Il senso di colpa

Commenti

  1. Fiducia è la parola,
    la fede il compendio.
    Troppo presto per me
    essere fede. Odo la voce
    di mia madre: “il meglio
    spesso uccide il bene”
    perfezionismo a cui lei stessa
    mi chiamava: “Va bene, sì! però… “
    Cara mamma, dolcezza
    di un seno strappato
    alle labbra bagnate di latte,
    Muta lacrima cangiante
    che appannava l’occhio nel cuore.
    Inconsapevole trauma indelebile
    segno al “noi”. Perdonami
    la non consapevolezza del dolore.
    Ecco sì:“considera il male
    che fai”! il passato
    mi è presente come l’ora,
    come allora. Ora adesso
    e qui! PRESENTE

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  2. oggi il compendio…

    La libertà,
    che spreco! Buttarsi via
    per niente. Follia
    o desiderio umano
    il dono? Per dono…
    Realizzar sè stessi !
    "IO MI FIDO DI TE".
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  3. Quante relazioni personali, di lavoro, affetto, amicizia, amore, sono fabbriche di sensi di colpa! C’è sempre qualcuno – più forte, dominante – che tende a rendere dipendenti da sé gli altri, o l’altro, lavorando proprio sul senso di colpa. Ne ho conosciuti, purtroppo. Ed è grave questa dinamica, perché i sensi di colpa mettono radici profonde nell’animo umano, acquisendo talvolta una spaventosa "autonomia" riproduttiva, capace di falsare ogni tentativo di autoanalisi, e di trasformare il necessario spirito autocritico in un abisso autodistruttivo. Certo abbiamo (ho) molte colpe, non siamo mica perfetti. Ma se si prendesse davvero coscienza di non essere perfetti allora anche il senso di colpa si attenuerebbe. "Potenza del negativo". La questione forse è anche questa: come vivere in maniera "non polemica" il nostro umano "errare"? Il nostro rapporto con noi stessi? Dall’altro lato forse c’è il pericolo di scambiare il cammino con la meta, cadendo nell’astratta convinzione di essere già arrivati, di "incarnare l’anticipo" per davvero. Molti doni ci sono stati dati, ma essere noi stessi dono-per-l’altro (per-dono) è un cammino lungo e tortuoso di liberazione: divenire quel dono che ci è stato donato, attualizzare (nella nostra storia) la potenza di quel dono…
    Mi scuso per la scarsa chiarezza.
    Grazie a tutti, davvero.
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  4. Ciao Renato, condivido molte cose che tu hai detto, anche il rischio di cadere in una "astratta convinzione" scambiando il cammino con la meta. Eppure da un certo punto di vista il cammino è anche la meta.
    Penso che sia necessario distinguere e separare l’errore dal senso di colpa.
    L’errare umano è inevitabile.
    L’errore, il limite ci accompagnano nel transito terrestre quasi a definire la nostra natura di creatura. Ma "la colpa ci è rimessa…". Ora adesso e qui.
    Prova a cambiare punto di vista.
    Se ti va, leggi le poche righe del compendio, davanti al crocifisso oppure al Risorto della Misericordia del post precedente e poi "lascia che accada"
    Oltre l’errore, il limite dell’impotenza; ed oltre il limite dell’impotenza, l’onnipotenza che ci è data…In un certo qual modo Cristo crocifisso è ancora nelle mia mani umane. Perchè possa Risorgere, libero dalla croce, è necessario che io lo deponga nel sepolcro del mio cuore e velo tenga q,b, Quanto basta come " il sale ". (non più e non meno di tre giorni và!!!)
    Credimi cercare di accogliere il dono di un Altro per realizzare la nostra umanità, non è scontato.
    E neppure ti proiettà direttamente nell’aldilà, però è efficace rispetto alla conversione.
    La conversione di un io delirante d’onnipotenza in un io che accoglie (il) per dono l’onnipotenza di una Altro.
    Un io che fa spazio ad un Altro è comunque un io in cammino su una strada " verso la meta"… e sulla strada l’Altro è comunque "l’altro"; quello che ti è: marito, figlio amico, collega…
    Questi è l’altro a cui concretamente dire "io mi fido di te".
    Buona giornata a tutti
    Rosella

    p.s. tratto dalla meditazione giornaliera odierna dal sito di Taizè (In te la pace del cuore. Fr. Roger)

    Gesù, il Risorto, talvolta il nostro cuore ti interpella: io non sono degno che tu venga nella mia casa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato. Nel vuoto della nostra vita, il tuo Vangelo è una luce dentro di noi, la tua Eucaristia è una presenza dentro di noi.
    In Te la pace del cuore Fr.Roger di Taizé, Editrice Elle Di Ci
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  5. Molto interessante la riflessione che proponi cara Gabriella perchè lo trovo anch’io il senso di colpa una micidiale palla al piede che speso tarpa le ali. Ma penso che talvolta aiuta pure a trovare un certo equilibrio….
    Credo sia importante riuscire a comprendere le (proprie) colpe e … come impariamo nei nostri gruppi e a saperle guardare con distacco per arrivare a separarsene e a lasciarle andare, insomma a perdonarsi … che è molto difficile!
    Ma il senso di colpa, come richiami tu, è altra cosa, ed è stupefacente come frére Roger colpisca nel segno denunciando questa tendenza all’ubriacatura tipica delle società occidentali paradossalmente ed in particolare di quelle cristiane che esattamente al contrario della via evangelica spesso sembra che lavorino solo per soffocare e mortificare la natura divina dell’essere umano, "dimenticando" il perdono e la misericordia che Dio con amore infinito ci dona ad ogni sincera richiesta dal cuore.
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  6. Mariapia porta dice

    Sono contenta che qualcuno abbia introdotto in questo blog il tema del senso di colpa," paralisi del cuore" come recita il sottotitolo di un libro che sto leggendo proprio in questi giorni e che vi segnalo: LYTTA BASSET, Il senso di colpa,, ed. Qiqajon,, Magnano, 2007.
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  7. Carissima Gabriella, bel tema, e aspro e duro.

    Credo che una buona parte del nostro lavoro nei Gruppi consista proprio nell’imparare a distinguere in noi il senso di colpa patologico dal sano pungolo dell’amore e della carità.

    Molte volte noi ci sentiamo in colpa solo perché stiamo contraddicendo i diktat delle nostre immagini ideali, perché non siamo tanto buoni e generosi e "santi" come vorremmo essere, come crediamo che dovremmo essere per essere accettati.

    Questi sensi di colpa ci spingono a violentare spesso la nostra natura, e a violare ogni giustizia.
    Sottomettendoci a chi, per sue patologie, ha bisogno di dominare colpevolizzando (come sottolineava Renato).
    Questi sensi di colpa vanno depotenziati rinunciando appunto alle nostre immagini di perfezione.

    Solo così, accettando ogni giorno con vera umiltà i nostri limiti, e quindi entrando in contatto con una nostra maggiore integrità, possiamo poi imparare a donare NELLA LIBERTA’, e cioè con gioia, e non sotto la sferza compulsiva dei sensi di colpa.

    Sentirsi perdonati credo perciò che significhi imparare a sentirsi integri, non scissi tra un’azione forzata e colma di rabbia e una omissione piena di sensi di colpa.
    Integri, in noi, nella pace, aperti all’infinito, amati così imperfetti come siamo, e perciò liberi di amare come ci sarà dato di amare, senza immagini preconcette e perfezionistiche, da esseri umani.

    Un abbraccio. Marco

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  8. Grazie Marco le tue parole sono come sempre ossigeno per le mie aree distorte, l’integrità di cui tu parli è la mia costante meta, a volte mi sento molto vicina ad essa a volte lontanissima. Sicuramente percepisco l’enorme differenza tra i due stati d’animo, assaporo se pur per un istante quel senso di libertà, di leggerezza ed è una sensazione meravigliosa.

    Grazie a tutti degli interventi così veri e profondi che il mio post ha suscitato; Rosella ma dove riesci a trovare quelle frasi poetiche così belle? Non credo di essere tanto speciale ma grazie lo stesso se lo pensi, sicuramente in questo contesto riesco ad esprimere al meglio le mie emozioni.

    Renato sei stato chiarissimo, penso che sia fondamentale essere "dono per l’altro" con tutte le proprie imperfezioni ma con il cuore e grazie a Maria Pia che ho sentito molto vicina nella sua esperienza di "colpevole".

    Tu sai Marco F. come è difficile perdonarsi, ma sai anche che la medicina è dare e ricevere amore!
    Un abbraccio a tutti. Gabriella
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  9. Sono anch’io una vittima dei sensi di colpa da cui sto cercando di guarire, almeno nella loro forma degenerata.
    Mi aveva molto colpita una considerazione fatta da un teologo della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. Egli metteva in guardia dal rischio di eccedere nell’eliminazione del senso di colpa dal nostro spirito. Certamente noi qui ci stiamo riferendo ad un senso di colpa patologico, da cui siamo chiamati a guarire. Il teologo però indicava come talvolta la psicologia rischia di volerci guarire dal senso di colpa tout court, buttando via il bambino con l’acqua sporca. Egli invece invitava a leggere il senso di colpa, in un’accezione sana, come senso di debito cioè come sentimento che ci fa riconoscere quanto ci dobbiamo agli altri/Altro, cioè il senso di colpa come l’inquietudine che ci fa comprendere che non è tutto scontato, che la nostra vita non accade magicamente, ma che ci dobbiamo a chi ci fa vivere perché ci viene incontro come promessa che ci sostiene.
    Questo pensiero mi accompagna per tentare di discriminare il senso di colpa che mi offende dal senso di colpa che nutre la mia gratitudine.
    iside
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  10. Molto importante Iside la tua riflessione e quanto ha espresso il teologo. Come in ogni cosa ci vuole il giusto equilibrio. Anch’io penso che guarire dal senso di colpa non significa non riconoscere le nostre debolezze e non curarle, né che dobbiamo vivere egoisticamente senza essere grati di quanto bene abbiamo.
    E’ fondamentale la dovuta gratitudine (come dici tu) e non dare mai niente per scontato, anzi!
    Però è importante che questo giusto sentimento non blocchi la sana gioia di vivere, fondamentale per essere più disponibili nell’amare e nel donare.

    Ciao Gabriella
    letta

  11. paolabalestreri dice

    Grazie a Gabriella e a tutte/i voi che siete intervenute/i su questo importante tema.
    Per banalissime questioni in questi giorni sto sperimentando a più riprese continue ondate di sensi di colpa per tutto e per tutti.
    La colpa presuppone un giudizio e un giudice che sentenzia la condanna. Forse questo mio giudice interiore è realmente troppo severo e rigoroso, capzioso e malevolo, mi incute timore col suo perfezionismo e mi indebolisce in continuazione. Probabilmente le immagini, i modelli di questo personaggio non corrispondono alla mia realtà, ma ancora non riesco a disattivare e a togliere il suo potere su di me.
    Spero di raggiungere prima o poi una maggiore integrità, una reale sintonia tra ciò che sento, ciò che penso, ciò che voglio, ciò che dico e ciò che faccio. A non temere più di apparire diversa da quella che sono quando indosso la solita maschera di accondiscendente e brava bambina. Senza indulgenze eccessive quindi e senza silenziare la propria coscienza, ma anche senza quell’angustia patologica che non porta a nulla.
    Nell’umiltà e nell’accettazione dei molti limiti, e nella consapevolezza che ogni retto sforzo per migliorarsi si nutre della carità, che, come scrive San Paolo, "tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta".
    letta

  12. Carissime, mi sembra che ci sia un modo abbastanza semplice per discriminare il senso di colpa nevrotico dalla sana spinta alla correzione e al miglioramento.

    Faccio un esempio:
    se mi sento in colpa (nevrotica-mente), perché non ho telefonato a mamma, dopo averle telefonato mi sentirò di nuovo in colpa: forse sono stato sgarbato, forse non le ho detto quello che volevo, forse ho riattaccato troppo presto etc.

    se invece sono spinto da un sano pungolo di affetto, dopo la telefonata mi sentirò bene e felice di aver fatto contenta mia madre.

    Il senso di colpa nevrotico cioè è insaziabile, incolmabile, irrimediabile: non puoi far nulla per superarlo, e le pause di sollievo sono sempre più brevi.

    Da questi lacci del passato bisogna solo sciogliersi nel vero perdono, che è proprio il nostro essere slegati dalle trame velenose di un passato che ci mantiene in schiavitù.

    letta

  13. Grazie Marco, che da buon maestro ci accompagna con la sua saggezza.
    Un affettuoso saluto
    iside
    letta

  14. Cara Paola, ti sto rispondendo di getto e proprio, proprio non dovrei farlo .
    Sto agendo un impulso irragionevole, un atto inconsulto, quello di contattare un’emozione per incontrare un altro essere umano che non conosco.
    Tu sei madre come me e veramente sono così "dispiaciuta", intimamente dolente e dispiaciuta di sentire tutta la fatica che fai per "tenerti insieme", per resistere, per farcela… Non è così Paola. Non così" Lasciati tra le braccia di un altro/Altro. Non c’è un’altra strada , solo quella. LASCIATI…
    Sperare di farcela, sperare di cambiare, sperare di…. Basta…Basta! lascia anche la speranza, lascia tutto tra le braccia di un altro/Altro, lascia il dolore la perfezione, lascia il Valore che sei… Piangi e lascia il bello ed il brutto, il buono ed il cattivo, lascia perdere proprio tutto, lascia andare.
    Alla fine Hai un marito che ti salva!!! che è la tua salvezza.
    Proprio come me.
    Non è nelle tue mani la possibilità di stare bene, E’ lasciando TE STESSA tra le sue/Sue braccia, quelle di tuo marito,che sarai salvata e risanata.
    Perdonami l’ardire.
    Ma non ce la faccio proprio a sentire tacendo la sofferenza.
    Quando è della mia che si tratta, mi lamento, e guai a chi si azzarda a dirmi che lamentarsi è inutile.
    Almeno il diritto di GRIDARE il dolore umano, il lamento non è "piangersi addosso" E’ GRIDARE AL CIELO, è fede e speranza insieme, è riconoscere il limite che siamo, l’impotenza umana.E se è condito CON LA PRETESA DI ESSERE ASCOLTATI ed esauditi. E’ un nostro diritto questo sai? Cristo è morto proprio per darci questo diritto. Il diritto di essere felici. Forse pretendere suona poco maturo e poco assertivo, ma alla fine siamo creature erranti e facciamo quel poco che possiamo. Il diritto è quello di gridare/pretendere che ci sia dato il "farlo in pace" il nostro errore. E credimi niente di meno egoico c’è sulla faccia della terra.
    Ti abbraccio
    letta

  15. Quanto è difficoltoso questo cammino di liberazione, questa potatura dell’io e fioritura del sé! Talvolta ci sentiamo in alto e poco dopo veniamo capovolti a testa in giù, radici all’aria. Chissà forse così si ossigeneranno meglio! In me il senso di colpa provoca una rabbia interiore infinita consapevole di sé e quindi ancor più rabbiosa. Circolo vizioso, muto, immobile. Eppure so che di qui bisogna passare, qui è il guado e l’attraversamento. Forse era Char (ma non ricordo bene) a sostenere che non c’è nascita di nessun poema se non a partire da un dramma personale. Il dramma è Occasione, se non viene immobilizzato, se rimane fluido, aperto. Ma per questo è necessaria una Visione, una proiezione in avanti, una figura del Sé che ci attragga, e che ritorni a prenderci e a sollevarci dalle nostre sabbie mobili. Dalle mie… profondissime.
    Un grazie sincero a tutti, e auguri di buon lavoro (in fondo siamo operai della liberazione).
    letta

  16. letta

  17. paolabalestreri dice

    Care Rosella e Gabriella,
    con la mia solita drammaticità, vi ho fatto preoccupare. In realtà stava parlando una parte di me, quella che soffre per le ondate di sensi di colpa. Ce n’è un’altra che prova e talvolta riesce anche a lasciarsi andare, a rilassarsi, a prendersi il diritto di "farlo in pace il nostro errore quotidiano". E a godere anche del dono di chi mi sta accanto, un marito che mi sopporta e mi accoglie nelle mie fragilità, i figli, gli amici….
    Però mi viene da pensare che il vero abbandono, pur potendo passare attraverso le braccia delle persone che amiamo, è quello che abbiamo nei confronti di Dio – o del senso delle cose, se preferite.
    Dalla Tunisia, dove è andata con la Parrocchia a ‘fare deserto’, mia figlia mi ha inviato un sms con un detto arabo: "Non troverai mai pace nella vita fino a che non riuscirai a dire con convinzione "Io e Dio siamo soli al mondo"".
    C’è la dimensione del "noi", ma c’è anche quella dell’individuo di fronte alla propria coscienza e responsabilità. E di fronte a Dio.
    Comunque grazie ancora per l’aiuto ad approfondire questi aspetti difficili della nostra esistenza.
    Un abbraccio
    Paola
    letta

  18. paolabalestreri dice

    A pensarci bene non sono così daccordo con quanto scrivevo ieri. Questa solitudine dell’uomo (di me) di fronte a Dio è anche un pò angosciante. La spiritualità cattolica è ricca di molte persone, di molti ‘corpi intermedi’ ai quali ricorrere: da Gesù (che è il figlio) a Maria, dagli angeli ai santi. Imparare a ricorrere a questo popolo di eletti, a questa varietà di sostegni, senza idolatrie, ma con la consapevolezza delle energie che si attivano grazie alla nostra capacità di abbandono è una grande risorsa.
    Un saluto a tutti
    letta

  19. Carissima Paola,
    io trovo che si potrebbe ancora parlare moltissimo del senso di colpa e sono convinto che riusciremmo a trovare angolature del tutto inedite. Ma le tue riflessioni mi hanno molto stimolato. Hai chiarito limpidamente quella parte di noi che talvolta riesce a lasciarsi andare e "prendersi il diritto di fare in pace il nostro errore quotidiano" ovviamente con ciò non assolvendoci, per carità , ma se non altro imparando a capire meglio le nostre dinamiche interiori, quei meccanismi così spontanei e a volte incontrollabili, che faticosamente cerchiamo di disarticolare con il lavoro nei nostri gruppi e … talvolta ci riusciamo!!! A me per esempio capita sempre più spesso, oggi, di scoprirmi a fare o dire esattamente il contrario di quello che prima mi veiniva assolutamente spontaneo, in determinate e simili circostanze, e devo ammettere che la cosa mi sembra anche un po’ buffa, e quello che mi fa più piacere è risuscire ad osservarmi come "da fuori" con simpatia e comprensione, forse anche con un po’ di tenerezza, mentre muovo e inciampo nei primi passi stentati in direzione della Luce, in direzione di quella progressiva ma ormai inarrestabile decostruzione del mio ego smisurato e sovrastrutturato.
    Il senso di colpa il più delle volte ci attanglia e ci blocca, ma quante volte bilancia la nostra spavalderia la nostra superbia e ci permette un sano esame di coscienza? A volte riconosco di trascinarmelo dietro per troppo tempo come un autoflagellante che sa di non dover osare l’eccessivo entusiasmo o la spenseriata felicità che sembra a portata di mano, quasi sento di usarlo come un auto-monito per l’eccessiva fiducia nelle cose buone che la vita ogni tanto instilla e mi logoro troppo macerando la mia anima che così si sente giustamente giudicata e doverosamente punita…
    Credo sia molto importante ritrovare la strada della confessione, che se praticata con fiducialentamente ci purifica …
    Provo infine a dire consapevolmente "io e Dio siamo soli al mondo" ……… e la cosa mi crea un po’ di panico…!
    Grazie,
    letta

  20. Grazie Marco!
    quando riconosciamo le nostre fragilità, ad esempio il nostro peccato, la nostra colpa ed il suo senso (che è anche un’emozione ma non solo un’emozione) accostandoci al sacramento della confessione, con pentimento dolore ed oserei dire nostalgia dell’integrità, della gioia perduta, ne siamo risanati.
    E’ un dato di Fede, sostenuto in noi anche sensibilmente dal ricordo della riconoscenza gioiosa che abbiamo sperimentato ogni qualvolta ci siamo sentiti veramente grati e liberati dal male.
    Se le braccia del Sacerdote sono lì ad assolvere ogni uomo nel Sacramento, mio marito è lì, come un dono particolare, un qualcosa di aggiunto anche se diverso, per assolvere me personalmente allo stesso identico modo nel nostro sacramento. Nella nostra particolare unione.
    Non importa se per trecentossessantaquattrogiorni all’anno siamo grati e gioiosi e cantiamo lode.
    Nell’unico giorno di quell’intero anno in cui ci sentiamo in colpa, o siamo in colpa, o siamo comunque infelici, quello è il giorno in cui chiedere perdono per l’assenza di gioia che abbiamo nel cuore. Quello è il giorno in cui chiedere per dono al marito che ci assolva, dissolvendo il nostro disagio. Chiedere un abbraccio per lasciare in lui il nostro dolore, perchè il nostro peccato è quello di: " non essere felici"… perchè lui è lì per la nostra felicità, per renderci felici.(proprio per la stessa ragione per cui Cristo è morto)E’ lì per noi!

    Potrei dire dell’altro, ma mi pare che le coppie che qui scrivono non abbiano fatto esperienza di un abito bianco che si dissolva nell’illusione di una vita in cui il bianco sia il colore che respinge il calore, che fagocita tutti i colori dell’arcobaleno, per consistere in se stesso; e, nella propria solitudine, dipingere di bianco un sepolcro per farne la propria casa in cui abitare. In compagnia della propria impotenza, dei sensi di colpa … della morte.
    Dimenticando l’unica cosa che vale…"il fragile dito" che porta una fede d’oro. La fiducia nell’altro.
    Un’ultima cosa… Gabriella, Sì è possibile essere liberati totalmente dai senti di colpa. Purchè tu riconosca la tua colpa e la lasci tra le braccia dello Spirito d’amore. Dello Spirito Santo e di tuo marito (braccia e amore)nel fidarti affidandoti . ad entrambi CONTEMPORANEAMENTE . Non Vi è divisione.
    Le persone possono essere separate ma non divise.(contempla la Trinità) Separate le une dalle altre per potersi incontrare,riconoscere e coniugare… essere divisi è un’altra faccenda. Salomone e le due madri
    Leggiti, medita, contempla " la preghiera del cuore di un certosino" digita Google "il mio cuore cerca il tuo volto pdf" pdf è essenziale, pagine it. ed è lì che ti aspetta.
    Con tutto il cuore. Ciao.Buona giornata
    letta

  21. alessandro dice

    Ti ringrazio Gabriella, per aver introdotto questo tema, così forte e presente in ognuno di noi.
    Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito ad approfondire l’argomento e hanno indicato la via del perdono.
    In particolare ringrazio Rosella, sempre molto appassionata, e le vorrei chiedere di spiegarmi meglio la metafora dell’abito bianco.
    Ciao
    letta

  22. paolabalestreri dice

    Siete veramente dei fiumi in piena e io… non riesco a starvi dietro….
    Grazie a Rosella, a Marco F. e a tutti. Ho bisogno di far sedimentare, di riflettere….
    "Sperimentare veramente in se stessi la possibilità del dolore e della gioia profondamente unificati nella Cena della famiglia umana…": bellissime le cose che mi scrivi, Rosella, e che potranno certamente essere condivise a tutti. Tra l’altro credo che a breve dovrebbe essere pubblicato un post proprio sul tema che affronti (la bioetica animale, il vegetarianesimo, i chili di troppo…, fino al sacrificio eucaristico). (ma x questo bisogna scrivere a redazione@darsipace.it).
    Un abbraccio e buona serata
    Paola

    letta

  23. … forse merita una ulteriore riflessione la differenza tra senso di colpa e colpa…
    infatti credo che il primo sia un fatto soggettivo mentre il secondo è oggettivo.
    Un conto è una colpa evidente, una violazione, un reato, un peccato, ma il senso della colpa a volte si genera anche per casi in cui la colpa non c’è, e magari siamo soltanto noi che vogliamo e riusciamo a sentirla….
    Forse cioè credo si debba stare attenti anche a non confondere le due cose, che sono ben diverse. Solo che talvolta capita di sovrapporle, e i risultati sono disastrosi.
    E’ più lecito o facile perdonare la propria colpa o il proprio senso di colpa?
    Gesù dice "và, i tuoi peccati ti sono perdonati, e non peccare più".
    Si tratta di perdono o remissione?
    Quello che riusciamo a fare noi è solo attenuare questi sensi di colpa che ci restano dentro così a lungo come inutile zavorra, non so ma credo che la direzione sia quella giusta.
    Perdonatemi queste ulteriori osservazioni.
    Grazie vera-mente a tutti.
    letta

  24. Chiarissima la differenza colpa/senso di colpa! Ottimo il chiarimento sul fatto che spesso si dia "senso di colpa" anche in "assenza" di colpa. Qui si anniderebbe il pericolo.
    Mi pare illuminante quel "và" detto da Gesù: vai, sei liberato, lascia dietro di te il peso e le catene del passato, procedi, "svolta", muta la tua mente e il cuore…
    Grazie, è sempre bello stare in vostro ascolto.
    letta

  25. Ragazzi mi avete sopraffatto, però sono felice di queste condivisioni, grazie a tutti davvero mi sento meno sola! Per precisare, il problema, almeno per me, è proprio soggettivo con un senso di colpa perenne anche (credo) senza vere e proprie colpe!
    Mi capita di vivere questo disagio anche quando sono in chiesa, quasi non fossi degna di trovarmi nella casa di Dio.
    Allora, dato che in questi giorni sono in riflessione continua su questo tema aiutata anche dalle vostre riflessioni, mi è successo che domenica sono entrata in chiesa con uno spirito diverso, ho pensato di trovarmi in casa dei miei genitori…ho pregato il Padre da figlia, mi sono sentita bene, abbracciata dallo Spirito ed in pace con me stessa. Così è forse l’integrità!
    Un abbraccio a tutti Gabriella
    letta

  26. Un abbraccio particolare a Gabriella e Paola, alla prima come gioia condivisa, mi fai sentire felice; ed è quello che desidero per tutti noi. Questo senso di gioia nel cuore, come se fossimo in quella "casa del Padre" che desideriamo. Ed a Paola per aver retto le mie intemperanze. La lettera è per te, tornerà l’occasione per ripetere i concetti che hai apprezzato
    Ad "a.d." ci provo.
    La storia dell’abito bianco nasce un certo giorno, ad un certo punto, viaggiando in un’emozione d’impotenza e di rabbia. Si trattava di circostanze reali, piuttosto comuni e banali, colorate da un’emotività che affondava le radici nel passato. Stavo lottando per pervenire ad un legame significativocon lo psicoterapeuta di cui ancora non riuscivo a fidarmi/affidarmi. Mi aveva parlato del bianco come se fosse un meraviglioso obiettivo, ma io ero arrabbiatissima così
    "Il colore bianco.
    Il colore bianco odora di morte, odora di sepolcro imbiancato di fresco, odora di ballo in maschera alla corte del re sole “ per cortesia”. Il colore bianco riflette l’illusione di un abito nunziale e la delusione di una famiglia, il colore bianco “ respinge” il calore, il colore bianco si nutre di tutti gli altri colori, li divora, li rende invisibili per consistere in se stesso. Il colore bianco è osceno nella sua solitudine. Il colore bianco può esistere solo associato all’oro: dove l’oro è la fede nuziale, l’aureola dei martiri ,il denaro tutto ciò in cui puoi riporre fiducia, il simbolo della fiducia.
    Perchè il bianco sia “salvo” necessita di un legame di fiducia. Bianco/oro appunto.
    Tu vedi solo la parte in luce della medaglia, sei ottimista… forse per deformazione professionale ti sfugge ciò che solo una persona che vede l’ombra può cogliere. Io non mi ritengo pessimista, ma so che colgo solo l’ombra , per me questa è l’unica realtà che conosco. La luce io l’ho vista solo per un attimo in tutta la mia storia ed in quell’attimo i miei occhi non erano ancora formati. Il tuo ottimismo lo percepisco come una possibilità tutta da verificare, ma non come la realtà vera.
    Nel transito terrestre si nasce per morire, dove sta l’ottimismo di questo dato?
    Ma allora l’ottimista incallita ed impenitente sono io che desidero la morte, non ti pare?
    Non temere so che la morte è la negazione … sono solo provocatoria e lo sono volutamente. Il tuo ottimismo esplicitalo nell’esperienza dell’esistenza e non solo del transito terrestre, allora potrai veramente insegnarmi qualcosa di nuovo, forse fare miracoli."

    Il seguito – liberatorio fu una delle prime poesie che ho scritto in vita mia; dedicata ad una persona che aveva pubblicato il proprio percorso di guarigione. tramite il quale sono pervenuta alla fiducia e quindi a tutto il resto… sino a voi.
    bianco/oro
    Nulla ho visto di te, con gli occhi
    neppure il nome.
    Ivano t’ho chiamato, ma il cuore…
    febbrile
    ho abbeverato alla fonte, a tutta la fonte
    e come bimba
    ho posto la mia mano in una mano che
    solo tu mi hai donato
    “conosciuta”. Abbandonata
    con timore e tremore ho agito l’oro
    della fiducia che
    senza te, non avrei saputo.

    Intimo sconosciuto
    come “solo”
    gioia riconoscente è intima al cuore
    bianco/oro
    “ti sei fatto” a me inconsapevole
    “perdono”

    La mia fiducia, concreta nell’altro è nata poco meno di due anni fa. Prima un cuore di pietra, una mente lucida che agiva al meglio ma senza l’emozione del sentimento dell’amore. Solo l’azione ragionevole…E’ tutta un’altra faccenda. Forse è il vostro cuore sprigionato? non sò. Piano piano capirò.
    letta

  27. alessandro dice

    Cara Rosella,
    non giudicarmi ottimista… chi veramente mi conosce sa delle mie difficoltà col mondo. E’ soprattutto questo il motivo per cui ho resistito a commentare su questo argomento. Mi prende ancora troppo, ci sono dentro fino al collo.
    La musica mi aiuta, da una parte, anche se a volte è un’ulteriore conferma dello scarto esistente fra l’armonia che offre e i conflitti quotidiani.
    Non sono in grado di capire tutto quello che scrivi, ma colgo lo spirito febbrile, entusiasta e positivo che ti anima e per questo ti ringrazio.
    letta

  28. ho un grande desiderio nel cuore, un desiderio struggente, conoscere la persona a cui ho dedicato questi versi… e non è in mio petere il farlo.
    Offro, s’offro quest’ ASSENZA che è una PRESENZA operante ancora oggi in me.
    letta

  29. Caro Alessandro, il bello delle parole è che possono essere fraintese.
    Tutta quella faccenda era semplicemente un copia incolla di ciò da cui era dipartita la metafora. Te l’ho inviata non sapendo che altro fare se non testimoniarti il fatto.
    L’ottimista non sei tu ma la persona a cui tentavo di affidare la mia cura, o se preferisci quella con cui stavo litigando, o forse stavo litigando da sola? ma?
    Ciao. Buona giornata
    a.d., mi piace questa sintesi "a.d." sembra lo sfiorare lieva di due soli tasti.
    ciao
    letta

  30. letta

  31. cara Antonella,
    pare che la faccenda stia proprio più o meno tutta lì.
    Che ne pensi, sarà mica che: "tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare."?
    Comunque sia, nel nostro cuore profondo quando brilla, almeno un poco, "la gioia" è segno che la strada è quella giusta.
    Ciao, ti abbraccio
    Rosella.
    letta

  32. Concordo appieno!!!! Io sto affrontando una forte di crisi di panico, ansia e rabbia mista a tristezza. E uno dei motivi è proprio questo: mi sento in colpa verso Dio. Tanto. Al punto da non riuscire più a comunicarmi a farmi la confessione e andare a messa. Capisco che il mio senso di colpa è patologico. Al punto da desiderare per non sentirmi in colpa, di farmi suora. Nutro profondi sensi di colpa verso mio padre. Capisco adesso, che il mio è derivato dall’educazione ricevuta. La bambina che non sono mai stata.

    Credetemi non riesco ad uscirne fuori. Non riesco proprio ad uscirne. mi sento ingabbiata. Non riesco neanche a perdonare e tendo a rimuginare sempre. Sin da piccola ho sempre visto Dio come un Dio che punisce. Un Dio che alla colpa si aggiunge la punizione. Mai come un Dio misericordioso che perdona e stento a crederlo. A questo si aggiunge la mia autostima bassissima e il grande senso di inferiorità verso tutto e tutti, desiderando di sparire e voler morire sul serio. Non so come uscirne. Mi sento impotente.

  33. PS: non riesco a fidarmi e non riesco ad aprirmi, causa troppi dolori e vicende vissute malissimo. ='((

  34. ciao Maria,
    prova a seguire il nostro lavoro anche nei post più recenti, per comprendere meglio il tipo di lavoro che effettuiamo, per liberarci anche dai sensi di colpa che ci imprigionano l’anima. Forse può esserti utile.
    A me lo è, anche se è un percorso impegnativo.
    Può essere che in questo periodo quaresimale che si conclude con la resurrezione tu possa leggere parole che illuminino il tuo cammino, proprio come è capitato oggi a me nel post – leggerezza.
    Ti abbraccio e ti auguro ogni bene
    rosella

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