Che fine ha fatto l’innocenza ?

Commenti

  1. Caro Fabrizio, hai toccato un argomento da niente eh!
    Penso che scorrerebbero facilmente fiumi di inchiostro a riguardo.
    Io per il momento cerco di meditare una osservazione sensata alla luce del lavoro che grazie a Marco siamo chimati a svolgere nei gruppi, ed appena l’avrò chiara nella mente proverò a scrivere.
    Sento molta empatia con quanto sapientemente e argutamente hai sottolineato (in grassetto) e forse quella lancinante malinconia di cui spesso mi sento preda sembra ora proprio la nostalgia di quell’innocenza perduta che appare a volte così lontana … per i ben noti motivi di questo mondo.
    A presto.
    Marco F.

  2. Caro Fabrizio
    grazie di questa tua riflessione che sicuramente non lascia indifferenti, come dice Marco.
    Mi ritrovo molto in quello che dici, spesso torno con la mente ed il cuore a com’ero, a come sentivo nei primi anni della mia vita, e devo dire che mi riesce piuttosto facile perchè credo di avere una buona memoria emotiva; da quando poi ho iniziato il corso Darsi Pace questa mia propensione è stata incoraggiata e messa sulla strada giusta, mettendomi in guardia da una facile regressione o rim-bambimento 😉

    Mentre leggevo le tue parole ho subito pensato al percorso psicologico che facciamo con Marco, che ci conduce a individuare la nostra originaria ferita, a indagarla in tutte le implicazioni, a spiegarla, ad ascoltarla, a curarla con il balsamo della preghiera. Da quel momento, dall’apertura di quella ferita, abbiamo iniziato a perdere la nostra innocenza, a venire a patti con il mondo inquinato dal male che prima non aveva potere su di noi.
    Credo che molto si possa fare con la consapevolezza e la cura quotidiana di sè, ma soprattutto sentendo che non siamo mai soli e che il Padre, se lo vogliamo, ci accompagnerà alla conquista definitiva dell’innocenza perduta.

    Con affetto
    Filomena

  3. Caro Fabrizio grazie per questo post bellissimo ed innocente!
    Penso che le tue parole siano la prova che l’innocenza, almeno come tu la intendi e che faccio mia, è sempre presente in ognuno di noi. E’ vero, quando si pensa all’innocenza si pensa quasi automaticamente alla purezza dei bambini, eppure noi siamo chiamati ad essere adulti, a vivere in modo maturo con la semplicità e l’innocenza di un bambino. Una vera impresa da Dio! Noi non possiamo esserLo ma siamo chiamati in ogni occasione della nostra vita a seguire l’esempio di chi come Gesù ha interpretato tutto ciò nel migliore dei modi. (Gesù, figlio di Dio, l’Innocente, morto in croce forse ci dovrebbe far riflettere su come la via dell’innocenza, non so se inevitabilmente, ma molto spesso passa attraverso la via del dolore. Non un dolore fine a sé stesso ma un dolore salvifico, che porta alla salvezza, si quella salvezza di cui anche tu parli a fine commento e che oso dire sicuramente ci riguarda tutti.)
    Eppure caro Fabrizio a pensarci bene ogni età ha la sua innocenza, nel senso che viene vissuta in modo diverso. Negli ultimi mesi mi sono scontrato con l’ineluttabile cammino verso la vecchiaia sia di mia madre (77 anni Parkinsoniana da 10 anni) sia di mia zia che per me è come una seconda madre (85 anni ormai piegata quasi a 90 gradi sulla schiena e con inequivocabili sintomi di demenza senile) sorelle, due corpi un’anima sola. Posso assicurarti che l’amore che provo verso di loro deve essere spesso pari alla pazienza che bisogna trovare nel profondo anche solo per scambiare quattro chiacchiere. Ma l’innocenza che queste donne, che hanno passato tutta la loro vita a servire la loro famiglia, emanano ti assicuro Fabrizio non è molto diversa da quella che sprizzano gli occhioni di Isabella!
    Io credo che possiamo, che dovremmo – e sarebbe bello se anche lo volessimo! – cercare l’innocenza che è in ognuno di noi e in qualsiasi persona accanto a noi.
    Un abbraccio e grazie ancora.
    lello

  4. Quest’anno lavoro in supporto ai colleghi di prima elementare per seguire 18 alunni stranieri di 12 nazionalità diverse, sei dei quali non conoscono la lingua italiana.

    Per me, abbastanza vicina alla pensione, è una nuova avventura nella quale mi sento sostenuta proprio dall’innocenza che brilla negli occhi dei bambini: i loro sguardi puliti, la chiarezza dei loro gesti, la comunicazione che arriva pur senza le parole mi aiutano a vivere il presente e a sentire in esso la magia della vita.

    Ed intanto continuo ad accogliere le mie imperfezioni, a liberarmi dai miei attaccamenti e dalle identificazioni che mi dicono la lontananza-nostalgia dal mondo infantile.

    Giuliana

  5. Personalmente non penso che l’Uomo nasca innocente.C’è una rottura che ci accompagna forse già dal concepimento.Ho sempre sentito in mè(dai primissimi ricordi)due correnti:una che ama e non vuole nuocere a nessuno e l’altra che odia invidia e separa in continuazione.Crescendo la seconda è sempre stata molto presente manifestando tutti i suoi frutti(isolamento,rabbia,pensieri di morte).Quindi questa innocenza primaria non so bene cosa sia(se non un limbo nebuloso),e il rivendicare quell’istinto iniziale un’illusione egoica.Dio avrebbe permesso che nascessimo belli lindi per poi insozzarci?ma per quale gioco morboso?Se eravamo innocenti perchè questa detenzione?Un dio così come dice MG(Marco Guzzi)tenetevelo pure io passo dall’altra parte.Forse non c’è nessuna innocenza da rimpiangere ,ma solo da inventare(sappiamo veramente cosa sia?)facendo spazio a pensieri Nuovi.

  6. Fabrizio Falconi dice

    @ grazie Marco: penso anch’io che quella nostalgia inspiegabile per un ‘eterno ritorno’ che desidereremmo e che a volte sentiamo si riferisca alla sensazione che tu descrivi.

    @Filomena: grazie davvero, sono convinto che – come dici – il ‘lavoro’ per preservare in noi una parte di innocenza e perseguirla nella vita quotidiana insensata che spesso conduciamo da adulti, sia un cammino di consapevolezza che non finisce mai e che ci accompagna (o meglio, ci dovrebbe accompagnare) per tutta la vita.

    @ Lello: quello che scrivi mi tocca e mi commuove profondamente, perché rivedo e ri-sento quello che provai davanti a mia madre nell’ultima parte della sua vita. E’ proprio esattamente quello che intendevo: è talmente chiaro che la nostra innocenza primigenia è sempre presente in noi, anche quando facciamo di tutto per ucciderla e negarla, che basta vedere cosa accade a questi meravigliosi vecchi, che poi saremo anche noi un giorno, nei quali – come in una sorta di pre-annuncio e di introduzione al nuovo stato o di semplice ritorno – rinasce lo ‘spirito bambino’ della nascita, ritorna in nuove vesti e in una forma forse ancora più radicale.

    @ Giuliana: sei, in effetti, privilegiata. Nella mia vita avrei e ho sempre desiderato avere a che fare con i bambini. Credo che chi lavora con loro, oltre ad avere mille responsabilità in più, abbia però in cambio un notevole privilegio: quello di abbeverarsi ogni giorno ad una fonte vigorosa e ancora limpida.

    @ Davide: non so, Davide, se tu hai avuto un figlio. Quando nasce un bambino credo che la sua innocenza sia talmente evidente da non poter essere messa nemmeno in discussione. Forse il tuo ricordo è una proiezione dei tuoi anni adulti (è scientificamente provato che i primi ricordi permanenti si formano nella corteccia cerebrale a partire dai 3/4 anni) e di quello che hai vissuto dopo.
    Poi che significa: ” Dio avrebbe permesso che nascessimo belli lindi per poi insozzarci ?” Ma chi l’ha mai detto ? Questo non è proprio il Dio dei cristiani. Non è il Dio di cui parla Gesù Cristo. Dio ci ha semplicemente fatti liberi. Dio non ha voluto creare adoratori schiavi. La creazione è un atto di amore. E l’amore presuppone la libertà dell’amato. Senza questo, non esiste nessuna forma di amore.
    Siamo noi a scegliere, come sempre.
    E siamo noi che scegliamo, da adulti, quale strada scegliere e cosa fare della nostra vita. In ogni istante.

    f.

  7. le cose spesso sembrano essere proprio quello che sono:

    una serpe in seno
    è l’innocenza
    che t’allevi
    nella sua natura
    il mordere
    nel veleno
    la tua cura

    ciao Davide
    Rosella

  8. Fabrizio Falconi dice

    Rosella, penso esattamente l’opposto: l’innocenza è la cura, il veleno quello che ci auto-inoculiamo ogni giorno con le nostre inutili circonvoluzioni mentali auto-riferite.

    f.

  9. O.K. Fabrizio:
    allevarsi una serpe in seno è sapienza
    innocenza consapevole, evoluzione
    crescere “la stirpe” nell’amore
    riconoscendone la ferita della/nella libertà (la scelta)
    sanguinare nel morso dell’emancipazione
    nel dolore lasciare che si dilati il cuore
    nell’Amore alla sua/Sua cura.

    c’è dell’altro, come Cleopatra o l’omeopatia, ma, “si fa da sè”
    un abbraccio
    Rosella

  10. ho risposto troppo presto.
    Era meglio lasciassi celare nel suo fondo il sasso, ancora per un po’.
    L’efficacia della ricerca ne poteva risultare avvantaggiata.
    Sbagliando s’impara.
    Sarà per la prossima volta.
    Un abbraccio a tutti
    Buona giornata
    Rosella

  11. Carissimo Fabrizio,
    il problema dell’innocenza dei bambini è davvero complesso. Come dici, effettivamente i bambini appena nati “sembrano” del tutto innocenti, e infatti è difficile che possano nuocere a qualcuno.

    Ma questo dato di fatto attesta una loro purezza sostanziale? o soltanto una temporanea impossibilità di mettere in atto potenzialità tutt’altro che innocue, che infatti verranno presto fuori in tutta la loro virulenza?

    Come sai, noi cristiani cattolici non a caso battezziamo i bambini appena nati, per dare loro un’innocenza che non posseggono: l’abito bianco della redenzione.
    Quest’abito poi a sua volta è solo un seme, che, come purtroppo constatiamo, non sempre fiorisce e dà frutti di pura bontà.

    Per i popoli asiatici, d’altronde, è ovvio che un bambino sia solo il prodotto di portati karmici molto antichi, e tutt’altro che innocenti…

    E’ vero l’uomo pensa a volte al Paradiso Perduto, ma esso è molto al di là, nella retrocessione, di ogni passato temporale: esso è all’Inizio, in questo ADESSO che può farci godere dell’innocenza reale, quella di Dio.
    L’innocenza infatti è sinonimo di santità e mi pare che questa la conquistiamo in un lavoro creativo, pro-creando quella Nuova Umanità, davvero santa, che è il Cristo stesso partorito in noi e da noi in questa lunga storia umana.

    Perciò nell’orizzonte spirituale cristiano la nostalgia è un sentimento abbastanza negativo: indietro c’è sempre un qualche Egitto schiavo, chi si volge indietro non è idoneo per il Regno, mentre la Terra Promessa è sempre davanti a noi, e come san Paolo siamo chiamati a correre, dimentichi del passato, verso la realizzazione dell’Opera di Dio.

    Il cristiano sogna cioè sempre “en avant”, per dirla con Char, e sogna sempre un’opera da creare, un mondo da creare, una santità da creare: niente di dato, ma qualcosa di voluto e di procreato liberamente e consapevolmente.

    Un abbraccio. Marco

  12. Fabrizio Falconi dice

    Caro Marco,

    hai ragione. Infatti parlavo della ‘nostalgia’ di questo paradiso perduto come di qualcosa di cui bisognerebbe liberarsi, per cercare invece di attuare ciascuno nelle proprie vite quella ‘innocenza di Dio’ di cui parli.

    Sulla innocenza dei bambini, in effetti, il discorso è molto difficile e la materia è peraltro ancora avvolta dal più fitto mistero. La scienza non sa nulla di cosa avviene nella mente di un neonato e ciascuno può trarre le conclusioni che vuole.

    Teologicamente poi questo del Battesimo imposto ai bambini neonati è – come sai – un forte argomento di discussione, perché c’è chi sostiene – non senza qualche ragione – che il Battesimo dovrebbe essere ricevuto quando l’essere umano ha sviluppato una coscienza, è in grado di scegliere tra male e bene ed è cioè in età adulta (come del resto è avvenuto per lo stesso Gesù Cristo che pretese di ricevere il Battesimo dalle mani di Giovanni, il Precursore).

    Un abbraccio.
    f.

  13. Fabrizio,
    ieri avevo fatto una riflessione molto diversa da quella odierna,
    Pensavo che in questi nostri tempi la fragilità dell’infanzia viene prevaricata e violentata nella sua innocenza, spesso nei luoghi in cui dovrebbe fiorire, la famiglia ed anche la chiesa.
    Ritengo che l’innocenza sia “originaria”, concepita sin nell’origine anche mia : Reale origine Divina, mentre m’incarno nella materia nascente/apparentemente “moritura” nella mia finitezza.
    Quel che mi addolora veramente è il constatare come s’impedisca l’evoluzione verso “il sacro” dissacrando l’innocenza: “sono bui questi segni dei tempi”.
    Sai Fabrizio, noi due davanti ad un bicchiere “di vino” ci intenderemmo magnificamente, ma questo arrancare/faticando, almeno per me è fonte di una maggiore pienezza.
    ciao
    Rosella

  14. Fabrizio Falconi dice

    Sono del tutto d’accordo, allora. Nei versi che avevi postato prima avevo capito tutto il contrario.
    f.

  15. …ho una passione (positivo) la pretesa (negativo?) di trapassare gli strati dell’evidenza, per gustarmeli uno ad uno, come fossero “cipolla” (lacrimando negli occhi) per osservarne la “perfetta pura coincidenza”
    Così la vita “mi gusta”
    bello il post e bello il video.
    grazie e ciao

  16. che fine ha fatto il video???

  17. Enrico Macioci dice

    Circa un anno fa è nato mio figlio, e pochi giorni dopo mi sono messo a scrivere un lunghissimo romanzo (che chissà se editorialmente vedrà mai la luce), incentrato su una strana famiglia in cui c’è un nuovo arrivo, il Principino Poppy (perdonate il nome, il romanzo è grottesco). Siccome nella scrittura alle volte si dicono cose che non si sa nemmeno di pensare a livello conscio, trascrivo qui sotto un piccolo brano tratto da un capitolo in cui l’attenzione è concentrata su Poppy poche ore dopo la nascita, nella stanza d’ospedale; mi sembra significativo rispetto a quello di cui si sta parlando.

    “Pensa Poppy tutte queste cose ed altre ancora in quella lingua intraducibile cui prima abbiamo fatto cenno, né sappiamo se tale lingua si tramuterà dopo nell’idioma umano, oppure se si ritirerà in qualche oscuro anfratto di Poppy che nemmeno Poppy sa di possedere né mai più lo saprà finché vivrà questa vita che dimentica, che è una continua fatale dimenticanza. Man mano che Poppy apprende, Poppy dimentica. Man mano che Poppy conosce, Poppy cancella. Gli aloni che lo circondano sono ora più chiari ora più scuri, lo sfiorano come ragnatele irreali, paiono minacciarlo oppure accarezzarlo, e i rumori sono anch’essi aloni, assai diversi da quelli dell’altra vita, la vita che Poppy sta dimenticando d’aver vissuto, di vivere per sempre e da sempre.”

    Debbo dire che la mia memoria emotiva è abbastanza addormentata, e che non ricordo minimamente i miei primi anni. Non tento mai di risalire con la mente alle mie origini. Non mi ricordo mai come innocente o come nuovo. Eppure quando ho scritto queste cose ero piuttosto convinto di scriverle, e non mi sembrava soltanto un artificio scriverle; e un po’ tutto il libro – che, ripeto, è molto lungo – tocca temi simili, il Prima, la Caduta eccetera. Parrebbe dunque che portiamo in noi un senso non solamente del Dopo ma anche del Prima, un senso della vita terrena come parentesi. Sbaglio?

  18. Sono d’accordo con te, Fabrizio; anch’io mi ritengo privilegiata per il lavoro che svolgo e per svolgerlo con passione.

    Anni fa, fui vicina a mio padre, prima, e poi alla mamma durante una lunga malattia: vederli degenerare lentamente e accompagnarli al termine del loro transito terrestre fu per me molto doloroso. Dovevo, inoltre, affrontare molti problemi indipendenti dalla loro malattia, ma ero chiusa in me stessa e incapace di curare la mia sofferenza.
    Furono soprattutto i bambini a tenermi in vita: la loro energia, il loro modo di essere dentro ogni azione, la loro capacità di affidarsi furono per me nutrimento.

    Il lavoro di autoconoscimento e la meditazione che Marco ci propone mi aiutano ad essere più consapevole e a cambiare.
    Uno dei motivi che mi sollecitano a perseverare in esso è rendere la mia trasformazione un grazie a ciò che la Vita mi ha offerto e continua ad offrirmi, ma anche quello di ricambiare i bambini del dono che mi fanno: quello di esserci.

    Caro Enrico, penso che essere nati ci abbia separato da uno stato di unità che ci origina al quale aneliamo perché si fa sentire in noi che però viviamo la dualità.
    Spero che il romanzo venga pubblicato, mi piace il tuo modo di scrivere.

    Grazie a tutti.
    Giuliana

  19. Caro Fabrizio, tema complesso quello che hai sollevato! Personalmente sono portata a prestare attenzione alle parole d’ordine della nostra società, perchè anche se il fine è quello di oscurare/ostacolare la verità (azione satanica), di fatto la controfigurano, e ascoltandole con attenzione si può intuire la verità da far emergere, proprio quella che vogliono oscurare.

    Nessuno è innocente, tutti siamo colpevoli è, a mio avviso, una grande verità. Non lo è naturalmente la conseguenza che se ne trae, l’obiettivo di oscuramento della verità che si vuol realizzare!

    C’è una ferita d’origine che ci portiamo dentro, impressa nel nostro DNA, una tendenza a separarci dalla Vita, dalla Fonte della nostra vita, a provare invidia della sua pienezza, a tentare di saccheggiarla. Questo il peccato di origine con il quale tutti nasciamo, lo stato che ci caratterizza fin dall’inizio: stato non innocente (=incapace di nuocere), solo inconsapevole di nuocere. Ritengo l’innocenza, lo stato di integrità-immacolatezza, più uno stato da raggiungere che una condizione data alla nascita.

    Gli studi psicoanalitici sui bambini sembrano confermare questo. La Klein e Winnicott, psicoanalisti che per primi si sono occupati di bambini, parlano di aspetti sadici/distruttivi, di invidia primaria, di angosce terrificanti, che caratterizzano il mondo interno del bambino nei primi mesi di vita; mondo primitivo, espressione di un Io arcaico che si difende scindendo gli oggetti in buoni (seno buono che da il latte) e cattivi (seno cattivo che nega il latte). L’oggetto buono, sentito come onnipotente, grandioso e irrangiungibile, può diventare oggetto di invidia (invidia primaria): il bambino mira a possedere, svuotare, esaurire il buon seno materno, così facendo aumenta la sua angoscia e il terrore persecutorio.

    Melania Klein ha chiamato questa prima fase dello sviluppo del bambino dominata dall’angoscia persecutoria: fase schizoparanoide. Nella seconda metà del primo anno di vita il bambino è in grado di entrare in rapporto con un oggetto totale e di interiorizzarlo, di percepire cioè che c’è un’unica madre, buona e cattiva insieme. E’ ora la madre amata e odiata che egli rischia di distruggere e di perdere con i suoi attacchi sadici/distruttivi. L’ansietà infantile perde a questo punto il suo carattere persecutorio e assume i toni della depressione e della colpa, perchè ogni perdita viene sperimentata come conseguenza della propria distruttività. Il bambino entra nella fase depressiva caratterizzata dall’angoscia di perdita, dalla colpa, dal bisogno di riparazione.

    Queste fasi sono, oltre che tempi evolutivi specifici del bambino, degli stati dell’io tra i quali si oscilla, posizioni li chiama la Klein. Noi tutti ne facciamo esperienza: oscilliamo tra stati di scissione, proiezioni, attacchi al legame, caratterizzati da angosce persecutorie (stato schizoparanoico) e stati di ritiro di proiezioni, di maggiore unificazione/integrazione, caratterizzati da sentimenti di colpa, desideri di riparazione, assunzioni di responsabilità (stato depressivo).

    Ritengo che quanto avviene nello sviluppo del bambino è anche quanto richiesto allo sviluppo dell’umanità: il passaggio da uno stato di scissione inconsapevole ad uno stato di maggiore integrazione-consapevolezza di sé. L’aumento della patologia depressiva nel mondo è segnale di questa fase evolutiva cui l’umanità è giunta: fase di maggiore consapevolezza di sé, di crollo delle illusioni, di assunzione di responsabilità.

    Un abbraccio. giovanna

  20. Davvero straordinario questo quadro dello sviluppo primario della psiche umana. E’ proprio vero che le ricerche più avanzate del XX secolo ci possono aiutare a rifondare un’antropologia spirituale, e a rinnovare gli itinerari psico-spirituali di guarigione profonda, e quindi l’intera vita (e iniziazione) cristiana.

    Mi colpisce in particolare la presenza di angoscia persecutoria e poi di senso di colpa depressivo nel bambino: stati terribili che nei nostri Gruppi impariamo a riconosccere come costanti poli di oscillazione.

    E’ una grazia sperimentare che nel profondo di queste lacerazioni, come un lago di pace perennemente illuminato dal Sole di maggio, qualcosa di buono ci chiama.

    Marco

  21. Fabrizio F. dice

    @ Enrico: ti ringrazio molto del tuo racconto, che mi sembra davvero promettente. Tenterò di rispondere alle tue domande finali nella risposta a Giovanna.

    @ Giuliana: percepisco nello stesso tuo modo la vicinanza con i bambini come fonte dalla quale attingere una sostanza di purezza e di energia vitale anche nei momenti più impegnativi dell’esistenza. Ho il ricordo commovente di mia madre che, rimasta vedova, negli ultimi anni della sua vita riusciva a frequentare soltanto le messe dei bambini. Soltanto vicino a loro, guardando loro, essendo tra loro, si sentiva di nuovo abitata dalla vita.

    @ Giovanna: ti ringrazio moltissimo per il tuo bellissimo contributo che è davvero un piccolo compendio della storia della psicoanalisi infantile.

    Pur non essendo affatto uno specialista, ho letto qualche anno fa alcuni testi di psichiatria e psicoanalisi infantile che mi hanno avvicinato alle teorie della Klein.

    Pur ammirando l’incredibile lavoro della Klein, quando leggo la sintesi teorica cui perviene il suo lavoro – la stessa cosa mi accade con Freud e il freudianesimo in generale – resto sempre perplesso: forse dipende dal fatto che i rischi di un riduzionismo psicoanalitico mi sembrano sempre in agguato.

    La cosa che non mi convince affatto di Freud (e dei suoi eredi, di coloro cioè che ne condividono l’impianto generale di analisi dell’io) – e che lo rende superato oggi dalle moderne scuole, è la concezione di un uomo come prodotto oserei dire quasi matematico del conflitto pulsione/reazione.

    Come se tutta la psiche – l’immenso mistero della psiche – si potesse ridurre a fattore x fattore = prodotto. E ciò già a partire, proprio a partire, dai primissimi anni della vita. E’ una concezione – Bettelheim diceva: “datemi i primi sette anni di un bambino e vi dirò tutto sulla sua vita di uomo – che non condivido e che mi fa anche un po’ paura.

    Mi sembrano molto più sottili, geniali e interessanti gli studi di wilfred Bion sulla formazione del pensiero primitivo, in cui arriva a distinguere nettamente il “pensare senza pensatore” (la verità cioè che si forma senza che vi sia necessariamente un pensatore) e sul pensiero che invece è necessario e conditio sine qua non per esercitare la menzogna.

    In ogni caso, a questo mi riferivo quando scrivevo che ne sappiamo ben poco di cosa ci sia nella mente di un neonato. Abbiamo molte teorie, ma nessuna certezza.

    Vorrei specificare che quando parlo dell’innocenza e del fatto che il bambino nasce innocente io mi riferisco al momento in cui viene al mondo. Ci sono da quel momento, come è ovvio, diversi gradi di perdita di innocenza. Che dipendono proprio dal tipo di risposte che il bambino, già piccolissimo, darà agli stimoli che riceverà dall’ambiente e dalle persone che lo circondano.

    Ma ciò non basta, naturalmente, a spiegare il mistero umano. Se fossimo soltanto il prodotto dell’ambiente e delle nostre relazioni umane, sarebbe ben triste la cosa. E basta poco per verificare che non è così, come dimostrano in modo incontrovertibile gli studi sui gemelli omozigoti due esseri IDENTICI, secondo la scienza, con lo stesso patrimonio genetico, che sviluppano già in tenerissima età propensioni, caratteri, talenti, diversissimi l’uno dall’altro.

    La vita è stata programmata per essere UNICA e IRRIPETIBILE già a partire dal concepimento. E il mistero di quella che Hillman chiama la ‘ghianda’, cioè il codice della nostra anima, resta – per fortuna – del tutto insondabile.

    E’ questo il bello (e il complicato): siamo un codice unico e irripetibile e nasciamo con un patrimonio di innocenza (se non vi piace questa parola, usate quella che volete, comunque di ‘originarietà’) che viene via via ‘corrotto’ dalla nostra vita carnale, dall’ambiente, dalle relazioni, dalle circostanze casuali dello spazio-tempo in cui siamo infilati.

    L’importante, credo, è non perdere mai di vista quella fonte primigenia, che a tutti ci ha generato, e a tutti diversi.

    F.

    p.s. vi ringrazio tutti, è una bellissima conversazione.

  22. darsi pace su fb dice

    Molto interessante la discussione che si sta sviluppando. Sul tema del rapporto tra le conquiste dovute alle neuroscienze con la filosofia e la spiritualità si sta sviluppando negli Stati Uniti una disciplina di sempre maggiore peso, la neurofilosofia. Qui sotto un link per avere le basi di questa riflessione destinata ad offrire sempre nuovi punti di vista:

    http://translate.roseville.ca.us/ma/enwiki/it/Neurophilosophy#Neurophilosophy

  23. Caro Fabrizio, condivido con te il rifiuto di ogni riduzionismo. Ho citato la Klein perchè per prima ha esplorato lo sviluppo psichico del bambino nel primo anno di vita.

    Ciò che appare chiaro in questi studi è che il lattante non vive un’esperienza di paradiso (di innocenza-integrità) ma emozioni terrifiche, paure, rabbie, invidie, che non possono ancora essere pensate perchè manca l’apparato per pensare i pensieri. Questi proto-pensieri vengono vissuti, evacuati per via somatica (in ciò l’origine di molte malattie psicosomatiche: in situazioni di particolare stress si riattivano modalità arcaiche di vivere le emozioni).

    Solo la relazione con una madre capace di contenimento consentirà al bambino di trasformare questi agglomerati grezzi di emozioni e sensazioni in pensieri attaverso il meccanismo della identificazione proiettiva.

    Anche per Bion (che è stato allievo della Klein) il lattante vive esperienze terrifiche: l’origine del pensiero viene da lui immaginato come una esplosione catastrofica (big-bang) che è possibile esplorare mediante lo studio dello psicosi.
    Il pensare è all’origine un ‘pensare affettivo’ e i suoi primi segni sono segni di ‘catastrofe’.
    Il senso di ‘catastrofe’ è, per Bion, il punto iniziale della nostra vita emozionale e del nostro Io. La personalità è tenuta insieme da materiali spaventosi presenti al suo inizio (cose in sé, sentimenti di persecuzione e di colpa) e da tutte le loro trasformazioni ad opera della capacità elaborativa che il bambino apprende nella relazione con una madre buona (madre capace di contenere le emozioni violente che il bambino proietta su di lei e di restituirgliele in modo da lui assimilabile).

    Ma restano le differenze individuali presenti alla nascita.
    Anche in presenza di una madre ‘buona’ se il bambino ha un’intolleranza innata alla frustrazione e un’invidia e una distruttività innate molto intense non avverrà la trasformazione degli elementi negativi in pensieri e questi verranno agiti e non pensati.

    A cosa è dovuta questa differenza individuale che si riscontra nei bambini fin dalla nascita?
    Le esplosioni di violenza che la cronaca registra quotidianamente non sono espressioni di una modalità arcaica di vivere le emozioni? Non evidenziano una incapacità di pensare le emozioni, quindi la mancata formazione di un apparato per pensare i pensieri?
    E da cosa dipende questa incapacità? Da caratteristiche innate? da carenze ambientali? o da una combinazione delle due?

    Cosa significa questa mancanza di un contenitore dei pensieri? Che segno è nella nostra epoca? Dove ci vuole condurre? C’è una consapevolezza che dobbiamo acquisire, una innocenza/integrità da conquistare?

    Un’ultima annotazione riguardo al pensiero di Bion forse aiuta a capire.
    Per Bion la verità non si forma, la verità è.
    Parlando dello sviluppo del pensiero Bion parla di conoscenza in K (attraverso le capacità logico-razionali della mente: si conosce una realtà dualistica, quindi falsa, illusoria) e conoscenza in O (attraverso la Fede, in cui ‘si diviene’ la cosa conosciuta).

    O rapprenta la Realtà Ultima, la Verità Assoluta, che non può essere conosciuta ma solo ‘divenuta’. Ad essa si può accedere solo attraverso ‘atti di fede’, rendendo la mente un contenitore vuoto, un contenitore che lascia transitare pensieri, senza identificarsi (pensare transitivo).

    Per Bion l’integrazione delle parti scisse della personalità (l’ombra) richiede un processo che vada oltre il ‘sapere riguardante O’ (conoscenza in K), una ‘conoscenza divenuta’ capace di superare il dualismo soggetto-oggetto.

    Questa conoscenza implica un cambiamento ‘catastrofico’ accompagnato da terrori di morte. Solo con F (fede) in O è possibile affrontarlo: la Fede è l’unico contenitore capace di accogliere l’infinito di O senza disintegrarsi.

    Le esplosioni di violenza della nostra epoca segnalano l’inadeguatezza dei contenitori per vivere il passaggio antropologico in corso. Solo spaccando il contenitore e aprendosi ad una dimensione di infinito mediante la Fede è possibile divenire O, realizzare l’innocenza, lo stato di integrità originaria perduta con il peccato di origine.

    Entrare in contatto con O implica quindi un cammino spirituale che comporta l’attraversamento di molte ‘notti oscure’. Bion fa riferimento a S. Giovanni della Croce per descrivere l’esperienza di buio che si deve attraversare per raggiungere ‘quello stato di semplicità’ che permette la vera conoscenza: buio per i desideri, buio per la ragione, buio riguardo alla meta.

    Mi colpisce la somiglianza tra il processo descritto da Bion e quello iniziatico guidato da Marco.

    Un caro abbraccio. giovanna

  24. Carissima Giovanna, è infatti davvero sorprendente non solo l’analogia, ma direi l’identità tra la prospettiva di redenzione “catastrofica” di Bion, e il nostro lavoro.

    Ma, in fondo, è più o meno la sapienza espressa in ogni tradizione iniziatica.

    Nel nostro lavoro noi comprendiamo quanto le ingiunzioni/ferite determinate dai rapporti parentali, condizionino la formazione delle nostre aree distorte, delle nostre strategie difensive, etc.

    Ciò che però emerge, attraversando questo lavoro, è che l’entità-bambino RISPONDE in modo del tutto personale e unico alle offese-ferite, che egli stesso percepisce in base al proprio corpo.

    Ecco perché lo schema psicologico, che finisce per attribuire una sorta di colpa primordiale ai genitori, appare limitato: necessario, ma insufficiente, per comprendere lo specifico destino di una persona.

    Un bambino cioè percepisce come offesa terrificante ciò che un altro nemmeno avverte, e questo significa che il suo corpo, fin dalla nascita, è già un’entità psico-spirituale ben determinata, già programmata, già informata, cellula per cellula, in un ben determinato modo.

    Nel nostro lavoro, infatti, alla fase dell’accoglimento del bambinio ferito e della comprensione delle cause psicologico-familiari delle sue distorsioni, va sempre più fortemente accompagnata una presa in carico del proprio destino, una sorta di assunzione di responsabilità anche per le nostre reazioni aggressivo-difensive, al fine di conquistare una libertà spirituale autentica e definitiva.

    Questo secondo passaggio mi pare fondamentale per liberarci dal complesso vittimistico che accompagna molte psicoterapie più o meno infinite…

    Un abbraccio. Marco

  25. Carissimo Marco, grazie, è proprio questo il punto, per questo da tempo desideravo parlare di Bion, autore che amo molto.

    Per chiarezza desidero dire a Fabrizio che le teorie psicoanalitiche sono solo dei modelli per descrivere la realtà psichica, non la verità della stessa.
    Tra i vari modelli quello di Bion mi pare il più esplicativo e vicino all’esperienza che ne facciamo perchè parla di una conoscenza ‘divenuta’, ottenuta per trasformazione, quale è appunto la conoscenza iniziatica che sperimentiamo nei nostri gruppi.

    Per completezza ancora: Bion distingue nella personalità una parte creativa, capace di utilizzare la funzione alfa (funzione rielaborativa dell’esperienza che il bambino apprende attraverso il rapporto con la madre) e di creare legame tra i vari elementi dell’esperienza (legami di amore, odio, conoscenza) e che rappresenta la parte simbolica, evolutiva della personalità, e una parte distruttiva (‘satanica’ la chiama) che agisce distruggendo i legami ed ogni elemento capace di creare legami e rappresenta la parte ‘fallita’, non simbolica, involutiva, della personalità.

    La parte distruttiva, ‘satanica’, esiste nell’individuo ‘normale’ come ‘ombra’ e può emergere in particolari circostanze in cui l’individuo, posto di fronte a cambiamenti che suscitano in lui un’angoscia catastrofica, attiva difese estreme per evitare la sofferenza inerente al cambiamento.

    Questa parte utilizza le ‘bugie’ per evitare il contatto con una ‘verità’ percepita come intollerabile e verso cui potrebbe evolvere irrimediabilmente; le bugie sono utilizzate per sottrarsi al terrore delle emozioni primitive, violente e rischiose che accompagnano il cambiamento.

    La creazione della bugia -per Bion- è connessa ad un’intolleranza verso la frustrazione che comporta il confronto con la realtà, ad una fantasa di onnipotenza insieme ad una grande ambizione e ad un desiderio di dominio.

    Sostituire il pensiero con l’onnipotenza finisce però per aumentare l’esperienza di frustrazione, dato che il confronto con la realtà frustra continuamente la tendenza all’onnipotenza: l’individuo viene così spinto sempre più ad usare la violenza per realizzare le sue fantasie di onnipotenza e la bramosia di dominio.

    I processi di pensiero relativi alla parte distruttiva della personalità comportano l’intolleranza di pensieri che non contribuiscano al significato del pensatore.
    Il pensatore che si ritiene essenziale al pensiero entra in conflitto con altri pensatori che si sentono essi stessi essenziali al pensiero, determinando così un clima emotivo caratterizzato da sentimenti di possessività, invidia e gelosia che arrestano ogni processo di scoperta della verità.

    Non è questa l’esperienza quotidiana che facciamo assistendo alle varie tavole rotonde, ascoltando i discorsi dei politici, o semplicemente confrontandoci a volte tra amici?

    La tendenza psicologica alla bugia ha un effetto tossico sullo sviluppo mentale non solo del singolo individuo ma di interi gruppi: per questo -afferma Bion- essa deve essere riconosciuta e messa in evidenza.

    Scusate la lunghezza di questi miei interventi, mi sembrava però il pensiero di Bion potesse aiutare a fare chiarezza su tanti punti che riguardano il nostro lavoro.

    Buona giornata! giovanna

  26. Cara Giovanna,
    ORA vago per l’etere, andando forse, fuori tema.

    I tuoi interventi, per me che ignoro, sono preziosissimi.
    L’unica cosa che mi sento “a pelle” di dire è che: l’uomo è, comunque sia, CONCEPITO DALL’AMORE. Come potrebbe esserlo nell’autodistruzione? è una contraddizione insostenibile.
    L’ombra è COMUNQUE SIA sostenuta da questa “istanza di concepimento nell’amore”.
    Io ho amato moltissimo i miei genitori, in primis mia madre, ho fatto di tutto perchè lei fosse felice IN ME la sua creatura; ma era insaziabile: “…si però…”.
    Ciò nonostante, proprio questa sua incapacità, mi ha indotto ad essere me stessa (ritengo questa la salvezza Cristica offerta dal Risorto offerta a ciascuno, in ogni luogo ed in ogni modo per pervenire ad essere ciò che siamo “noi stessi”) anche, talvolta in modo brutale.
    E’ necessaria una PASSIONE per la propria vita; ed io ringrazio i miei avi di aver selezionato la mia TESTA DURA ed i miei genitori di non “avermela rotta”.
    Questo aspetto lo devo innanzitutto a mio padre… . La sincerità nei rapporti è essenziale se s’intende vivere. Si può essere “sinceri sempre” non mancano i modi per dirsi senza esporre sè stessi invano.
    Insomma un po’ di forza necessita persino per attaccarsi ad un seno e sopravvivere.
    Ho un nipote che è , a detta di sua madre: “il ciucciatore folle”.
    Impariamo gente, dall’innocenza in atto, come si vive la vita.
    ciao
    Rosella

  27. Fabrizio F. dice

    Cara Giovanna,

    sono davvero contento perché mi ha ri-offerto una sintesi del pensiero Bioniano che così tanto mi aveva affascinato all’epoca. Pensiero che ho trovato in alcuni punti non molto dissimile dal pensiero orientale e in particolare dalla esperienza meditativa descritta da Krishnamurti, tutta fondata sullo svuotamento della mente e sulla eliminazione della distanza che intercorre tra osservatore e osservato.

    Ci sarebbe ancora molto da aggiungere, ma temo che questo post diventerebbe noiosissimo e mi fermo qui.

    Vorrei solo dire che all’elenco delle tue domande (“A cosa è dovuta questa differenza individuale che si riscontra nei bambini fin dalla nascita?
    Le esplosioni di violenza…”) si potrebbe rispondere: “Ah, saperlo!”

    Il problema è che tutte le neuroscienze e le psico-analisi non ci possono ancora rispondere alla domanda: “Adolf Hitler sarebbe stato Adolf Hitler anche se non fosse cresciuto in quella determinata famiglia ? Se non avesse subito quei determinati traumi ? Se non fosse il risultato della storia della sua infanzia ? Il male sarebbe germogliato in lui ugualmente ?”

    A seconda di come si risponde a questa domanda, cambia tutto. Se A.H. è solo il prodotto della sua crescita e della sua storia, allora non esiste alcun peccato originale (e probabilmente non esiste nemmeno l’anima) e hanno del tutto ragione i materialisti.

    Se A.H. possedeva ‘in nuce’ il codice (la predisposizione, il carattere, la propensione, il destino) del male, concluderemmo allora che non solo l’anima esiste ma che qualcosa di già scritto e di parzialmente ineluttabile esiste in ciascuno di noi.

    Personalmente, poi, sul peccato originale, la penso come C.S.Lewis: “il male è un parassita, non un’entità originaria.”
    Per questo parlo di innocenza. Finché non arriva il parassita, l’uomo è incapace di nuocere. Così deve essere stato nei tempi della creazione, prima della caduta, e così è ‘in nuce’ ancora, in ogni uomo.

    f.

  28. Se da Milano devo venire a Roma in macchina (magari!!! per partecipare alla serata di oggi), è necessario che io compia delle scelte. Che metta in gioco la mia libertà. Ad ogni incrocio, dovrò decidere se prendere la destra o la sinistra. Ragionevolmente per raggiungere l’obiettivo devo applicare le conoscenze che possiedo e porre in atto la mia scelta.
    Oppure: “posso fidarmi di chi ha posto il cartello indicatore”.
    Questa la decisione che agiamo entrando in autostrada, ancorchè non compiutamente consapevoli del gesto che poniamo.
    Riconoscere con gratitudine lieta che: LA VITA CI PRECEDE SEMPRE.
    STA PRIMA DI NOI e ci concepisce e cammina innanzi a noi.
    E’ “il nostro cartello indicatore”, basta seguirlo fiduciosi.

    La questione sta nella ragionevolezza della fiducia e nella semplicità di un affido.

    La fiducia liberamente posta consiste nello scegliere di non scegliere ma di seguire il cartello indicatore dell’Amore LA NOSTRA SALVEZZA.
    L’amore ci concepisce in ogni istante, in esso siamo risanati. Come fosse “un serpente di bronzo innalzato nel deserto, a cui volgere lo sguardo quando il morso velenoso ci paralizza?”

    Buona giornata e godetevela anche per me la serata
    ciao Rosella

    p.s.

    la sapienza antica di

    ” una serpe in seno”

    nella fiducia

    è l’innocenza
    che t’allevi
    nella sua natura

    nella paura
    il mordere
    nel veleno
    la tua cura

  29. Carissima Rosella si, siamo concepiti dall’Amore: siamo un pensiero d’amore di Dio. In questa esperienza terrena siamo concepiti da un amore più o meno ferito/inquinato, trasmesso di generazione in generazione. Ma, come tu stessa hai raccontato, genitori feriti sono anche l’occasione che ci viene offerta per sviluppare qualità/virtù, passione per la vita, creatività, perchè nonostante la ferita c’è in noi uno stato di innocenza/integrità/immacolatezza attingendo al quale possiamo renderci sempre più liberi dai condizionamenti/inquinamenti interni ed esterni e realizzare il ‘prodigio’ che siamo nel progetto di Dio.

    Come dici bene tu, realizzare questo prodigio, pro-creare la propria vita, richiede di mettersi in gioco, di non seppellire l’unico talento, di giocarsi in pieno la propria libertà, fidandosi/affidandosi a chi ci ha concepiti nell’Amore dall’eternità.

    Stai certa: sarai nel nostro cuore questo pomeriggio, e così tutti gli amici di Darsi Pace.
    Un abbraccio. giovanna

  30. Fabrizio F dice

    Grazie Giovanna.
    f.

  31. “Si può scoprire il proprio mistero solo a prezzo della propria innocenza.”

    Robertson Davies, Il quinto incomodo.

  32. Grazie Fabrizio,
    non ho letto il libro ma questa mi pare proprio una di quelle frasi da “perfetta PURA coincidenza”; aderenti/corrispondenti alla domanda:
    “come può un uomo vecchio rientrare nel seno di sua madre?”.
    Buona domenica a tutti
    Rosella

  33. grazie a te, caro Fabrizio, per l’occasione che ci hai offerto di riflettere insieme su un tema che attiene al mistero stesso della nostra vita.
    un abbraccio e buona domenica. giovanna

  34. … ci sarebbero ancora così tanto da dire, attono a questo fuoco, ma quel che mi s’impone oggi, è questo: Qual’è la possibile perfezione per un genitore?
    Se non sbagliasse mai, non sarebbe neppure “funzionale al sistema”, non saprebbe indicare l’unica reale qualità che perfeziona ogni qual si voglia relazione umana “il perdono” l’amore, la magnanimità.
    Quindi l’innocenza è qualcosa di molto differente dal “non errare” e si rimette in gioco la questione del male ma da un altro punto di vista. Essere perfetti non è non compiere il male, ma FORSE accoglierlo con AMORE per dono: come fosse una serpe d’accudire nel proprio seno?

    Tratto da: un certosino, “il mio cuore cerca il tuo volto”. Le virtù teologali: l’amore.

    “L’esperienza pare mostrare che l’ amore più difficile da svilupparsi nel nostro cuore, soprattutto agli inizi, è l’amore di noi stessi. Non ha nulla a che vedere con l’egoismo, l’amor proprio, il ripiegamento su di sé. E’ un dono dell’Altissimo che viene dal fatto che siamo suoi figli: qualunque siano le miserie che possiamo conoscere di noi stessi, in un certo senso esse non contano accanto a questa divinizzazione. Questa non può che risvegliare in noi ammirazione, gioia, rispetto, amore, nella luce (Divina) e nella trasparenza (il mio cuore ancora di ghiaccio). Non trascurare mai questo amore di te; se fosse troppo manchevole, tutta la comunione con Dio ne soffrirebbe. ” (non si produrrebbe alcun arcobaleno dal disgelo di acque tempestose prefiguranti la pace nel cuore.)

    Questa la radice fondante la mia decisione di pervenire all’assertività, sia nel blog che nella vita.

    Bene, anche oggi E’ una buona giornata!
    Siamone grati e lieti
    Rosella

  35. che ne pensate dell’ipotesi che LA LIBERTA’, condizione necessaria all’AMORE venga prima dell’amore?
    E se fossimo concepiti nella libertà? prima ancora che nell’Amore?
    E se l’innocenza fosse, aderire liberamente alla propria origine? ma forse non esiste un prima ed un dopo, ma solo un contemporaneamente…

  36. Fabrizio F. dice

    Vangelo di Giovanni 3,1:

    C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei.

    Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: “Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui”.

    Gli rispose Gesù: “In verità, in verità ti dico, se uno NON RINASCE DALL’ALTO, non può vedere il regno di Dio”.

    Gli disse Nicodèmo: “Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”.

    Gli rispose Gesù: “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio.

    Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito”.

    Questa è l’innocenza nella quale credo.

  37. Grazie Fabrizio
    un po’ di stabilità mi ci voleva per coagulare, son un po’ troppo “volatile”.
    ciao Rosella

  38. Fabrizio F. dice

    quando ci si sente volatili (capita anche a me), basta ritornare alla Sua parola. dove tutto è così chiaro.

  39. Caro Fabrizio,
    questa mattina entrando nel sito di Taizè, come ogni giorno, ho trovato il video di Frère Roger del mese il cui titolo è :”l’innocenza ferita”.
    Trovo che sia così sintonico da invitare a visionarlo.
    Grazie di tutto, ciao e Buona giornata
    Rosella

  40. Grazie Rosella: bellissimo!
    Conserverò oggi, giorno in cui mi sento un po’ pigra, alcune parole di Frère Roger: liberarsi dall’odio e dalla violenza interiore che derivano dalle ferite dell’infanzia, per scoprire il piccolo cammino, il cammino semplice della fiducia del cuore, dell’ascolto, senza cercare di avere ragione, senza stancare l’altro con le proprie buone ragioni, ma con la certezza di essere abitati da ciò che ancora non conosciamo.
    Buon cammino!
    Paola

  41. Grazie Rosella, il Frére è colui che ha cambiato la mia vita. Un abbraccio anche a Paola.

  42. Natale 2018
    LETTERA DI AUGURI IN BIANCO!
    Ci sono anni che ti viene voglia di lasciare una lettera di auguri in bianco e aspettare …!
    Un anno in “Famiglia” che è un dono di Dio dalle dimensioni universali;
    Un anno di professione talmente “incomprensibile” fermo a slittare nel grasso colato dal nulla… una sensazione che oltre ad essere esteticamente sconveniente ridimensiona la propria arte esplorativa, il proprio valore e i propri valori, la dignità dell’animo e che intacca la purezza e l’innocenza creativa.
    Purezza e innocenza credo siano alla base della nascita dei valori emotivi, l’inconscio che ti fa entrare in dimensioni diverse stimolato dal bene; il contrario di purezza e innocenza è il riflesso e una volontà banale costruita nel tempo e puramente economico-razionale scientifica, commerciale, appariscente.
    Mi sto confrontando con nuovi e vecchi e rinnovati caratteri che stanno percorrendo un loro ciclo di vita… ho l’impressione che stia evolvendo un modo di pensare e di vedere che appiattisce le profondità e le prospettive umane per esaltare il proprio egomatrix (progetti/confronti/condivisione) come tutto si fermasse o fosse filtrato da una profondità virtuale… come in un schermo piatto;
    Un pensiero che si ferma mentalmente all’emittenza e non alla comunicazione profonda tra il proprio io e il mondo esterno; un emittenza che governa nuovi equilibri indipendentemente dalle caratteristiche dell’essere.
    Invece di confrontarsi di petto direttamente con la realtà tangibile degli uomini, della natura, del nostro animo, della nostra professione, della nostra famiglia… sembra che ci sia un filtro che ci impedisce di essere noi stessi fino in fondo, un filtro costruito negli anni che è come un’anima virtuale e che ci condiziona sul nostro modo di essere fino in fondo.
    Non so se vedo un nuovo equilibrio futuro di sopravvivenza o una mia “complicata” visione della vita… forse per giustificare la mia realtà, certo è che questa architettura mi fa cambiare modo di valutare e interloquire con le persone che entrano nella mia sfera.
    Il ritorno del Natale fa specchiare il tuo passato, fa vedere il tuo presente con una coscienza innocente (che per definizione significa incapace di pensare e di realizzare il male), una coscienza non filtrata e educata dall’età adulta.

    Il Natale cristiano è ancora più forte, più intimo, più umano se lo si guarda con il volto innocente e puro di un bambino.

    Buon Natale 2018 a tutti
    Giulio, Nicolò, Matteo, Marisilva e Nicola Michieletto

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