Esiste una modalità di pensiero che non viene mai messa in discussione. Un’ideologia che assorbiamo fin da piccoli, e che restringe la nostra visione, fino ad atrofizzare la nostra immaginazione. Il nostro sguardo spalancato sul mondo ben presto viene ridotto nella misura imposta dall’ego: tutto ciò che esiste può (e quindi deve) essere sfruttato per scopi egoistici. La vita ha una durata limitata, e l’unica cosa che conta è sfruttare quanto più possibile l’esistente. Secondo questa logica, lo sfruttamento è destinato ad aumentare inesorabilmente i propri ritmi.
La natura è intesa come «risorsa» o «capitale» naturale. Un campo o un albero devono diventare sempre più produttivi. In questo modo impoveriamo il suolo e modifichiamo i ritmi delle stagioni. Ci sembra normale e sacrosanto poter consumare fragole tutto l’anno o mutare il patrimonio genetico degli organismi vegetali. Inoltre, a partire dalla prima rivoluzione industriale, la biosfera è entrata in crisi a causa delle attività antropiche, che minacciano il benessere degli ecosistemi.
L’essere umano è considerato «risorsa» o «capitale» umano. L’uomo e la donna sarebbero definiti dal possesso di un insieme di competenze assegnato in modo arbitrario: è il mito della «meritocrazia», che premia chi è più conforme al sistema. Il mercato stabilisce ciò di cui ha bisogno e noi dobbiamo adeguarci per rimanere competitivi, o spesso per sopravvivere. Chi acquisisce le abilità richieste viene sfruttato fino allo sfinimento, inoltre deve rinunciare a sviluppare qualità dalle quali non è possibile ricavare profitto (bontà, gentilezza, amore, ecc.).
Da dove arriva oggi una contestazione a questo specifico assetto mentale, le cui conseguenze sono sempre più drammatiche? I rapporti ONU sul clima, infatti, così come il parere dei maggiori esperti mondiali, descrivono scenari apocalittici ormai imminenti. Tra le persone, inoltre, si registra un aumento di patologie croniche, mentre l’OMS ha previsto che entro il prossimo anno la depressione sarà la seconda malattia più diffusa al mondo dopo le patologie cardiovascolari.
L’ambiente naturale, così come l’umanità, versa in condizioni sempre peggiori. Di fronte alla complessità di questo scenario, le risposte che arrivano sono deboli, come riguardo la problematica ambientale, o addirittura inesistenti, come nel caso del precariato e della salute psicologica delle persone.
Questo avviene perché, se la radice del problema risiede nella visione del mondo dell’ego occidentale (ormai globalizzata), non si può pretendere di rispondere alle sfide odierne senza far nulla per cambiare lo stato della propria consapevolezza.
In molti ambienti oggi si respira questa diffusa aspirazione al cambiamento, tra convegni ed eventi pubblici, ma l’assetto stesso con cui vengono proposte queste iniziative tradisce la loro inefficacia. Siamo ancora convinti che potremo trovare la soluzione ai nostri problemi sedendoci attorno ad un tavolo ed elaborando le strategie più innovative, oppure manifestando in piazza, pensando di far cambiare idea ai potenti del mondo. Questo non è più sufficiente, per quanto talvolta sia un atteggiamento nato da intenzioni meritevoli e buona volontà.
Siamo chiamati infatti a purificare radicalmente la sorgente del nostro pensiero affinché questo dia vita a pensieri davvero inediti e creativi, e a stili di vita più equilibrati e sostenibili, uscendo dalla logica ristretta e sempre più soffocante dell’ego, che anche in nome dei migliori ideali continuerà, nei fatti, a perseguire i propri scopi di sfruttamento e perseguimento del profitto individuale.
Ad oggi a me pare che il nucleo del dibattito politico consista proprio in questo punto cruciale. Dai media viene continuamente riproposta una dialettica politica otto-novecentesca, ormai sterile, tra ideologie di destra e di sinistra, mentre il fuoco dovrebbe risiedere nel confronto tra l’ideale neoliberista, oggi onnipervasivo, che nei fatti tende alla mercificazione e sfruttamento totale e indiscriminato, e quello sostenuto da chi vorrà preservare il pianeta e l’essere umano da questo vortice di riduzione e annichilimento.
Questo nuovo ideale potrà nutrirsi solo di una rinnovata vita contemplativa e attiva, che sappia coniugare studio e azione, la conoscenza di sé con quella della realtà esterna, la meditazione con l’utilizzo delle tecnologie più avanzate. Dovremo inoltre essere abili a contrastare in noi stessi la logica dell’ego, nella convinzione che potremo realizzarci in modo più libero ed autentico tornando ad avere cura di noi stessi, degli altri e dell’ambiente in cui viviamo.
“Siamo chiamati infatti a purificare radicalmente la sorgente del nostro pensiero affinché questo dia vita a pensieri davvero inediti e creativi, e a stili di vita più equilibrati e sostenibili, uscendo dalla logica ristretta e sempre più soffocante dell’ego, che anche in nome dei migliori ideali continuerà, nei fatti, a perseguire i propri scopi di sfruttamento e perseguimento del profitto individuale.”
Grazie Filippo, per questo post che ri-dice bene e in maniera sintetica tutto il lavoro che abbiamo davanti e l’urgenza di metterci all’opera, adesso. Condivido la denuncia di una certa modalità di affrontare il problema, che vorrebbe come “prendere consapevolezza” ma in modo poco incisivo, senza “disturbarsi” a modificare il proprio modo di pensare a sé stessi e al cosmo, ancora prigionieri (anche conniventi, perché ormai sappiamo, trattasi di quelle prigioni da dove puoi iniziare uscire, ma un po’ ti darebbe noia) di ormai antiche cosmologie statiche e di domino.
Più che nuovi contenuti infatti ci vuole una vera “conversione” (deve cambiare lo stesso framework percettivo, non è questione appena di rimodulare le informazioni in modo scaltro) ridonando a questo termine tutto il respiro più ampio (l’elaborazione di un nuovo modo di concepire la natura profonda delle cose e dei rapporti) e svincolato da ogni tentazione moralistica, figlia ancora di un vecchio pensiero.
Personalmente non credo moltissimo in una contrapposizione “rivoluzionaria” al sistema neoliberalista, credo però che questo sistema vada lavorato ai fianchi e vada modificato, se necessario, con “inesorabile lentezza” e questa presa di coscienza è fondamentale per dare la necessaria inesorabilità al fenomeno. E comunque si voglia intendere la lotta anche politica per mondi migliori e modi migliori di esistenza, questo cammino comune, comunque passa in modo obbligato per queste tue considerazioni.
Grazie.
Concordo pienamente con il ‘post’ di Filippo e il commento di Marco C. !
Strada lunga e impegnativa quella della ‘rivoluzione personale’ ma ormai ineludibile.
mcarla
Né l’antisemitismo né i cambiamenti climatici si combattono con commissioni parlamentari o scioperi.
Questi strumenti sono armi ormai spuntate per di più intrise di ideologismi novecenteschi distorcenti.
La commissione Segre, nobilissima nelle intenzioni che condivido con commozione, si illude di poter combattere l’odio “per legge” o a suon di quelle grida di cui parlava Manzoni?
Descrivere l’Europa come fosse l’Alabama del passato, a me pare propagandistico e anche controproducente.
In Europa ci sono rigurgiti di gruppuscoli fascisti e ci sono anche idioti da curve di stadio, ma tutto si ferma lì, e in Italia non sono antisemite né le destre istituzionali né le sinistre perchè per fortuna Zingaretti e Renzi non sono come il socialista inglese antisemita Corbyn.
Ma la cultura politicamente corretta applica questo schema, che vede il male solo nell’altro, anche al tema dei cambiamenti climatici, che sono realmente in atto, e producono danni gravissimi all’intero pianeta.
E qui il “nemico esterno” viene individuato nel sistema neoliberista che imperversa davvero ovunque dall’America capitalista alla Cina comunista, ed ha quasi prosciugato gli immensi laghi d’Aral in Asia e Ciad in Africa.
In effetti l’umanità ha davanti a sè una responsabilità e dei compiti estremamente impegnativi, che si possono definire sfide, per rimediare, o almeno provarci, ai danni devastanti causati in passato dai sistemi capitalisti e da quelli socialisti.
Davanti all’egoismo e alle ciclicità della natura, l’essere umano potrebbe e dovrebbe estrarre il meglio di sè.
E’ su questo che dobbiamo concentrare studio ed investimenti, per fare prevenzione e porre argini alle siccità future foriere di desertificazione e carestie per esseri umani ed animali.
Perciò dissento dalle élites della finanza globalizzata, ben rappresentata all’ONU, che tutti i santi giorni devono terrorizzarci con le catastrofi future : addirittura questa settimana, dopo la scossa di terremoto al sud, il metereologo di “La 7” è arrivato a dire che anche quello è conseguenza dei cambiamenti climatici.
Una bufala, come quella di Venezia: se fosse innalzamento delle acque del pianeta, perchè non anche a Trieste lì di fronte?
Poi sulle tue riflessioni conclusive, caro Filippo, sono pienamente d’accordo.
Come con le riflessioni e le conclusioni dell’amico Castellani.
Un caro saluto, GianCarlo
Siamo all’isteria da cambiamenti climatici, come dicevo sopra.
La sindaca di Roma ha ordinato per oggi la chiusura di tutte le scuole, parchi, ville e cimiteri: perchè? perchè pioverà.
E non c’è stata nessuna catastrofe, tanto che le sardine manifestano numerose a Roma.
I climatologi sbagliano le previsioni dall’oggi al domani, e pretendono di prevedere cosa accadrà tra anni e decenni.
Ma le strade sono allagate!
Ma gli alberi sono caduti!
Ma la cupola dell’auditorium è danneggiata!
E’ vero.
Ma io penso alla mancata manutenzione ordinaria delle fognature, oltre che agli acquedotti colabrodo.
E alla mancata manutenzione del verde pubblico, oltre che all’abbandono dei boschi.
Ai tetti costruiti a risparmio, ai ponti non risanati “a risparmio”.
E il dissesto idrogeologico? purtroppo l’elenco dei paesi distrutti dalle frane in tutti i secoli scorsi è tristemente lungo.
Ora mi è chiaro che ai governanti piace scaricare le responsabilità sui cambiamenti climatici, che non possono protestare.
Certo che in questo modo gli scolari non verranno mai temprati alla vita reale che ha il giorno e la notte, il sole e la pioggia.
Mi scuso di aver scritto una seconda riflessione perchè non avevo ancora saputo della pioggia “calamità naturale”.
@Marco: grazie per il tuo commento articolato, e sono contento di questa sintonia di pensiero. Abbiamo proprio bisogno di inaugurare in ogni ambito questa necessità di un cambiamento del “framework percettivo”, usando le tue parole. A presto! Filippo
@Maria Carla: sono d’accordo con te! Ciao, Filippo
@Giancarlo: senza addentrarmi in un’analisi dei tanti spunti interessanti che proponi, concordo sulla necessità di superare la logica della contrapposizione… Del resto, come mette in luce il nostro lavoro nei gruppi, in tutti noi, in quanto umani, risiede la radice di quegli atteggiamenti che poi contestiamo nel mondo. Abbiamo bisogno di tornare ad una sana umiltà, che non ci carichi di sensi di colpa ma che ci consenta anzi di liberarci sempre più dai nostri condizionamenti. Grazie per i tuoi commenti sempre puntuali, ciao! Filippo