Quaresima, digiuno da cosa?

Commenti

  1. C’erano una volta i classici fioretti quaresimali: non mangiare i cioccolatini, rinunciare a un giocattolo, o – per i più grandi – accantonare le sigarette o la pietanza preferita. Dire «no» a piccoli piaceri, quindi, mettendo da parte i risparmi equivalenti da devolvere ai poveri. Un’ascesi ormai sorpassata nel terzo millennio? E, ancora, i fioretti potrebbero correre il rischio di derive velatamente masochistiche? Abbiamo chiesto a teologi e religiosi, scrittori e psicoterapeuti, di declinarli in chiave contemporanea. «Mi sembra che ogni pratica religiosa meriti rispetto: dai digiuni, alle astinenze, ai voti. Comportano una disciplina che radica una persona al suolo, la fortifica pure in mezzo alla baldoria generale di chi se ne infischia», confida lo scrittore Erri De Luca.
    È come se, per vie profonde, l’ascesi riportasse a un genuino confronto con se stessi: «C’è una solitudine necessaria nella vita di ognuno, che va coltivata, non scartata come disturbo del comportamento», commenta, dicendo anche il suo apprezzamento per «il valore simbolico dei gesti religiosi». Rinunce e «mortificazioni», dunque, vanno nella direzione di sfrondare il cuore perché focalizzi più chiaramente l’essenziale. Un percorso valido «indipendentemente dall’essere credente, trasversale alle religioni e alle culture: sapersi controllare e limitare fa bene», chiarisce il teologo don Gennaro Matino, convinto che «un itinerario di conoscenza di sé, anche con privazioni, è fondamentale in tutte epoche e stagioni.
    Chi lo ritiene sorpassato si oppone a un cammino pedagogico proposto dalla Chiesa quale formazione personale per l’apertura al dono». In sostanza, i «fioretti» fanno maturare, liberano il cuore per dilatarlo: «Se la strategia evangelica dell’impegno si sposa con l’offerta di sé, diventa formidabile. La natura biblica della rinuncia non è privarsi, ma provarsi in un tempo di deserto per fortificare se stessi e incontrare l’altro», argomenta don Matino. Un esempio dogmaticamente corretto? «Se ho l’ossessione della comunicazione virtuale, che mi porta fuori dal dialogo attivo con le persone, posso staccarmi dal pc». Forse quello telematico è uno degli ambiti più gettonati per i «nuovi fioretti», se lo scorso anno la diocesi di Trento aveva suggerito di digiunare da Facebook e quella di Modena – seguita da Bari e Pesaro – aveva proposto di rinunciare agli sms. Sempre nel 2009, un sondaggio del settimanale Donna Moderna evidenziava che il 46% degli intervistati era disposto a non accedere al social network, mentre il 18% affermava di poter dire no ai messaggini.
    Digiunare anche da tv e iPod? Non solo, suggerisce Francesco Gesualdi, coordinatore del Centro nuovo modello di sviluppo di Pisa ed ex allievo di don Lorenzo Milani: «I fioretti? Oggi sono un’esigenza imposta dalla sopravvivenza dell’umanità. Il nostro eccesso di consumo sta portando il pianeta al collasso. Solo un fioretto permanente, inteso come ridimensionamento del nostro tenore di vita, può garantire un avvenire al mondo».
    Da dove cominciare, allora? «La parola d’ordine è vigilanza. Dobbiamo recuperare il senso di sazietà, distinguendo il necessario dal superfluo. Imparando a dare ai piaceri del corpo il giusto peso, per lasciare più spazio alla dimensione affettiva, spirituale, sociale», suggerisce Gesualdi, snocciolando consigli pratici per fioretti sostenibili: «Meno automobile, più mezzo pubblico; meno prodotti globalizzati, più locali; meno merendine, più dolcetti fatti in casa; meno acqua imbottigliata, più del rubinetto; meno pasti precotti, più tempo in cucina; meno cibi confezionati e surgelati, più sfusi e di stagione; meno usa e getta, più riciclaggio».
    Ce n’è per tutti, per sperimentarsi con un fine preciso: «Crescendo mi sono convinto dell’utilità di misurarmi con me stesso per verificare quanto sono capace di rinunciare al superfluo e potermi concentrare meglio, così, su ciò che davvero conta nella vita – racconta Fulvio Scaparro, psicanalista e scrittore –. La rinuncia non è fine a se stessa, ma l’essenza delle scelte piccole e grandi che ci si presentano quotidianamente: scegliere significa imboccare una via rinunciando ad altri percorsi. Mi piace pensare che i "fioretti" della mia infanzia abbiano avuto un ruolo in questa mia convinzione». Allenarsi fin da piccoli risulta positivo, quindi, perché «i bambini hanno bisogno di imparare a dilazionare nel tempo alcuni desideri e gratificazioni: rientra nel processo di maturazione tenere sotto controllo gli impulsi.
    E non c’è nulla di masochistico quando avviene gradualmente e in un clima sereno», evidenzia Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dello sviluppo a La Sapienza di Roma, che avverte: «Bisogna evitare che diventi un assillo, un impegno ossessivo per totalizzare il maggior numero di fioretti, sentendosi in colpa se non se ne fanno abbastanza». Esistono fioretti a misura di bambino? «Meglio se hanno risvolti positivi, ad esempio limitare le sedute davanti allo schermo, non rimandare un impegno noioso o sgradevole ma assolverlo subito, dare una mano nelle faccende domestiche, perdonare una cattiveria…», elenca Oliverio Ferraris.
    E monsignor Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana, continua: «Rinunciare a un regalo e fare una donazione; parlare di povertà in classe e con gli amici; aiutare con un gesto concreto un vicino in difficoltà; ridurre sprechi di energia e d’acqua; riciclare il telefonino». Azioni consapevolmente volute e, allo stesso tempo, «segni personali, espressione della gioia di incamminarsi verso un vero incontro con Dio – sottolinea la benedettina Benedetta Zorz, del monastero di San Luca a Fabriano –. Ciascuno sa se sarà utile privarsi di un po’ di cibo, vino, sonno, chiacchiere inutili e troppe distrazioni, per aiutare le nostre potenze vitali a essere più toniche e armoniose in modo che, invece di disgregarci, ci conducano al vero fine per cui sono fatte.
    L’allenamento, l’ascesi, il freno, rientrano nella pedagogia di qualsiasi desiderio». Provare per credere.
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  2. Ricordo che da bambina, nell’istituto di suore dove studiavo, ci facevano colorare, ad ogni fioretto compiuto, uno dei fiorellini che incorniciavano il volto della Madonna; possiedo ancora uno di quei fogli e lo conservo gelosamente. Certo era un pò faticoso l’impegno, ma quanto mi gratificava poi colorare il fiore (uno di meno!!).
    Dal condizionamento credo (spero) di esserne uscita; ora vedo l’astinenza a qualcosa (specie nel periodo quaresimale) solo esclusivamente come un gesto di amore, ma anche una voglia di dimostrare a me stessa che so rinunciare a qualcosa (molto poco!) in una Società in cui abbiamo tutto in abbondanza.
    Ricordo il fastidio che mi provocò l’esclamazione di un collega che, al mio rifiuto della cioccolata, disse:" Cosa hai chiesto di tanto importante per rinunciare alla cioccolata!".
    Cercai di spiegare, ma poi lasciai perdere, non credeva all’assenza di alcuna richiesta………
    Certo mi hanno colpito le letture di ieri: proprio ai discepoli di Gesù viene rimproverato il mancato digiuno, e Gesù stesso li giustifica. Bisogna cogliere il senso di tutto questo, credo che pochi passi di Isaia ci diano qualche dritta:
    ” Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari,
    angariate tutti i vostri operai.
    Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi
    e colpendo con pugni iniqui.
    ……..
    Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
    sciogliere le catene inique,
    togliere i legami del giogo,
    rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?
    Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato,
    nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
    nel vestire uno che vedi nudo,
    senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?”

    Riflettiamo digiunanti e non!
    Gabriella
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  3. Oggi mi "lascerò cospargere" il capo di cenere. Non so il rito che possa compiere nel profondo.
    Quel che ACCETTO è la mia condizione di essere polvere nella polvere, nel mio divenire mortale.

    Questo, ecco! Proprio a questo, se potessi rinuncerei. Rinuncerei alla fatica di accogliere la malattia e la morte, per me e per i miei cari. E magari m’allargherei alla rinuncia della sofferenza, per tutto il genere umano. E perchè no?!

    Guardando nel mio cuore, riconosco di desiderare solo pace, gioia e felicità, eterna.
    Perciò, in questa quaresima intendo abitare un luogo desertico, in cui approfondire il senso di questa contraddizione, tra ciò che desidero e ciò che è.

    Intendo sostenere IL MIO DESIDERIO d’essere SI nel "presente", nel dono …

    … ho fatto anch’io i fioretti da bambina, ho conosciuto sacrifici, dolore e rinunce da adulta e ciò che ne ho ricavato è stato quasi "di lasciarmi morire di fame" d’inedia, luogo in cui non vale la pena di vivere.

    E invece NO! La vita vale il suo dolore! se pazientemente ricerchi TI VIEN FATTO DONO d’incontrane il "senso".

    Trovo, per me, difficile e stupendo "gustare" nella meditazione il momento in cui LA POSIZIONE DECISA si lascia totalmente nell’ ABBANDONO.

    Ritengo questo essere esperienza ed icona della posizione corretta da mantenere nel transito terrestre.
    La libertà di una decisione che s’abbandona NELLE MANI DELL’ALTRO nel "presente" della vita e tra le braccia del Padre.

    Decido di meditare ogni giorno, al mattino appena alzata.

    Io son consapevole che nella vita non si possa "avere tutto" ma sono altresì consapevole che si possa imparare a vivere senza rinunciare ALLA VITA stessa.

    Buona Domenica
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  4. Ottimo tema, Massimo. Grazie.

    La prima cosa che mi verrebbe da dire è che gli uomini e le donne contemporanee dovrebbero prima tornare a godere, per poi poter rinunciare a qualcosa che realmente desiderino.

    Zolla faceva notare che nel nostro tempo siamo tutti asceti inconsapevoli, facciamo vite che i nostri nonni mai avrebbero sopportato, quanto a stress, complessità, orari lavorativi, impegni, mortificazioni del gusto, dell’odorato, del tatto, e così via.
    In questa situazione rinunciare alla comunicomania, ad esempio, non mi sembra una vera rinuncia ad un piacere, ma una semplice terapia di disintossicazione…

    Per rinunciare nel senso del digiuno, prima devi desiderarae e godere realmente di qualche cosa.
    Forse per questo, nella mia giovinezza, tra i 20 e i 40 anni, la vita spirituale per me è consistita più nell’imparare a godere che in qualche rinuncia…sentivo di essere più vicino a Dio nel godere della vita, in quanto l’angoscia e la sofferenza e l’incapacità di vivere con piacere mi sembravano cose naturali, le condizioni ordinarie della mia vita precedente.

    Mi sentivo in colpa quando non riuscivo a godere del momento presente.
    E in fondo questa cosa mi è rimasta.

    Chi ama veramente la vita, e il cibo, e la sessualità, può anche privarsene, per gustare più a fondo il piacere più alto che viene dal lasciarsi colmare di Luce.
    Ma quante persone oggi sanno godere dei beni della terra in modo primario, felice-mente animale (nel senso dell’essere animati, anime incarnate)?

    Ci tornerò su questi temi
    Vediamo cosa rispondono altre voci.

    Un abbraccio

    Marco

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  5. Ritorno alle parole di Isaia per soffermarmi su due versi

    Non digiunate più come fate oggi
    Così da fare udire in alto il vostro chiasso.

    Il digiuno che voglio fare è dalle parole inutili, ridondanti, che fanno solo chiasso tra gli uomini e con Dio nella speranza che ciò possa rimarginare la mia ferita e rendere la mia tenebra come il meriggio.

    Lo considero, però, più una terapia che una vera rinuncia.
    Sto ancora imparando a desiderare e godere e mi è difficile dire a cosa rinuncio davvero. Tornare su questo tema, con l’aiuto di Marco, sarà molto utile per me.

    Grazie a tutti. Giuliana

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  6. letta

  7. salve a tutti. dal libro"nel cuore dell’essere"di giovanni vannucci: "fin da ragazzi ci abituano a mortificarci. c’è la rosa che sboccia:non la guardare ,per offrire un fioretto a Gesù! ma sapete che quando sboccia una rosa,Dio tripudia per la bellezza di questa rosa e questa rosa diventa più bella perchè sa che Dio gioisce della sua bellezza? Non sappiamo più guardare un volto umano con serenità e con gioia,specialmente se è bello,perchè abbiamo paura. Chissà di che cosa! Ma se la bellezza fiorisce,fiorisce anche per la gioia dei nostri occhi. e quando la bellezza ,attraverso gli occhi,scende nel nostro spirito,ci costruisce,ci porta a uno sviluppo interiore,a uno sviluppo di sensibilità di cui abbiamo continuamente bisogno nell’esistenza". io mi trovo d’accordo con ciò come,mi sembra,altri che sono intervenuti. accettare le bellezze e diventarne parte . nel libro l’autore dice"pensate a quante storture sono state introdotte da una visione pavida della vita che ci è stata data da un cristianesimo formato e indirizzato da persone che avevano paura della vita". Io personalmente faccio a volte dei fioretti e qualche beneficio,ora più ora meno,lo traggo,ma sostanzialmente poi mi ritrovo al punto fondamentale: vivere realmente. Quindi tutto,penso,può essere utile e valido se ci porta prima o dopo il coraggio,la voglia di covertirci
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  8. Una citazione del padre domenicano Rausis: "Nessuna soddisfazione umana potrà mai colmare la profondità del nostro desiderio. Questo ci consente di comprendere il significato iniziatico del digiuno, e cioè la rinuncia alla soddisfazione immediata del desiderio allo scopo di aumentarne l’intensità, affinché noi sappiamo che ci predispone a qualcos’altro. Ma è chiaro che il digiuno va ben al di là delle preoccupazioni alimentari. Esso ci insegna ad "accettare la presenza della mancanza". Al diavolo che gli propone di soddisfare il suo bisogno di cibo, Gesù risponde "L’uomo non vive di solo pane…". L’uomo non deve fondare la vita solo sulle cose materiali, deve sviluppare in sé una sete spirituale. E’ questo l’insegnamento della virtù di castità".
    Personalmente fatico a contare fino a dieci prima di avventarmi sulle ultime frappe avanzate dal carnevale, ma ci provo….
    Mi aiuta sapere che altri ci provano (mi sostengono i tuoi fioretti, caro Luca).
    Una buona quaresima a voi tutti, accettando la presenza della mancanza….
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  9. Caro Michele,

    grazie di tutto sai?
    E’ un poco che anch’io tergiverso sul sacramento della confessione, ho le mie resistenze in questo momento. Mi hai richiamata al valore in cui ci siamo incontrati ed è nata la nostra amicizia.
    La Chiesa ci propone 40 giorni per disporci in modo particolare al Bene: lasciamoci educare (amare) dallo Spirito di Vita. (e lo dico soprattutto a me stessa)
    Abbi cura di te, ed anche un po’ di me. Ti abbraccio.

    Abbraccio anche Luca che mi sembra "partito alla grande" complimenti ! (ma dove ti nascondevi, Luca noya?)

    con affetto
    buona giornata a tutti
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  10. Carissimo Michele,
    Don Milani certamente pensava di essere ortodosso, ma la Chiesa non era d’accordo con lui, ritenendolo un pericoso eretico, tanto che Giovanni XXIII lo definì "un pazzo scappato dal manicomio".
    Quindi Don Milani stabiliva lui cosa fosse l’ortodossia, e, in base al tuo ragionamento, si faceva un Vangelo in base alle proprie opinioni, su questioni di grande rilievo…

    Io credo che la Tradizione della Chiesa sia un punto di riferimento decisivo, ma che su molte questioni questa tradizione si stia reinterpretando: è la Chiesa stessa che si reinterpreta, come il magistero di Giovanni Paolo II ci ha mostrato.

    Sul digiuno e in genere sulle pratiche di penitenza e purificazione io vorrei dire solo questo:
    ci siamo resi conto che spesso queste pratiche erano forme di distorsione mentale, e non atti gratuiti di amore di Dio.
    Ad una persona che non si concede di vivere e di gioire della vita, e ce ne sono milioni in giro, è inutile e dannoso dire: ti devi sacrificare, perché essa fraintenderà questo invito, lo tradurrà nel suo istinto di autodistruzione, santificherà i suoi impulsi nevrotici suicidari, e così via.

    Oggi, credo, che dobbiamo lavorare per costruire uno stato di integrità, e questo implica un duplice processo: svuotare-liquidare le strutture distorte, e lasciarci ricolmare dalla vita nuova che lo Spirito ci dona.

    In questa dinamica sana e armonica, possono benissimo rientrare pratiche di digiuno e alleggerimento, di controllo dei nostri impulsi famelici, e di silenzio dei sensi, a condizione che il processo sia integrato e appunto armonico, e non serva a irrigidire alienazioni già gravi e penose.

    Il Signore ama chi dona con gioia, e chi digiuna con gioia, chi medita, e quindi digiuna mentalmente con gioia, e per la gioia, profumandosi i capelli e con il canto nel cuore.

    Marco Guzzi

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  11. Carissimi,
    aggiungo alle vostre le mie riflessioni sul tema proposto.

    Rinuncio alle mie ansie, alle fobie, alle preoccupazioni sull’oggi e sul domani, alla smania di protagonismo, alle mie compulsive ossessioni, ma soprattutto alla paura della morte con cui Satana può osare tenerci in scacco.

    Credo nella possibilità della liberazione della mia anima da tutto ciò, credo che il Signore voglia per me solo bellezza, serenità, gioia, credo che Dio sia solo Pace e Amore senza limiti e che per riversarli in noi ci abbia creati perchè noi possiamo, a nostra volta, riversarli sui fratelli.

    Auguro a tutti un santo cammino verso la definitiva Resurrezione
    con affetto grande
    Filomena

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  12. Caro Michele,
    desidero tanto che tu possa comprendere e sperimentare la dolcezza in questo cambiamento del cuore.
    In fondo: SONO LA STESSA EPPURE DIVERSA.
    Quale differenza avrebbe fatto per me enunciare:
    rinuncio alla mia pigrizia – Voglio e devo fare il sacrificio di alzarmi tutte le mattine a meditare prima d’incominciare la giornata.

    Forse a molti orecchi sarebbe suonato adatto, poichè è musica nota, ma la sostanza "nel cuore" tra sforzo e fatica fa la differenza. E’ una questione di orientamento, di metodo diverso.

    Io decido di accettare la fatica di accogliere la mia vita così come essa è; ma rifiuto lo sforzo sovrumano di dovermi tenere insieme per non cadere a pezzi.
    Questo non lo accetto più.

    E’ proprio in questo cambiamento di stile, che piano piano si orienta lo sguardo sul valore e si offre il nostro proprio limite alla potenza dello Spirito , perchè possa rinnovarci, trasfigurandoci. Ci vengono lasciati i segni impressi da noi stessi nella nostra carne (proprio come i segni dei chiodi e del costato, nel Risorto), ma: tutto è nuovo.
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  14. Enzo Bianchi riflette sul senso del digiuno quaresimale e sulla sua attualià. Digiunare e astenersi dalle carni non per legalismo o osservanza sterile, ma occasione di cammino spirituale. Esistono diverse forme di digiuno: dalla parola, dal rumore, dalle immagini…

    Siamo, ancora una volta sulla soglia del tempo quaresimale, tempo forte dell’anno, tempo segnato, in passato, da forme collettive di penitenza. Oggi questi segni esteriori e collettivi, il digiuno soprattutto, sono quasi del tutto scomparsi. Come vivere oggi il tempo quaresimale? Lo abbiamo chiesto a Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose. Io credo che i segni esteriori e collettivi di tipo penitenziale sono venuti meno anche per una reazione a certe pratiche del passato. Sovente erano considerate nella comunità cristiana e vissute in modo molto legalistico. Qualche volta addirittura prendevano una forma che non era più rispettosa dell’intenzione con cui l’Antico Testamento, il Nuovo e Gesù stesso avevano chiesto questi segni esteriori di penitenza.

    Può fare un esempio?
    Gesù non ha chiesto di fare tanti gesti penitenziali. Ma due sono esplicitamente richiesti. Ha chiesto di digiunare. Ha detto infatti che sarà compito dei discepoli digiunare una volta che lui, lo Sposo non ci sarà più. E ha raccomandato di vegliare, cioè combattere contro il sonno e restare svegli in modo da imprimere nel proprio corpo sentimenti di attesa del Signore, di dialogo con lui, di adorazione della sua presenza. Sono venuti meno questi segni mentre i testi che noi ascoltiamo nella liturgia di Quaresima fanno costante riferimento alla pratica del digiuno: «Noi che stiamo vivendo il digiuno quaresimale…», «Signore, fa’ che il nostro digiuno quaresimale…», in realtà il digiuno non c’è quasi più. Io credo che c’è stato un impoverimento nella comprensione e nella pratica perché il digiuno non è anzitutto mortificazione, non è fare un sacrificio. Questo è un linguaggio che non è cristiano. Il digiuno è un allenamento per l’oralità, il prendere coscienza di quello che noi con la bocca facciamo: parliamo, mangiamo. Il digiuno ci porta ad un discernimento che impedisce sia l’anoressia da un lato sia la bulimia dall’altro. Il digiuno è una vera e propria pedagogia al desiderio ed è una pedagogia che ci dispone ad avere quella fame e sete di Dio di cui tanto parla la Scrittura.

    Lei ritiene utile e possibile riproporre in qualche forma la pratica del digiuno quaresimale?
    Credo sarebbe utile. Faccio l’esempio della nostra comunità di Bose: manteniamo il digiuno il venerdì e l’astinenza dalle carni il mercoledì per tutto il tempo di Quaresima ma non come un legalismo o un’osservanza in più, ma come un lungo cammino in cui si cerca di dare le ragioni antropologiche, psicologiche per cui il digiuno diventa davvero un affinamento delle nostre facoltà spirituali a partire dalle facoltà che toccano il nostro corpo e la nostra psiche. Se c’è una buona catechesi sul digiuno e se il digiuno viene praticato anche in vista della comunione dei beni e di un più generoso esercizio della carità fraterna, allora io penso sia possibile per la comunità cristiana riprendere seriamente questa pratica. Forse il confronto con la pratica islamica del Ramadan ci può anche far capire che cosa noi abbiamo perso. Noi non abbiamo più qualcosa di convergente, di collettivo ma tutto è lasciato a un individualismo che non è cristiano e che non edifica certo la comunità cristiana.

    In questi ultimi anni il digiuno è stato anche proposto come uso moderato della televisione. Come valuta questa nuova forma?
    Certamente anche questa forma è legittima e valida. Credo infatti che il digiuno deve investire tutti i nostri sensi che vengono temporaneamente privati di qualcosa al fine di avere una più grande capacità di discernimento. Certamente c’è un digiuno orale che non deve riguardare solo il mangiare e il bere ma anche il parlare. C’è un digiuno degli occhi che riguarda la televisione ma che riguarda tutto un mondo delle immagini. C’è un digiuno anche delle orecchie. Qui dovremmo cercare un certo silenzio e fare la nostra battaglia contro il rumore che ci assedia. Il digiuno quaresimale tocca tutti i nostri sensi. Voglio ricordare che un tempo la Chiesa chiedeva ai coniugi, durante il tempo quaresimale, di astenersi per quanto era possibile dall’esercizio sessuale del matrimonio che è pur santo e benedetto. E questo non perché ci fosse una diffidenza nei confronti del corpo, ma per avere questa capacità di compiere gesti non meccanici, non per abitudine, per voracità, per consumismo. Questi gesti vanno infatti compiuti sempre con libertà e consapevolezza quasi fossero un’opera d’arte. Sia che mangiamo, sia che beviamo, sia che parliamo, sia che viviamo la nostra sessualità, sia che vediamo la televisione o il cinema.

    Intervista di Giuseppe Grampa (dal sito della Diocesi di Milano)
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  15. mariapia porta dice

    Quest’anno, il mercoledì delle Ceneri ho deciso di non fare i soliti proponimenti quaresimali: astenermi il venerdì dai dolci e da altre golosità, ridurre le consumazioni al bar, rinunciare ad altre spese superflue per dare di più ai poveri, pregare con più intensità e così via. Ho cambiato tattica, perchè, spesso, alla fine del periodo penitenziale constatavo di non essere stata fedele ai buoni propositi e provavo sensi di colpa che potevano attenuare la gioia e la festa pasquale.
    Poi è arrivato questo post, allora fifletto e mi chiedo: mi sono intiepidita come cristiana? Perdo le eccasioni che l’anno liturgico ci offre per migliorarci? E questo dopo tutta una lunga educazione, religiosa e familiare, alla rinuncia e al sacrificio che voleva forgiare la mia volontà? Infine , leggendo i commenti, specialmente il primo di Marco che suggerisce la via, peraltro non facile, di godere delle sane gioie quotidiano, ho deciso fermamente in affrontare la Quaresima in modo più leggero, affidandomi di più alla grazia di Dio, piuttosto che rafforzarmi a suon di penitenze.
    Il prete che celebra nella comunità domenicale eucaristica di cui faccio parte ripete spesso che " il mestiere di Dio è quello di perdonare". Credere fino in fondo alla Misericordia di Dio è l’impegno che mi prendo per andare incontro alla Pasqua nel modo migliore, come creatura rinnovata, che si accetta e si ama con tutte le sue debolezze! Questo è anche l’augurio che faccio a tutti voi! Mariapia
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  16. letta

  17. letta

  18. Carissima Monica, grazie delle tue parole.

    Il mistero di Cristo è immensamente grande, e noi tutti siamo in cammino verso la comprensione sempre più piena della salvezza che egli ci offre.

    Teniamo per fermo che Gesù viene a liberarci, a donarci vita in abbondanza, a guarirci, a donarci la gioia piena.
    Questo è il centro. Questo è il vertice di tutto.
    Questa è la sua missione, la missione del Messia.

    E’ lungo questo itinerario verso la gioia piena che assume un significato il rinnegamento di ciò che non siamo, di noi stessi per ciò che è separato da Dio.
    Noi rinneghiamo i falsi noi stessi perché in Cristo ci amiamo nella verità, e quindi amiamo anche gli altri, appunto come amiamo noi stessi.

    Che senso avrebbe amarci se dovessimo rinnegarci?
    Ci amiamo veramente, e cioè nella verità del nostro essere divini, proprio rinnegandoci come esseri separati.

    Se non poniamo all’inizio, alla fine, e nel cuore della nostra vita spirituale, la certezza della gioia, tutto si trasforma nel contorcimento doloristico del vecchio io, che si illude di guadagnarsi il Cielo maledicendo la Terra, e fustigando il corpo, che poveretto non ha fatto nulla di male, in quanto casomai è la nostra anima che lo ha precipitato nella corruzione della morte…

    "Cerca la gioia nel Signore,
    esaudirà i desideri del tuo cuore" (Salmo 36,3-4)

    E’ così, Monica, sta salda in questa certezza, e sii felice.

    Auguri per ogni cosa.

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  19. Caro Michele,
    rifletto molto sulle tue parole, spesso.
    Pur non potendo prescindere dalla mia esperienza di vita, nel rapportarmi a Dio, che è molto diversa dalla tua; piano piano comincio a riconoscere il valore del tuo stile, che è un monito per me. "Confusamente" comprendo che non può esistere, calato nella storia (dalle origini a noi) e nella persona singola, un unico modo GIUSTO di realizzare sè stessi, applicabile a tutti ed a tutto il genere umano. Che vi è sì una continuità nei "valori incarnati" ma che tutte le esperienze fatte dagli uomini, su questa terra contengono, affermano e testimoniano, in/da sè stesse, sia il valore che il proprio limite.
    Sono le persone che con la parola/vita, testimoniando con coraggio e COERENZA possono trasmetter il valore "oltre il loro stesso limite".
    Faticosamente comincio a capire veramente IL DONO che mi stai facendo (oltre alla preghiera, intendiamoci).
    Grazie, ti stimo molto e ti ammiro… Michele forse questo è un aspetto dell’umiltà che entrambi andiamo cercando.
    Grazie ancora e buona giornata
    Rosella
    letta

  20. letta

  21. Sì!
    se lo desideri facciamo un pezzo di strada insieme, in questa Quaresima.
    Dal 16 Febbraio, in "lampi" ho come inciampato su una intuizione:COME SI ACCOGLIE UN DONO?
    Il punto in cui sono è questo: tutti ci dicono che è più bello dare che ricevere., e noi ci attiviamo per diventare adeguati nel "fare" le cose per donarle.
    Sarà anche giusto, però mi domando, non viene saltato un passaggio?
    Come siamo stati accolti noi in questo mondo?

    Forse l’unica vera cosa che possiamo dare agli altri è RICEVERLI accoglierli?

    Forse la ferita prima che abbiamo ricevuto (ricevuto, non a caso…), non è stata tanto quella di non essere stati amati, compresi accuditi al meglio delle capacità dei nostri genitori; ma è quella che i condizionamenti dei nostri genitori (io son stata concepita durante la fine della guerra ad esempio) non hanno consentito loro di: GODERCI come ci era necessario per mantenere ed alimentare la FEDE/fiducia totale che noi riponevamo in loro.
    Preoccupati di "fare il meglio che potevano per noi" ma DIMENTICHI di dare spazio al "piacere di stare insieme". Di vivere percependo lo stupore, la gioia, la meraviglia immensa…. le nostre ali si sono come ripiegate, piano piano, su loro stesse.
    Allora, sto meditando e praticando: "come si accoglie un dono?"
    Non tanto: COME SI DOVREBBE accogliere un dono. Ma: "come io accolgo un dono", i miei sentimenti le mie resistenze le mie paure. Per poi riscoprire ciò che mi ha dato piacere nell’essere accolta. Quali sentimenti? Ad esempio nell’esperienza della condivisione durante i gruppi, o con altri tentativi che sto facendo, anche con Gianni.
    Come si accoglie il dono che Michele è?
    Come si accoglie il dono che Rosella è?
    Senza obblighi e liberamente riservati.
    Io sono un po’ spregiudicata, si sà. Ma tu puoi apprendermi la riservatezza e la sobrietà, con i tuoi silenzi.
    ciao
    Buona Quaresima
    Rosella
    letta

  22. … come ci si prepara ad accogliere il DONO del CRISTO RISORTO? attraversando questa quaresima?

    Non mi sembra male, lavorare su "come si accoglie un dono".
    letta

  23. letta

  24. letta

  25. Mi chiedevo.. a cosa serve la Quaresima… e quest’articolo forse mi ha chiarito un pò le idee…
    Pensavo.. sebbene nei 40 giorni riuscissi pure a digiunare anche da computer, controllare freneticamente social networks, fare acquisti sul web e non, non ascoltare la mia musica rock preferita… che cosa serve tutto ciò, se poi dopo 40 giorni ritorno a fare tutto? O meglio, anche stare al computer, controllare social network o ascoltare musica rock non per forza devono essere considerati come vizi e peccati, ma allo stesso tempo, se uno si priva di queste cose, vuol dire che non vanno bene? Quest’articolo mi sembra che mi abbia fatto capire che il tempo di quaresima non serve per cancellare per sempre qualsiasi cosa che facciamo (in cui durante la quaresima evitiamo di farla), ma serve per farci capire se siamo davvero schiavi di queste cose o se possiamo farne a meno o limitarci…. se la quaresima passa e noi siamo riusciti a domare queste cose, significa che non ne siamo schiavi.. ecco cosa serve la Quaresima (almeno nei vizi meno gravi), certamente è buona cosa approfittare della quaresima per eliminare invece ciò che è davvero dannoso.. e comunque riflettendo su delle cose che facciamo e che con la quaresima ci limitiamo a non fare, ci farà capire se sono davvero pericolose per noi o no…. certo che nel caso di fumare le sigarette, se uno riesce a togliersi il vizio durante la quaresima, è chiaro che non deve riprendere a fumare dopo la quaresima!
    Il mio dubbio è nei vari hobby che ho… colleziono bambole e spendo un po di soldi (insomma c’è chi ama andare dal parrucchiere ogni sabato o farsi 80 euro di unghie rifatte, o spende denaro in cosmetica) e c’è chi come me li spende per ‘giocattoli’ come bambole e vestiti per bambole…. inoltre ascolto musica rock (certo non esplicitamente demoniaca), ma certo è che usano teschi e varie immagini strane nelle copertine dei cd…
    quindi è un po’ difficile… capire cos’è che è veramente da eliminare e cosa no.. se una cosa non ti fa allontanare da Dio, allora penso si può fare… quindi la quaresima devo pensare molto bene e vedere come mi comporterò rispetto tutte queste cose….

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