Cloro al clero?

Commenti

  1. Ebbene sì, ne conosco tanti anch’io di preti..La mia vita per tanti motivi me ne ha fatti incontrare davvero tanti. Ho avuto modo di constatare che non si può fare di” tutta l’erba un fascio”, ma sicuramente tanti, forse troppi, dimostrano poca sensibilità verso le persone, si ergono spesso a giudicare cosa che non si addice molto al loro ruolo, ma soprattutto fanno un’enorme fatica a capire le dinamiche che regolano una vita familiare con marito e figli.
    Nonostante quello che molti preti sostengono, la complessità di una vita matrimoniale non è minimamente paragonabile alla loro.
    Poi ci sono anche quelli che invece ti stanno vicino e dimostrano tanta compassione per le miserie umane.
    Forse noi comuni mortali pretendiamo che il sacerdote abbia doti particolari dimentichiamo troppo spesso che sono prima di tutto UOMINI con i loro limiti e i loro difetti
    Io chiedo sinceramente che un prete non sia legato, come si dice nel blog,troppo alle cose materiali ai soldi, al costruire, ma sappia fare un pezzo di strada con le persone che lungo la vita incontra………. E allora grazie solo ad alcuni che io ho avuto la fortuna di incontrare!!!!!

  2. Grazie Corrado per questo post bello, intenso e soprattutto molto onesto. Che non nasconde le responsabilità storiche del clero e invita il mondo laico a non limitarsi a sterili polemiche, ma a proposte costruttive.
    C’è un tema che sento allora di portare garbatamente alla riflessione: la morale sessuale. Già, l’impressione è che data una linea netta (no preservativi, no convivenza, no sesso prima del matrimonio, no rapporti omosessuali, no rapporti per i divorziati, no qui e no là e poi ancora no), il clero abbia rinunciato a essere presente e incarnarsi in un ambito centrale della vita affettiva umana.
    Non è un mistero che solo una percentuale da albumina tra i cattolici segue e rispetta la pastorale sessuale, il resto fa da sè. Si arrangia, a fatica e senza guida, cercando di conciliare la necessità di incontri autentici con quel che rimane di un’etica personale. E come? E’ qui che i preti latitano, al di là del ribadire precetti rifiutati dal popolo cristiano o comunque sentiti come lontani e irrealistici, spesso da pulpiti che le cronache confermano poco credibili.
    Il punto è: come mai su tanti aspetti del vangelo (ad esempio l’invito alla povertà) il clero ha elaborato percorsi graduali di avvicinamento, mentre su tutto ciò che riguarda sesso e affetto non si scosta dalla linea talebana?
    Perchè nel clero, con l’aiuto dei laici, non si delinea una pastorale intermedia. Che non faccia sentire i divorziati desiderosi di ricostruire un nucleo affettivo familiare come i peggiori e più indegni peccatori della terra, a cui viene rifiutata quell’ostia che invece viene concessa ad acclarati pedofili in tonaca, a politici corrotti e a sfruttatori del lavoro altrui. Che insegni a vivere il sesso con naturalezza, senza repressioni e sensi di colpa che portano a rapporti inevitabilmente marci. Che scopra nelle migliori esperienze della psicologia e della sessuologia moderna quelle attenzioni necessarie a dare respiro e piacere nella vita di coppia.
    Grazie ancora, per questo post coraggioso, Corrado.
    Un saluto caro
    m

  3. Fabrizio F dice

    Grazie Corrado per questo bellissimo post. Che riannoda tanti motivi di meditazione sul tempo che viviamo.

    Il problema, credo, è che noi vorremmo (e pretenderemmo) la perfezione da quelli che indossano queste Vesti. In obbedienza al motto stesso divino: “Siate perfetti!”.

    E invece scopriamo ogni giorno che la perfezione in terra non è raggiungibile. Non solo: coloro che indossano queste VESTI sembrano oggi i più vulnerabili di tutti. Anche perché, io credo, sono rimasti soli (lasciati soli in primis proprio da quelle gerarchie troppo occupate a discutere di politica, a fare politica, a occuparsi sempre più di politica (cosa è più opportuno fare) e sempre meno di carità (cosa SI DEVE fare).

    F.

  4. caro Corrado,
    il mio desiderio è quello che il Sacerdote SI SENTA PARTE della comunità, riconoscendo che il suo lavoro/servizio consiste nel trasmettere la vita di Cristo tramite i sacramenti.
    L’ascolto della Parola/parola ( anche quella del popolo, sul quale lo Spirito si posa) ed il dono al popolo della Vita , testimoniando IN MODO INIZIATICO la modalità relazionale della preghiera in cui (Lui stesso) consiste.
    E’ necessario che il Sacerdote eserciti e testimoni la propria fede FIDANDOSI delle persona che gli stanno davanti; e se proprio non gli pare possibile, che si fidi almeno dello Spirito di Dio che soffia dove vuole… AFFIDANDOSI.
    Il prete non conosce la difficoltà di coniugarsi tra un uomo ed una donna e neppure quella di CORRERE IL RISCHIO di fidarsi dei propri figli, ed è perfettamente inutile che “creda di sapere”. Quindi: un po’ di sana UMILTA’, che non vuol essere umiliazione, ma semplicemente verifica.
    Che ce ne facciamo di dotti Teologi che spaccano in due il capello indicando mete a dir poco irraggiungibili e nelle quali “il più meglio assai migliore” è a scapito del Bene?
    Corrado, le pecorelle più o meno smarrite come me ed i Pastori più o meno consapevoli come te hanno bisogno di una sola cosa: “camminare insieme nella misericordia” quella che ci è data personalmente di sperimentare ed agire.
    La misericordia in Cristo, il nostro reciproco per-dono nel don ARSI!
    Forse quel: “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi li riterrete saranno ritenuti”, va ben oltre i limiti che poniamo nella nostra consapevolezza “ristretta”, può avere effetti illimitati (evolutivi) in entrambi i sensi.
    Nessuno è “tonto” a questo mondo, i problemi non sono insolubili se le relazioni sono poste liberamente rispettose di una pari dignità. RICONOSCENTI il volto dell’altro che ti sta davanti, con cui con-dividere la gioia (e non è per nulla scontato), come il dolore, sulla via della santità della vita.
    Temo che i sacerdoti abbiano bisogno di rimeditare quel passo in cui Gesù dice di non chiamare nessuno altro Maestro, poichè spesso confondono la paternità con l’essere maestri e di possedere la verità anche quella dell’altro: di possederne quindi l’anima.
    Il nostro lavoro e quello d’incarnare la (redenzione nella) Comunione.

    Si edifica nel – lasciare ciò che si possiede – e nel – donare quello che si ha –
    SENZA MISURA E’ IL REGNO

    Ciao. Ti abbraccio
    Buona domenica a tutti
    Rosella

  5. … senza misura è il regno…

    lasciare, donare
    fare spazio per
    accogliere Ma
    come si accoglie
    un dono

    … qualunque cosa mediti mi ritrovo sempre allo stesso punto.

    Bene!

    come si accoglie il proprio “Parroco”?
    (intanto continuo a pregare, perchè si sa: “IO sono il più meglio assai migliore” )
    e quindi… ciao… su su camminare… .

  6. Carissimo Corrado, grazie di questo tuo intervento, che spero sia il primo di molti altri…

    Vorrei solo aggiungere alle tue considerazioni che forse il vero problema contemporaneo, in cui si dibatte la Chiesa Cattolica, non consiste tanto nella bontà dei preti o nelle loro mancanze.
    La crisi attuale non deriva cioè soltanto da colpe o limiti personali.
    Mi pare che il problema sia strutturale, e tocchi la questione delle modalità belliche, nate cioè e rinforzate per contrapposizione/separazione, in cui la Chiesa articola ancora la maggior parte delle relazioni comunitarie.

    Mi pare cioè che la distinzione prete/laico si sia troppo costruita sulla modalità egoico-bellica (io sono tanto più prete/guida/docente/maestro/pastore etc. quanto più mi separo/distinguo/allontano da te che sei laico/donna/gregge/discente etc), specialmente nel secondo millennio dell’era cristiana.

    Credo che questa modalità separativa di concepire le identità sia in fase teminale.
    E credo che questa morte sia un bene, un grande passaggio evolutivo.

    Tocca a noi scoprire che cosa diventi un prete che viva la propria identità come relazione aperta all’altro da sé (io sono tanto più prete quanto più mi apro a quelle trasformazioni che la relazione con chi non è prete comporta).

    Così come tocca ad ognuno di noi scoprire che cosa significhi essere un maschio, una moglie, uno scrittore, un giornalista, un medico, una casalinga, un italiano, un europeo, o un lumbard, non più ego-centrato nella propria identificazione bellica, e cioè nella difesa isterica di presunte qualità assolute che ci contrapporrebbero all’altro da noi….

    Lavoriamo per questo, come sai….e già intravediamo comunità davvero fraterne, in cui l'”omnes fratres” di Gesù non sia una petizione retorica, contraddetta da quasi ogni atto e parola e liturgia, ma lo Spirito di tutte le nostre relazioni, tutte davvero di servizio, e quindi tutte davvero liberanti.

    E allora noi laici possiamo offrire ai nostri preti soltanto lo stimolo continuo a liberarsi insieme a noi, e a focalizzare la loro e la nostra attenzione su quel essere figli di Dio che ci affratella ben più in profondità di ogni differenziazione sociale o ecclesiale.

    Un abbraccio.
    Marco Guzzi

  7. Grazie carissimo Corrado
    non soltanto per questo tuo scritto così trasparente e attuale che ha sollecitato i notevoli commenti che mi precedono, ma anche perchè, con la tua testimonianza attiva nel nostro gruppo, con la tua volontà di condivisione e con il tuo coraggio, rendi concreto il comune desiderio di
    “scoprire che cosa diventi un prete che viva la propria identità come relazione aperta all’altro da sé (io sono tanto più prete quanto più mi apro a quelle trasformazioni che la relazione con chi non è prete comporta)”

    perchè, come dici tu, si cresce insieme.

    Una Domenica di pace
    Filomena

  8. Caro Corrado, grazie del tuo contributo. Anch’io, come Marco, ho la sensazione che il nodo da affrontare non sia tanto nella qualità soggettiva del prete (ve ne sono di santi, di ben intenzionati, di mediocri e di pessimi, un po’ come ovunque, e ciascuno di noi attingendo alla propria esperienza è in grado di citarne uno per ogni categoria…personalmente spesso mi accontenterei che fossero “normali”) quanto nelle modalità in cui è pensata la funzione del clero nella comunità cristiana. Il compito del prete è la “santificazione” del popolo di Dio. Bene. Non abbiamo qui lo spazio per approfondire davvero cosa questo straordinario carisma significhi e comporti, oggi e domani. Mi limito a segnalare che, per grande che sia questo è “uno” dei carismi che animano la comunità. Purtroppo invece, per questioni storiche che hanno una propria legittimità, ma che meriterebbero un profondo ripensamento, l’ordinamento giuridico della Chiesa finisce per ricomprendere nel clero tutti i carismi. Facile che il prete finisca per sentirsi assediato in una specie di cittadella sacra, dove ciò che preme alle porte è, piuttosto che il fratello e il messaggero che reca buone notizie, la barbarie che insidia il proprio potere…

  9. Grazie per questo post e per tutti i commenti. Sono particolarmente d’accordo sulla proposta di riflessione sulla morale sessuale di M. e sull’invito di Marco Guzzi a lavorare insieme, presbiteri e laici, per costruire comunità veramente fraterne.
    Desidero condivedere con voi una mia gioia di questi giorni. Ho rintracciato un frate sacerdote, un autentico figlio di Francesco che mi ha seguito per alcuni anni e che ha lasciato poi la mia città. Lo incontrerò dopo circa trentanni e lo ringrazierò perchè mi ha aiutato a curare insieme, (e lo capisco meglio oggi,mentre durante il percorso mi lasciava un pò perplessa) la mia formazione culturale, quella umana psicologica e quella spirituale,senza parlare troppo di Dio, ma più di esperienze di vita. Mi ha dunque predisposto al lavoro con Marco? Un prete e un laico, dunque sul cammino della mia maturazione! Con affetto, Mariapia

  10. un abbraccio di cuore a corrado da parte mia

  11. Dice l Apostolo Paolo:”Il Vangelo da me annunziato non è modellato sull uomo;infatti io non l ho ricevuto nè l ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo”(Gal.1,11-12).Che,tradotto in parole più semplici,significa:”Cari cristiani di oggi e di sempre,non è l insegnamento di Gesù che deve adattarsi alle vostre voglie,ma è la vostra vita che,nonostante le resistenze interne derivanti dal turbinio delle vostre passioni,deve adattarsi alla Sua volontà.Se sarà il Vangelo a modellarvi secondo i gusti di Dio,allora sentirete nel cuore e sulla terra aria di paradiso.Se invece sarete voi a stravolgere il Vangelo secondo i vostri gusti,allora avrete nel cuore e sulla terra l inferno”.E non è proprio ciò che sta avvenendo,da quando anche i cristiani hanno cominciato a mettere le mani sul Vangelo per non sentirsi rimproverare certi loro vizietti?E non è sempre questo aver messo gli artigli sul Vangelo che ha portato così tanto sconquasso,non solo nelle coscienze,ma anche nella Chiesa?Dunque,a ogni cristiano che non voglia prendersi in giro e farsi del male,San Paolo dice:”Giù le zampe dal Vangelo!Prendere o lasciare!Se prendi…sei salvo!Se lasci…sei rovinato.”

  12. Michele, ma c’entra con il post la tua risposta? Lo sai che è scorretto, e poco evangelico, postare sempre lo stesso messaggio senza rispetto per la persona che ha lanciato un tema ben specifico? Lo sai che in qualsiasi altro blog il tuo post sarebbe cancellato perchè O.T., off-topic, fuori tema? E che solo l’affetto della redazione per te induce a lasciare?

    Fai uno sforzo, per una volta. Che i credenti si facciano la loro religione su misura ce lo hai scritto mille volte, fino alla nausea, l’abbiamo capito. Perchè non provi – con l’umiltà e la consapevolezza di sbagliare che abbiamo tutti – a dire quello che pensi su ciò che è nel post? A metterti un po’ in gioco personalmente, come fanno gli altri, a entrare in comunicazione con gli altri e amarli senza giudicarli (se non sbaglio per il Signore questa è la sintesi di tutto il vangelo, no? Michele)? Perchè non provi a raccontare la tua storia, il tuo rapporto con il tuo sacerdote? Incarnati, insomma, come ordina il Cristo e il Vangelo che tanto ti fai vanto di seguire. Dai forma e concretezza al tuo scritto. Dicci di te, cosa ti fa felice, cosa senti tu nel cuore (non il tuo io giudicante), che tipo di esperienze formano la tua fede. E stai sul post, per favore, comefanno tutti gli altri, accettando i limiti che questo tipo di comunicazione, il blog, ci mette per onorare – nel suo piccolo – l’ascolto che ogni fratello ha per l’altro.
    Corrado chiede a tutti noi una qual è oggi il ruolo del sacerdote, questo è il tema. Perchè non ci risparmi il solito pistolotto e non ci dici veramente la tua?

  13. caro Michele
    anch’io sarei lieta che tu trovassi il modo per contattare il tuo cuore e dirti a noi per ciò che sei, nel limite dell’opportuno.
    Ti abbraccio
    Rosella

  14. C’è da riflettere sui vostri variegati commenti. Grazie!!

    Sarebbe bello scambiare qualche chiacchiera con Santina (chi si prenderà cura dei preti incapaci di compassione, che non sono cresciuti?…), con M (non so reagire in due battute al tema che hai lanciato, ma so che mi capisci), Fabrizio F. (mi ha colpito l’imperativo della carità!), Rosella (nel terreno umile del “più o meno”, pecorelle e pastori possono incontrarsi; mi impaurisce il rischio del possesso dell’anima altrui), Marco G. (un colpo d’ala che spinge lo sguardo oltre), Filomena (le tue parole sono bene-dizione per me: ricambio bene-dicendoti), Antonio (sono d’accordo con te, la cittadella sacra del potere clericale… si può accostare al “clericalismo” che insidia quei laici che pensano di essere più laici facendo un po’ i preti?), Maria Pia (che bella testimonianza!), Alessandro (ricambio l’abbraccio), Michele (il Vangelo è buona notizia), ma… mi limito a qualche re-azione.

    Occasionato dalla prossima conclusione dell’anno sacerdotale, il post desiderava ricordarne l’intenzione indicata dal Papa, ossia “promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti…”, domandando: quale vie percorrere per questo? Chi deve pensarci? Solo il clero? (ci sono già vari incontri per i preti, ritiri ecc.). Anche i laici sono implicati? Da qui l’interrogativo del post.

    Se al prete si chiedono risposte a “bisogni egoici” (quando e come li avverte l’ego), egli sentirà che la relazione è egoica e, dunque, se risponderà lo farà egoicamente. Ciò lascia – prima o poi – tutti delusi senza migliorare nessuno.
    Sono i bisogni spirituali suoi e altrui che, ascoltati e coltivati, provocano il prete a crescere spiritualmente.

    Posso confessare che mi sono sentito “più” prete quando mi è stata chiesta una re-azione “spirituale” ad un bisogno davvero “spirituale”.
    Ho incontrato persone che mi hanno edificato “dentro” senza darmi consigli: dicendomi quello che evangelicamente vivevano, mi hanno spinto ad essere migliore nel cuore.

    La santità dei laici edifica i preti e la santità dei preti edifica i laici. Ni-ente conflitti bellici, da primi della classi, da chi è più perfetto. Traduco – e riduco – così il pensiero di Marco G.: la prospettiva che hai indicata aiuta tutti e ciascuno a divenire “alter Christus”, lavandoci i piedi gli uni gli altri.

    Un grato abbraccio fraterno. Corrado

  15. Caro Corrado, grazie per questo post che ci aiuta a confrontarci su un tema che tocca un po’ tutti nel profondo.

    Ho incontrato sacerdoti che mi hanno aiutato, altri che mi hanno anche ferito: ricordo che a sette anni mi è stata rifiutata l’assoluzione perché confessavo sempre gli stessi peccati (disobbedienze, litigi con i fratelli). Un Dio che non perdona che genere di Padre è?

    Ma non ne faccio una colpa: i preti trasmettono le teologie inconsce che hanno interiorizzato in famiglia (ho un fratello sacerdote e mi è più facile vedere le cose nell’ottica familiare).

    Purtroppo la carenza è ancora nel percorso formativo! Come sarebbe auspicabile che una formazione come quella proposta da Marco potesse entrare a far parte del percorso formativo dei sacerdoti!

    Grazie. Un abbraccio. giovanna

  16. caro Corrado
    mi pare che “anche” la rapacità abiti la terra, e che la manipolazione dell’altro sia sottilmente e talora occultamente operante in molti ambiti della vita.
    Importante è: ri-velarlo, porlo in evidenza immergendolo nella luce, per non temere ciò che di per sè è temibile.
    Un abbraccio
    rosella

  17. Caro Corrado impegnativo il tuo post, ma quanto mai attuale e necessario. Allora, io sono (come credo molti) combattuta tra il non assecondare l’accanimento generico contro il clero di questi ultimi tempi ed il pretendere, d’altro canto, un po’ meno omertà da parte della Chiesa, riguardo i fatti spiacevoli del passato ( e forse anche del presente).

    Ieri sera mia figlia ci ha reso partecipi riguardo un documentario, visto in classe, su papa Wojtila ed in particolare della sua sorpresa nel sentire che questo papa (nell’anno 2000 del giubileo) inginocchiato davanti al Crocifisso, aveva chiesto sette volte perdono per le «colpe» storiche e attuali dei «figli della Chiesa». Il suo commento, rivolta a noi, è stato:”Lo sapevo che era un “grande” e ora lo amo ancora di più”.

    Allora il mio pensiero è:
    per questo papa che è riuscito, nonostante tutto, ad avvicinare tanti giovani alla Chiesa; per tanti preti missionari che sono stati anche ammazzati per il loro credo; per tanti preti bravi che sono presenti nella nostra vita quotidiana…cito il mio Parroco, Don Antonio con cui sono cresciuta e cito il caro Don Giovanni Di Tullio, scomparso qualche anno fa, molto vicino alla nostra famiglia e che è stato fondamentale in un momento molto buio della mia vita…e mi permetto di citare anche te Corrado, che uomo di Chiesa, con umiltà, stai vivendo questo percorso di liberazione interiore insieme a noi…
    insomma per tutte queste persone, noi laici abbiamo il dovere di non abbandonare, di non puntare il dito, ma di dare sempre e comunque il nostro contributo!

    Ti abbraccio Gabriella

  18. Cara Gabriella, condivido il tuo intervento e mi sento di esprimere gratitudine ai tanti sacerdoti che mi hanno accompagnato, con delicatezza e rispetto, lungo il mio percorso di fede, che mi hanno incoraggiato e dato fiducia, che mi hanno fatto il dono della loro amicizia. E sono davvero tanti!
    Anch’io ho avuto la fortuna di conoscere don Giovanni: l’ho avuto come parroco per diversi anni (ci manca davvero tanto!).

    Desidero ringraziare in particolare anche Corrado, per la sua presenza discreta tra noi, perché testimonia davvero cosa può diventare “un prete che viva la propria identità come relazione aperta all’altro da sé”.

    Caro Corrado sei per tutti noi un dono e un segno di grande speranza: lavorando insieme cominciamo a intravedere cosa può significare una comunità davvero fraterna, in cui ci si arricchisce reciprocamente, laici e presbiteri, dei doni che lo Spirito dispensa, e ci si lava i piedi l’un l’altro.

    Un abbraccio. giovanna

  19. Cari amici tutti che scrivete in queste pagine,
    sono felice di percepire anche tra le righe una sensibilità che ci accomuna e una condivisione profonda che ci appartiene nonostante non ci conosciamo.
    In questi giorni a Roma si sta concludendo l’anno sacerdotale indetto dal Papa Benedetto xvi°; stiamo quindi vicini ai nostri sacerdoti, non facciamoli sentire troppo soli e dove ci è possibile aiutiamoli a crescere perchè anche loro come tutti i comuni mortali ne hanno bisogno.
    Un caro saluto a tutti santy

  20. Mi preme commentare, sia pur velocemente, il tuo preziosissimo e quanto mai attuale intervento caro Corrado con una semplice immagine che credo spieghi il mio punto di vista.
    Non sò perchè ma mi è venuto in mente il prete del film La Messa E’ Finita, diretto e interpretato da Nanni Moretti. Considero questo autore un vero grande e molto mi ritrovo nei suoi modi di pensare e di vedere … E dunque il prete da lui interpretato è quello che immagino e sento io.
    Un prete, don Giulio, in difficoltà con le situazioni della vita, in una parrocchia di periferia a Roma, ma tenacemente attaccato al suo ufficio terreno. Ligio ai comandamenti del vangelo fino all’auotolesionismo…Singolare ed indimenticabile la scena in cui gli soffiano il posto con l’auto due prepotenti che, alle sue pacate e giuste rimostranze, prendono a picchiarlo brutalmente (lui in in tonaca nera da prete) e cercano di affogarlo in una fontana li vicino senza che lui batta ciglio…
    Don Giulio, di ritorno a Roma, dopo essere stato qualche anno su un’isola, fatica a reinserirsi nella realtà che lo circonda dove anche gli amici che ritrova sembrano non volerne sapere di quello che ha da dire un prete … e conclude nella scena finale del film annunciando il proposito di volersi esiliare in una chiesetta nella Terra del Fuoco, “dove tira un vento talmente forte che può rendere pazzi…” Laggiù pensa, forse le persone avranno bisogno di lui, e lui riuscirà ad aiutarle.
    Ecco, solo questa immagine, per un compito il vostro così difficile, complicato, ma insostituibile.
    Mi piace pensare cioè ad un prete che sia un amico, una guida ed un sostegno, che comprenda le difficoltà della nostra esistenza quotidiana e non smetta mai di volerci aiutare nostro malgrado.
    Devo anche dire sia pure senza dilungarmi troppo, che sono sostanzialmente contrario all’obbligo del celibato, e credo che molte delle distorsioni derivino proprio da questa imposizione oggi sempre più anacronistica; in tal senso avverto più consono il modello anglosassone di pastore con propria normale famiglia.
    Ci sarebbero molte altre cose da dire , ma … mi fermo qui.
    Grazie Corrado, cari auguri ed un abbraccio.
    Marco F.

  21. Attorno all’icona del Cuore ferito di Cristo oggi si conclude l’anno sacerdotale, iniziato fissando lo sguardo alla medesima icona.
    Prima che dalla lancia del soldato, il Cuore di Gesù è ferito-aperto dall’amore, dall’oblazione, dalla relazione con e per gli altri.
    Da quella ferita mortale fluiscono l’acqua e il sangue che vivificano.

    Sono d’accordo con te, Giovanna, circa la formazione dei preti!
    Sono grato anche a Gabriella, Rosella, Santy, Marco F. (al don Giulio del film citato accosto altre figure, dalla letteratura, assai eloquenti e sempre contemporanee come don Abbondio, fra Cristoforo e il card. Federigo).
    Un abbraccio a tutti. Corrado

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