’ la cifra interpretativa che ho adottato – sempre nel rispetto del dato scientifico – nel viaggio su Mediterranea, come sicuramente avrai capito.

    Sicuro che la (micro)crisi sarà un arricchimento e magari ti gusterai ancora di più le pagine di Rovelli. Con questo piccolo “caveat” che impreziosirà anche il suo pensiero di un pensiero “complementare”, magari 😉

    Un abbraccio!

  9. Si, Marco è bello pensare così ! 😉

  10. Maria Chiara Gualtieri dice

    Ogni essere e’un piccolo ghirigoro che comprende l’immensita’.Forse la natura ne e’ consapevole…
    .se solo ci riuscissimo anche noi esseri umani….

  11. Il ghirigoro non ha nulla di speciale perché tutto l’arabesco è speciale, nel senso che la Realtà si mostra inedita ad ogni istante in ogni suo ghirigoro. È l’inedito che non si è mai visto prima e che non si vedrà più, che non si vedrà da nessun’altra parte, perché è l’esito di una contingenza che non replica. Questo ci produce meraviglia e ci suscita interrogazione di senso. È la coscienza umana che si pone le domande fondamentali del senso, che non è già dato come disegno precostituito. Qui, temo, paghiamo uno scotto molto forte all’impostazione metafisica del pensiero. Ormai ipersensibilizzati, si reagisce buttando via il bambino con l’acqua sporca, non appena si subodori intenzione di imposizioni dall’alto.
    A me pare sia giunto il tempo, non più procrastinabile, di accogliere la concretezza della realtà, anche nella sua durezza, senza facili edulcorazioni. Non c’è più spazio per mettersi a tavolino, con la testa nelle nuvole, e tracciare linee di direzione finalistiche da far cadere dall’alto, negando l’evidenza di una realtà che ha tutt’altro volto. La vita ha un tratto contingente, occasionale e drammatico, che dà imprevedibile forma agli eventi. Essa ci sorprende, spesso ci ferisce, ma proprio così rimane aperta e può essere creativa. Soltanto se ci sentiamo figli di questa realtà e non la neghiamo, se diamo credito alla lettura scientifica fatta dal pensiero umano, nella disponibilità alla relazione con la trascendenza che non può che accadere nella nostra storia concreta, potremo essere interlocutori credibili anche per chi, temo, scelga l’ateismo più per reazione che per effettiva negazione all’affidamento.
    iside

  12. Andrea Bellaroto dice

    Grazie Marco per questo articolo così bello e ricco di spunti. Anch’io, che ogni tanto leggo libri di divulgazione scientifica, avevo avuto un po’ di insofferenza nel leggere alcune delle conclusioni di Rovelli nelle Sette brevi lezioni (anche se non avrei saputo argomentare come te il mio dissenso). Perché queste conclusioni, come dici tu, non sono affatto giustificate dalla ricerca scientifica ma sembrano come delle incrostazioni ideologiche che rimangono attaccate. Ne capisco la ragione, ovviamente. Veniamo da millenni di antropocentrismo ma con i secoli della modernità si sono elaborate tantissime critiche alla visione antropocentrica e finalistica. Rovelli insomma, che negli anni 2000 dice che siamo “un ghirigoro fra tanti” non dice nulla di nuovo o di rivoluzionario. Il punto è che le maggiori critiche alla visione antropocentrica e finalistica (della quale proprio il cristianesimo per primo si era appropriato!) venivano da parte di spiriti spesso avversi al cristianesimo storico o che comunque sono stati avversati dalle istituzioni ecclesiastiche (da Giordano Bruno a Leopardi delle Operette Morali) ma che magari senza neanche saperlo esprimevano proprio lo spirito della novità cristiana. Per questo è difficile discernere. Ora mi sembra che ci troviamo anche per questa ragione su un versante molto confuso, in cui da un lato pensare di “essere speciali” è puerile o addirittura arrogante, mentre dall’altra parte sembra si possa solo affermare che siamo frutto del caso e l’esistenza non ha in fondo alcuno scopo. Queste riflessioni che tu ci proponi – come tutto il lavoro di Altra scienza – sono un tracciato per costruire un’altra via, mi pare, che sappia proseguire nella comprensione del cosmo e dell’esistenza riconoscendo la propria radice e senza rimanere perciò bloccata nei cortocircuiti di questi schemi di pensiero ormai esauriti. È un lavoro estremamente necessario! Grazie

  13. Maria Carla dice

    Mi commuovono le parole di Iside quando invita ad “accogliere la concretezza della realtà, anche nella sua durezza, senza facili edulcorazioni…essa ci sorprende, spesso ci ferisce ma proprio così rimane aperta e può essere creativa” perché il senso delle cose, come scrive appena sopra, è la coscienza umana a darlo!
    Anche la “disponibilità alla relazione con la trascendenza che non può che accadere nella nostra storia concreta” mi sembra uno spostamento radicale di prospettiva rispetto alle “linee finalistiche” che cadono dall’alto!
    In quest’ ottica
    anche il senso della sofferenza umana può inserirsi entro nuovi contorni e parlare una nuova lingua.
    mcarla

  14. Mariapia Porta dice

    Iside e M.Carla, sono pienamente d’accordo con voi! Mariapia

  15. martino coppola dice

    Anche a me ha dato una impressione simile a quella indicata da Marco Castellani e che ho ritrovato anche nell’altro libro di Rovelli ‘ L’ordine del tempo’.
    Poi ho capito la tristezza di fondo che si porta dentro: ascoltando questo suo audio ( Perchè non credo in Dio
    https://www.youtube.com/watch?v=Ny_9Ql1gfLI ) in particolare i primi 3 minuti ,ho l’impressione che la sua immagine del divino sia molto meno recente delle sue conoscenze scientifiche e questo spiega il tutto.

    Grazie a tutti voi

    Martino

  16. Grazie Martino,

    molto interessante questo video. Stiamo però molto attenti alle riduzioni. Quello che dice Rovelli è il vertice del pensiero “laico” ed è quello che possiamo raggiungere se non abbiamo fatto un incontro. E’ quello che avrei detto io (l’avrei detto molto peggio, sia chiaro), se non avessi fatto un incontro con certe persone, certi volti, nell’estate del 1984. Una vacanza di CL. Un sacerdote che arriva, dopo qualche giorno. E parla. Sentirlo parlare. Un luogo, dei volti.

    Si apre un orizzonte. Le cose non sono così come pensavo, forse.

    Credo che con la logica sia possibile arrivare a questo, e lui lo fa con molta onestà.
    La fede non è abbracciabile per “logica”. La fede è un incontro che fa battere il cuore.
    In questo video sento molta “logica” e non sento passione.

    Ma sento anche una sacrosanta denuncia verso quei cristiani che si barricano dietro la dottrina, enunciando verità cristalline per nascondere il cuore. Dimenticando che la fede rilancia la ricerca, non la spegne. Ebbene, io quei cristiani, non li sopporto proprio (peggio di lui, probabilmente). Preferisco gli atei, come interlocutori.

    Quanto abbiamo contribuito noi credenti a non parlare dell’amore pazzo ed incondizionato di Dio e a combattere per delle regole e per dei “valori non negoziabili”? Quanto abbiamo recitato il “Dio ti ama però tu devi…” ? Quanto è comune trovare una immagine liberante di Dio, come in “Yoga e preghiera cristiana”?

    Io non ho la posizione di Rovelli, ma lo capisco. Se non capissi lui, del resto, non capirei i miei figli, mia mamma, non capirei i miei colleghi, non capirei nulla. Invece tutto ha una spiegazione. Purtroppo l’immagine del divino, anche oggi, è spesso detta male, è spesso detta in modo da allontanare le persone. Ecco perché papa Francesco è una grande benedizione, invece.

    Grazie!

  17. Marco Castellani, thanks for the article post.Really thank you! Great.

  18. GianCarlo Salvoldi dice

    Non sono né scienziato né filosofo ma mi è molto utile seguire queste riflessioni.
    Senza mettere in connessione la testa e il cuore, l’astrazione e la carne, senza cioè sapere che esiste “incarnazione” e comunque senza credere all’incarnazione del Figlio, l’uomo col solo pensiero non può che fermarsi ad un inconsolabile tristezza e poi scendere sempre più giù: e per quell’uomo provo una compassione piena di rispetto e comprensione.
    Grazie a Dio che sono atei coloro che hanno un’immagine distorta di Dio: anch’io sono ateo di quel Dio.
    Le guerre balcaniche mi hanno insegnato a tenere insieme i corni della contraddizione.
    Ragione e fede sono state messe in contraddizione da uomini di fede e da uomini di scienza, e la frattura è sanabile.
    Ogni uomo potrebbe cercare di sanarla anzitutto in sé stesso, non per obbligo né per dovere, ma perchè ne va della sua integrità e felicità.
    Possiamo sperare e pregare non per convertire i Rovelli ma perchè arrivino a consapevolezze che li salvano.
    GianCarlo

  19. Credo che Rovelli non abbia bisogno di pietismo perche’ si trova , secondo voi , dall’altra parte.
    Per me ha scritto un libro “sette brevi lezioni di fisica” che dona serenita’ a chi lo legge e ti mette in pace con il mondo.

  20. GianCarlo Salvoldi dice

    Caro anonimo, non generalizzare e rivolgiti a me, che sono in empatia con Rovelli, ed infatti ho parlato di rispetto e
    com-passione: non amo le barricate che evochi, in cui ci si schiera su fronti opposti. Penso che siamo tutti in ricerca.
    Mi è estraneo il pietismo di cui parli, che è offensivo, come mi è estraneo il buonismo, e tutti gli -ismi di cui la cultura novecentesca ci ha imbottito la testa: per fortuna gli elettori maturati hanno asfaltato tutti gli estrem-ismi dello scorso millennio. Anche se i “giapponesi” duri e puri sono troppo disperati ed irrazionali per interrogarsi e correggersi.
    Se il libro di Rovelli ti ha dato serenità ne sono contento, e non è ironia.
    ciao, GianCarlo

  21. Caro Anon,

    sono d’accordo con te. Rovelli è un fisico molto noto e mi pare molto bravo (e ho una “invidia buona” nei suoi confronti, altro che pietismo!), inoltre – come ho cercato di dire nel post – è molto molto bravo a raccontare. Nessun pietismo, assolutamente. Ma ti dirò, nemmeno la presupponenza di dovergli insegnare qualcosa! Il suo libro è molto bello, è stata una scoperta molto suggestiva, per me. Solo, le due o tre frasi che mi hanno innescato il ragionamento, mi hanno condotto a scrivere questo, che hai letto. Ma né io né alcuno dei commenti, penso abbia qualche vena di pietismo.

    E se ce l’ha, beh è proprio fuori luogo.

    Ti dirò, poi, che io spesso mi trovo molto meglio trattando con persone che sono “dall’altra parte” (salvo che poi la divisione in parti credo sia un po’ antica e semplicistica…), che con quelli che sono “dalla mia parte”: questi ultimi a volte li trovo un po’ troppo granitici nelle loro (dichiarate) convinzioni. Troppo spesso hanno questa ansia di “addomesticare” la loro umanità, di sentirsi “arrivati” che a me non torna proprio tanto (Giussani diceva che quando uno scopre la fede è appena “partito”, altro che arrivato, o in condizioni di dispensare pietismo). Ben vengano persone come Rovelli, persone che danno “sapore”, questo è ciò che conta! I tiepidi non serviranno a molto, alla fine dei conti. Anzi…

    Grazie,
    Marco.

  22. Grazie a te Marco, mi trovo d’accordo con queste tue parole.
    Ho detto “altra parte ” per indicare in breve quelli che stavano facendo una critica, che puo’ essere giusta, in base alla visione del mondo di ciascuno, ma non mi sembrava corretto che la critica andasse oltre, parlando di tristezza, o dell’autore come uomo, a meno che uno lo conosca personalmente a fondo.
    Tutto qui.cordiali saluti.

  23. Sì caro Anon,

    ma poi alla fine, se ragioniamo sobriamente, credo che siamo tutti d’accordo, non possiamo assolutamente giudicare l’uomo (anzi per chi è da una “certa parte” non dovrebbe proprio essere possibile giudicare nessuno….), così avvertivo nel pezzo un mio imbarazzo, che – detta molto semplicemente – se fossi in dialogo con Rovelli sicuramente mi darebbe filo da torcere!

    Per me è un piacere insomma ascoltare un pensiero ricco ed articolato come quello di Rovelli. Proprio perché mi offre uno scenario variegato e frastagliato, da lì posso partire per ritagliare alcune differenze. Per individuare alcuni schemi di pensiero, ma sempre per arricchire, non per dividere. E sempre (tentativamente, almeno) con grande, grandissimo rispetto. Come per Hawking, per un certo altro verso (e ne parleremo molto presto).

    Cordiali saluti!
    Marco

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  3. […] e si spezzetta la realtà come fosse di granito, di particelle solide e non di trame di relazione come invece ci dice la fisica moderna. Dove appunto regna poi la distrazione mediatico-televisiva come oppiaceo, palliativo, […]

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