La paura della morte. Un tabù che avvelena lentamente la vita.

Commenti

  1. Belle immagini con un sottofondo musicale superbo.
    Resta per me a ben pensare, e come hai stigmatizzato sottilmente tu, la paura non della morte in se, e neanche tanto del forte dolore fisico che, penso, inevitabilmente accompagnerà il momento, ma la paura di ritrovarsi improvvisamente lontano, separato, scisso, staccato, sradicato dai nostri affetti, dai nostri legami relazionali più vicini più forti, più profondi… E’ questo che mi spaventa di più e veramente. Non so qauanto potrò riuscire, subendone la connsapevolezza, ad accettarmi staccato da questa dimensione, senza provare una frustrante, straziante nostalgia.
    Questa è la mia paura.
    Grazie della riflessione.
    Marco F.

  2. Ho sentito la morte vicina una volta sola nella mia vita. In realtá, non era nulla di grave, solo uno svenimento, ma per me era sentirmi a un passo dalla fine, in quel momento.
    Fino alla fine ho provato a lottare, a resistere. Poi ho deciso di lasciarmi andare. Mi sono abbandonato. Ho pensato, é fatta. E in quel momento, mi sono sentito immensamente leggero e felice. Chissá se sará davvero cosí.

  3. Per me L’IDEA della morte è stata ed è tuttora una compagna di vita; il luogo in cui trovo pace quando sono assalita dall’angoscia e dall’impotenza.
    Forse la prima volta che mi sono lasciata a lei avevo nove mesi: ho provato a lasciarmi morire per amore.
    Spesso sento la morte come una liberazione dalla vita e ci conto; e ne faccio il mio punto di forza PER CONTINUARE A VIVERE, forse questo è anche uno dei motivi per cui mi è facile attraversare gli abissi, scendendo sempre più giù.
    Quello che temo è il dolore fisico, ma per quel che ho visto con i miei occhi, si muore proprio come si vive.
    Mio padre aveva un feeling, come me, con la morte: ha atteso due ore che il prete arrivasse a somministrargli l’estrema unzione, poi ha fatto cenno di togliergli l’ossigeno ed in cinque minuti ha cessato di respirare tra le mie braccia.
    Mia madre aveva paura di morire, talvolta ne parlavamo insieme la sera,; ha lottato tantissimo e per giorni. Le ultime parole che mi ha detto, uscendo momentaneamente da uno stato tossico soporoso, sono state “adesso basta Rosella che quando si è morti si è morti”; ed è rimasta ancora nella lotta per ore, prima che il corpo seguisse la resa della mente.
    I miei genitori sono morti entrambi tra le mie braccia, eppure uno dei miei fratelli “per caso”, era stato presente “quasi” fino alla fine ma mai ALLA FINE di entrambi
    Insomma la morte è proprio un fatto molto ma molto personale, come il rapporto che ciascuno di noi ha con essa.
    Buona vita a tutti!
    A proposito, io ho in atto una sfida con la morte: non mi arrenderò ad essa sino al giorno in cui non avrò imparato ad amare ed a godermi LA VITA la mia… .
    Rosella

  4. Fabrizio F. dice

    Rosella,

    grazie. Secondo te cosa voleva dire quella frase: “adesso basta Rosella che quando si è morti si è morti”.

    f.

  5. Fabrizio F. dice

    Risponderò poi con calma (e meditazione) a Marco e Massimo. Per ora grazie a tutti e due.
    f

  6. Mia Madre aveva paura del “giudizio” (nata nel 1902) “chissà come sarà?” mi chiedeva. Ed io le rispondevo che se non andavano in Paradiso le madri non ci ancava proprio nessuno.
    … prima di pronunciare quell’ultima frase, il medico mi aveva indotto a tentare di tenerla “sveglia” per vedere se superava quella fase di sopore. La frase di mia madre, pronunciata anche con una certa “stizza” ed in dialetto, sugnificava: “lasciami andare che ora sono pronta”. E’ stato il suo “accetto” accolgo e non trattengo, in fondo il suo sì. E’ una frase che mi dona molta serenità, estremamente pacificante per me.
    Mio padre prima di morire invece mi ha affidato mia madre (con la quale non andavo proprio d’accordo) dicendomi “io mi fido di te”.
    Non male ti assicuro neppure questo per fare crescere una figlia.
    Un abbraccio
    Rosella

  7. la vita
    ha senso in se stessa
    l’esistenza
    è esperienza
    dal nulla
    la sintesi creativa
    la pace
    sboccia all’improvviso
    nell’impotenza
    del fare quotidiano
    la casa
    luogo del silenzio
    nella morte
    culla chi vi abita
     
    la morte
    culla chi abita
    la casa
    nel luogo del silenzio
    l’impotenza
    è il fare quotidiano
    la pace
    sboccia all’improvviso
    dal nulla
    la sintesi creativa
    l’esistenza
    è esperienza
    la vita
    ha senso in se stessa

  8. Ah ecco. Avevo pensato che volesse dire il contrario, e cioé: “tanto quando si è morti, si è morti”, nel senso “non c’è niente dall’altra parte, finisce tutto”.
    E mi era sembrata molto forte in bocca ad un(a) morente.
    Anche se sicuramente a molti (morenti) sarà capitato di pensarlo.

    Un abbraccio anche a te.

    fab.

  9. Si, Fabrizio, c’è una rimozione collettiva riguardo alla morte, un tabù di parlare della propria morte, eppure come sarebbe liberante meditare su di essa, parlarne!

    Spesso una malattia, che ci pone davanti alla possibilità concreta di una morte prossima, è un’occasione straordinaria per cominciare a vivere! Se posso contare i giorni della mia vita, allora ogni istante diventa prezioso.

    “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” recita il salmo.

    Per anni, a causa di una malattia, ho avuto modo di familiarizzare con la morte e questa esperienza mi ha aperto spazi inediti di libertà e fatto scoprire la gioia di vivere ogni istante. Poi la morte si è allontanata ed io ho perso in parte quell’incanto!

    Ma avevo ancora un lungo cammino da fare! Ricordo che ciò che desideravo di più era di andarmene con tutto in ordine, tutto pacificato, in qualche modo perfetta: volevo il buon giudizio del mondo e la ricompensa per i meriti acquisiti.

    Ora vedo quanto disordine c’è ancora nella mia vita, quante incomprensioni, quanti malintesi, quanti conflitti irrisolti, e so che non tutto sarà in ordine al momento della mia partenza; ma metto tutto nel cuore di Dio ed ho fiducia che Lui sanerà ogni cosa e porterà a compimento ciò che resta incompiuto.

    Lavoro per liberarmi dal perfezionismo, dalla pretesa di presentarmi in ordine rivendicando dei meriti: presenterò a Dio le mie mani vuote e invocherò la sua Misericordia.

    Grazie, caro Fabrizio. Un abbraccio. giovanna

  10. “Dicono che la pena eterna che soffrono le anime dell inferno è la perdita di Dio…nella mia anima io sperimento proprio questa terribile pena del danno,di Dio che non mi vuole,di Dio che non è Dio di Dio che in realtà non esiste.Gesù ti prego perdona la mia bestemmia”queste parole le diceva Madre Teresa,espressioni simili le usava San Giovanni della Croce,Santa Teresina di Liesaux lo stesso Gesù sulla croce rivive lo stesso tormento riprendedo il Salmo 22 “Dio mio Dio mio perchè mi hai Abbandonato?”Questo fenomeno è chiamato dagli studiosi come ateismo di pena o espiazione,dove si vive etsi deus non daretur come se Dio non esistesse,gli atei comuni non si tormentano in questo modo per il loro ateismo,e anchio dietro questa fede abbracciata con entusiasmo nei miei 20 anni,ora vedo che a 50 non mi è rimasto che vuoto e miseria,ho perso la scomessa di Pascal che diceva che se perdo perdo tutto,giungo alla meta povero e nudo,un padre del deserto diceva che “Per quanto grandi siano le tue pene,la tua vittoria su di esse sta nel silenzio”,in fondo la morte è questo un ritornare al silenzio ultimo da cui proveniamo.

  11. Da bambina ero afflitta da molte paure, la più forte era quella di morire. Ogni malessere, ogni feritella mi davano una grande preoccupazione; i grandi a cui ne parlavo mi sgridavano e mi prendevano in giro. Da adolescente ho imparato a tacere di più, e la paura c’era sempre, ero convinta che sarei morta presto, forse perché mi consideravo colpevole, indegna di vivere, o vittima di uno strano destino.
    Da giovane adulta la mia ipocondria mi portò tormentosamente da vari medici, che non capivano e cercavano di scuotermi. Non era un bel vivere…Gradualmente, le varie esperienze di lavoro e di vita , nonché una psicoterapia mi fecero migliorare, ma il pensiero della morte non mi abbandonò. Si trasformò anche in interesse culturale, lessi vari libri sul morire, sull’accompagnamento ai morenti e ultimamente , alcuni interessantissimi diari scritti da persone che si avvicinavano coscientemente alla morte.
    Ora non rimuovo certo la certezza della mia morte ma ,per una maturazione progressiva, temo molto meno il momento conclusivo della vita. Alla paura si affianca una certa curiosità: finalmente la porta dischiusa si aprirà del tutto e saprò…e si affaccia anche la speranza di ritrovarmi libera dalle strettoie dello spazio e del tempo e dalla pesantezza della vita corporea. Scoprirò la morte come sorella? Lo spero vivamente!
    Sì oggi, in molti ambienti il discorso sulla morte è tabù, ma , in compenso si stampano buoni libri sull’argomento. Ne ho un palchetto della mia libreria; chi fosse interessato può chiedermi indicazioni. Vi saluto tutti con l’augurio di vivere con gioia e coraggio! Mariapia

  12. Grazie Mariapia per l’intervento.
    sarei interessato a quei diari, che hai citato, di persone che coscientemente si avviano a morire. Puoi darmi qualche indicazione in più?

    In effetti avevo dimenticato di aggiungere nel mio primo commento quello che hai molto bene delineato tu, anche io mi sento pervaso, andandoci incontro, da una crescente curiosità
    per il dopo ….
    Ferme restando le mie angosce per il distacco da … qui!
    Grazie.
    Marco F.
    PS: : A rischio di ripetermi consiglio vivamente (!) sull’argomento del morire ancora una volta : “Il Libro Tibetano del Vivere e del Morire” di S. Rinpoche – Ubaldini Editore.

  13. Fabrizio F. dice

    Sono molto contento di leggere i vostri racconti, le vostre esperienze personale. Mi sono emozionato, coinvolto, nel leggerle.

    Mi chiedo però – e il senso del post era questo – quanto di queste paure, di queste primarie sensazioni che abitano quasi costantemente la nostra vita, noi riusciamo a comunicare intorno, anche alle persone che ci sono più prossime.

    Non è soltanto – mi sembra – che la paura della morte sia scomparsa, come argomento dai mezzi di comunicazione, o dalla vita sociale, mondana. Fa fatica anche a venir fuori nei rapporti con le persone più strette. Ce ne vergogniamo, ci teniamo per noi questi pensieri, molto spesso: “ce li sbrighiamo” da soli. E facciamo molto male.

    Infatti ogni cosa che non riusciamo a condividere con gli altri, diventa sempre più pesante, e zavorra la nostra vita.

    Sono convinto – come insegnava Krishnamurti – che la gran parte della sofferenza umana, di ogni sofferenza umana sia riconducibile alla radice unica che è la paura della morte.

    Non la morte in sè, ma la paura della morte.

    E se si riuscisse a condividere anche una parte di questa paura – come fa meritoriamente Marco G. nei gruppi di darsi pace – che quasi fonda il nostro essere, le nostre vite sarebbero di sicuro più alte e più libere.

    Liberarsi (almeno in parte) della paura della morte è vivere pienamente.

    @marco: sì la sensazione di straziante nostalgia è la figurazione più comune e più pesante da sopportare, di questa paura.

    @massimo: quel che racconti è molto simile a quel che successe una volta anche a me. Anche a me successe di provare quella strana sensazione di lasciarmi andare, di pace.

    Grazie Rosella, per il tuo racconto,e per la tua poesia.

    Grazie cara Giovanna, e mi colpisce molto quello che scrivi – una cosa che possiamo verificare molte volte – che cioè si apprezza pienamente la vita spesso, solo quando avviciniamo la morte, per qualche motivo. Il che è la testimonianza di come le due cose siano inestricabilmente legate, nella nostra condizione di viventi.

    @Michele: in realtà anche il silenzio è una figurazione comune di questa paura. Ma il silenzio, spesso, nasconde molte voci.

    @Mariapia: l’interesse culturale va bene. Ma la paura della morte è prima di tutto una EMOZIONE. Non è una cosa razionale. Come ogni paura nasce da sentimenti ancestrali che ci abitano da sempre, da quando il primo homo sapiens, staccandosi dalla linea di discendenza dei primati capì, comprese, che la sua vita era finita, destinata a finire.
    E’ con questo che dobbiamo fare i conti.
    Grazie del tuo racconto.

    f.

  14. Caro Marco, i libri, diari di persone vicine alla morte sono:
    CARLO MASSA, Tutto me stesso prima di morire, ed Servitium
    CHRISTIANE SINGER, ultimi frammenti di un lungo viaggio, ed Sonzogno
    ALBOM, I miei martedì col professore, ed Rizzoli ( Questo testo è più costruito, un pò meno autentico degli altri, forse)
    Sul morire e l’assistenza ai morenti sono ottimi i testi di MARIE DE HENNEZEL, La morte amica, ed Rizzoli e Il passaggio luminoso, ed. Rizzoli.
    Raccomando la lettura soprattutto dei primi due libretti- diario, ti auguro di trovarli; io l’ho dovuti ordinare.
    Sto rileggendo per la terza volta il libro di Sogyal Rinpoche, è veramnte prezioso! Buona lettura, Mariapia

  15. Parlando di morte e di paura della morte, caro Fabrizio, ho accostato il tuo post a questa frase di Luigi Padovese, il vescovo recentemente ucciso in Turchia, citata dal Cardinale Tettamanzi durante i funerali in duomo a Milano lo scorso martedì:

    “L’alleanza nel sangue di Cristo è del tutto diversa dai riti antichi. La vita non viene più dalla morte e dal sacrificio di altri, ma piuttosto nell’offerta di sé, dalla morte di sé per la vita di altri. E’ la fine della violenza! E’ un’offerta volontaria! E al principio della selezione, proprio degli uomini, subentra il principio di solidarietà”.

  16. Paura della morte o paura della vita? Questa apparente contaddizione mi ha risuonato nella testa ed ha preteso una riflessione. La morte vista come termine di tutte le nostre esperienze sensibili ci rende a tratti insopportabile la vita. Quante volte abbiamo pensato che la morte di una persona amata ci avrebbe reso insopportabile la vita? A volte succede il contrario, come anche riportato da alcuni interventi in questo post, quelle volte la morte è sentita come una liberazione; non nel senso di fine di una sofferenza ma come l’improvviso indebolirsi di quell’entità che cerchiamo di contrastare con tutte le nostre “forze”; ecco, un momento prima dello svenimento si fa esperienza di una profonda pace interiore, abbiamo mollato, non controlliamo più e arriva la serenità.
    Non voglio giudicare questo comportamento ma la domanda che mi rimane è: non saremo noi con le nostre pretese a volere estendere la vita indefinitamente applicando sempre lo stesso modello di presunzione,egoismo ed egocentrismo a vederla come un mostro falciatore?
    Se provo a pensare come sarebbe la terra se gli esseri umani non morissero mai mi viene orrore; un modo brulicante di esseri che si ammazzano l’un l’altro pur di sopravvivere; decisamente non riesco a concepire una vita eterna sulla terra. Penso che dopo un po’ comincerei a maledire la vita. La morte in quel caso mi sembrerebbe necessaria e pacificante, un po’ come quella cantata da San Francesco, una nostra sorella che è parte indissolubile della nostra vita. Alberto

  17. E’ vero, caro Fabrizio le paure e le angosce relative alla morte, alla propria morte, fanno parte di quella sfera di pensieri che non possono essere condivisi, per vergogna o perché li riteniamo incontenibili, generatori di un’angoscia nell’altro/a che sentiamo non contenibile.

    Ma senza un contenitore capace di accoglierle queste angosce finiscono per diventare incontenibili, e quindi disgreganti, anche per noi, quasi un’anticipazione della morte in sé, qualcosa da fuggire a tutti i costi.

    E così, soli con la nostra angoscia, corriamo un po’ tutti, corriamo per sfuggire all’angoscia di morte.

    Ti ringrazio, caro Fabrizio: hai toccato un tema che riguarda il nucleo più profondo della nostra vita.

    Un abbraccio. giovanna

  18. caro Fabrizio,
    tento di corrispondere alle domande che hai riproposto.
    Nella vita anch’io ho avuto paura di morire, quando avevo i bambini piccoli “ancora da crescere” e mi domandavo come mai non mi fidassi della Vita che aveva comunque cresciuto mio padre, affidandolo ad una balia nel primo anno di vita e poi direttamente ai “derelitti” in Milano e nonostante tutto questo: era proprio “venuto bene”.

    Il fatto è che cercando di andare un pochino più a fondo, non intendevo “delegare” ad altri la costruzione del (loro) nostro LESSICO FAMILIARE.
    E SI’ !
    Questo è ciò che maggiormente ho desiderato nella vita (un luogo dove poter essere riconosciuta? dove riconoscermi?) Il compimento di questo DESIDERIO DI UN NOI familiare, che mi sono assunta come compito è ciò a cui temevo di poter essere sottratta.

    In quanto al fatto di parlare della morte o della paura della morte o di altro con le persone che ci sono più prossime, io lo faccio stabilmente e con sincerità; ma proprio questo mi ha condotto a constatare che “tanto nessuno capisce nessuno” completamente.
    Spesso so di dare fastidio, di essere troppo ingombrante con le mie pretese/attese in cui “i loro tempi non sono i miei tempi”. Pervenire ad un’armonia nei rapporti, ad un equilibrio è comunque un lavoro duro di apprendimento reciproco; ma, senza la sincerità di base non si va da alcuna parte: non vi è evoluzione ne per sè ne dono di alcuna possibilità agli altri.
    Ciao e buona Domenica a tutti.
    Rosella

  19. Heidegger scriveva in proposito queste illuminanti parole (un po’ lunghette, ma portate pazienza): “Un’interpretazione pubblica dell’esserci [il soggetto umano] dice: “Si muore”; ma poiché si allude sempre a ognuno degli Altri e a noi nella forma dei Si anonimo, si sottintende: di volta in volta non sono io. Infatti il Si è il nessuno. Il morire, che è mio in modo assolutamente insostituibile, è confuso con un fatto di comune accadimento che capita al Si. Questo tipico discorso parla della morte come di un “caso” che ha luogo continuamente. Esso fa passare la morte come qualcosa che è sempre già “accaduto”, coprendone il carattere di possibilità e quindi le caratteristiche di incondizionatezza e di insuperabilità. Con quest’equivoco l’esserci si pone nella condizione di perdersi nel Si proprio rispetto al poter-essere che più di ogni altro costituisce il suo se-Stesso più proprio.
    Non so come andrà per me; non ho mai provato la vera angoscia di morte, se non quest’estate, in ospedale per una operazione abbastanza banale; ma ero in clinica medica, e di gente ne moriva tanta, giovani e anziani. Lì per la prima volta ho compreso che quando si muore si muore davvero, e che, come ogni vera rivoluzione, la morte non è una cena di gala; che non sarò assunto in cielo, ma me ne andrò tra i dolori come di un nuovo parto, e senza alcuna certezza. Perché “io” non sarò più “io”, e tutte le mie certezze mentali e le mie sicurezze psicologiche, inclusi i miei convincimenti religiosi, se ne andranno a farsi benedire. Ma allora sarò tanto più io, in quanto avrò smesso quel nocciolo duro di abitudini, quel “sé medesimo” auto conservativo, che tende a mantenere la stessa identità come un’inerzia e come una costante difesa. E la morte, quest’evento assoluto e impensabile, toccherà a me, proprio a me e a nessun altro. Non “si” morirà, ma “io” morirò, io sarò a confronto con l’Assoluto, e ne sarò assolutizzato.

  20. Ben ritrovati amici di d.P. Sono Luca e da 4 . 5 mesi non scrivevo piu, per varie ragioni, sul sito. Ho però seguito sempre tutto e vcon lo stesso risultato di sempre e cioè grande soddisfazione, . Leggere il sito , i commenti e i post mi fa ripartire , mi lancia. Avete notato che con la nuova veste grafica si vede il paese (con tanto di bandiera) di coloro che ci leggono? Questo mi ha permesso di notare delle cose belle : innanzitutto ora è in collegamento qualcuno dal Vaticano. E poi un altra cosa grande : 3 o 4 giorni fa a notte inoltrata su 15,20 persone collegate solo 1 o 2 erano italiane , per il resto i nomi delle città collegate erano : Seattle , Melbourne , N.Y., Singapore e altre soprattutto anglofone: io tuttora non ci riesco a credere perchè mi domando se non sia un errore del contatore o altro perchè mi chiedo che e come tante persone da posti cosi diversi possano trovare in un sito come il nostro. PIu che altro per la lingua. Ma anche oggi mentre scrivo guardo la casella e non siamo tutti da Roma ma cè tutta Italia … tante persone che arrivano a Darsi Pace.

  21. ciao Luca
    bentornato, son contenta di sentirti bene, significa che è tutto a posto.
    Come ti fai avanti, già mi fai sorridere: ma pensa tu che io mi sono data un gran travaglio per togliermi “dalla conta” del Blog! dalla bandierina… mi sentivo “ristretta” ed ora tu mi vieni a raccontare che proprio “quella conta lì” ti allarga il cuore… .
    Mi ci rimetto subito, subito.
    Un abbraccio
    Rosella

  22. Ciao Ros; grazie : cerco di spiegarmi . quando tu ed io abbiamo parlato tramite il sito , io ho cercato di capire di piu di te, è il desiderio … E vedere tra i tanti Roma Lazio un Malgrate mi ha fatto piacere..e ora non so se quel Malgrate sei tu ma poco importa: mi ha fatto e mi fa piacere. E

  23. Sì, carissimo Luca, è davvero bello vedere tante persone che da ogni parte del mondo ci vengono a trovare, e magari presto incominceranno anche loro a intervenire, e a farci sentire la loro voce…

    Sulla paura della morte volevo dire solo due piccole cose:
    la paura (o forse meglio l’angoscia) è la tonalità emotiva del nostro stato ego-centrato, sempre e comunque, anche quando sembra che siamo allegri, se sapessimo ascoltare meglio, scopriremmo che al fondo della nostra “allegria” permane una terribile angoscia, che non è altro che lo stato (emotivo) della nostra separazione dalla fonte della vita, e cioè l’emozione di fondo di questo modo terrestre e corrotto di individuarci ed essere un io, dopo la Caduta.

    Questo stato viene dissolto solo passando di stato, in ogni momento, anche ADESSO, e cioè imparando a morire alla condizione mentale della separazione, in un certo senso a morire alla morte. Questo continuo mutamento di mente dovrebbe essere ciò che i cristiani chiamano meta-noia, e che spesso invece viene ridotto ad una sorta di volontarismo moralistico, e cioè ad un’attività dello stesso ego.

    La vita spirituale non è altro che l’inesausto apprendimento a morire adesso, per sperimentare Altro, e cioè a passare ADESSO dallo stato angoscioso del nostro io ego-centrico (pieno di film dell’orrore) allo stato amoroso del nostro io in Cristo (che già da ora si gode l’happy end).

    Infatti l’alternativa alla paura non è il coraggio, ma la fede, e l’amore (stato unitivo ed eterno) che ne deriva.
    In tal senso l’Evangelista Giovanni ci dice che chi ama non muore mai…

    E’ importante realizzare sempre più profonda-mente lo stato che chiamiamo nei nostri Gruppi di Non-Ego, sentire che cosa proviamo quanto più perdiamo le certezze del nostro io ordinario, le sue convinzioni, i suoi pregiudizi, come, ad esempio, la sua certezza che morire significhi venire annientati, sperimentare impotenza e abbandono, disperazione e panico.

    Tutti questi pensieri vanno dolcemente ma fermamente spenti, riconosciuti come rappresentazioni del nostro proiettore egoico, letteralmente pre-giudizi castranti, mortificanti.
    (la lettura di oggi ci insegna proprio questo: rinnega te stesso, perdi la tua vita illusoria e prendi parte alla vera vita…)

    Crescendo, espiro dopo espiro, morte dopo morte, dentro questo stato, a tratti sperimentiamo che questo spirare non solo non ci annienta affatto, ma anzi ci libera in dimensioni di pace e di piena consapevolezza.
    Lì le parole della fede (che non è altro che lo stato trans-egoico del nostro vero io) diventano VERE: “Chi crede in me non vedrà mai la morte”.

    Chi è questo “Chi”?
    Sono Io?
    Credo Io in Cristo, Nuova Umanità redenta dalla separazione e dalla morte?
    Ci credo ADESSO?
    Allora sono già passato dalla morte alla vita.

    Un giorno, come capita, mi arrivò un verso
    “La morte coglie l’uomo impreparato”
    un endecasillabo abbastanza buono, pensai, che dice una cosa evidente, eppure forte, come deve fare un buon verso.
    Poi però sopraggiunse da un luogo più profondo e in modo drastico e perentorio il secondo verso, che mi commosse fino alle lacrime:
    “Lo sorprende sempre tanta gioia”.

    Incominciamo a pensare che la morte è forse il momento più bello e più gioioso che mai abbiamo potuto neppure immaginare… la vita diventa così, e da subito, tutt’altra cosa, non più qualcosa che si va consumando verso il nulla, non più una lenta perdita, ma un guadagno crescente, un approssimarsi alla pienezza, una crescita che non ha e non avrà mai nessuna soluzione di continuità, e lungo la quale nulla va perduto, non un volto, non un amore, non una nostra qualità, non un capello del nostro capo…

    Rallegriamoci ed esultiamo in questa fede, in questa visione, e torniamo ADESSO a rinsaldarci in essa, fuori dal regno della morte.

    Marco Guzzi

  24. Scusate , ho interrotto il dicorso. Grazie ai visitatori del sito, di tutti i Paesi

  25. grazie caro Marco, la fede è il contrario della paura , la fede in una vita migliore, la fede Nella vita…l arte di fidarsi di me stesso e di te. Provare che se abbasso le mie difese … Provare per credere ( carina questa )

  26. Grazie Marco G. per il tuo straordinario commento! Ho risentito, in altro modo, quanto ci hai proposto a Santa Marinella.
    Avvincente, fascinoso, vivificante, pasquale, evangelico, cristiano!
    Ma… sento tutta la difficoltà, o meglio, la non immediatezza, di questa meta-noia, ADESSO, e ancora subito dopo, adesso…

    E poi domando. Su di me questa visione ha una certa presa. Ma… quale impatto su una madre che ha perso il figlio? Su un un piccolo che perde i genitori in un incidente?
    Come applicare “a caldo” l’appello a questo tipo di meta-noia? E’ possibile?

  27. caro Luca,
    Malgrate sì! o Gianni o io. (più io che Gianni) talvolta compare la provincia e scarico meglio i video. (ho ancora dei misteri da svelare).
    Ora al post.
    sono molto d’accordo con te sulla questione della fiducia: la fiducia crea un legame “emotivo” che non contempla la paura. Allora io mi domando: se le emozioni si sentono nel cuore perchè continuiamo ad usare la parola mente?
    Spesso io non l’accetto poichè mi richiama proprio al volontarismo.
    Credo io in Cristo? ci credo adesso?
    E come faccio a credere se non sentendo nelle mie viscere il dolce dell’amore, almeno iniziale; della comunione, almeno iniziale? ma questo è uno stato della mente o del cuore?
    La mente nelle persone comuni come me, richiama alla ragione, all’astrattezza e non all’incarnazione, come invece è immediato nell’uso di “cuore”. Per lo stesso motivo uso pochissimo (praticamente mai) la parola volontà. Forse in filosofia (certamente?) il concetto di mente è differente; così come la volontà può essere considerato l’orientamento dell’ energia (che scaturisce nel nostro fondo? ), anche il termine sforzo non mi è congeniale.
    Insomma che male portà mai esserci a sentirsi liberi di aderire alla vita passando per il cuore, dove tutti quanti concepiscono l’emozione dell’amore? invece che tramite la mente che ambiguamente si sà che: la mente mente?
    domanda assolutamente sfiziosa… sia chiaro!!!

    Luca, per te ho deciso di restare nelle “bandierine” ma ora lo faccio con piacere, poichè non sono più costretta: posso restare o andarmene. Prima “per mia ignoranza” mi sentivo incastrata. La stessa ignoranza che mi fa rifiutare la parola “mente”; ma, adesso, comincio ad adattarmi un po’ di più, mi serve solo un contenitore in cui dire ciò che mi crea disagio.

    Ciao “bambino curioso” (vedi che è un grandissimo complimento che riservo solo a pochissimi intimi: sei il n° 2 e non ve ne sono altri al momento!).
    un abbraccio
    Rosella

  28. Carissimo Corrado, ogni lutto, specialmente se traumatico, è come una pugnalata, una vera e propria mutilazione.

    Perfino Gesù rompe nel pianto dinanzi alla morte dell’amico.
    Noi non siamo impassibili, e la morte sembra un terribile pedagogo qui su questa terra.

    Che cosa ci vuole insegnare?
    Probabilmente un diverso modo di vivere, ci mostra col suo volto terribile che qui, in questo stato mentale/fisico terrestre, niente potrà mai soddisfarci del tutto, che cioè tutto qui alla fin fine è insoddisfacente e impermanente, per dirla con il Buddha.

    Ogni lutto ci costringe a spingerci un po’ di più dentro la porta stretta di un altro punto di vista.
    Ogni frustrazione è come se ci dicesse: fratellino mio, renditi conto che ci dev’essere un altro modo di essere, perché questo qui, in cui ti sei adattato, non basta comunque, non ti potrà mai bastare.

    La morte è il grande pedagogo, perciò, e anche il grande motore della vita spirituale: la morte opera in me, dice san Paolo, la morte è un’energia di trasformazione, è la spinta verso l’Eterno, il volto oscuro, in questa parte decaduta della realtà, dell’amore unitivo.

    Niente può sottrarci al dolore della morte altrui, ma più avanzeremo nella pedagogia dell’Eterno, più impareremo a pensare che tra cento anni comunque saremo tutti morti, e che perciò l’unica cosa seria da fare è cercare Qualcosa che tra cento anni sussista ancora, una Dimensione in cui io e i miei figli insieme con i miei antenati e maestri e amici siamo già e per sempre uniti e VIVI, quel Dio insomma che è Dio di uomini vivi e non di persone morte…

    Carissima Rosella, la mente non è la ragione, ma va intesa come centro del proprio essere, come il nostro IO.
    Mutare mente significa cioè mutare l’asse di tutto il nostro essere: e quindi volontà, pensieri, emozioni, cuore e fegato, INSIEME.
    Mutare mente (meta-noia) significa diventare un altro con tutti gli organi e tutti i sentimenti, passare dalla propria costituzione animale a quella pneumatica, partecipare, in altre parole, della stessa natura di Dio dentro tutte le fibre carnali, dentro il loro dolcissimo pensiero.

    Che questo avvenga ogni giorno di più, fino alla gioia finale.
    Marco Guzzi

  29. … l’avevo intuito.
    Bene!
    … in fondo LA MENTE è semplicemente la ragione RI- CONOSCENTE il cuore e quando pronuncia una parola che abbia un minimo di senso, non può che dire GRAZIE.

    Ciao e buona serata a tutti
    Rosella

  30. Grazie di cuore, carissimo Marco G., per le tue sapienti parole!
    Saluto con gratitudine Fabrizio F. che ha lanciato il tema e chi lo ha commentato, aiutando a riflettere.
    Che la morte ci colga VIVI.

  31. Grazie Ros per i continui stimoli ed apprezzamenti che mi dai.
    Dobbiamo cogliere l occasione dei prossimi incontri ad Eupilio o altrove per conoscerci; intanto …grazie

  32. ciao Luca
    anche se mi sono sottratta allo sguardo, ci sono!
    Per il 4 Luglio non posso sono al Battesimo di Gabriele.
    Spero di poter partecipare all’intensivo di Roma a Dicembre, se ci sarà.
    Tu frequenti i corsi annuali dai Salesiani?
    Strilla, ma fatti condurre lì se gia non ci stai!
    capito? capito bene?? è più efficace che conoscere me.
    Tanto io son sempre qui(non mi scalfisce neppure la morte! Uhaoo!!!).
    Un abbraccio e buona giornata
    Rosella

  33. … sai Luca, mi sembra di sentire la voce di MariaPia che mi dice: ma perchè non ti godi semplicemente la vita?
    E mi domando: che bisogno ho di togliermi e mettermi dalla conta del blog? che differenza fà?
    Il fatto è che io non lo so che differenza “mi faccia” e desidero proprio saperlo.
    E’ questo il punto!
    Senza agire un qualchecosa, senza lanciare un sasso non possiamo proprio nè contare il numero dei cerchi sulla superficie dell’acqua sino al loro scomparire, nè “sentire” quanto sia fondo il nostro fondo.
    Sai, io ho l’animo dell’avventuriera!
    Non sono curiosa, anzi sono proprio pigra, ma: “se proprio proprio:mi tocca”, allora intendo sentire tutti gli aspetti del “caso” assaporare ogni minima emozione, soprattutto quella dell’incertezza: questo ed anche il contrario di questo. In fondo io mi gusto la vita proprio così: immobile, oscillando su una corda che vibra, tesa tra due poli.
    o
    tranquillamente accoccolata in un uovo luminoso, immobile sul fondo di un mare in tempesta, e mi godo l’oscillare dell’onda…nei suoi marosi.
    ciao ciao

  34. Fabrizio F dice

    Grazie davvero di cuore a tutti. Rispondo con un certo ritardo, perché sono stato messo Ko da questo novembre fuori stagione.

    @Corrado: grazie per la bella citazione di Mons. Padovese che in qualche modo anticipa il successivo intervento di Marco G.

    @ Alberto: la tua riflessione sul senso del ‘limite’ è molto appropriata. E’ il limite della morte, io credo, a dare senso alla vita. Una eternità ‘terrestre’, sarebbe come sembra perfino ovvio, in-tollerabile.

    @ Giovanna: penso tu abbia perfettamente ragione. Il fatto è proprio che non esistono – o facciamo in modo che non esistano – questi ‘raccoglitori’ di questa paura fondante. Una volta, nelle civiltà primitive, esistevano i riti, la vita in comune, il lutto collettivo, che consentivano di dare libero sfogo e ‘forma’ alla paura ancestrale della morte. Oggi ciascuno è monade. E la paura è diventata in-confessabile, in-divisibile.

    @ cara Rosella: grazie. E’ proprio questo “tanto nessuno capisce nessuno” il nostro refrain, che ci sta uccidendo.
    Invece, possiamo capirci, possiamo intenderci, possiamo comprenderci. Perché siamo tutti uguali, e tutti proveniamo dalla stessa radice di terra e di spirito.

    @Antonio: grazie per la bellissima citazione Heideggeriana, e grazie per la esemplare distinzione – che racconti insieme alla tua esperienza personale – tra il sentimento della morte ‘oggettiva’, nel quale tutti ci sentiamo più o meno in grado di ‘nuotare’, e quello ‘soggettivo’, che non sappiamo cosa sia, che possiamo solo immaginare, e che ci spaventa terribilmente.

    @ Luca: caro Luca, grazie a te. Questa famiglia di Darsi Pace in effetti comincia ad essere molto grande e sempre più accogliente.

    A Marco, rispondo a parte.

    Grazie a tutti, ancora, è davvero una bella conversazione.

  35. Fabrizio F dice

    Carissimo Marco,

    grazie di cuore.
    Ho meditato a lungo il tuo lungo intervento del 20 giugno. E ho pensato a come e quanto questo pensiero, così profondo, così maturo e radicale, contrasti con quello che appare il Sentimento dei Tempi.

    Un Sentimento così sintonizzato sulla dispersione, sullo scivolamento, sullo scollamento (con se stessi e con la propria essenza), e di conseguenza anche nei confronti della questione ultima – cioè della morte – così banalizzato, così modulato tra fatalismo, inconsapevolezza, deriva.

    E’ così, io credo, che lentamente ci siamo abituati al peggio. E con una visione così ‘corta’ della morte – in assenza di quella meta-noia che tu descrivi, ma anche di una lontana premessa che quella metanoia permetterebbe – la vita non può che essere o diventare infernale.

    Ho riflettuto spesso sul fatto che chi vive ‘bene’ (laddove questo termine indica benessere, ‘saper vivere’, saper coltivare) di solito è anche portato a morire ‘bene’.
    Mentre chi vive male, disperdendo la propria vita, allontanandosi dalla luce che esiste, di solito finisce anche per morire ‘male’, sperando di affrettare la fine, di soffrire poco, e di tirare in fretta l’ultimo sospiro, cancellando velocemente quel che resta di sé.

    E’ – io credo – l’ultimo torto a quel dono meraviglioso che è la vita (e che si esprime nel primo sorriso di un bimbo, quando riconosce di essere vivo nello sguardo adorante dei suoi genitori).

    Grazie.

    f.

  36. … e invece no!
    “tanto nessuno capisce nessuno” è come la porta stretta da attraversare.
    Ci sto lavorando a partire da “la vocazione di tutti” un amore che libera e sovverte.
    Lasciamo che accada
    ciao

  37. cara Rosella!
    Sono contenta che tu associ al mio nome una frase: ” Perchè non ti godi semplicemente la vita?” Non ricordo quando l’ho detto o lo scritto, comunque è un invito che cercherò di ripetermi spesso: chi sa godere la vita, così come fa un bimbo, saprà godere anche la morte!
    Con tanti auguri anche per il Battesimo di Gabriele! Mariapia

  38. Volevo ringraziarti Marco per questi due interventi sul tema della morte che comesai mi sta molto a cuore. Hai avuto parole e suggestioni di profondità e bellezza uniche un vero balsamo per le anime ordinarie come la mia che si arrovellano e si angosciano per questa vita su questa terra. Sono visioni che promanano dall’incessante e tenace lavoro che ci inviti a perseguire. È un vero ed unico privilegio potetti ascoltare, come bere acqua pura da un ruscello in alta montagna. Conserverò questi toui scritti insieme ad alcuni altri ed altre tue poesie per spalmarle come balsamo miracoloso sulla mia anima quando sarà sofferente. Grazie vera-mente dal cuore. Marco F.

  39. Giuseppina dice

    Come è bello seguire il sito Darsi pace e arricchirsi anche solo leggendolo.Cresce veramente ogni giorno in un dialogo a più voci che dilata confini e frontiere,stimola la riflessione ed il cambiamento toccando temi difficili,urgenti e vitali.
    Grazie dal cuore prima di tutto a Marco Guzzi e a sua moglie Paola e a tutti coloro che a livelli diversi lo curano,intervengono e lo fanno conoscere.
    Si,caro Marco G.come dici tu “la vita spirituale è un inesausto apprendimento a morire Adesso per sperimentare Altro e passare dallo stato angoscioso del nostro io egocentrato allo stato amoroso del nostro io in Cristo che anche nel Vangelo di quest’ultima domenica dice a tutti”…se qualcuno vuol venire dietro a me,RINNEGHI SE’ STESSO prenda la sua croce e mi segua…chi perderà la propria vita per me la salverà.”
    Per grazia,per fede e per esperienza so che il percorso del sentiero mistico permette ad ogni uomo di confrontarsi col mistero dell’incontro con Dio e di conservarne l’esperienza e che il nostro investimento nella banca del Tempo con Dio asciugherà ogni lacrima e ogni disperazione trasformandola in Gioia.
    Proprio perchè viviamo un tempo di grande crisi epocale siamo libera-mente e responsabilmente chiamati a morire ogni giorno a noi stessi per respirare davvero allentando le nostre resistenze e farciprossimo a noi stessi e agli altri.
    Si, caro Corrado, a “caldo” è umanamente impossibile non provare angoscia davanti alle diverse impreviste e ingiuste situazioni di morte,specie dei propri cari.Ciò che è essenziale è vivere anche dentro la morte e l’angoscia l’esperienza della fede guardando Cristo,Maria e tutti coloro vivi e morti che in maniera infinita e misteriosa ci accompagnano,perchè anche noi morendo a noi stessi possiamo diventare capaci di vivere ogni giorno da risorti.
    Si,per me e per tutti è possibile perdersi nella solitudine angosciosa,rifiutare l’Amore e fare autogoal,se non recupero continuamente lo sguardo fisso su Gesù e su coloro che lo testimoniano offrendoci anche semplicemente con la loro vita un metodo,un modo di Vivere.
    Siamo davvero tutti chiamati e misteriosamente in rete al di là della cultura e della religione di appartenenza a DARCI PACE l’un l’altro,a farci prossimo,anche imparando dagli errori a non separare la teologia dalla mistica e dal mistero perchè tutti siamo chiamati all’esperienza mistica,all’incontro col Cristo incrociando lo sguardo del prossimo ferito,per ritrovare un altro sguardo amichevole ed accogliente anche verso noi stessi.
    Resta il mistero che il Si di ognuno alla fine è personale e necessita di un lungo e doloroso percorso perchè diventi definitivo.
    Si, è possibile che io cada rovinosamente se pretendo di stare in piedi per eredità acquisita(mia madre nel suo lungo percorso di vita,dopo aver drammaticamente perso due giovanissimi figli,vedova per trentatre anni,ha testimoniato sopratutto nei suoi ultimi non facili anni da 90 a 97 anni, di essere figlia di Dio.
    Si,è possibile che se pretendo di vedere bene solo con i miei occhi diventi veramente cieca facendo il percorso inverso di Wolfang Fasser,l’umile straordinario fisioterapista e musicoterapeuta,diventato non vedente,nell’adolescenza e che nel 1999 ha fondato il Trillo,associazione che si dedica alla cura dei bambini disabili attraverso la musica,il massaggio,il gioco,l’ascolto e che guida passeggiate notturne nel bosco per l’ascolto del paesaggio sonoro.
    Si,concordo con Chiara De Dominicis, il problema per ognuno di noi è “la mancanza di integrazione fra cura dell’altro e cura di sè a tutti i livelli”,cura che mi consente di morire ogni giorno e di passare il confine fra il buio del mio io e la luce offertami ogni giorno da chi come Wolfang Fasser ha imparato a camminare dentro il buio e a vedere che l’essenziale è Invisibile agli occhi(questo è anche il titolo di un suo bellissimo libro curato da Massimo Orlandi ed edito dalla casa ed. della comunità di Romena)
    Grazie ancora a Guzzi,a Pannikar e a tutti i maestri di parto che ci aiutano a fare un cammino che ci fa entrare nella prospettiva di assumere una nuova e definitiva esistenza pacificata e mistica da uomini liberi e figli di Dio e preghiamo insieme che possa avvenire presto per essere la SUA GLORIA.
    Giuseppina

  40. E’ un vero piacere dialogare tra amici nell’ascolto del nostro cuore, e dei suoi palpiti più profondi.

    C’è una comunione nello Spirito, o, meglio, siamo in comunione come spiriti dello stesso Spirito, venti dello stesso Vento, respiri e sospiri dello stesso Respiro, caldo e benefico, dolce e commovente.

    Niente potrà mai sottarci a questa Unità, tutta vivente, tutta ridente, e gioiosa.
    Neppure la morte.

    Un verso di Yves Bonnefoy, che quest’anno abbiamo premiato col Premio Internazionale Mario Luzi, dice:
    “Non c’è deserto più, se tutto è in noi.
    Non c’è più morte.”

    Che questa esperienza possa diventare il fuoco centrale della nostra esistenza, il suo motore immobile, il suo cuore senza confini, il rifugio, cui tornare in ogni tempesta del tempo.

    Un abbraccio. Marco

  41. Carissima Giuseppina, che gioia risentirti!
    Che bello sentire questa unione di spiriti nell’unico Spirito!
    In questa unione ogni paura si dissolve e la morte è già sconfitta.
    Un forte abbraccio. giovanna

  42. Sono stato contento anch’io di risentirti, cara Giuseppina!
    Un abbraccio anche da parte mia.

  43. Questo sito corre e io sono sempre più lenta, pertanto mi ritrovo a rispondere ora al post di Fabrizio. Non avendo avuto tempo prima ho stampato il post con i suoi bellissimi e numerosi commenti e mi sono letta il tutto in un breve periodo di vacanza sulla splendida spiaggia di Positano. Apparentemente mi è sembrato un controsenso il tipo di lettura immersa in quell’angolo di “paradiso”!
    Rifletto sull’argomento e le conclusioni sono sempre le stesse…certezza che nell’aldilà si starà tutti meglio, un po’ di timore per il trapasso, vivo tormento di lasciare i miei cari o di poter causare loro della sofferenza!
    Ho finito di leggere in questi giorni il bellissimo libro autobiografico di Amos Oz (regalo di m. che ringrazio) ed ho vissuto con angoscia la sua profonda sofferenza, segnandone l’esistenza, a causa del suicidio di sua madre.

    Risalendo per l’unica stradina che dal mare porta al centro del paese (Positano, intendo), sotto delle splendide bouganville, viene verso di noi una coppia di sposi sorridente….non faccio in tempo a sorridere e gridare “auguri” quando dietro di loro (pochissimi metri), dalla curva, sbuca una “bara” con tanto di prete e parenti in preghiera. Al momento rimaniamo sbalorditi, forse è un film! Ma una signora del posto mi dice “ No qui è così, questa strada è un passaggio obbligato”.

    Così anche in questo paradiso si nasce e si muore e la strada, come la vita, è un passaggio obbligato!

  44. Salve a tutti sono una ragazza di 22 anni ,vi scrivo perchè è già da molto tempo che non riesco a trovare pace nella mia vita.Tutto è cominciato da quest’estate quando ho avuto un attacco di panico dove ero convinta di essere sul punto di morire,non sò cosa mi è preso e sinceramente mi fa male ripensarci,da allora non faccio altro che pensare alla morte e ogni notte mi addormento pregando che Dio mi dia la possibilità di risvegliarmi il giorno dopo.Mi odio molto perchè ho tutto nella mia vita e non risco a godere delle cose belle che questa mi offre per questa paura che mi assale sto davvero molto male ,vorrei tornare quella di prima

  45. Carissima Nataly, mi dispiace di questa fase critica che stai attraversando. Ma, credimi, sono fasi che purtroppo abbiamo attraversato e attraversiamo un po’ tutti.
    In questi momenti è però importante farsi aiutare, trovare un interlocutore, non rimanere dentro le proprie paure.
    Ti auguro di superare presto questa crisi.
    Marco

  46. cara Nataly,
    il nostro corpo spesso è una parola che non comprendiamo. Una lingua emotiva che sentiamo come estranea, come se non ci appartenesse, eppure ci interpella. Ascoltala.
    Apprendi ad osservare le tue emozioni ed a fidarti delle intuizioni che ti pervengono tramite esse.

    La FIDUCIA (a tutto tondo) è la base sulla quale lavorare per la buona riuscita di qualsiasi terapia tu possa decidere di intraprendere o che tu abbia comunque sia già iniziata, per contrastare il tuo disagio.
    Grazie per esserti fidata di noi, raccontandoci di te.
    Ti abbraccio con affetto.
    Rosella

  47. Carissima Nataly, sei in cerca di pace e sei approdata a darsipace. E’ un buon segno. Significa che la pace che cerchi non è una pace superficiale, che la tua sofferenza psichica è un richiamo dell’anima.

    Ascolta il segnale. L’attacco di panico è un segnale forte. Cosa vuol dirti? Cosa vuol farti capire? Dove ti vuole portare?
    Forse ti sta segnalando che dentro di te c’è una bimba ferita che chiede di essere accolta, abbracciata, consolata.
    Non odiarti, ama questa piccola Nataly sofferente, ascoltala, lasciati condurre.
    Alice Miller nel suo libro Il dramma del bambino dotato così scrive: “Non potevo lasciare il mio bambino da solo…. Presi una decisione che poi influenzò notevolmente la mia vita: decisi di lasciarmi guidare da lui”.

    Cara Nataly, ognuno di noi si porta dentro un bambino ferito, impaurito, terrorizzato, che invia segnali di sofferenza.
    La tua bimba sta cercando di richiamare la tua attenzione, ti sta dicendo che si sente morire, che non ce la fa più a vivere così. Ascoltala questa bimba: è la parte più autentica di te e vuol riportarti a casa, alla tua vera identità, alla tua integrità, quindi alla gioia di vivere, alla vera felicità.

    Solo abbracciandola, abbracciando la sua solitudine e il suo dolore inespresso, puoi arrivare alla guarigione.
    Cerca una persona esperta che possa aiutarti ad accogliere la tua piccola Nataly e accompagnarti nel percorso verso la realizzazione della tua vera identità.

    Nei gruppi Darsi Pace impariamo, giovani e meno giovani, ad accogliere il nostro bambino ferito, ad entrare in dialogo con lui. E via via che ci prendiamo cura di lui, che lo ascoltiamo, emerge la nostra vera identità, il ‘bambino meraviglioso’ vera immagine di Dio, fonte della nostra creatività, della gioia di vivere.

    Un grande abbraccio. giovanna

  48. Sì, la paura è proprio di tutti.
    La paura è anche per me uno scomodo inquilino dell’anima e così ho succhiato le parole di Giovanna che, seppure indirizzate a Nataly, nel contesto di Darsi Pace mi sono permessa di leggere come se fossero state rivolte anche a me.
    Sto attraversando un tempo in cui sento forte l’incertezza del corpo (con una salute instabile) e delle relazioni che faccio fatica a stabilizzare. Ma forse cerco sicurezze là dove il mondo non ne può dare e allora vacillo. D’altro canto, evidentemente non ho ancora salda in me quella fiducia nella Vita che avrà l’ultima parola.
    In questo momento spero che il corso telematico del gruppo Darsi Pace possa essere quella guida consolante che ora più che mai avverto come necessaria.
    Un abbraccio di comprensione a Nataly, di gratitudine a Giovanna, di riconoscenza profonda a Marco G..
    iside

  49. Carissima Iside, io so quanta forza tu possiedi, quante volte mi hai stupito da quando nel 1993, se non sbaglio, mi hai scritto per la prima volta.

    Non sottovalutare questo tuo coraggio e questa fede, che non vengono affatto incrinate da momenti e fasi più cupe, in cui la nostra fragilità sembra metterci in ginocchio.
    Forse proprio lì, in ginocchio appunto, scopriamo una forza diversa, un affidamento incondizionato, e a volte una dolcezza inaspettata.

    Stiamoci accanto. Marco

  50. Sì Marco, ricorda bene come al solito, è nel 1993 che ci siamo intercettati direttamente.
    Grazie per la sua presenza di guida sapiente che in tutti questi anni mi ha tenuta per mano; quando la terra frana sotto i piedi so di poter contare su un maestro dallo sguardo lucido e incoraggiante.
    iside

  51. Ciao Nataly,
    un paio d’anni fa è successa la stessa cosa a me, all’improvviso… e da quel momento in poi, per 1 anno e mezzo, la mia vita è diventato un incubo. Ho dovuto affrontare un percorso molto lungo per superare quel periodo: alla base della mia paura, ovviamente, c’erano altri motivi (la perdita di familiari, difficoltà nello studio e impossibilità di trovare lavoro/realizzarmi/vivere col mio ragazzo) che io affrontavo nel peggiore dei modi.
    Con l’aiuto (e soprattutto l’affetto) di amici e dei familiari, ho superato tutto, perché mi hanno fatto capire che mi stavo concentrando solo su cose negative, perdendomi il resto. Stavo perdendo la vita stessa, che andava avanti, mentre io restavo impelagata nelle mie paure. Purtroppo, in questo nessuno può aiutarti, tu stessa devi rendertene conto, ma quando succederà, ti sentirai ancora più forte di prima.
    L’importante è non mollare e non farti abbattere, e cerca di guardare le cose sempre da un altro punto di vista, perché il nostro – spesso – è corrotto da paure e insicurezze che ci fanno percepire la realtà come non è (spesso, nel modo peggiore).
    Un abbraccio

    Giulia

  52. -anonimous- dice

    credo che ci sia qualcosa che spaventi di più della semplice morte, quella cosa è il tempo man mano che passa il tempo i tuoi cari muoiono la gente invecchia e le amicizie si perdono, tutto ciò che era stato creato si polverizza, fino a diventare vecchi dove la voglia di vivere finisce e aspettiamo la morte, e cosa ci rimane? solo ricordi, praticamente una vita che non abbiamo vissuto a cosa serve tutto questo? che senso ha farci “vivere”?? per creare legami che poi si polverizzano? tutti i soldi buttati per distrarci dalla morte, mentre potrebbero avviare ricerche per farci raggiungere la vita eterna. credo che sia una cosa che non capiranno tutti….

  53. … mi accorgo di essere più felice ora di qunto non lo fossi in giovinezza o nella maturità.
    E’ strano avere del tempo… ti consente di pensare all’eterno… anche se “sembra che passi”
    Allora ti accorgi che le parole che spesso Marco ripete nei corsi: “dal laboratorio non si esce mai” sono una pillola di saggezza.
    Una vera chicca!
    Ho visto persone a me care “apparentemente” vegetare, in un modo o nell’altro; racchiuse in una qualche impotenza grave, mentale o fisica. E potrebbe capitare a me.
    Non so come prepararmi ma mi affido allo Spirito chiedendogli una grazia: “donami di apprendere a pregare meditando”.
    Forse vi è un tempo sulla terra, nel quale finalmente il cielo e la terra precipiteranno e in me si unificheranno, nella quiete di un tutto…
    ciao

    Rosella

  54. Caro Anonimo, può essere consolante e istruttivo pensare che non si ricorda un sapiente o un santo delusi.
    Pur attraverso molte sofferenze le persone che dedicano la loro vita alla ricerca e all’autocorrezione sembrano sempre un po’ più felici degli altri, più vivi, anche nell’età avanzata….
    Ciao. Marco

  55. E’ una paura che mi accompagna tutti i giorni, che fatica superarla..

  56. Caro Fredo, questa paura è inscritta nella nostra carne mortale. Credo che il problema sia: cosa ne facciamo? la subiamo, facendoci bloccare, oppure proviamo ad approfondirne il significato e il mistero?
    Ciao. Marco

  57. salve a tutti,io ho un grosso problema,da 7 mesi a questa parte tutti i giorni ho paura di morire,anke x un semplice mal di pancia …ho ansia continuamente sto molto male,lo penso continuamente nn vivo piu…ora penso di andare dal psicologo speerando ke mi aiuti sto troppo male,sto cadendo in depressione

  58. Cara Marzia, la nostra mente può giocarci brutti scherzi per impedirci di crescere. La paura di morire, è in fondo in fondo, una paura di vivere. Possiamo abbandonarci un po’ di più, scendere ancora più giù di questa paura, spegnere il monologo del nostro io folle, e provare a morire per davvero (non fisicamente intendo, ma alla nostra pretesa di controllare tutto il gioco della nostra vita).
    Ti auguro di rilassarti e, magari anche chiedendo aiuto, di contattare una energia nuova, benevola, che ti possa rassicurare e donare nuova fiducia in te stessa, nella vita e nel mondo.
    Un saluto
    Paola

  59. la morte io la vivo in modo brutto tutti dicono che è il ciclo della vita ma secondo me no fin da piccoli ci mettono in testa la chiesa la fede il cristo ma se uno pensa in fondo nessuno sa sa che cè dopo quindi tutti vivono nella speranza ad una prossima vita o sa che cosa io 28 anni e ho due bimbe a me solo al pensiero che un domani le mie bimbe cresceranno e forse un giorno io nn ci saro piu mi da i nervi io amo la vita come amo i miei figli e la cosa che mi da piu fastidio è che questa cosa rimane un mistero che ti porterai dentro di te fini in fondo mio nonno diceva che era la fine del principio ma di che nn si sa perche lui se ne andato e io nn l ho avuto piu accanto a me e allora che cosa dobbiamo credere secondo me è questa la vita perche la vivi la senti e la affiori ogni giorno provi emozioni e sentimenti gioia e felicità sicuramente un qualcosa ci sarà ma nn riesco a capire perchè deve rimanere nel silenzio ma…………. ogni mgiorno nn ci voglio pensare……… nn so voi

  60. La paura della morte. Un tabù che avvelena lentamente la vita.

  61. La paura della morte. Un tabù che avvelena lentamente la vita. Ho provato ad esorcizzarla alla ricerca di cose positive, ma ci ricado sempre.

  62. Da quando è nato mio figlio, sono diventato padre a 36 anni, la vita ha assunto una dimensione nuova, alla quale non ero pronto. Le emozioni che mi sta dando mio figlio sono indicibili. Non ero pronto a “così tanto” e “così bello”. Ho rivisto il significato di “genitore” e quindi capito più profondamente i miei genitori, quanto bene mi vogliono e quanto poco io abbia ricambiato. Ci sono molte similitudini tra un bambino e un anziano. Mio figlio non camminava, perchè era ancora piccolino, mia nonna fa sempre piu fatica a camminare. Noi dobbiamo essere là tanto per un figlio quanto per un genitore quando invecchierá. Perchè è questo il senso della vita…se tutto va bene, un giorno seppelliremo i nostri genitori…se tutto va bene un giorno verremo seppelliti dai nostri figli. Se tutto questo dovesse succedere possiamo ritenerci fortunati. Ma ecco che sopraggiunge il pensiero brutto, ossia se tutto dovesse andare male, se dovesse succedere qualcosa ai miei figli o se dovesse succedere qualcosa a me finchè sono ancora così piccoli, dove ogni giorno è una scoperta e non vedi l’ora che tuo figlio impari qualcosa di nuovo, che ti sorrida, che ti stia in braccio….questo pensiero brucia. Cerco di rassicurarmi ponendo una domanda…se avessi potuto scegliere, avresti preferito non nascere sapendo di dover lasciare tutto questo a 38 anni, oppure avresti accettato il compromesso. Mi guardo indietro e tutto quello che ho visto e fatto è stato troppo bello per rinunciarvi e allora mi dico che avrei comunque accettato il compromesso…a malincuore, ma tra le due opzioni, decisamente la seconda. Ecco che la morte assume un’altra dimensione, che è quella di passare un nuovo giorno che mi permetta di dire…ne è valsa la pena, in modo che sia sempre più convnto che il famoso compromesso sia maggiormente valido. La scorsa settimana però è morto un mio compagno di liceo per un cancro al pancreas e ha lasciato una figlia di due anni. Quando la realtá è così forte è però facile cadere nel baratro. Continuo a pensarci e a chiedermi cosa ho di diverso io dal mio compagno. Perchè a lui e non a me. E allora guardo mio figlio e piango. Spero questo periodo passi, che la maturitá mi permetta di elaborare piu profondamente il concetto della morte. Che non è altro che la paura della perdita….la stessa paura di quando sei innamorato le prime volte, quando pensi di poter essere lasciato, che tutto possa finire. Si arriva a una certa etá che si è innamorati dei propri figli e l’unica paura che può subentrare in un rapporto così profondo come quello tra genitori e figli è solo e unicamente la morte. Diffcile parlarne col proprio partner, è vero, ed è giusto coltivare un proprio percorso interno, digerire il concetto, trovare le proprie risposte e aspettare che il tempo passi, ma che non ci passi addosso. Chissà come evolverà nel tempo questo nostro pensiero, sperando di arrivare vecchi, vedere i nipoti e farsi dare l’addio dai propri figli che rimarranno in questo mondo, elaborando a loro volta il concetto della morte.

  63. molto bello
    grazie!

  64. Caro anonimo,
    innanzitutto do il benvenuto al tuo piccolo con le parole di Tagore che in me producono sempre una forte vibrazione:
    “Quando nasce un bambino, è segno che Dio non si è ancora stancato dell’umanità.”

    E’ normale quanto senti relativamente alla morte, soprattutto nel momento che stai vivendo, come sono comprensibili le domande che ti poni.
    Domani ci sarà il funerale di un caro amico e anche in me tornano vecchi interrogativi ai quali non trovo risposte.
    Credo facciano parte del mistero che ognuno di noi è e del Mistero che ci si rivela se riusciamo a metterci in ascolto del nostro essere nell’Essere.
    Il lavoro interiore, nel cammino di trasformazione che sto compiendo in dP, mi insegna a spegnere ciò che deve morire e a non attaccarmi a ciò che non mi appartiene, questo abbandono è una piccola morte che non mi annienta, al contrario mi aiuta a guadagnare un pò di integrità e a gioire di tutto ciò che di bello e nuovo mi viene dato.
    Nella consapevolezza di oggi penso che il transito terrestre sia un susseguirsi di atti di abbandono e spegnimento fino al passaggio finale verso la dimensione che adesso vedo come un prato rifiorito preparato per noi come una festa.
    E la vivremo, credimi, in eterno. ( M. Guzzi, In eterno )

    Grazie e auguri.
    Giuliana

  65. Ancora.... dice

    Un uomo ricco chiese a Sengai di scrivergli qualche cosa per la continua prosperità della sua famiglia, così che si potesse custodirla come un tesoro di generazione in generazione. Sengai si fece dare un grande foglio di carta e scrisse: «Muore il padre, muore il figlio, muore il nipote». L’uomo ricco andò in collera. «Io ti avevo chiesto di scrivere qualcosa per la felicità della mia famiglia! Perché mi fai uno scherzo del genere?».
    «Non sto scherzando affatto» spiegò Sengai. «Se prima che tu muoia dovesse morire tuo figlio, per te sarebbe un grande dolore. Se tuo nipote morisse prima di tuo figlio, ne avreste entrambi il cuore spezzato. Se la tua famiglia, di generazione in generazione, muore nell’ordine che ho detto, sarà il corso naturale della vita. Questa per me è la vera prosperità».

  66. Ancora.... dice

    Giuliana, grazie. Ma cosa non ci “appartiene” ? I sentimenti forse nascono da un senso di possesso? Amo mio figlio perchè lo sento MIO? E. Mi struggerebbe il pensiero di non vederlo crescere solo perchè lo sento MIO e quindi non ho un sufficiente distacco emotivo? Può essere sai…non dico di no….dovrei solo entrare nell’ordine di idee….
    Grazie per questa visione.

  67. Ciò che intendo dire quando parlo di spegnimento e di non attaccamento a ciò che non mi appartiene è maturare dentro di sé uno sguardo equanime, distaccato, capace di non identificarsi con le emozioni e i pensieri che ci attraversano. (rabbia, paura,..ma anche idee errate che abbiamo costruito e che sono infondate).

    A me pare che tu stia provando la grande gioia della trasformazione che tuo figlio fa di te rendendoti padre e aprendoti ad una relazione non solo a due, ma a tre. Nello stesso tempo, il pensiero della morte ti fa toccare una certa “impotenza”.

    Il mio vuole essere un invito ad attraversare le emozioni, i sentimenti, i pensieri che stai vivendo, a riconoscerli, a dar loro un nome, e anche a lasciarli andare, a non identificartici.

    Questo gesto è molto importante perché permette di toglierci di dosso tutto ciò che ostacola la nostra vera realizzazione, non quella di cui ci vuole illudere l’ego, e ci introduce in altra dimensione dove la paura si attenua fino a scomparire e impariamo ad abbandonarci, come fa tuo figlio quando si addormenta tra le tue braccia.

    Lì, vuoti di pensieri sbagliati e di attaccamenti, il nome di Cristo e la sua fede, ci introducono alla presenza di un Padre che ci ama perché ci lascia liberi, non ci considera suo possesso, e continua a donarci il suo amore, nonostante i nostri dubbi, le nostre oscillazioni, le nostre fragilità, i nostri sbagli. Questo io credo.

    Non siamo noi a controllare il corso naturale della vita, noi possiamo riconoscere ciò che la vita di dà e dire grazie.

    Ora guardo la nascita e la morte come eventi trasformativi, passaggi verso una dimensione di piena realizzazione in cui scompare ogni tipo di separazione e la Vita vince la morte.

    Ciao e una carezza al cucciolo d’uomo.
    Giuliana

  68. Anche io in questo periodo vivo con la paura della morte e sono molto angosciata. Sono molto giovane e so che dovrà passare tanto tempo prima della mia ora, ma penso sempre: ” C’è veramente qualcosa dopo la morte? Quando sarò morta potrei continuare a stare con il mio uomo, la mia famiglia, e i cari che ho perso, per SEMPRE? “. Io sono una ragazza logica e mi baso sulla scienza e sono atea, non ho alcuna credenza anche se ne vorrei una a cui ‘aggrapparmi’, ma proprio non ci riesco. Mi affido solo alla speranza e, tristemente, accetto il mio futuro destino e vivo la mia vita. Ma, molto spesso, non posso non pensare a quanto la natura sia stata crudele, a rendere noi esseri umani così sensibili, dandoci i sentimenti e le emozioni; vivere per poi morire… Perdere tutto, perdere se stessi, perdere ciò che amiamo, per tutta l’eternità. Vorrei tanto che ci fosse qualcosa dopo la morte, vorrei tanto vivere in eterno e stare con i miei cari, ma mi sembra impossibile e una tesi scientificamente assurda. Per me le diverse religioni che esistono sono solo delle idee che usano le persone per vivere in serenità questa triste realtà; in fondo, questo è normale. Anche se fa parte della vita, la morte mi spaventa molto, perchè siamo destinati a perdere tutto e non esistere più, quindi tutto quello che abbiamo ora, tutto quello che ci circonda… E’ come vivere in una menzogna. Qualunque sia la ”forza” che ci comanda e che ci porta a questo destino, non si preoccuperà per i nostri sentimenti, della nostra volontà… E tutto ciò è solo triste. Dovremmo vivere senza sentimenti, senza attaccarsi a qualcuno… Sarebbe tutto più facile anche se la vita sarebbe brutta, così. Ma è anche triste il fatto che il punto di vista più logico, o ragionevole, è che tutto ciò a cui noi teniamo, o meglio, tutta la nostra esistenza, si basa semplicemente su nascere, riprodursi, e morire, e non su nascere, fare del bene, stare con l’amore della propria vita, essere fedeli a Dio, e poi morire per congiungersi con egli e coloro che sono già morti. Magari fosse così, ma potranno mai starci tutti i morti che in tutti questi secoli sono deceduti nell’ ”aldilà ” se esiste? E una volta che siamo morti, non staremo con il nostro corpo, no? E poi, esiste veramente un ”per sempre”?? Io non ci credo proprio che per tutta l’eternità potremmo. Purtroppo questo universo non si basa sulla felicità, e il ”bene”. Anche se non sappiamo da dove veniamo e perchè esistiamo, essendo un mistero come la morte, non trovo motivi per credere che ci sia qualcosa alla fine della nostra vita. Secondo me è molto più probabile che tutto ritorni come prima che noi nascessimo, e quindi sarebbe a dire NIENTE; se sarà così, potremmo consolarci per il fatto che non ce ne renderemo conto, anche se sarà PER SEMPRE.

  69. marco guzzi dice

    Carissima Alice, si sente che sei una ragazza logica, e profonda. Continua con le tue domande, continua a pretendere una sensatezza. Questo posso dirti: le nostre domande non sono assurde, la nostra pretesa di felicità non è un errore della natura: non ti sembra poco logico d’altronde che l’universo impieghi miliardi di anni per produrre un essere consapevole così pieno di idee e di speranze assurde?
    Mi permetto di suggerirti l’ascolto di un video che abbiamo immesso proprio in questi giorni nel nostro canale Youtube: Heidegger e la sapienza dell’incarnazione… potrebbe essere uno stimolo in più nella tua ricerca. Grazie, e auguri! Marco Guzzi

  70. Grazie per l’ascolto e per la risposta Marco Guzzi, prenderò in considerazione la tua opinione; magari, non sarebbe male, cambiare punto di vista e vedere questo argomento da un’angolazione meno deprimente. La morte non è l’unico dei nostri misteri, il senso della vita è già un mistero. Possiamo farci delle idee per stare più tranquilli da vivi, ma i nostri dubbi (o almeno sulla morte) si scioglieranno soltanto quando arriverà la morte, non possiamo farci nulla.
    Grazie ancora! 🙂

  71. Se non esiste l’anima che senso ha vivere ?
    Tutto quello che costruiamo comprese tutte le nostre esperienze un giorno finiranno con la nostra morte (nessuno è immortale) quindi io mi chiedo se non esiste un anima a cosa servono tutte queste esperienze ? Ricordiamoci che anche il pianeta terra ha una fine, quindi la risposta “perche viviamo nella mente dei nostri cari” non ha nessun senso dirla (visto che anche loro spariranno nel nulla).
    E’ come prendere mille lauree e poi dimenticare tutto un secondo dopo aver preso l’ultima laurea.
    Spero di essere chiaro, che senso ha fare esperienze se poi non serviranno a nulla ?
    Ricordiamoci che molti vivono l’unica esistenza che hanno in sofferenza e drammi, quindi anche dire “si vive giusto per godersi la vita” non ha senso…
    Quindi o esiste un anima o se no è tutto inutile, un vero ateo dovrebbe essere nichilista o depresso, se non è cosi forse non è mai andato in fondo alla logica dell’esistenza o non si pone domande (e sotto sotto crede nell’anima).
    P.S. Io parlo di spiritualità e non di religione (sono cose diverse).

  72. Caro Beppe, dici bene, e ripeti un po’ il ragionamento di Kant nella Critica della Ragion Pratica. Non solo non ci sarebbe alcun senso alle nostre fatiche, se non ci fosse un’anima immortale, ma non ci sarebbe alcuna giustizia, e l’ingiustizia e la violenza avrebbero l’ultima parola sul dolore delle vittime…. Ciao, e grazie. Marco

  73. Ho 18 anni . L’altro giorno stavo a scuola e ascoltando la lezione di storia sulla Seconda Guerra Mondiale ho pensato alla morte . I miei pensieri sono stati simili a quelli di Alice . Non era la prima volta che ci pensavo ma questa è come se mi avesse aperto gli occhi. Tutto ciò che mi sembrava la normalità ad un tratto mi è sembrato più un’illusione . Mi sono chiesta : che senso ha tutto questo se poi siamo destinati a non esistere più ?A perdere il proprio ego per l’eternità ? Ed è una paura diversa da tutte le altre perché a differenza delle altre , come per esempio la paura di farsi male o che il nostro compagno ci lasci , non ha speranza . Non c’è la speranza di non morire perché dovrà arrivare per forza quel giorno fatidico . L’unica speranza è quella che ci sia un qualcosa dopo ma la paura rimane comunque . Se penso che potrei vivere in eterno mi viene comunque un senso di ansia. In eterno? È più il concetto di eternità che temo. È vero quello che si dice , che la morte da un senso alla vita . Come tutte le cose anche la vita ha una fine è probabilmente dopo ci sarà il nulla ma questo , il nulla , è un concetto troppo lontano a cui la nostra mente non può arrivare . Io non credo , piuttosto spero , che ci sia qualcosa dopo . Mi piacerebbe anche se sarebbe troppo bello che uno potesse scegliere la durata della propria morte come se si addormentasse e quando è pronto a vivere di nuovo e si è riposato da una lunga vita , si svegli. Io tengo alla mia vita perché mi piace e solo ora inizio a rendermi conto di quanto è preziosa e bella . Passiamo troppo tempo a pensare a cose inutili e a sprecare giornate , dovremmo solo vivere ogni giorno come veramente fosse l’ultimo .

  74. Ho scritto io
    Il commento di prima per chi dovesse rispondermi ..

  75. Il non capire cosa ci sia dopo la morte mi angoscia da morire… ho un vero e proprio terrore di passare l’eternità nel buio più totale, senza ricordarmi chi sono, senza poter mai più abbracciare i miei cari… è questo che mi fa paura della morte, il nulla… l’essere per un breve periodo concime per vermi e poi nulla di nulla…

  76. Io non riesco piu da tempo a vivere sereno . I genitori ormai vecchi e prossimi alla fine corsa, gli amici della mia età o un po piu vecchi che si ammalano in continuazione e poi muoiono, parli con chiunque e sembra che il cancro stia diffondendosi come un epidemia..io a 56 anni non so pensare ad altro che il prossimo sarò io. E tutto mi sembra assurdo, come un film di fantascienza di quelli paurosi. Guardo il cielo stellato (un tempo era il mio sogno e la mia passione) e il terrore mi attanaglia. E’ tutto folle ed assurdo!
    Vorrei tanto avere fede per alleviare questa sofferenza ma non ce l’ho.Dire che cerco aiuto è un eufemismo!

    ciao

    Chicco

  77. Ciao Chicco, un anno nella mia famiglia dal gennaio a dicembre sono morte sei persone. Se ti va di leggere il post su malattia e morte dell’ottobre 2013 c’è anche un mio piccolo commento su una di quelle morti, ho firmato brutto anatroccolo. Spero ti possa essere di conforto. Un saluto e i mie auguri.

  78. Marco Guzzi dice

    Caro Chicco, la tua angoscia abita in realtà ogni uomo, Freud la chiama angoscia primaria, è il sentimento di essere perduti e abbandonati in un cosmo senza cuore e senza pietà, in cui veniamo semplicemente falciati uno dopo l’altro come in una trincea o un tritacarne.
    Non possiamo sfuggire a questa angoscia SE NON SUSSISTE UN ALTRO MODO DI VEDERE E DI ESPERIRE LA VITA TERRENA.
    Il problema cioè non è filosofico, ma, noi diciamo, iniziatico, si tratta proprio di mutare punto di vista, mutare mente, lungo un processo che dura tutta la vita, ma che già da ora inizia a donarci un altro respiro, una speranza che si fa emozione, cuore, energia concreta.
    Credimi, tutto ciò è davvero reale, e a portata di mano.
    Tanti affettuosi auguri. Marco Guzzi

  79. GRAZIE di cuore!!!! Non mi arrendo:)

    chicco

  80. Io ho solo venti anni e questa paura mi sta affliggendo… non so come superarla… non so proprio come uscirne. Qualcuno mi aiuti.

  81. Cara anonima/o giovane, le cose dette sopra valgono anche per te e sono vere, io in semplicità ti dico che comunque secondo me la morte è un passaggio ad un altro livello di vita, un ritorno a casa che non conosciamo bene come sia.
    Ma tu sei giovane cerca di trovare quanto di bello, anzi meraviglioso, c’è già qui e ora e quanto di buono puoi fare tu.
    Un abbraccio virtuale, ma forte e sincero.

  82. Caro amico di venti anni, incontrare la paura della morte, divenire consapevoli cioè della fragilità e della impermanenza della nostra esistenza terrena, è un’ottima cosa, in specie se ciò avviene presto, in giovane età.
    Mi ricordo alcuni momenti molto forti che ho vissuto intorno ai 14 anni, quando mi resi conto per davvero che ognuno di noi è destinato a morire. Questi momenti, carissimo, sono l’inizio di un lungo percorso in cui impariamo il nesso segreto che c’è tra vivere e morire, impariamo che moriamo in ogni istante, ad ogni espiro spiriamo, e ad ogni inspiro riprendiamo a vivere. Comprendiamo che imparando a morire, a lasciare andare il controllo, anche la paura si attenua, e impariamo a vivere con maggiore libertà.
    Questo lo impariamo anche nei nostri Gruppi, se ti interessano, vedi tu….
    Con affetto. Marco Guzzi

  83. Ho paura del buio, del niente, della fine. Di non vedere più, di non parlare più, di non mangiare più, di non pensare più.. ora che sto scrivendo le lacrime scorrono sul mio viso, spesso non riesco a dormire dall’ansia di non svegliarmi più. Penso ad un infarto, ad un tumore, ad un incidente. Ho solo 27 anni e non voglio vivere così.. ho perso le due nonne e la mamma a distanza di tre mesi l’una dall’altra, ormai più di sette anni fa e sono figlia unica da una separazione serena. Ma avevo solo quattro anni, con un babbo meraviglioso e che amo alla follia da sempre in un’altra città. Ho raggiunto traguardi che mi sembravano irraggiungibili, come la laurea, arrivare ad lavoro che amo con mille sacrifici, fermarmi in una città, aprire il cuore alla persona giusta.. riprendere semplicemente in mano la mia vita, anche se ancora in salita, ma sentirmi in grado di stabilizzarmi, senza scappare dai miei fantasmi. Lacrime per le morti lette sul giornale, al tg, per le disgrazie che mi circondano.. e poi succede che muore un amico del mio babbo. Mi crolla il mondo addosso.. quando succederà a lui? O al mio compagno? Alla mia zia? ..e quando e come succederà me? ..vado nel panico, nel terrore.. ho un appuntamento con uno psicologo, devo superare anche questa perché così non vivo più (o forse devo superare ancora il mio passato?)

  84. Chicco.. ho letto solo ora le tue parole, che rivivo come se fossero le mie nonostante la nostra differenza di età. Nemmeno io sono credente, mai stata e non credo di poter abbracciare una fede (soprattutto quella cattolica).. come la mia famiglia credo al destino, ma non mi basta più.

  85. Marco Guzzi dice

    Cara Elena, comprendo e conosco la tua angoscia, ci appartiene, è inscritta nella nostra carne mortale, dentro le nostre cellule. Questo abisso di annientamento che ci terrorizza non è solo la morte biologica, ma ciò che essa significa: la distruzione del mondo, e di ogni significato, la vanificazione di tutti i nostri sforzi e di tutti i nostri affetti.
    Di fronte a questa visione non possiamo che avere paura, ma ciò che ti posso dire è che questa situazione non è il punto di arrivo, ma solo l’inizio della nostra ricerca di senso. E’ cioè dinanzi al cadavere che l’uomo ha iniziato a essere uomo, un essere cioè consapevole della propria fine, e che perciò si interroga, e scopre nuovi significati.
    Questa è la via trasformativa dei nostri Gruppi, una via in cui facciamo semplicemente esperienza di stati diversi della nostra mente, in cui la paura svanisce.
    Forza allora! tu possiedi tutte le qualità per attraversare con grandi risultati il sentiero dell’esistenza.
    Marco Guzzi

  86. salve io sono una ragazza di 20 anni e da quel che giorno vivo l’incubo di morire ma quello che mi fa venire gli attacchi di panico è soffrire prima di morire cosa posso fare?

  87. Cara amica di 20 anni, benvenuta! non so da quale giorno tu abbia sviluppato questa paura, ma so che noi umani dobbiamo confrontarci con la nostra condizione mortale. Il cammino non è breve per questo, ma ci rende capaci di vivere una vita in pienezza, proprio in quanto consapevoli della fragilità e dell’impermanenza del nostro esistere.
    Nei nostri Gruppi lavoriamo anche su queste dimensioni.
    Auguri per la tua ricerca. Marco Guzzi

  88. Tra i vari timori che mi possono colpire, quello della morte è l’ unico che ritorna. forse per l’ ineluttabilità, l’ inevitabilità della mia morte alla quale purtroppo mi avvicino ogni giorno che passa. Posso credere ad una vita ultraterrena, ma la realtà è che questa è l unica vita che conosco. non temo tanto il dolore del trapasso, potrebbe essere, la mia, una morte dolce, ma l’ atroce inconsapevolezza di non vedere, di non sapere, di non essere. L’ annullamento totale della mia persona , anche del dolore. Un anno fa un mio paziente di 24 anni (sono una tirocinante in ospedale) è morto di carcinoma allo stomaco. aveva la mia stessa età, e sembrava del tutto sereno e rassegnato a questo tragico momento finale. un altro l ho perso per un aritmia fatale, durante un massaggio cardiaco inutile. Quando muore qualcuno di vicino a me o che per qualche motivo mi ha colpito particolarmente, mi chiedo: in cosa siamo diversi? Perchè loro e non io? potrebbe succedere anche a me da un momento all’ altro. sono pensieri che mi colpiscono nei momenti piu’ disparati, magari durante un attimo di relax. mentre dormo vicino al mio compagno. mentre parlo con un amica del piu’ o del meno. fortunatamente sono paure passeggere, che si dissolvono poi nella frenesia della quotidianità, ma probabilmente perchè nel nostro cervello c’è la consapevolezza che non possiamo sfuggire alla nostra morte e non ci facciamo paralizzare da questo timore. anche perchè sarebbe un timore che durerebbe per tutta la vita. ho letto in un articolo che la paura della morte diminuisce con la vecchiaia. e anche in mia nonna non vedo tanta apprensione, sebbene abbia 90 anni. probabilmente il mio punto di vista in merito a questa angoscia cambierà con l’ età, non mi resta che attendere di invecchiare

  89. Marco Guzzi dice

    Cara Bea, un grande poeta, Odisseas Elitis, diceva che la morte è la prima evidenza, ma non è l’ultima.
    Dalla constatazione dolorosa cioè che tutti moriamo, l’essere umano ha creato la cultura, le società, l’arte, la scienza, e si è aperto al pensiero di una eternità che forse è la vera sostanza di questi giorni terreni.
    Non ti fermare perciò alla paura, ma tenta di fare di questa angoscia uno sprone per la tua ricerca.
    E il Cristo ci ha promesso che chi cerca trova…
    Auguri. Marco Guzzi

  90. La morte è un tema sul quale oggi si discute poco ma di cui sentiamo spesso parlare (tv, giornali, radio…).
    Ognuno di noi nel corso della propria vita si accorge che la vita ( intesa come esperienza corporea ) non è un concetto legato all’ eterno.
    Ma forse proprio questo deve farci riflettere, perchè se da una parte l’inifito esiste come concetto astratto (numeri,universo,tempo..) non lo si può concepire dal punto di vista concreto ( a meno che non ci si leghi al pensiero di anima ). La mia paura è che la morte ( da sempre piuttosto che essere un esperienza legata direttamente a noi sia legata alle esperienze delle persone che ci circondano) stia perdendo la sua importanza come ruolo centrale e fondamentale attraverso la quale si possa fare una crescita e maturazione che permetta a ciascuno di noi di capire quale siano le priorità nelle vite di ognuno.
    Oggi non si ha solo paura del dibattito su questo tema, ma soprattutto si ha paura di sperimentarla ovvero, siamo arrivati oggi a relegare questa fase della vita ad una esperienza da vivere brevemente e molto spesso percepirla poco anche nei confronti dei nostri famigliari, poichè è venuta meno una parte cioè l’accompagnamento dei cari verso questo traguardo. Infatti gli unici che possono dirsi spettatori e attori di questa meta sono un residuo gruppo di professionisti ossia i medici o coloro che operano nell’ assistenza alle persone.
    Come mai si è arrivati a chiamare i parenti nelle ore immediatamente precedenti a tale esito, credo che la medicina di oggi si concentri troppo sul prolungare esperienze di vita che non hanno più da offrire una qualità del vivere legata ai sensi ( unici indicatori in grado di farci apprezzare l’esperienza della vita).
    A volte penso penso che il problema non sia il vivere o sperimentare paure piuttosto saperle affrontare al fine di ottenere vantaggi o migliorare la comprensione dell’ ambiente in cui viviamo. La nostra generazione si trova ad essere costantemente aggiornata e bombardata di informazioni ( per lo più inutili ) tanto da distoglierci da quelle che sono e da sempre sono state le caratteristiche del pensiero umano : ” la continua creazione di domande interiori”. Viviamo in una società che caotica e piena risposte a domande legate al mondo materiale quando forse sono le domande alle quali non abbiamo risposte che dovrebbero crearci tormento. La paura è forse l’emozione che più caratterizza l’essere coscienti di partecipare allo spettacolo della VITA.

  91. Sarà paradossale ma ora che ho avuto un lutto improvviso in famiglia non ho più tanta paura della mia morte ma di restare sola e che gli altri se ne vadano prima.
    Dalla morte non si torna, con la morte non si scherza.
    Che paura bisogna averne? È un concetto…direi che basta fare del proprio meglio nella vita.

  92. Ho paura di morire. Sto cadendo nella depressione e non so cosa fare. Mi divora. Perché la vita è così ingiusta? Perché il tempo passa così velocemente? Perché non riesco a godermi pienamente la vita?

  93. Cara Martina, comprendo la tua angoscia, che ci assale in momenti cruciali della nostra vita, momenti, che, credimi, possono diventare anche svolte evolutive. Se vuoi, i nostri gruppi possono essere seguiti a Roma, ma anche telematicamente da ogni parte d’Italia … pensaci ..
    Con affetto. Marco

  94. Forse sarò molto attaccata alle cose terrene… A me paralizza il fatto che non potrò più godere delle cose meravigliose… un paesaggio innevato, un bacio, una carezza… le fusa del mio gatto… Non potrò più pensare e ragionare sulle cose…
    Perchè deve finire tutto? Quando inizio a cadere nel vortice di questi pensieri mi sembra che il mondo si fermi di botto … che ansia!!!

  95. Cara Elena, queste tue angosce sono nel cuore di ogni essere umano: perché tutto deve finire? e che senso hanno le nostre vite se poi tutto viene ridotto a nulla? Ma io credo che queste domande non siano conclusive, ma aprano alla ricerca. E’ da queste domande che sorge la cultura umana, tutto ciò che di bello abbiamo costruito nei millenni.
    E questo pensiero può forse aprirci ad ulteriori speranze e visioni. Ciao. Marco Guzzi

  96. Cerco spesso cose di queste genere su internet ma questa é la prima volta che trovo frasi che rispecchiano tantissimo la mia paura che non mi fa vivere…siete tutte delle persone intelligenti ne sono sicuro..perché chi non lo é mai potra essere su qùesto gruppo…grazie Francesco

  97. non so cosa c’e’ dopo la morte. So che certamente un giorno moriro’ anchio, come e quando non lo so.
    Questo giorno potrebbe anche essere oggi o domani.
    Allora questo pensiero potrebbe farmi essere piu’ buona: intendo che pensando che la morte mia o delle persone a cui voglio tanto bene e mi vogliono tanto bene potrebbe avvenire oggi stesso, potrebbe farmi riflettere 10 volte prima di dire una cattiveria o in ogni caso comportarmi male. Insomma, vorrei dire che aver sempre presente che la nostra morte e quella dei nostri cari puo’ avvenire realmente in ogni momento e non fra 100 anni, forse puo’ aiutare a volersi comportare bene, altrimenti ci si lascia male e chi rimane in vita avra’ sensi di colpa.

  98. Io ho paura di morire davanti ai miei figli di notte.E ho paura della solitudinecome posso uscirne?

  99. Per Alessandra: pensa che alla fine muoiono tutti e in qualche modo succederà anche a te. Lo hanno fatto milioni di persone prima di te. Si riesce a morire, si riesce a nascere e bene o male si riesce a vivere.
    Pace e bene.

  100. …magari anche leggere delle esperienze di pre-morte potrebbe dare speranza. Ci sono vari libri e video, anche di medici, che ne parlano e molti di coloro che le hanno vissute raccontano di una dimensione meravigliosa…a quanto ho capito ormai le testimonianze sono in numero talmente significativo che non si considerano più come suggestioni, ma a questi avvenimenti sono state dedicate delle ricerche scientifiche. Tanta fatica per nascere significherà pure che la vita è importante…e chi mai creerebbe qualcosa di importante per poi nullificarlo? Coraggio il senso è sicuramente un altro.

  101. Purtroppo nulla ha eenso

  102. Il giorno, vicino o lontano, in cui inevitabilmente moriremo forse penseremo che la cosa peggiore non è morire, ma aver vissuto male il tempo che ci era stato dato per vivere.
    Un abbraccio.

  103. La prima morte che ho sentito molto vicina è stata quella della nonna. Ero già adulta. Mentre la guardavo immobile ho sentito una specie di sollievo e quasi gioia seppur nel dolore. La nonna non era più in quel “guscio” vuoto. Era libera.
    Da quel momento l’idea della morte ha avuto per me un senso di liberazione, non ben identificato e comunque doloroso nella perdita fisica ma nel rendermi conto che quel caro corpo si era prestato a “contenere” la nonna, il pensiero di libertà attraverso la morte, prendeva sempre più spazio e, sì ho iniziato a percepire ed a ricercare nella vita stessa, un significato più intenso e profondo.
    Una cosa che mi fa tanto male è quando si toglie dignità alla morte che, come per il nascere, la sento impregnata di sacralità.
    In alcuni momenti sento, quasi a toccare, che nascere e morire sono solo due “passaggi” di un “qualcosa che continua” e non sento lontananza e distacco dalle persone care che hanno lasciato il corpo, anzi mi fa sentire bene il pensiero che le seguo e le raggiungerò. Sento il loro affetto vicino a me, mi accompagna.
    Questo pensiero mi fa sentire maggiormente anche l’importanza di cercare di vivere al meglio, quasi a rispettare un impegno preso.
    Un abbraccio, Barbara

  104. SEPP DIETRICH dice

    Ci hanno abituato a vedere la Morte come la disgrazia suprema.
    Se l’uomo non avesse paura di morire, non esisterebbe il male.
    In alcune culture non inquinate dalla triade abramitica, le
    persone vivono serenamente questo passaggio, sia esso
    violento o dolce, sono convinti di essere parte di un mondo
    che si rinnova e loro con esso.
    A certa gente che vuole il potere sugli uomini, non conviene
    dire che morire e’ come nascere, inculcare nelle menti deboli
    o nei fanciulli questo tabu’ fa che essi rimangano schiavi.
    La paura della Morte e’ la dottrina di coloro uccidno i loro
    simili per vivere. Fanno un sacrificio alla Morte per rabbonirla.
    Immaginate se l’uomo non avesse paura di morire, i potenti
    verrebbero uccisi senza pieta’, niente sopraffazione, niente
    umiliazione.

  105. Anno 2017, l’uomo medio ancora pensa che sia la morte a dare un senso alla vita e pensa che la società abbia eliminato la presenza della prima dalla quotidianità.
    Anno 2017, l’uomo che costruisce l’avvenire pensa a sconfiggere la morte con la scienza, la tecnologia. Dal plasmare la propria biologia ad integrare la macchina stessa all’uomo tramite le nanotecnologie. Aubrey de Grey, Ray Kurzweil, Elon Musk, Stephen Hawking, forse leggere qualcuno di questi vi farebbe bene. La “filosofia” oggi non è più il parlare dell’esistenza, degli dei e della natura malvagia, esiste solo l’agire e l’andare avanti.
    Abbiamo un nemico comune, se si vuole combatterlo le parole non servono a nulla. L’alternativa è arrendersi ad un’esistenza ridicola, senza mai alzare gli occhi al cielo, o meglio allo spazio e rimanere confinati in questo mondo infimo ed effimero quindi non come esseri umani che si innalzano al di sopra di ciò che sono ora, ma come animali che nascono, mangiano e crepano.

  106. L’esistenza è tutt’altro che ridicola.

  107. Io spero solo una cosa… Bella ho brutta, la vita che abbiamo trascorso… Nn ha importanza, l importante è aver fatto qualcosa di significativo nella nostra vita… E dopo la morte sperando che la vita continua nell immensa pace eterna!!!

  108. Vita e morte sono due facce della stessa medaglia, senza la morte non co sarebbe il tempo, e senza il tempo non ci sarebbe la vita.

  109. Necromanzia e neogromanzia per studiare questi eventi .
    Per propiziare giorni sfortunati, stacco le mie unghie, e le metto a bruciare sui fornelli, emanazione dei resti in scantumancia, poi le polveri le passo sui palmi delle mani, ci tengo alla cura dei denti .
    Paura della morte, io l’associo spesso alla volontà intesa potere di agire e di essere, al gioco d’azardo, ai ricordi che sfrontano il periodo borderline, e stati alterati di coscienza, penso a quando sarò piu grande, avremo una panoramica di lato avremo le figure nostre a noi care, in contro luce, perche da defunti son venuti poi a mancare, credo fermamente che morire è soffrire su una costante, morti violente per se stessi, morte altrui pluralismi nostalgici, i numeri del gioco di azardo ci vengono in nostro aiuto per calcolare le incidenze e i passaggi quando i cicli di rischio si ripetano .

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