Lampi – Come liberare la nostra creatività?

Commenti

  1. Caro Marco,
    intendo andare oltre le “dieci righe dieci”, dato che dove vado, le sole reti presenti saranno adatte alla pesca. Ma poi torno intendiamoci! (a Dio piacendo!)
    Tento di evidenziare il tuo pensiero, coniugandolo con il mio, in modo sintetico.
    La modestia è il mio forte! eppure: quella ricerca dell’assertività che andavo tentando, quella risposta a “come si accoglie un dono?”, mi hanno condotto su questa linea di congiunzione che intercorre tra “il buttarsi via per niente” (prostituirsi?) ed il dare tutto senza condizioni (dialogo in comunione?).
    Leggo il tuo riscontro postato nel sito, circa la mia “liquidità” di “amore liquido”, come un cartello indicatore da seguire. Quell’evidenza, nel lasciare circolare le idee, in rete, che consenta di vivere anche in questo “villaggio globale” un dialogo interconnesso e non solo di costruire Babele.
    partiamo:
    IO EGOICO – Babele: “nessuno capisce nessuno”: non comprendiamo noi stessi e non comprendiamo l’altro, nessuno conta/vale qualcosa, quindi “nessuno è nessuno”. Come trasparenti ci esibiamo sulla scena della citta globale in un evento mediatico ” il grande fratello”.
    IO IN CONVERSIONE – “nessuno è nessuno”. Io esisto e quindi sono qualcuno. Decido responsabilmente di utilizzare tutti i mezzi disponibili per conoscere me stesso e ci provo: “nessuno conosce nessuno”.
    La “domanda di senso” preme, usciamo dall’esibire noi stessi per cominciare a dare un senso al nostro fare, cerchiamo di comprendere come e perchè agiamo, di ri-conoscere l’evidenza “dei fatti”. Di saper riconoscere da dove nascono e dove vanno le nostre “buone intenzioni”. Come diventa carne e si concretizza quella sorta di futuribile che si fa presente, agendo le nostre “buone intenzioni”.
    Cerchiamo di osservare finalmente la realtà dei fatti.
    Spesso, tutto ciò si riduce a “non ne faccio mai una giusta” SOLO “chi non fa niente non sbaglia mai”.
    Fino al momento in cui, maschera dopo maschera, cadono ad una ad una tutte le nostre resistenze, SIAMO NUDI davanti alla morte e riconosciamo il nostro limite invalicabile. Questo lavoro però ci aiuta a maturare delle competenze empatiche più sottili.
    A questo punto del tentativo, nel conoscere sè stesso “nessuno è nessuno” . Nessuno è “SOLO una coincidenza” Coincide tragicamente con sè stesso.
    Novello Narciso allo specchio del proprio ego… se non fugge ma sopporta l’atrocità del dolore impotente, il suo GRIDO MUTO apre LA PORTA DEL SILENZIO -e si unisce al silenzio del GRIDO di Cristo al Suo Abbà.
    IO IN RELAZIONE solo il grido d’aiuto di questo “nessuno COSMICO”, di questo NULLA, che si aggrappa al Grido di CRISTO SULLA CROCE : “Dio mio Dio mio perchè mi hai abbandonato?” ci conduce nel cuore del “Croce- VIA”, luogo in cui Cristo ci salva. Prima ancora che con la Sua morte nella FIDUCIA TOTALE che esprime al Padre, al Suo Abbà: ” Padre, perdona loro perchè non sanno quello che fanno”
    Con l’esalazione dell’ultimo respiro si conclude il dramma, ma non è una tragedia e finalmente,
    nell’ “io sono TU che mi fai” nessuno incontra il proprio SE’ STESSO.
    Anche a noi è necessario incarnare/sentire nei sensi della carne, questo NOSTRO dolore.
    E’ in questo luogo che viene a visitarci IL RISORTO ed il Suo Spirito d’amore ci risana nel corpo e nello Spirito.
    IO MARIANO – nella “riconoscenza della gratuità” il GRAZIE. Comincia a gemmare la pianta dell’integrità personale ed il nostro IO ” IN CRISTO Risorto” dialoga nella GIOIA Di SENSO. Nella salvezza che fiorisce la PURA COINCIDENZA dell’ ESSERE perfetti COME perfetto è IL PADRE mio/NOSTRO che sta nei cieli.
    Questa la COMUNIONE dei santi? Questo l’inizio del Regno di Dio, come si recita nel Padre Nostro “venga il Tuo Regno così in cielo come in terra”?
    Costruire il Regno di Dio è questa nuova visione Concepita in modo Mariano di
    “nessuno conosce nessuno e nessuno è nessuno” ?
    e lo Spirito Consolatore/RICREA facendo nuove tutte le cose … nell’infinito IO SONO TU CHE MI FAI così in cielo come in terra. e tutto è UNO

    Ora a noi.
    Propongo la prima ipotesi di verifica globale :
    se il mutamento in atto è un mutamento antropologico (che tu sai che io non so) e se il linguaggio ha a che vedere con il logos che si fa carne, questa sintesi di PERFETTA PURA COINCIDENZA è possibile giocarcela attraverso ogni lingua della terra?
    Di Panikkar ni ha colpito il concetto: “la speranza attiene all’invisibile”
    Forse necessita un cuore nuovo, un cuore puro, che ri-conosca un grazie, una lode,un gloria; per vedere l’evidenza. Una evidenza che sostenga passo passo una nuova Certezza Buona, in questo tempo nell’attesa che si compia il suo regno.

    Dalla liturgia Ambrosiana del giorno – lettura del profeta Isaia:

    Poichè così dice il Signore Dio, il Santo d’Israele:
    “Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza
    Nell’abbandono confidente sta la vostra forza ”

    ed ancora dal salmo 50 (51)

    Crea in me o Dio un cuore puro, rinnova in me uno spirito fermo.
    Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito
    Rendimi la gioia della salvezza…

    Ciao
    Rosella

  2. Carissima, la tua descrizione degli stati del nostro io/mente/cuore mi è piaciuta moltissimo.
    Si sente che tu questi stati li attraversi con crescente consapevolezza:
    E questa consapevolezza degli stati del nostro io è un po’ al centro del nostro lavoro.

    Mi risulta più difficile da comprendere la questione finale:

    se il mutamento in atto è un mutamento antropologico (che tu sai che io non so) e se il linguaggio ha a che vedere con il logos che si fa carne, questa sintesi di PERFETTA PURA COINCIDENZA è possibile giocarcela attraverso ogni lingua della terra?

    Puoi chiarirmela?
    Ciao. Marco

  3. si e no
    Dato che non ho la più minima competenza linguistica (e non ho tempo ora per immedesimarmi in altro modo) l’ho buttata lì:
    Giocando in modo coincidente, di quella coincidenza che appartiene al seme che marcisce solo (solo una coincidenza) o al seme che concepisce dialogando con altro da sè UNA perfetta PURA COINCIDENZA
    La corrispondenza del frutto che coincide con la radice profonda, la fioritura linguistica (?) che osservi il linguaggio a partire da questi presupposti coincidenti (ad esempio quando io contesto l’uso di volere o dovere) può addivenire ad una conversione tipo quella che parlavano gli Apostoli il giorno della Pentecoste?

    Sai, io son piena di pretese…
    un abbraccio
    Rosella

  4. Alcuni anni orsono un mio amico musicista mi aveva detto che lui realizzava la sua creatività quando suona e quando compone e che io invece ero una persona creativa nella vita.
    Se ripenso a questa considerazione su di me, ricordo che mi fece piacere, ma ora so che non la compresi fino in fondo. Ritenni che lui , dicendomi così, pensasse al mio lavoro, allora ero una appassionata insegnante, o al mio modo un po’ alternativo di passare il tempo libero. Adesso capisco che la mia creatività vive soprattutto nelle relazione con gli altri. E’ nella relazione che debbo investire le mie energie vitali, vincere la pigrizia, l’abitudine , il conformismo, il pessimismo.
    Prima di tutti con mio marito: un matrimonio senza creatività giornaliera , penso che sia molto in pericolo; poi con gli altri familiari e amici , ma anche con tutte le persone che incontro, anche per poco tempo. E’ talvolta una fatica impostare in modo più competo e soddisfacente i rapporti umani, in me si fanno sentire sempre frequentemente recenti o antiche paure; è però una lotta che, avverto, ci fa vivere in pieno la nostra umanità. Perciò sono contenta che il tema su cui lavorare quest’anno sia proprio la creatività. Grazie e auguri di giornate serene e feconde. Mariapia

  5. Grazie, Marco, per l’augurio di apertura al nuovo anno di lavoro, mi dà respiro e mi aiuta ad affrontare l’inizio dell’anno scolastico riconoscendo sorridente, ma anche lasciando andare parole, lamenti, difficoltà che sembrano insormontabili perché continuamente tenuti fuori da noi.

    Mi rendo conto che il cambiamento di sguardo, dall’esterno all’interno di noi stessi, richiede tempo, pazienza, comprensione e sono sempre più convinta che solo da questo inizia la conversione ed è possibile la rivoluzione.

    Per questo sento sempre più il bisogno di seguire regolarmente il lavoro dei gruppi partecipando a ciò che la Vita prepara per me.
    A presto!
    Giuliana

  6. Carissima Mariapia, hai ragione: il nostro essere creativi o, direi, decreativi, è qualcosa che connota tutta la sostanza del nostro essere.

    Nel linguaggio dei nostri gruppi: se stazioniamo nello stato ego-centrato siamo sempre e comunque decreativi, distruttivi, anche se dipingiamo o scriviamo un libro…

    Se, al contrario, lottiamo per spostarci nello stato nell’io in conversione, e ci lasciamo assorbire dalla luce dell’io in relazione, diventiamo spontanea-mente creativi, lasciamo cioè che nuova vita venga creata tramite noi, qualunque cosa facciamo: peliamo una patata, scriviamo in questo blog, o teniamo una conferenza.

    La creatività è in altri termini lo stato “naturale” dell’io, quando ci allineamo con il Principio Creatore che adesso continua a creare il mondo, incrementandone tramite noi la bellezza.

    Ciao. Marco

  7. Carissima Giuliana, ogni nostro compito: andare a scuola o fare la spesa, lo possiamo vivere nei diversi stati che ricordavo prima a Mariapia.

    Ogni cosa può diventare una “rogna”, un peso, nel momento in cui ci separiamo dalla vita di questo preciso momento.
    E’ la vita stessa infatti, che, nell’istante in cui ci separiamo dalla sua fonte, diventa insopportabile, inutile, vana, pesante, e, in fondo, tremenda.

    Il nostro lavoro consiste perciò nell’inesauribile anelito alla connessione, all’unità, e cioè allo stato dello Spirito, in cui tutto è vita, tutto è creazione in atto, adesso, e quindi tutto è gioia e piacere, in quanto la creazione è in se stessa piacere.
    Siamo noi che separandoncene soffriamo a volte della pesantissima vanità del tutto.

    Perciò la regolarità, e alla fine la continuità ininterrotta del lavoro, è l’unica cosa davvero necessaria, anche per goderci poi una passeggiata, il nostro lavoro, qualunque relazione.

    Auguri allora per un anno di nuovo slancio.
    Ciao. Marco

  8. Caro Marco,

    grazie per questi ultimi tuoi ‘Lampi’ che ho meditato a lungo.

    Mi hanno fatto venire in mente molte cose, molti pensieri, e portato a chiedermi ancora una volta il senso della creazione umana, non solo di quella artistica.

    Mi sembra che una delle caratteristiche della VERA creazione umana, personale, oggi – rivoluzionaria come tu dici – sia: il coraggio.

    Che coraggio c’è nella ‘creatività’ dei creativi pubblicitari, degli stilisti, dei produttori televisivi, di quelli che citi nel tuo post ? Nessuna. Essi sono soltanto componenti di un ingranaggio produttivo di cui sono strumenti. Non v’è nessun coraggio, nessun rischio, nessuna generosità.

    La vera creatività invece, io credo presupponga un gettarsi, un darsi completamente: la metafora migliore è quella di generare un figlio. Lo è sempre stato, ma oggi ancora di più è un vero atto di coraggio (che comprende la fiducia e la speranza): quel coraggio che rompe l’esistente con qualcosa di realmente nuovo (e vale per qualsiasi prodotto della creazione umana autentica) perché di essenzialmente autentico, e cioè originale e necessario perché vero.

    Un abbraccio

    fab.

  9. E’ proprio così, carissimo Fabrizio, il coraggio è una componente essenziale dell’atto creativo come tale, qualunque esso sia: dal procreare un figlio, fino a ideare una nuova visione del mondo, su cui giocarsi tutta la vita.

    Il coraggio evoca il cuore, la potenza del cuore, e non a caso, in questa nostra epoca ben poco creativa, il coraggio resta una virtù poco predicata.
    Celebriamo più facilmente l’umiltà, dimenticando che una umiltà senza coraggio potrebbe essere solo un modo per difenderci: farci piccoli, per non essere schiacciati, come le serpi, diceva Zarathustra.

    Direi che per creare, per innovare, per tentare di dire qualcosa di realmente nuovo, ci vuole cuore, e anche molto fegato….

    Un abbraccio. Marco

  10. Rosella mi fa venire il mal di testa, ma anche queste confuse riflessioni (me ne scuso in anticipo…)

    Mutamento antropologico come ri-con-figurazione dell’uomo, della sua identità, del suo io. L’io si dà alla riconfigurazione di se stesso solo se si apre al Tu, alla Relazione, alla Coincidenza, dove il Tu si incarna nell’io.
    Questa Coincidenza attraversa vari stadi di purezza e trasparenza, lungo il cammino. Questa Relazione “Tu-io”, come relazione, è essenzialmente “linguistica”: quando il “frutto coincide con la radice” si può parlare di una vera e propria fioritura linguistica (Canto che si fa Esistenza, direbbe forse Rilke?). Questa “fioritura” è “creativa” e “creatrice”. E’ come ridare i Nomi alle cose e a se stessi… Questi Nomi, che scaturiscono dalla Relazione-Coincidenza, non sono più semplici “parole umane” (o egoiche), ma “suoni cieloterrestri” (Logos incarnato). Forse questi “Suoni” sono davvero in grado di unire ogni lingua della terra, come del resto riesce a volte a fare la vera Poesia. Allora questi “Suoni” sarebbero un “canto corale” (anche qui c’è del Cuore), un Soffio di Verità…

    Un caro abbraccio a tutti voi

    Renato

  11. Bella riflessione, Renato, sì, credo che nello stato dell’io in relazione inizi una nuova lingua, o meglio un modo diverso di parlare: un parlare che non pretende più di conoscere i Nomi, e cioè di darsi una rappresentazione definitiva delle cose e della Creazione; ma che parla ascoltando la rivelazione continua che l’Essere fa di sé tramite noi.
    (Tutto il mio libro “L’Ordine del Giorno” si concentra su questi passaggi.)

    Questo parlare è realizzante: realizza ciò che dice, in quanto si fa voce di un Dire che è creativo in sé, Verbo Creatore. In tal senso Gesù può dire: tutto ciò che DIRETE in questo stato, e cioè immersi nella sostanza del mio Nome, avverrà, avviene, credetelo, credete che sia già avvenuto, nel mentre stesso del vostro dirlo, e avverrà anche nella visibilità terrestre.

    Ardua però è la via del vero parlare in ascolto….

    Un abbraccio. Marco

  12. Una parola diversamente iniziatica: PURAmente coincidente PERFETTAmente, ingenera un disagio?
    E’ irritante poichè realizza sè stessa rompendo gli schemi precostituiti? i pre giudizi dell’ego?
    “Rosella mi fa venire il mal di testa ma anche queste confuse riflessioni”
    Stiamo entrando nel co-rispondere in modo nuovo alla domanda “quale psicoterapia”?
    E se fosse “di tutto un po’ ” per perseguire una possibile convergenza?
    Un fresco solare abbraccio
    Rosella

  13. Enrico Macioci dice

    Il problema, Marco, non sta purtroppo soltanto nella poesia ma in tutto il linguaggio, ovvero nelle parole – mai innocenti – che pronunciamo a noi stessi e agli altri lungo tutto l’arco del giorno tutti i giorni. E nelle parole continuamente violentate e svuotate dai media e dalla cultura dominante, nonché dalla politica. Infatti io apprezzo moltissimo il fatto che nei tuoi discorsi (e quindi non solo nei tuoi millimetrici libri) pesi ogni minima sfumatura d’ogni singolo vocabolo. Ma quando – e come – si potranno raggiungere o quantomeno intravedere un’attenzione e una sensibilità globali al problema/risorsa della Parola?
    A presto.
    Enrico

  14. Carissimo Enrico, hai ragione, il rinnovamento del linguaggio verso un parlare in ascolto è un sommovimento epocale di portata antropologica, che rivoluziona lentamente tutte le relazioni (verbali) umane.

    Tutto il mondo, infatti, che non è altro che un mondo di relazioni verbali, è in crisi: matrimonio, politica, diritto, cultura, comunicazione di massa, chiesa, etc., proprio in quanto il linguaggio dell’ego non dice quasi più nulla, non comunica vita né pensiero, ma non siamo ancora in grado di apprendere un altro “modo di dire”, e quindi un nuovo “modo di fare”.

    Non resta che preparare, addestrarci, consacrarci al Nascente, farlo presente tra di noi, proprio adesso.
    Questo Nuovo Io cresce, non ti preoccupare, godiamo intanto del suo ampio respiro, e costruiamo luoghi (relazionali-verbali-comunicazionali) in cui possa svilupparsi.

    Luoghi come i nostri Gruppu.
    Luoghi come questo sito: scuole di nuova alfabetizzazione.
    Sale-parto.

    Un abbraccio. Marco

  15. Grazie Marco e Rosella. Temevo di essere stato particolarmente “confuso”, ma forse – letti i vostri commenti – questa con-fusione era semplicemente un indizio positivo, l’emergere di qualcosa di nuovo che sfuggiva alla mia volontà di controllo. Cara Rosella il “mal di testa” alludeva al fatto che ciò che senti e dici, e il come del tuo dire, provocano in me uno sforzo positivo mentale (sei una bella sfida). Allora cerco di tradurre quel che dici con parole che mi sono più familiari, ma tenendo aperto il cuore. Mi piace molto l’immagine della “sala-parto” evocata da Marco, e mi piace anche ri-sottolineare l’immagine di Rosella: “il frutto coincide con la radice”. Queste immagini parlano del Nuovo, del suo Evento, che oggi forse accade come un miracolo, come in una sorta di Pedagogia al Nuovo. Mentre ci prepariamo tra mille difficoltà e cadute, l’Evento ci rinforza con assaggi di Nuovo…

    Grazie a tutti
    Renato

  16. caro Renato,
    ti ringrazio molto, sò di essere “una bella sfida” (soprattutto per me stessa e Gianni); ma, credimi raramente mi son sentira presa in considerazione, così desidero fornirti un altro spunto di riflessione:

    ” questa con-fusione era semplicemente un indizio positivo, l’emergere di qualcosa di nuovo che SCFUGGIVA ALLA MIA VOLONTA’ DI CONTROLLO.”.

    Che ne pensi per il fatto che in modo “poetico/fondativo” la risposta che mi ha chiesto Marco in questo post, risiedesse nel precedente?
    Mi era pervenuta non riconosciuta e l’avevo postata, sotto forma di metafora, esattamente nel rispondere a Paola (che per pura coincidenza è moglie di Marco), circa il come si “contiene il caos?” (non mi riesce di fare copia incolla, sto ancora al mare, vedi nel post di Massimo).

    Ritengo che l’elemento culturale iniziatico (differentemente dal fondamento poetico)necessiti di questo elemento metodologico:
    Il senso/significato della vita sta nel suo concepimento, nel suo inizio (nel seme).
    La vita non avrebbe la necessità di cercare il proprio senso, se non fosse stata concepita.

    In fondo LA RISPOSTA CI PRECEDE, come se quel “precedere in Galilea del Risorto” O “l’andare avanti a prepararci un posto presso il Padre”, fosse la strada iniziatica che costruiamo,(piantando il seme) poggiando il piede a terra,danzando o calpestandola.
    Noi costruiamo nel riconoscere CONTEMPORANEAMENTE un già dato? un già fatto?
    Come se “seguire uno che ci precede”, consentisse di costruire il nostro futuro?
    Di fatto sulla linea del tempo, nel transito terrestre, seguendo Cristo NOI PRECEDIAMO COLUI CHE STIAMO SEGUENDO?
    Consentendogli di nascere/incarnare nella storia umana, mentre operiamo per la cotruzione del Regno di Dio sulla terra?
    Ciao a tutti.
    a presto
    Rosella

  17. Carissima Rosella, pur non nascondendo la mia difficoltà nel leggerti (vera e propria pro-vocazione, la tua presenza), provo a dialogare partendo da ciò che credo di aver intuito… Credo di concordare con ciò che dici: la risposta ci precede, alimenta il nostro domandare (o abitare il mondo). Il Senso, indicando la via, deve essere già dato, già intravisto come in una visione profetica.
    Ti propongo, perchè le tue riflessioni me lo hanno ricordato con forza, un passaggio del poeta Char che dialoga con Heidegger a proposito di Rimbaud e della sua convinzione che la Poesia preceda l’azione. Dice René Char:

    “Poesia, sopra-mente dell’azione, pensiero che domina il corpo dell’universo, come l’immaginazione visionaria fornisce l’immagine di ciò che apparterrà allo spirito forgiatore che la sollecita…
    Il pensiero, in virtù della parola stessa, lascia sempre la poesia precedere l’agire. E la poesia si porta dietro il contenuto imperfetto dell’agire in una corsa perpetua vita-morte-vita.
    L’azione è cieca, è la poesia che vede. Una è unita da un legame madre-figlio all’altra, il figlio precede la madre e la guida più per necessità che per amore…
    La poesia è la legge, l’azione è il fenomeno. Il lampo precede il tuono, illuminando dall’alto in basso il suo teatro, donandogli valore istantaneo. La poesia è il movimento puro che dà ordine al movimento generale. Ella insegna il paese liberandosi. La poesia non ritma più l’azione, ma si porta avanti per indicarle il cammino mobile. E’ per questo che la poesia giunge sempre in anticipo. Essa prepara l’azione e, grazie al suo materiale, costruisce la Casa, ma mai una volta per tutte…
    La poesia sarebbe pensiero cantato. Sarebbe l’opera che sta davanti all’azione, sarebbe la sua conseguenza finale e slegata. La poesia è una testa cercante. L’azione è il suo corpo. Compiendo una rivoluzione esse fanno coincidere la fine con l’inizio. E così di seguito secondo il circolo”.

    Mi scuso per averla fatta lunga, ma sono certo che Rosella saprà fornirmi illuminazioni circa questo brano di Char.

    Renato

  18. Esprimo un commento sul brano che mi hai sottoposto, a prescindere da chi lo abbia scritto ed anche dalle persone tra le quali avviene il dialogo.
    In fondo io sono una solitaria che legge la realtà a partire dalla riflessione sulla propria esperienza personale. Non altro, il resto mi sarebbe impossibile. O.K.?

    “Poesia, sopra-mente dell’azione, pensiero che domina il corpo dell’universo, come l’immaginazione visionaria fornisce l’immagine di ciò che apparterrà allo spirito forgiatore che la sollecita…
    Il pensiero, in virtù della parola stessa, lascia sempre la poesia precedere l’agire. E la poesia si porta dietro il contenuto imperfetto dell’agire in una corsa perpetua vita-morte-vita.
    L’azione è cieca, è la poesia che vede. Una è unita da un legame madre-figlio all’altra, il figlio precede la madre e la guida più per necessità che per amore…”

    Io considero la poesia la sintesi dell’azione, il suo momento fondante.
    Nulla è più radicato, radicale ed esaustivo di UN PENSIERO CHE MI PENSA. (io in relazione?)
    Anche l’immaginazione visionaria ritengo possa considerarsi un atto poetico.
    Difficile è porre il gesto adeguato alla sua realizzazione, poichè mi pare che non abbiamo ancora fatto un’esperienza sufficiente dello stato Mariano, quello della gratitudine, dell’esultanza e della gioia, da cui lasciare fiorire la pianta della vita. in PERFETTA PURA COINCIDENZA.
    Mi pare che questo sia il punto cruciale del passaggio, dall’io in relazione, all’io Mariano che ci dona il figlio”
    oggi mi soffermo su questo, raccontandolo a mod mio.
    Maria è la donna più poetica che esista, nella sua SOBRIA ASSERTIVITA’, dopo aver posto all’angelo (Gabriele) le domande adeguate si è limitata ad un semplicissimo SI’.
    O.K., O.K. più o meno, e NON E’ TUTTO.
    Veniamo al Magnificat, mi piace immaginare che quando Maria salì a visitare la cugina Elisabetta, avesse gia parlato con Giuseppe di quanto stava accadendo. Ed anche che Giuseppe, dopo aver dialogato con “il pensiero che mi pensa”, avese già tranquillizzato Maria circa il fatto che non solo non la rimandava in segreto, ma che si sarebbe preso cura di Lei e del Bambino, proprio come se fosse stato il suo stesso figlio.
    A Maria, ne erano capitate parecchie, una dopo l’altra di faccende strane; ma, tutto, proprio tutto, pareva la sollevasse su ali d’aquila.
    Aveva nel cuore una gioia incontenibile per il fatto di essere diventata misteriosamente madre ed anche di una riconoscenza che produceva una intimità reale e profonda verso il suo sposo Giuseppe. Una intimità che non aveva mai conosciuto e che esplose unificando cielo e terra, senza falsa umiltà, ma nella gratitudine al Padre che sta nei cieli e incontenibile ri-conoscenza verso Giuseppe che si accingeva ad esser padre e al suo fianco, sulla terra.
    Secondo me questo è il punto focale della faccenda.
    Se vi è in atto un cambiamento antropologico è proprio questa NUOVA EVIDENZA.
    La coniugazione tra cielo e terra in una perpetta pura coincidenza.
    Questa cosa non è marginale… è la difficoltà che abbiamo a vedere come germoglia un seme.
    Col cavolo che condivido questa affermazione:
    “Una è unita da un legame madre-figlio all’altra, il figlio precede la madre e la guida più per necessità che per amore…”
    come fosse un fatto ineluttabile.
    Per ora è molto così, ma: io non ci sto!
    ciao, a domani.
    Rosella

  19. 2^ parte –
    forse dovrei essere un poco più gentile, in fondo ciò che non condivido è questo atteggiamento di “fotografare l’immagine della realtà” come se fosse la realtà.
    Questa incapacità a vedere la speranza, (quell’invisibile che attiene al presente, alla realtà).
    Quel che non accetto è l’assenza di FORZA che proietti/affermi la PASSIONE DI UN DESIDERIO. Una sorta di: natura morta.
    Queste parole sono peggio di una pugnalata.
    Questa azione cieca che unisce la madre al figlio e questa vista che tira avanti, la si può definire poetica?
    L’azione è cieca perchè il progetto NON SI ABBANDONA ad un desiderio di pienezza di vita, ma LANGUISCE NELLA SOLITUDINE dell’impotenza materna. La mano del figlio non ha altri che lei. La colpa originaria s’insedia come fosse un testimone che passi di mano in mano. Il figlio se aiuta la madre per necessità, forse un briciolo d’amore lo vive.
    Insomma io penso che il terzo millennio debba avere come patrono San Giuseppe.
    Lui è proprio l’icona adeguata alla verginità matrimoniale. Che non è certo quella di non avere rapporti con la sua sposa (almeno per quel che concerne noi, miseri mortali). La verginità nella coppia separa il figlio e la figlia dai genitori, nel tabù dell’incesto la radice del Sacro. In fondo si trasfigura un divieto, ponendolo nella luce della pienezza della grazia: i genitori nel loro essere sposi, iniziano a separare il figlio radicandolo nel fonte battesimale.

    Ora procedo più spedita
    “… La poesia è una testa cercante. L’azione è il suo corpo. Compiendo una rivoluzione esse fanno coincidere la fine con l’inizio. E così di seguito secondo il circolo”.
    La poesia è cercante, come solo il desiderio del cuore sa anelare. L’azione ri-conoscente (la mente riconoscente il cuore: non parlo se prima non tocco la gioia non voglio mentire) è il suo corpo.
    Compiendo una rivoluzione esse fanno coincidere la fine con l’inizio… secondo il circolo(un circolo vizioso? lo stereotipo?).

    Il cerchio senza inizio e senza fine E’ l’eterno in cui siamo?

    Il tempo è lineare e ciclico, la sua sintesi è il punto (il bing bang). Dal punto diparte la linea, retta curva che informa l’immagine.
    Il punto è la mappa cromosomica, l’immagine il corpo sulla linea del tempo.
    Nel processo d’individuazione (se ho capito qualcosa in merito) abbiamo un equilibrio tra anima ed animus, tra gli opposti che si completano.
    Noi ne parliamo come se questa fosse “la cura” cui taluni possono accedere, ma: “Questo non potrebbe essere il percorso “naturale” che il bambino proveniente dalla fusione, compie nell’essere separato, con amore, dalla madre e dal padre sino alla pubertà? Sino all’innamoramento?”
    In fondo addivenire ad essere un individuo è il presupposto per potersi coniugare con altro da sè sulla linea del tempo, per poter effettuare delle scelte personali, libere ed adulte. Per fiorire al cielo l’albero della vita.

    Forse la faccio facile ma se proprio desideriamo vedere un cerchio senza inizio e senza fine, vediamo una fede d’oro al dito degli sposi.
    Quell’io mi fido di te, necessario (necessità attiene all’amore) a coniugarsi.
    Oppure colmiamolo di bianco, come sintesi di tutti i colori della vita e nutriamone il nostro corpo e lo spirito come in perfetta COMUNIONE.

    Ciao.
    fine
    Rosella

  20. Carissimi, mi pare che Char voglia semplicemente dire che il piano immaginativo precede e in fondo pro-crea quello fenomenico.

    Prima vengono i pensieri, le immagini, e i sentimenti connessi, e poi segue la realtà, il comportamento, le situazioni.

    Antica sapienza hindu, ma anche cristiana.

    Ecco perché dobbiamo stare molto attenti non solo a ciò che facciamo, ma anche a ciò che immaginiamo, ad esempio negli stati di paura o di rabbia…. anche l’inconscio procrea realtà, produce mondi in cui poi ci ritroviamo a vivere.

    En arché en o lògos: nel principio c’è sempre un’immaginazione, un verbo, una parola.

    Forse in Char, che qui ripete Rimbaud, non è sempre chiaro il problema che sussistono diversi modi di immaginare, diversi “spiriti” immaginativi, e quindi anche diverse attitudini poetiche, che possono procreare il Regno della pace oppure l’inferno….

    In questo Char mi pare che resti troppo greco, anche se nella sua poesia spesso è mosso proprio da uno spirito cristico, non riconosciuto, ma evidente…

    Marco

  21. Caro Marco,
    non mi è ancora passata. Ho ancora parole che premono.
    Stare in vacanza mi ha rilassato e compresso contemporaneamente.
    Ieri, tentando di corrispondere a Renato ho dimenticato, la ciclicità del tempo “sono la stessa eppure diversa” ogni primavera è un’altra primavera; così come sono il punto di sintesi poetica “il bing gang” e l’immagine culturale sulla linea del tempo che sta evolvendo. Passato presente e futuro contemporaneamente nel contemporaneamente.
    Io sono così, come lo sei tu e come lo siamo noi tutti ed il cosmo: NEL CONTEMPORANEAMENTE.
    Sai, se non fossi pigra mi laurerei in fisica.
    Come mi piacerebbe sapere tutto ciò che l’uomo ha conosciuto sino ad oggi.
    Ma, ignorante come sono, “me la cavo” arrangiandomi, con un approccio “multimediale” alla realtà.
    Fisso L’ APICE permanendo immobile nel SUO FONDO.
    M’intriga ancora il linguaggio.
    Ho omesso un particolare: questa sintesi di PERFETTA PURA COINCIDENZA è possibile giocarcela attraverso ogni linguaggio utilizzato dall’uomo?
    Mi pare di poter aggiungere che sarebbe necessario, verificare con tutti i linguaggi (poetico, scientifico, religioso, psicologico, fisico ecc. ecc.) questo gioco di perfetta pura coincidenza.
    Per avere un riscontro RI CONOSCENTE fatto con cuore grato, forte di una passione che nasce dal desiderio di partecipare alla costruzione del regno, di una vita vivibile sin dal cuore, nella sua più intima realtà.
    Mi sembra che questo possa portare a compimento quanto proposto, e ciè: “che ogni identità culturale a partire da quel Nessuno conosce nessuno e nessuno è nessuno, purifichi il linguaggio radicandolo nella pura coincidenza”. Non già a partire da una pignoleria asettica e puntigliosa, ma dalla liberazione fluida del proprio cuore che innalzi una lode.
    Come un argine che si erge SPONTANEAMENTE quasi da sè.

    Come si riordina “il caos”? CHI NON FA NIENTE NON SBAGLIA MAI
    La domanda da porsi è: come si forma l’argine?
    OSSERVIAMO, sospendiamo il giudizio e “lasciamo che accada”.
    L’acqua scorre dalla sorgente al mare, ricreando “terra nuova” nel suo stesso alveo. L’acqua scorre mentre l’alveo non conosce nè da dove venga ne dove vada. L’alveo si lascia all’acqua che lo trasforma in humus e trasfigura.
    Sono la rondine e il passero di passaggio, che affaticati si ristorano all’ombra frondosa dell’albero che affonda radici profonde nella sponda a godere e gioire riconoscenti l’ INSIEME.
    L’albero consolida la sponda nutrendo sè stesso, traendone la forza necessaria al rigoglio della fronda sulla quale, passero e rondine “si rilassano”, lanciando al vento il loro garrulo cinguettio.

    Io ti/vi ho incontrato in “una benedizione” per l’anniversario di una nascita, a quanto pare la tua “per il 41° compleanno”.
    A me sembra di comprendere questo:
    “tu stai condividendo, in questa sala parto cosmica in modo partecipativo/immedesimativo il travaglio della donna.
    Ma è la madre che pur immersa nel travaglio, spinge fuori LA VITA il frutto germogliato nella terra dal seme paterno, per goderne il misterioso gaudio INSIEME (al padre ed al figlio come nella dinamica di Caana “nelle nozze” ).
    Sai in sala parto alla donna tocca rilasciare il perineo per favorire il moto propulsivo autonomo del figlio e CONTEMPORANEAMENTE, a questo lasciarlo andare, spingere per gettarlo tra le braccia accoglienti del padre perchè lo riconosca grato, imponendogli il suo nome.
    Forse la donna è bene che segua il marito (secondo le indicazioni di Paolo) poichè è la terra nella quale germina il seme dell’altro.
    IO SONO TU CHE MI FAI
    Non male!!!
    Così come è bene che il marito ami la propria moglie come carne della sua carne e la faccia regnare nel suo STESSO REGNO.
    Senti se esondo: “che qualcuno mi fermi”..
    Dieci righe dieci, sono alquanto al di là da venire.
    Buona giornata a tutti. ciao
    Rosella

  22. Quando ho postato non avevo letto l’intervento di Marco, io mi rendo conto che: “non mi curo del male”
    E’ necessario che ci rifletta.
    Nella mia vita io cerco la Vita, il Risorto. Attraverso il male come fosse la morte… Un passaggio obbligato ma di cui “non ho cura” non m’interessa.
    Eppure lascia il segno il dolore, di devo dormire sopra.

  23. Grazie Rosella e Marco, davvero.
    Non saprei da che parte iniziare, perchè – Rosella – le tue riflessioni sono così ampie, profonde e così “tue”, che mi ci vorrebbero anni di vita e di pensiero per ripercorrerle e comprenderle come meritano. “Sento”, questo sì, che le tue parole colgono molto spesso nel “vero”(le sento coincidenti). Se posso riprendere una delle tue bellisime immagini, tu sei quell’acqua ed io l’alveo, e devo imparare a pazientare e crescere. Prendo tempo ma con la promessa di non sciuparlo.
    Grazie davvero.
    Renato

  24. Grazie Renato, veramente!
    Mia madre diceva sempre “bisognerebbe fare un monumento a chi ha inventato il letto” quando si coricava stanca la sera.
    Che bello se le braccia dei nostri mariti fossero sempre gli argini accoglienti del letto nel quale scorrono le ore del giorno.
    Un letto in cui riposare per poter ricontattare il nostro eros creativo.
    Ciao… e che la vita esaudisca benedicente il desiderio del “vostro” cuore.
    Rosella

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