La favola di Flatlandia

Commenti

  1. Cara Giovanna, è proprio così. Nonostante tutto il XX secolo, nonostante le critiche della conoscenza ancora tendiamo del tutto spontaneamente a ritenere che gli "oggetti" della nostra esperienza siano scollegati dalle nostre procedure del "costituire a oggetto" e del "rappresentare". Ignorato questo, ignoriamo anche che una mente "bellica" riesce sempre e solo a rappresentare il conflitto e l’opposizione…Io e non Io! Senza alcuna esperienza del "Tu".
    Come dici tu, la meditazione è allora un’esperienza radicale che ci mette in rapporto in modo più originario con l’Essere, ed è una via di disalienazione che tante culture e civiltà, nei loro culmini, hanno conosciuto…è la "Nube della non conoscenza", come la definiva l’anonimo mistico inglese del XV secolo.
    Un caro saluto!
    letta

  2. Caro Antonio, grazie del tuo intervento. Scusa il ritardo con il quale rispondo, ma il tempo è quello che è.

    Il tema degli assunti culturali impliciti mi interressa molto perché mi pare che intorno a questo si sviluppino molti dei conflitti e malintesi che affliggono l’umanità oggi.

    Ritengo oggi un compito prioritario acquistare consapevolezza degli assunti impliciti che fondano le nostre identità culturali e imparare a tollerare la turbolenza emotiva e l’instabilità che questo provoca.

    Solo all’interno di un contenitore più ampio di quello culturale è possibile realizzare il processo di dis-organizzazione e ri-organizzazione dell’identità che questa consapevolezza implica.

    Per questo credo che l’esperienza meditativa e il lavoro di trasformazione interiore che svolgiamo nei nostri gruppi, imparando a ri-pensare il ‘già pensato’, a ri-concepire il ‘già dato’, siano un dono prezioso per tutti.

    Anche il fenomeno migratorio di massa mi pare una grande opportunità che ci viene offerta.
    Però solo un Io capace di de-strutturarsi dalla sua modalità difensivo/bellica e di ri-strutturarsi in forma aperta è in grado di cogliere questa opportunità.

    un caro saluto. giovanna

    letta

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