IMMUNI: l’app-profittazione 


Commenti

  1. Fabrizio Sebastiani dice

    Onestamente non capisco questa levata di scudi per questa app mentre abbiamo tollerato per anni e continuiamo a tollerare app come Amazon, Google suite, whatsapp sui nostri cellulari che tracciano molte più informazioni e le portano fuori dai nostri confini sia nazionali che europei quindi fuori (di fatto, non de jure) dalla nostra legislazione.

    L’app immuni, a confronto, è ipergarantista sul piano del trattamento dei dati.

    Chi ha perplessità su questa app, dovrebbe per coerenza prima disinstallare dal proprio cellulare tutte quelle altre App delle Big Company USA e poi magari iniziare a parlare di immuni, altimenti mi pare si ricada nelle paure egoiche e irrazionali.

    Sappiamo benissimo che in casi come quelli che stiamo vivendo le libertà anche fondamentali sono compromesse, questo non dovrebbe sorprenderci.

    Dovrebbe invece sorprenderci che la legislazione europea ordinaria permette a giganti dei Big Data di fare quello che fanno. Basterebbero leggi a favore dei protocolli liberi e altre iniziative per modificare radicalmente questo mondo che is è evoluto così solo perchè le leggi glielo hanno consentito. E’ sempre il diritto che genera la fattualità. Le sfide più grandi le avremo al livello europeo. E’ molto emotivo urlare contro “legislazioni di emergenza” mentre invece non facciamo nulla contro quelle ordinarie.

    Marco Guzzi diceva ad uno dei “seminari rivoluzionari” che l’Europa è caratterizzata dalla difesa della libertà: bene sarebbe il momento di iniziare una rivoluzione europea su questi temi, semplicemente rivendicare giustizia.

    Ma come possiamo fare questo se in Europa non abbiamo uno vero spazio politico?

    L’unione Europa come è oggi è un ibrido fra una conferderazoine e una federazone e le decisioni sono imbrigliate in un organo senza senso, antidemocratico per definizione, tutto votato al ribasso, senza ambizioni, chiamato Consiglio Europeo che dovrebbe semplicemente scomparire, così non vedrò più la Merkel in TV sentenziare sull’Italia ne l’Italia “chiedere” cose agli altri paesi. I paesi possono stare insieme solo nel diritto, non nel “negoziato”, che è solo una dinamica dei rapporti di forza, quindi dell’ego e delle “strategie nazioni” ormai erose dalla storia e insignificanti. Gli attuali trattati europei sono basati sul concetto di “negoziato”, una modalità operativa senza futuro e senza speranza. Il deficit democratico europeo va denunciato senza se e senza ma.

    Se non creiamo prima un vero spazio politico europeo la gran parte delle nostre sfide come popoli di questo continente saranno perdute e l’unico modo di fare questo è una unione federale, l’unica possibile per garantire uno spazio di questo tipo. E’ una tendenza ormai ineludibile, visti gli sviluppi che stiamo vedendo in questo momento;la capacità fiscale UE sarà presto cosa fatta visto che si mutualizza di fatto il debito.

    Se la concentrazione di potere in Europa avverrà senza una rivendicazione democratica non sarà la “sovranità” a perderci (concetto evanescente e oggi sempre più retorico e vuoto) ma la vera e propria rappresentanza, la democrazia, la libertà, la giustizia.

    Che piaccia o no sarà l’Europa la nuova piattaforma della battaglia democratica.

  2. Davide Sabatino dice

    Buongiorno Fabrizio Sebastiani;
    per prima cosa la ringrazio della lettura. Sulla prima parte del suo intervento, credo di poterle rispondere di non aver sottovalutato affatto il pericolo che corriamo stando sotto l’influsso delle grandi industrie Big Data. Pericolo già vigente da anni, e rispetto al quale ho scritto:
    “Intendiamoci, non è che il problema dello strapotere dei Google, Apple, Amazon e delle Big Pharma nasca oggi. Il fatto che questi domini già siano onnipervasivi da tempo, al di là del caso Covid-19, non riduce affatto il rischio di una deriva dispotica; anzi – se possibile – l’accentua”.
    Dunque possiamo dire, sommariamente, d’essere d’accordo.

    Sulla seconda parte, quella relativa al tema giuridico e alla necessità di una “rivoluzione” interna all’assetto politico-culturale europeo, e non solo, anche qui, credo di averne accennato in questo stralcio:
    “Lo spauracchio della condizione cinese, di privazione radicale di ogni forma di libertà personale, insieme alla direzione neo-capitalistica elitaria intrapresa dagli U.S.A in questi ultimi decenni, ci inducono a pensare che il futuro dell’Europa sarà segnato: o dal contrasto di queste due polarizzazioni, o dalla sottomissione a una delle due. Chissà cosa è meglio augurarsi…”.
    Ergo: non la vediamo poi così diversamente.

    Il tema del destino dell’Europa, invece, è sicuramente un tema focale per i prossimi decenni. Di qui a breve, forse, ne scriverò.

    Cordiali Saluti.
    Davide

  3. Grazie Davide per le tue riflessioni, che anche a mio modo di vedere sono in sintonia con il successivo intervento di Fabrizio Sebastiani, molto interessante. Forse i governi stanno comprendendo ora il valore dei dati (credo che, banalmente, prima non sapessero nemmeno di cosa si stesse parlando). Il rischio di un utilizzo dei dati verso nuove forme di biopolitica e tecnopotere è concreto, anche se non sarà automatico: proprio da un dibattito europeo, ad oggi inesistente, in materia di dati, dovrà nascere una nuova visione. Le multinazionali fin qui hanno approfittato di vuoti normativi che non sono più accettabili. A presto, Filippo

  4. Molto interessante il dialogo che si sta costruendo a partire dal post originale di Davide, che letto in questa luce ne risulta molto arricchito. Fabrizio, Davide ancora, Filippo, aggiungono utilissimi spunti, ai miei occhi.

    Concordo con Filippo sulla non accettabilità di “vuoti normativi”, che mi sembra delineare l’unica strada concretamente percorribile. Siamo infatti ben consapevoli che fare una guerra alle app diciamo “di petto”, ormai, non ha nessun senso reale. Sarebbe come fare la guerra alla televisione, in quanto portatrice di un “pensiero al ribasso”, di messaggi ambigui e commerciali e che quasi mai vengono a promuovere il cammino umano nel senso più alto e necessario. Tutto vero, ma che fare? Ricordo Guzzi nei Seminari Rivoluzionari, in presenza del direttore RAI, fare un appello accorato verso un nuovo uso della televisione, non certo verso lo spegnimento totale (che rimane di fatto una opzione per pochi).

    Così le app sullo smartphone sono diventate semplicemente “troppo comode” per una grandissima parte di noi, ci aiutano innegabilmente a svolgere una grande quantità di operazioni in modo veloce e comodo, ci garantiscono l’accesso ad una serie irrinunciabile di servizi (la lista sarebbe molto lunga, dalla lettura della Bibbia agli orari degli autobus). Si può argomentare anche qui sulla scelta di “non compromettersi”, rinunciando a questi servizi. Ma rimarrebbe una discussione per pochi, ininfluente sulla realtà.

    Come scrivevo in un commento su Facebook, rimane dunque la via concreta della vigilanza attiva. Fare pressione sugli enti nazionali e sovranazionali di controllo perché mettano argini allo strapotere delle multinazionali, perché certe garanzie irrinunciabili di privacy e direi di libertà, siano sempre tutelate.

    Anche per questo ci vuole una Europa viva, una Europa forte e un’Europa non appena della finanza, ma dei popoli: e non per caso vedo che il discorso si è portato su questo tema.

    Del resto, con buona pace delle nostalgie sovraniste, mi pare che al giorno d’oggi, muovere appena come “nazione” contro consolidati e potentissimi interessi commerciali sovranazionali, sarebbe come combattere su lunghezze d’onda molto diverse. Sarebbe semplicemente una colossale perdita di tempo. Come dice Fabrizio, sarà l’Europa la nuova piattaforma della battaglia democratica.

  5. Fabrizio Sebastiani dice

    @Davide Sabatino: si è vero non siamo così distanti. E’ che non vedevo adeguati alla realtà i toni negativi verso specifica questa specifica iniziativa. E’ uno di quei pochi casi in cui davvero la tecnologia può aiutare, perchè non usarla?
    La “specie di obbligo nella libera scelta” a me non sembra in perfetto stile pubblicitario, anche l’ateo fa un scelta fra credere o non credere, così come il credente. Siamo sempre “obbligati a scegliere”. E meno male! Non vorremmo spero abolire anche questo! Cosa rimarrebbe, veramente? Non è lo “stile pubblicano” è la natura profonda delle cose. Ripetiamo spesso in darsi pace questo concetto: non esiste una libertà nella “non-scelta”.

    @Filippo Tocci: da informatico che sente parlare di big data da molto prima che ne parlasse la stampa confermo che i governi arrivano sempre tardi, ma questo davvero non deve sorprendere, è nella natura delle cose. La politica si può e deve occuparsi dei problemi sono quando diventano di impatto sociale: farlo prima vuol dire solo lavorare su ipotesi. A meno che non vogliamo pensare una ruolo dello stato in stile sovietico, ma penso che quel concetto li sia tramontato.

    Non è vero che il dibattito in Europa è inesistente: tanto il parlamento europeo quanto la commissione se ne stanno occupando e come, e il dibattito è anzi molto acceso. Il Parlamento ha votato una recente un testo importante: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2017-0076_IT.html

    C’è poi un intero dossier della Commissione: https://www.europarl.europa.eu/committees/it/product-details/20161026CDT00981

    Ma senz’altro i risultati sono molto timidi. D’altra parte se dietro i parlamentari europei non c’è una vera opinione pubblica europea che spinge in certe direzione, la politica risulta comunque debole. Lo stesso parlamento è troppo debole in Europa.

    Va poi ricordato che in questo campo di applicazione la UE ha piena competenza (“mercato interno”) e dove quindi fare molto; può fare in altri campi dove invece praticamente non conta nulla: come immigrazione, politica estera etc…insomma tutti quei temi in cui si vota all’unanimità al Consiglio Europeo non si conclude mai nulla: è evidente a tutti che qualunque organo che vota all’unanimità non potrà mai legiferare niente che non sia un compromesso al ribasso, quindi niente di audace e di efficacie. Lo si vede ogni volta che riunisce questo pseudo-organismo che io amo chiamare Sconsiglio Europeo, che oltretutto introduce un deficit democratico pauroso.

    Il problema Europeo però è istituzionale e di competenze: sono anni che ne studio e approfondisco i limiti e le deficienze.

    Si usa spesso ironizzare sulla celebre frase che dice che “l’Europa non potrebbe aderire a se stessa” in quanto non rispetta gli standard democratici che invece richiede agli Stati per poter aderire ad essa.

  6. In questi anni dopo una mia opinione favorevole alla fondazione di una Europa unita, sono diventato sempre più dubbioso, come probabilmente molti altri.
    Quasi ogni decisione si scontra col problema del debito pubblico, ma il debito pubblico è un problema perché l’Italia non ha il controllo della moneta che usa, e non ha il controllo della moneta che usa perché fa parte dell’Unione europea.
    Quindi l’Unione europea è la soluzione o la causa del problema?
    In attesa delle decisioni dei vertici della nazione, le industrie chiudono e gli italiani emigrano a centinaia di migliaia, cioè l’Italia perde ricchezza reale, perché le vere ricchezze di una nazione non sono i miliardi ma le capacità dei suoi cittadini e delle sue imprese.
    A questo punto quale sarà il futuro dell’Italia? C’è ancora tempo per rimediare?

    Grazie Davide per le tue riflessioni. Aspetto di leggere il tuo prossimo post sul futuro dell’Europa.

    Un caro saluto

  7. Fabrizio Sebastiani dice

    L’Italia se non fosse appartenuta all’ Unione Europa – oggi – sarebbe già come l’Argentina, in default. La lira non varrebbe nulla e il debito pubblico non lo comprerebbe nessuno. Questa è la cruda realtà, al di la di ogni narrazione.

    Tutti sanno, che molte, troppe cose non hanno funzionato nell’Eurozona;

    E impopolare oggi affermare che l’appartenenza alla UE e all’euro ci ha letteralmente salvato come Italia, ma siccome io non vado in cerca di voti – ma della verità – posso dirlo tranquillamente dopo aver studiato e seguito queste cose per anni.

    La moneta unica ha senso solo se si unisce anche la sicurezza e (una parte almeno) della fiscalità (chi ricorda che nel 54 si evitò per un soffio una difesa comune Europea sul modello della CECA? Oggi l’europa sarebbe molto diversa, altro che Maastricht). Il fatto che negli ultimi 30 anni gli Stati abbiano vivacchiato invece di mettere in campo progetti politici audaci e innovativi ci ha fatto arrivare dove siamo ora: un sistema iperdeficente ad affrontare i grossi problemi che ci sono.

    Non per nulla Helmut Kohl diceva a Giuliano Amato nel 1992 (subito dopo Maastricht) : “Facciamo presto a fare l’unione politica europea. Quelli che verranno dopo di noi non saranno altrettanto determinati come noi”. Infatti, passata la generazione politica che aveva vissuto sia la Guerra che quella fredda, è subentrata una classe politica ancora più inetta e mediocre, senza ambizioni, senza prospettive, schiava delle banche etc…

    Maastricht può essere vista come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda di dove si decide di voler andare. Ma è chiaro che rimanere nel limbo non fa che fare in mondo che alla prima crisi vai in panico: oggi abbiamo il Signor CODID-19 che farà ciò che quella classe politica non ha saputo o voluto fare. Non c’è alternativa.

    Il progetto europeo non è sventolare bandiere blu e gialle, o cuoricini affettuosi per i popoli che si abbracciano felici, è piuttosto uno stare insieme perchè siamo in un unico continente, perchè si crede al concetto di “comunità di destino”.
    Se non l’abbiamo ancora capito, il COVID-19 ce lo farà capire.

    Citando Catone: Delenda Consilium Europeum (chissà se ho declinato bene il latino…)

  8. Se l’Italia avesse il controllo della moneta che usa, avrebbe anche una Banca centrale (la Banca d’Italia) che come tutte le banche centrali emette denaro dal nulla. Non avremmo bisogno di qualcuno che compra il nostro debito, lo comprerebbe la Banca d’Italia, emettendo in questo modo il denaro necessario.
    Certamente questa emissione di denaro deve essere proporzionata alla ricchezza reale cioè alle capacità delle imprese e dei cittadini, se è eccessiva quel denaro “stampato” si svaluterà; ma se è scarso l’economia viene soffocata, le industrie chiudono e i cittadini sono costretti alla disoccupazione o all’emigrazione.
    Non sono un economista, ma un chimico in pensione a cui sembra di aver capito questo, comunque sempre pronto a cambiare opinione.

    Un caro saluto

  9. Davide Sabatino dice

    @fabriziosebastiani: la lettura dei “toni” di un articolo è un’arte delicata. Tutto si può leggere come lo si Vuole leggere. Quindi non entrerei su questo piano. Comprendo bene invece che lei posso adocchiare, come molti, l’aspetto funzionale dell’app in analisi (vedremo poi se e come funzionerà), valutandolo in quanto al servizio e non al controllo del cittadino-cliente. Può darsi. Ho scritto in modo chiaro che la tecnica in quanto tale non è un problema, nemmeno filosoficamente; e la tecnologia, se volta al miglioramento delle condizioni di vita psico-fisica delle persone, tantomeno.
    Ad ogni modo porre l’accento sul rischio di una capitolazione in uno stato di sorveglianza (Foucault, Deleuze) è in questo momento più che mai importante. Le transizioni tecniche godono sempre di una spinta troppo emozionale, dal basso, e fortemente calcolante, dall’alto (specie quando si presentano a cavallo di uno shock come quello di questi mesi). La stesura di quest’articolo vorrebbe, in minima parte, equilibrare tale rapporto e far emergere le perniciosità di un desiderio (subcosciente) insito in manovre di questo tipo. Chiunque sottovaluti la fusione già esistente – come dicevamo – fra finanza, tecnica e politica non può che ritrovarsi “libero” in uno stato di controllo. E questo spero non lo si accetti sine die.

    Sull’aspetto prettamente tecnico-informatico la vedo più ferrato di me in materia, quindi leggo con interesse.
    La ringrazio dello scambio, in parte, convergente.

    Ancora grazie a tutti gli altri per i vostri interventi. Vi leggo con attenzione.
    Davide

  10. Marianna Dolcetti dice

    Ciao a tutti,
    vi ringrazio per i commenti e le osservazioni molto interessanti.
    Vorrei dare il mio contributo come tecnica della materia (sono un avvocato e mi occupo di protezione dei dati personali), e limitarmi a riflettere un momento sul tema della privacy in europa e dell’App Immuni.

    Innanzitutto, come ha sottolineato Fabrizio, l’UE si sta occupando molto del bilanciamento tra necessità di tutelare la pubblica salute e privacy e riservatezza dei cittadini. E’ inoltre opportuno sottolineare che non c’è alcun vuoto normativo sul tema della protezione dei dati personali, di seguito solo alcune norme emanate dall’UE per stimolare la creazione di un mercato tecnologico prospero europeo che allo stesso tempo protegga i dati dei cittadini.
    – Reg. UE 2016/679 GDPR
    – ePrivacy Directive 2002/58,
    – NIS Directive 2016/1148 sulla sicurezza delle reti
    – Open Data Directive 2019/1024 relativa all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico

    Credo che solo con l’Unione Europea forte riusciremo a creare quella sovranità tecnologica che ci assicurerà l’indipendenza da Stati Uniti e Cina. Non ho dubbi sul progetto europeo e sulle garanzie assicurate alle persone; dalla tutela del consumatore alla privacy, abbiamo una serie di leggi che tutelano le persone e queste leggi derivano solo dall’Unione Europea, non dallo Stato Italiano.

    Per quanto riguarda gli aspetti tecnici dell’app, l’App Immuni rispetta gli standard imposti per la tutela della privacy:
    1. Protocollo Decentralizzato, ossia i codici numerici che gli smartphone si scambieranno, verranno archiviati sui dispositivi stessi e non in un server centrale. Quindi tutti i dati rimarranno cifrati nel dispositivo. Quindi non c’è alcun controllo centrale da parte dello Stato/Ministero della salute.
    2. L’applicazione è stata rilasciata in Open Source, su Github è stata pubblicata la documentazione dettagliata (se sapete leggere il codice potete andare a verificare la veridicità di quanto affermato)
    3. Non c’è un aggregazione perenne dei dati, ossia non c’è la creazione di un immenso data lake
    4. Tempi di conservazione, i dati saranno cancellati entro una data stabilita (2021)

    I dati possono essere cancellati in ogni momento da parte dell’utente, questo può vanificare l’utilità di tracciamento, ma certo è una garanzia privacy veramente alta (e detto da una professionista che si occupa di questa materia, direi anche un po’ paranoica.)
    La qualità del codice e dell’App in generale ha ricevuto commenti molto positivi, non era mai stata fatta un App così bene dalla Pubblica Amministrazione italiana.

    Credo che a questo paese, ma prima di tutto a noi, faccia bene un po’ di ottimismo e di fiducia nelle competenze dei professionisti italiani. Lo scetticismo e la critica sono preziosi quando supportati da prove e fatti, altrimenti rischiamo solo di tagliare le gambe a questo paese che sta provando a rialzarsi, e che può rialzarsi perché è un paese di eccellenze, dal campo umanistico a quello scientifico, dobbiamo avere solo un po’ di fiducia 😉

  11. ilda cumiano dice

    Ringrazio Marianna e Fabrizio che con la loro competenza hanno evidenziato i pensieri seri e costruttivi che io avrei avuto difficoltà ad esprimere. Mi sento confortata dato che in questo momento circolano molte speranze ma alcune delle quali “fantasiose” che gli incompetenti come me hanno difficoltà ad a giudicare.

  12. Grazie per questo bel dibattito che è stato innestato. Credo che sia molto giusto sottoporre le nuove tecnologie al setaccio critico più severo, viste le conseguenze spesso irreversibili di determinate scelte. Per affrontare il tema in modo costruttivo occorre però a mio avviso specificare in quale aspetto l’app sia una minaccia per i nostri diritti. Anche segnalando gli aspetti tecnici suscettibili di attacchi e manipolazioni. Altrimenti c’è il rischio di elencare una serie di slogan di facile presa e ritrovarsi – senza volerlo – dalle parti della comiziante del generale Pappalardo che denuncia l’arrivo di inizioni di mercurio da parte di Bill Gates per ammazzarci tutti alzando la temperatura.
    Se si conosce un minimo l’architettura dell’app, ci si rende conto che tutto parte da una scelta molto semplice: sei positivo al covid? Su base volontaria puoi decidere di avvisare le persone con cui sei entrato in contatto affinchè si tutelino (qui ci sarebbe una critica giusta: ancora non ci dicono se dobbiamo in questo caso abbiamo diritto ai tamponi). E’ un libero atto di responsabilità, l’inserimento di questo dato nell’app, a mio avviso in linea con la cura per il prossimo di cui si nutrono i corsi di Darsi Pace. Ma magari mi sbaglio, ma l’idea che ti spinga a farlo soltanto il senso di colpa verso uno Stato minaccioso mi sembra quanto meno riduttiva.
    In ogni caso, nessuno ti obbliga a segnalare la tua positività e non vedo quale pressione sociale ci possa essere dietro a una decisione di cui nessuno è a conoscenza.
    In più, se decidi di segnalare il tuo caso, le persone che vengono avvisate non sapranno nè chi sei, nè quando ti hanno incontrato, nè dove. E tutto questo avviene in forma decentralizzata: ossia nessuno, nè Google nè Apple nè lo Stato, lo vengono a sapere. I dati restano tutti nei cellulari degli utenti.
    Non solo: il codice dell’app è aperto e consultabile da chiunque (se ci sono trappole sarebbero già emerse visto il numero di oppositori), è stato sottoposto al bombardamento di centinaia di hacker buoni che ne hanno certificato la solidità, e i dati vengono cancellati in tempi brevissimi (l’app stessa si spegnerà con la fine dell’emergenza covid). Insomma, per farla breve, l’app sarà anche migliorabile, e magari qualcuno la trasformerà pure nel grimaldello per attentare ai nostri diritti. Però, perchè questo allarme sia preso in seria considerazione, occorre esprimerlo con precisione e indicando in quali aspetti le cose non vanno. E’ più faticoso, ma anche più costruttivo.

  13. Elisabetta dice

    Grazie a tutti per le vostre preziosissime riflessioni (e in particolare la discussione circa l’utilizzo delle varie applicazioni) che hanno fatto scaturire in me le seguenti parole: Mi permetto di ribadire l’importanza che ogni scelta individuale ha sulla collettività ricordando inoltre che è proprio sulla “comodità” e sulla falsa libertà dell’atto di acquisto, sia nel metodo che nel contenuto, che il neoliberismo è riuscito a comprarci l’anima. Non è più tempo per l’attesa di una risoluzione dall’alto, Europa-Non Europa, moneta-non moneta, app o non app, è una questione di governo interiore: da chi è governato ognuno di noi singolarmente? Chi decide veramente per noi?
    Forse preferiamo “una comoda servitù ad una pericolosa libertà” e così scegliamo ancora e ancora e ancora Barabba. Nel Tempo Non Tempo questa scelta è fondamentale non per sperare in un mondo migliore ma per accogliere il Nuovo Mondo in noi ora. Qualcuno questa scelta l’ha già fatta e si è ben organizzato attorno ad essa tanto che ci governa dentro e fuori.
    Un caro abbraccio e a sabato!
    Elisabetta

  14. Fabrizio Sebastiani dice

    @Aldo:
    rispondo per ora solo a te (per gli altri so preparando altro materiale).

    Mi spiace deluderti ma non è così. L’idea che creare denaro dal nulla sia una soluzione e una panacea è una immagine comoda (egoico-illusoria usando il nostro lessico di darsi pace) ma che purtroppo non funziona, come la stessa scienza economica insegna. A volte può essere necessario farlo, come appunto già la BCE e la FED stanno facendo ora: “stampano” una valanga di soldi e speriamo che non si inneschi una spirale inflazionistica alimentata da questa bolla, ma di sicuro un paese e una moneta debole come l’Italia sarebbe stata la prima a crollare, portandosi poi dietro tutti gli altri.
    Conseguenza: code agli sportelli bancari, iperinflazione, disoccupazione, disordini sociali, ancora più gente che muore di fame….

    Adesso almeno istituzioni più “grandi” possono diluire nel tempo le conseguenza scongiurando il crollo, ma non è detto che ce la facciamo. Spero di si.

    Dobbiamo ricordare a tutti che la moneta non è la ricchezza, ma un mezzo per lo scambio; la moneta si può creare dal nulla, non la ricchezza. Essa si basa oggi sul concetto della fiducia: vale tanto quanto sono degne di fiducia le istituzioni che la emettono. Se uno stato non ha credibilità può stampare tutta la moneta che vuole, ma non varrà niente.

    Gli USA hanno livelli di debito ormai molto vicini a quelli del’ Italia: come mai dunque sembra che loro non abbiano un vero problema? Semplice: hanno un impero: il potere del dollaro è il potere geopolitico degli USA, e niente altro. I Romani imponevano la propria moneta nelle province dell’impero perchè l’effige dell’imperatore dava credibilità (anche se quella non era ancora moneta inconvertibile). Sono certamente sistemi egoici certo, ma non spariranno a breve, nel frattempo dobbiamo conviverci.

    Ecco perchè penso che un paese come l’Italia che tende sempre a essere “ultimo fra i primi” conviene stare in un sistema monetario (e politico soprattutto) più vasto per sostenere meglio i propri limiti. Certo non è una passeggiata, richiede sacrificio e impegno… niente è gratis in questo mondo: è’ l’ego che vuole farci credere il contrario.
    Purtroppo tutti questi soldi che stanno “stampando” finiranno per andare in mano alle persone sbagliate, ma questo è un’ altro problema e non rende la “sovranità monetaria” necessariamente una soluzione: gli USA non sono l’Italia.

  15. giancarlo salvoldi dice

    Mi piace l’Europa ma, come a tanti, non mi piace questa Unione Europea, mentre certo l’autarchia non è possibile.
    L’Italia ha ceduto sovranità all’UE e questo oggi produce danni di impotenza sia all’una che all’altra.
    La sovranità è un principio fondante della nostra Costituzione, ed il suo venir meno ha contribuito fortemente al venir meno della partecipazione alla politica da parte degli italiani che hanno chiuso tutte le sezioni dei partiti convinti che:”Tanto non si può far niente perchè decidono tutto l’UE e la globalizzazione”.
    Che ci piaccia o no, il sovranismo contiene la giusta istanza della sovranità, e questa va conservata perchè è necessaria alla partecipazione che è necessaria alla democrazia.
    E’ un problema che dobbiamo tenere presente, sia per le “app” che per la moneta, sia per i Trattati che per le identità dei popoli che nella loro varietà sono una ricchezza.

  16. “Dobbiamo ricordare a tutti che la moneta non è la ricchezza, ma un mezzo per lo scambio; la moneta si può creare dal nulla, non la ricchezza.”

    Fabrizio quello che hai scritto è esattamente quello che penso anch’io.
    Lo Stato attraverso la sua banca centrale può creare moneta dal nulla, quindi perché ha bisogno di farsela prestare dalle banche creando un enorme debito pubblico?

    Inoltre in questi anni, migliaia di imprese hanno chiuso e centinaia di migliaia di persone sono state costrette alla disoccupazione o all’emigrazione, quindi l’Italia ha perso ricchezza reale perché mancava il denaro che però si può creare dal nulla.
    Non ti sembra illogico?

    Certamente le teorie economiche sono molte, leggendo, guardando video, cerco di capire, però con tutti i dubbi che la complessità della materia comporta.
    Comunque in Darsi Pace ci sono dei veri economisti, per studi e professione, forse possono chiarire qualcosa.

    Un caro saluto

  17. Fabrizio Sebastiani dice

    Aldo, certo che è illogico, infatti il problema dell’Euro, lo sanno tutti, è esattamente quello. Economie troppo diverse non possono avere la stessa politica monetaria, a meno che non ci sia un vincolo di solidarietà forte e di lungimiranza politica che come vediamo non può essere esercitato da quella logica codificata nel funzionamento dell’Unione attuale (Consiglio Europeo).
    Ma come vediamo il CODID19 sta facendo quello che i politici non hanno avuto il coraggio di fare.

    L’Italia è un paese con tanti problemi (primo fra tutti quello demografico, vero dramma nazionale di cui nessuno parla) che per nascondere i quali tende a dare tutta la colpa all’Europa diventato così comodo capro espiatorio (la cosa divertente è che è così in molti altri paesi, ciascuno per i rispettivi problemi che ha). A me pare un atteggiamento molto egoico e infantile. Gli altri paesi sono stati, a mio avviso, un po’ più scaltri di noi a cogliere le occasioni che l’Europa ha comunque dato. Certo il nostro debito pubblico non ha aiutato, ma è un bene che oggi i nodi vengano al pettine proprio su quel punto. E’ sbagliato vedere tutto in chiave monetario-finanziaria, L’Europa è un progetto politico. Quanti sanno ad esempio perchè l’Euro nasce proprio subito dopo l’unificazione tedesca? E cosa c’entra quell’evento con il trattato di Maastricht? C’è molta ignoranza sulla storia dell’Europea, e quindi chiunque può fare delle sparate assurde, ed essere facilmente creduto.

    Tuttavia nessuno può dire che aver avuto “sovranità monetaria” avrebbe significato dei veri vantaggi, ne prima ne ora, perchè quando si fanno questi discorsi si tende ad occultare altri aspetti negativi che vi sarebbero potuti essere, molto probabilmente. Oggi questi argomenti lasciano il tempo che trovano mentre il presente, solo il presente conta. E il futuro che come vediamo chiaramente da quello che sta accadendo oggi non può essere “fare da soli”.

    Spesso qualcuno, solo per essere laureato in economia o con qualche esperienza lavorativa in ambito economico-finanziario, si spaccia per “economista”. Qualcun altro, laureato in giurisprudenza, si spaccia per “giurista”…. non è serio.
    Io per esempio sono informatico: se esistesse il termine “informaticista” non mi azzarderei ad attribuirmelo. Tutti possono parlare di economia, lo faccio pure io che non ho studiato la materia. Ma altra cosa è spacciarsi con dei titoli che non si ha, per darsi una finta credibilità. Quindi è una buona notizia se mi dici che ci sono addirittura economisti in darsi pace, quindi veri studiosi, persone con titoli accademici e pubblicazioni alle spalle (in realtà non basta neanche quello perchè di economisti che le hanno sparate grosse ce ne sono eccome…). Sicuramente si saprà fare tesoro di queste persone, sia economisti, sia (come me) semplici laureati in una certa materia, ognuno con il contributo che può.

  18. Fabrizio Sebastiani dice

    @giancarlo salvoldi riguardo la sovranità ti invito a vedere con attenzione il video di Marco Guzzi dove parla proprio di questo concetto a mio avviso in modo davvero efficacie e magistrale; il video è stato pubblicato da poco, guardalo a partire dal minuto 6:25 https://youtu.be/IYOZweJ-eQg?t=181 .
    Li si che si dice seriamente, in profondità e in modo autentico che cosa è la vera sovranità: ogni altra impostazione, credimi, è illusoria ed egoica.

    Avendo studiato da molti anni proprio il concetto di sovranità posso dire, anche avendo frequentato darsi pace, che si tratta in realtà di un concetto in buona parte egoico, che appartiene all’uomo vecchio, al mondo che sta scomparendo, non certo alla nuova umanità. Chi lo rivendica lo fa in buon parte per paura e senso di ingiustizia. D’altra parte la sovranità cui si fa riferimento in genere è quella dello Stato-Nazione, concetto nato con la Pace di Vestfalia nel lontano 1648 (vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Pace_di_Vestfalia) e poi consolidatosi con le vicende di Napoleone. Gli studiosi dicono infatti che l’attuale assetto mondiale, diviso in stato nazionali è un “assetto Vesfaliano”. Ci vuole davvero un coraggio ad affermare, nel 2020, che questo possa rappresentare il futuro per un mondo con i problemi che abbiamo.
    Ma non sono del tutto infondate le profonde ragioni del “sovranismo”, come dice Marco più volte (vedi per esempio il video sul complottismo https://www.youtube.com/watch?v=WROcBSdPM9U ). Vanno capite e interpretate nel profondo. Spesso chi lamenta qualcosa, è perchè sta chiedendo altro.

    C’è molta poca conoscenza di questi concetti: chi chiede “sovranità” spesso la confonde con la democrazia, con rappresentanza, con giustizia, con equità sociale ed è questo che viene veramente richiesto, non la sovranità, che spesso non si sa bene neanche cosa sia davvero. Sarebbe bello fare un approfondimento su questo tema… chissà se ce ne sarà occasione.

    Grazie per l’ottimo spunto.

  19. Grazie caro Fabrizio, mi paiono molto ragionevoli le tue osservazioni.

    In merito all’ultima notazione, che tu fai, mi sembra in estrema sintonia con quanto raccomandava Guzzi nella diretta di ieri (ma anche d’altre occasioni), con l’accorata perorazione allo “studio”. Contrastare questo sistema che non ci piace, non con l’improvvisazione, ma con lo “studiare più di loro”. Dunque sobrietà anche nei titoli che ci si attribuisce, come primo passo. Inutile fare nomi e cognomi e assai giustamente Fabrizio non ne fa, ma questo non diminuisca il suo richiamo che condivido e che senso necessario per una umanità davvero nuova. In fondo è lo sviluppo organico di quanto Marco sempre dice, o almeno così mi pare.

    Studiamo, fatichiamo. E confutiamo le parole sbagliate, da un punto di vista di sapienza, di conoscenza.
    Questa è l’opera, credo. E studiare è sempre rivoluzionario, in fondo.

  20. Fabrizio Sebastiani dice

    @Marco Castellani: certo! Per esempio Marco Guzzi si definisce “poeta e filosofo”: senz’altro conforme a quello che è veramente. Una volta lo sentii ironizzarci anche su questo: “chi sono io? niente… un poeta….”. Verissimo. Certo in ambito umanistico certe attribuzioni sono meno rigorose (e meno male che è così!), diciamo pure con un maggior grado di libertà autoreferenziale, rispetto ad ambiti più prettamente scientifici dove invece è richiesto un riconoscimento fra pari, della “comunità”. Però anche il dizionario ha le sue esigenze e le parole hanno i loro significati. Non rispettarli è un indice di distorsione.

  21. Elisabetta dice

    Ciao Marianna,
    Grazie per il contributo tecnico che certo può rincuorare chi teme per i propri dati cosiddetti sensibili. Tuttavia il problema annunciato anche nel mio intervento precedente riguarda piuttosto la presunta necessità di questa applicazione. Questo dubbio mi preoccupa, infatti , molto di più dell’uso dei miei dati (quello che vogliono sapere, già lo sanno), perché aderire a questa necessità significa aver introiettato la paura del virus inteso come nemico assoluto, come colpevole di questa dittatura sanitaria (andiamoci a leggere tutte le contraddizioni espresse dalle task force o dall’OMS riguardo all’argomento mascherine e guanti) o della crisi economica: io sarei più propensa a considerarlo un mezzo che il nostro autoproclamato governo ha deciso volontariamente di cavalcare se non addirittura causare (credo che il dubbio sia sacrosanto) proprio per portarci al limite della nostre risorse sia economiche che fisiche e quindi renderci strumenti impauriti e servili del loro programma. In fondo, non mi sembra che prima del coronavirus stessimo davvero così meglio, eravamo semplicemente in una bella bolla illusoria di benessere, soprattutto noi in occidente. Questa applicazione è inutile perché non esiste nessuna pandemia coronavirus ma solo una pandemia consumistico-egoica e quella va trasformata interiormente nell’assoluto di chi noi siamo veramente e certamente non attraverso un’applicazione obbligatoria.
    Vorrei inoltre sottolineare come essere consapevoli delle trappole tecnologico-politiche servite su piatti d’oro ogni secondo della nostra vita ridotta al mero consumo, non sia sinonimo di pessimismo, anzi, direi che possa essere considerato un importante passo verso la libertà vera, il pensiero positivo ci ha solo addormentato all’interno di una falsa credenza (v. legge di attrazione) e credo che pesino di più sulla forma del nostro nuovo io parole di consapevolezza dette con amore e gioia piuttosto che il forzarci a pensare che “andrà tutto bene”. E io, onestamente, no, non vedo perché dovrei aver fiducia in un primo ministro che regala i soldi degli italiani ad una fondazione il cui obiettivo principale è quello di ridurre numericamente la popolazione come se questa fantomatica sovrappopolazione fosse la causa delle nostre miserie! Come se noi fossimo solo carne da macello!
    PAURA – COVID-19 – PANDEMIA – VACCINO – ID2020 – CONTROLLO TOTALE DELLA POPOLAZIONE

  22. Avevo risposto ad @Aldo che sarebbe arrivato altro materiale,
    eccolo, una video risposta ispirata proprio a questo post in cui cerco di affrontare l’argomento da una angolazione diversa pur rimanendo – secondo me – all’interno del perimetro della “nuova umanità”. E se dovessimo invece immunizzarci da qualcosa d’altro? La logica consumistica ad esempio: non è forse questa che ha alimentato in questi anni tutte le App che abbiamo installato sui nostri cellulari?

    App «Immuni»: libertà in pericolo? Immunizzarci da cosa? https://youtu.be/5WyLAGGkVpA

    (PS: è pure il mio primo video su youtube; puro esperimento)

  23. Ringrazio Fabrizio che ha creato un video sull’app Immuni chiarissimo, equilibrato, utile e molto ben fatto. Per essere il suo primo video trovo che sia ineccepibile.

  24. Grazie Fabrizio che ci porti altro materiale di utile riflessione.

    E’ bello vedere come uno stesso argomento possa essere illuminato da angolature differenti, interessante anche la chiave interpretativa di Fabrizio. La realtà è una struttura complessa che possiamo comporre parte a parte, se rinunciamo a strutture di significato troppo rigide. E tanto giova nel lavoro “entrare” con una “tavolozza di significati”, che è quella assai feconda di Darsi Pace, che ispira questo poste e i vari commenti.

  25. Un bel video Fabrizio, secondo me ben realizzato.
    Mi ha fatto riflettere sul perché utilizziamo certe app mentre altre invece no.
    Credo sia da considerare l’aspetto della fiducia.
    In questi giorni sulle pagine di Darsi Pace ho letto di un programma: Vivaldi.
    L’ho scaricato e dopo anni che utilizzavo Google ora uso Vivaldi.
    Perchè?
    Perchè a consigliarlo è stato Marco Castellani.
    Non lo conosco personalmente, però lo conosco attraverso quello che scrive e anche se a volte non concordo con lui, mi fido di lui.

    Così è per app-immuni.
    La domanda è: Conosco sufficientemente e ho fiducia nella classe dirigente che ha governato la nazione per anni e che ora tra tante altre cose mi consiglia app-immuni?

    A questo punto gli argomenti diventerebbero moltissimi e spesso soggettivi, non ne verremmo mai a capo, però penso che sulla centralità del “criterio” fiducia si possa concordare.

    Un caro saluto

  26. Caro Aldo,

    ti ringrazio prima di tutto della fiducia che tu hai voluto accordarmi, mi gratifica e mi incoraggia nella passione per la scrittura, per mettere la parte “migliore” di me nel lavoro di ragionamento e di paziente “distillazione” emotiva che affido da tanto tempo allo scrivere, e che ha sempre avuto una parte importante nel mio percorso in Darsi Pace, a motivo della apertura relazionale ampia che ci regala, come questa possibilità sempre presente di aggiungere commenti ai post, in grandissima libertà (e se ci pensate, non è affatto poco).

    Oltre questo, devo dire che il tuo accento sulla fiducia mi sta facendo riflettere. E’ vero, hai ragione, non è appena una accurata disamina di fattori “oggettivi” che ci porta ad una certa azione, ma anche la fiducia che accreditiamo alle persone. Spesso anzi conta più questa, che è “calda”, rispetto ad una qualsiasi analisi che si vuole oggettiva (dunque “fredda”), anche perché abbiamo visto, e in AltraScienza lo vediamo di continuo, che una visione compiutamente “oggettiva” di qualsiasi fenomeno è impossibile, ormai anche scientificamente negata, e dunque ultimamente basata su un errore, o su una menzogna.

    Ma Marco Guzzi lo ripete da anni, e l’ho sentito con le mie orecchie già molti anni fa, che la conoscenza vera è “iniziatica”, coinvolge dunque attivamente il soggetto conoscente e lo “mischia” dentro quello che vuole conoscere, se vuole conoscerlo davvero. Dunque nessuno stupore, soprattutto per noi!

    C’è dunque un misto di fattori emotivi, certamente importanti, e fattori più esterni, di cui tenere conto nelle scelte che facciamo, inclusa la scelta di una app. E questo a pensarci bene è bellissimo! E’ l’umano che si fa strada, è la percezione amichevole e affettuosa, che siamo ben più che “macchine”, o strumenti di acquisto, a cui il pensiero nichilista neoliberista vorrebbe ridurci. C’è una “irriducibilità” dell’umano che in ultima analisi può essere la strada attraverso la quale ci “salviamo”, ci riscattiamo.

    Grazie per avermi fatto riflettere su questo importante fattore, la fiducia.

    Un abbraccio.

  27. ciao @Aldo grazie per l’apprezzamento, ma non confondiamo “Google” con “Vivaldi”. “Google” è un motore di ricerca con tanti servizi annessi, soprattutto GMail ed altri. Insomma una “potenza” multi servizi che deve il suo successo storico al motore di ricerca, ma oggi è molto di più. Google, fra le varie “cose” ha anche sviluppato di recente “Chrome” un browser particolarmente integrato con i suoi servizi, ma non è mai stato necessario utilizzarlo (salvo alcuni servizi particolari come ChromeCast). Oggi Chrome è un progetto dismesso da Google (salvo Android), non avendo più interesse a portarlo avanti.
    C’è da dire che Google ha sempre finanziato ampiamente la fondazione Mozilla che sviluppa Firefox, l’altro browser “famoso”. Perché i browser sono così imporranti? Chi controlla i browser controlla buona parte delle tecnologie di internet, i linguaggi etc… un tempo Microsoft Explorer era il browser più diffuso e tutti accusavano Microsoft di abuso di posizione dominante. Negli anni 2000-2008 il tema era molto caldo, oggi lo è meno perchè i browser sono sempre meno strategici per via dei BigData. Google ha saputo fare la furba finanziando progetti terzi invece di metterci la faccia, ma mantenendo il controllo di fatto: si sa che chi finanza è quello che decide le cose importanti.

    Vivaldi è un browser alternativo, ok, che pare abbia particolare attenzione alla privacy. Attenzione però: se uno si “logga” con l’account Google, Microsoft, Amazon… in Vivaldi il tracciamento è comunque assicurato. Può proteggere un po’ di più verso siti terzi oppure quando non si è “loggati”…. ma non è una panacea. Il browser è solo un “pezzo” dell’infrastruttura che chiamiamo “internet”.

    C’è da dire che anche Firefox più raggiungere altissimi livelli di privacy, bisogna però configurarlo a puntino https://www.howtogeek.com/102032/how-to-optimize-mozilla-firefox-for-maximum-privacy/ operazione non difficile, ma ostica per molti utenti non esperti. Quello che conta per quanti tutti i programmi è “l’installazione di default” che impatta per il 90% degli utenti, se non di più.

  28. Certo Fabrizio, non usare Chrome (che per inciso non mi pare affatto un progetto dismesso, almeno a giudicare dal blog dedicato al prodotto, https://www.blog.google/products/chrome/) non è la panacea, questo infatti nessuno l’ha mai detto o tantomeno scritto. Non siamo così ingenui.

    Esattamente questo è ciò che intendevo quando scrivevo, nel post di Lea che “Non sempre sono necessarie scelte drastiche ed eroiche”, intendendo che muoversi un poco dal “mainstream” può essere benefico anche per l’attitudine che maturiamo, al di là dell’efficacia, non certamente “risolutiva”, del passo compiuto in sé. Tra l’altro, pur se molto soddisfatto da Vivaldi, mi limitavo a dire che avevo piacevolmente constatato come avesse Ecosia tra i motori di ricerca già impostati, dunque riconducendomi all’esposizione di Lea, piacevolmente dettagliata nell’elencare progetti “virtuosi”, fuori dalla logica economica imperante.

    Non ho motivi di ritenere che Aldo non l’abbia interpretata in senso differente, dunque siamo tranquilli che non interpretiamo male i passi, anche piccoli, che possiamo compiere, sempre mettendoli nel contesto, come giustamente hai fatto tu. Né si tratta di dire se Google è più o meno virtuosa, ovviamente. Peraltro una disamina completa della sicurezza informatica andrebbe certamente oltre l’ambito qui giustamente consentito, e dovremmo riservarla ad altra sede.

    Qui penso che quello che abbiamo a cuore, è il fattore umano, ed umanizzante, dietro ogni scelta anche tecnologica. E valorizzare ogni mossa, anche piccola, di consapevolezza.

  29. A proposito di Ecosia, segnalo questo post (purtroppo solo in inglese)…

    https://vivaldi.com/it/blog/ecosia-social-entrepreneurship/

    Lo faccio qui perché sfortunatamente, credo per mere questioni temporali, nel post con il video di Lea i commenti sono ormai chiusi.

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