La felicità. Sempre

Commenti

  1. La coincidenza delle parole di tua figlia Daria con quelle di Ricard e la semplicità con cui sono state dette mi fanno pensare alle parole che a volte dicono i bambini alle quali noi adulti prestiamo poca attenzione perchè presumiamo di saperne di più.
    Ascoltate senza maschera quelle parole, come quelle dette da tua figlia, risuonano in me come note di speranza.

    Una collega ci ha salutato prima di Natale regalando una riflessione sull’importanza del silenzio che si chiude con le parole di Lao Tse “Il Silenzio è la grande rivelazione”.
    Al rientro dalla pausa natalizia porterò ai miei colleghi le parole di Ricard, che sembrano cadute a fagiolo, con le sue indicazioni per essere felici. Grazie per avercele proposte.

    E continuiamo il cammino godendo di ogni singolo passo.

    Giuliana

  2. Carissimo Marco, grazie di questo spunto, che ci ricorda la bellezza di quello stato che noi chiamiamo stato di presenza.

    Dobbiamo anche ricordare però che nel nostro lavoro, che è radicale-mente cristo-centrico, lo stato di presenza è solo il preludio di quell’ascolto della Parola di Dio che ci fa entrare nella dimensione messianica, e cioè nello stato dell’io in relazione, che poi non è altro che la coscienza spirituale della fede.

    Per noi perciò la felicità non può essere mai soltanto lo stato dell’assorbimento dell’io, ma quel rinnovamento dell’io stesso, quel battesimo nell’acqua e nel Fuoco che ci rigenera in tutta la nostra umanità.

    La felicità messianica è perciò uno stato mentale incarnato, direi uno stato relazionale di amore.
    Per cui l’uomo cristificato conosce una felicità piena solo nel darsi, nell’offrirsi, nel farsi mangiare.
    La felicità messianica è la faticosa costruzione ADESSO di relazioni umane guarite. E questo può comportare una grande afflizione. Ecco perché Gesù può dire felici, beati proprio gli afflitti e chi ha fame e sete di giustizia.

    Credo sia determinante oggi discernere queste differenze, comprendere, come direbbe Dennis Gira, la propria Scelta, che non esclude certo niente e nessuno, ma che è la propria, con tutte le sue specificità.

    La felicità cristiana insomma è relazionale, in quanto la Relazione Personale è l’Assoluto stesso: Dio in Tre Persone.
    La felicità buddhista supera la stessa relazionalità, in quanto ogni alterità personale viene relativizzata, e alla fine dissolta.

    Questa differenza sostanziale modifica di conseguenza le stesse forme della spiritualità e tutte le modalità culturali in cui queste due grandi tradizioni si sono configurate nei millenni.

    Oggi è il grande tempo del dialogo, dell’apprendimento reciproco, ma senza confusioni o facili sincretismi, anzi, per quanto mi riguarda, io più comprendo e studio e amo, per esempio, il buddhismo, e più mi rendo conto di essere irrimediabilmente cristiano, di portare in me, sia pure in modo così approssimato e deficitario, un’offerta unica di amore e di verità.

    Un abbraccio. Marco

  3. Credo sia vero che la felicità è uno “stato mentale”! Proprio ieri mia madre mi raccontava, sorridendo, che il 31, al momento della mezzanotte (era sola), ha aperto una bottiglietta di champagne, lo ha versato in un bicchiere a calice di cristallo e ha brindato con il mio cagnolino che le teneva compagnia. Non lo ha detto con rammarico, anzi!
    Ecco io in cuor mio ho pensato:
    “ Speriamo che un po’ di questa “felicità” che ho sempre percepito in mia madre in qualunque momento della sua vita, l’abbia ereditata anch’io!” Eppure ne ha passati di momenti bui e terribili!
    La realtà è che la sua felicità è dipendente dalla condizione che gli altri siano “felici” (in questo caso figli e nipoti che trascorrevano il Capodanno con gli amici) e mi ricollego così alla bella citazione di Ricard, che Marco ha riportato:
    “ (la felicità) è un’abilità che richiede tempo, sforzo e lo sviluppo di qualità come l’amore incondizionato e l’altruismo”.
    E’ proprio così!
    Gabriella

  4. Fabrizio F. dice

    Carissimo Marco,

    grazie davvero di cuore per questo post, molto bello, denso di spunti di riflessione e ricco per le nostre vite.

    E’ semplice e vera questa affermazione secondo cui la verità è uno ‘stato mentale’. Così come è anche vero, del resto, che le ‘condizioni ambientali’ influenzano la nostra felicità, al pari degli stati psichici. Sarà molto difficile – anche se non impossibile – essere felici all’interno di un campo di concentramento.
    Eppure, sono note le statistiche secondo cui i suicidi, nei lager, furono numericamente bassissimi. La voglia di vivere, la tenace speranza di poter essere un giorno nuovamente felici, era più forte evidentemente di qualsiasi sopraffazione.

    Giuliana ha ragione: i bambini ci insegnano molto, se soltanto sapessimo ascoltarli ( “i grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta” scriveva Saint-Exupery).

    La felicità, che noi inseguiamo perfino disperatamente per tutta la vita, come chimera, dipende molto da come – da con che occhi – noi guardiamo le cose.

    Scrive ancora Saint-Exupery in quel grande, incredibile libro che è ‘Il piccolo principe’: ” Che si tratti di una casa, delle stelle o del deserto, quello che fa la loro bellezza è invisibile. Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare con il cuore.” (capitolo XXV)

    Un abbraccio,
    Fabrizio

  5. Pino Gargiulo dice

    La felicità uno “stato mentale”, cioè il raggiungimento di una situazione psichica (in senso quasi freudiano) di totale “atarassia”?
    Mi permetto di dire che non concordo pienamente.
    Probabilmente è una questione di termini, ma le parole – ne sono convinto – hanno un’importanza fondamentale nella comunicazione di sé.
    Leggendo l’intervento di Marco, già mi pare di cogliere una puntualizzazione sul fatto che il raggiungimento di uno “stato psichico” (che Marco Guzzi chiama “stato di presenza”) non sia che uno stadio, una tappa nella ricerca di qualcosa di più profondo ed esigente che è la dimensione consapevole dell’essere-di-Cristo.
    Ma anche senza entrare necessariamente sul terreno specificatamente cristiano, credo che non ci si possa “accontentare” di una situazione psichica, sia pur grandemente soddisfacente, per dirsi felici.
    Felicità è compimento, è totalità di vita e non solo di pensiero e di passioni pacificate. E la vita è fatta di relazione e comunicazione, di confronto e passione, così come di riflessione e azione. Personalmente la dimensione psichica che trovo più favorevole è quella dell’inquietudine, della continua ricerca, che è apertura, attesa, consapevolezza della finitezza e speranza di compimento, possibile già in questa vita.
    Una auspicata “atarassia”, un’assenza di passioni, la collocazione dei piacere e dolore sul medesimo piano di una corporeità da “trattenere”, mi pare cosa di grande valore, ma riduttiva e non soddisfacente. Intanto perché riguarda solo “me” (e non potrebbe essere altrimenti): ma la mia felicità è indissolubilmente legata a quella degli altri compagni di cammino; e poi perché si ferma ad un pacificato “rapporto di armonia” tra corpo e mente, che è già un gran traguardo, intendiamoci, ma non è completezza, non si traduce in armonia del mio io con gli altri e con il mondo. L’armonia più grande (lo dico per inciso, quella che Gesù propone a chi si mette nella sua sequela) si configura come Amore, come dono gratuito di sé, ha come obiettivo il Bene di tutti, la felicità degli altri, nella quale si colloca anche la mia. Che senso avrebbe la vita, altrimenti? Dovremmo forse vivere cercando ogni giorno di dominare le passioni e le pulsioni per giungere ad un “disinteresse” del mondo? E quando impareremo a vivere senza aver bisogno di nulla e di alcuno, “auto-sufficienti” in se stessi, avremo forse compreso il Mistero della nostra esistenza e della nostra morte?
    Socrate, che era sicuramente un grande uomo di spirito, traduceva la sua perfetta “autarchia”, in legge morale, in azione per la società, in “politica”: il perfetto vivere per il logos doveva divenire almeno esempio per gli altri di vita retta, moralmente santa. Ma credo che neanche questo sia definibile come felicità.
    La mia inquietudine non si può accontentare di una auspicabile autarchia nella quale la ratio domini le passioni e io mi auto imponga delle norme, pur giuste. In questo senso la proposta di Cristo è evidente ed esigente: la vita “santa” non è tale se esclude gli altri, se non è vissuta nell’amore: “se il chicco di grano non muore, non porta frutto”, “non c’è gioia più grande che dare la vita per i propri fratelli”.
    Forse siamo “condannati” a non essere mai felici, in questa vita. La felicità piena non è frutto dei nostri sforzi… ci attende, paziente.

  6. Ringrazio di cuore tutti i contributi pervenuti ed in particolare:
    la sensibilità di Giuliana nel cogliere nel segno il perfetto senso delle parole che , a volte, ci dicono i bambini,
    la concretezza di Marco Guzzi che sapientemente ci ricollega al lavoro dei nostri gruppi ed in particolare al valore dell’io in relazione e dellarelazione con gli altri,
    la generosità di Gabriella che sapientemente e argutamente coglie in pieno il senso dell’intervento nella citazione dellamore incondizionato,
    il commento attento di Fabrizio che con l’autore del Piccolo Principe (a proposito ho letto che è imminente una serie americana tv su questo libro!!… pare che gli eredi dell’autore abbiamo concesso i diritti finalmente…) ci richiama ai controsensi della felicità …persino in un campo di concentramento: come non pensare a Etty Hillesum,
    ed in fine Pino il quale mi pare sia, anche se (forse) non se ne rende conto, perfettamente in linea con quello che si sostiene è cioè che alla base della felicità c’è l’amore incondizionato e l’altruismo (cristico) e che non si tratta di atarassia e di attesa, la felicità si può conseguire nutrendo la mente di cose migliori .. che con anche inquitudine dobbiamo, se vogliamo, cercare incessantemente….
    Grazie davvero a tutti, ed ancora potenti auguri di vivere un buon anno a venire.
    Marco F.

  7. Grazie, carissimo Marco,
    per averci riportato questa notizia sfuggita anche a chi per lavoro ha a che fare coi giornali. E’ sempre di grande conforto vedere come la scienza stessa abbatta quegli steccati che un presunto pensiero scientifico ama alzare tra la ragione e l’anima. Ha ragione Marco G a ricordare che il lavoro meditativo è soltanto la parte iniziale, di preparazione, al vero abbandono della contemplazione. Ma è comunque imprescindibile. E fa bene a tutti i cristiani che si gettano nella preghiera senza ricordarsi di spegnere i pensieri.
    Un abbraccio
    Massimo

  8. Grazie, carissimo Marco,
    per averci riportato questa notizia sfuggita anche a chi per lavoro ha a che fare coi giornali. E’ sempre di grande conforto vedere come la scienza stessa abbatta quegli steccati che un presunto pensiero scientifico ama alzare tra la ragione e l’anima. Ha ragione Marco G a ricordare che il lavoro meditativo è soltanto la parte iniziale, di preparazione, al vero abbandono della contemplazione. Ma è comunque imprescindibile. E fa bene a tutti i cristiani che si gettano nella preghiera senza ricordarsi di spegnere i pensieri.
    Un abbraccio
    Massimo

  9. Grazie, carissimo Marco,
    per averci riportato questa notizia sfuggita anche a chi per lavoro ha a che fare coi giornali. E’ sempre di grande conforto vedere come la scienza stessa abbatta quegli steccati che un presunto pensiero scientifico ama alzare tra la ragione e l’anima. Ha ragione Marco G a ricordare che il lavoro meditativo è soltanto la parte iniziale, di preparazione, al vero abbandono della contemplazione. Ma è comunque imprescindibile. E fa bene a tutti i cristiani che si gettano nella preghiera senza ricordarsi di spegnere i pensieri.
    Un abbraccio
    Massimo

  10. Fabrizio F. dice

    A proposito di quanto scrive Max, e di come molte delle ultime scoperte scientifiche vadano nella direzione opposta a chi vuole alzare steccati tra ragione e anima, vi segnalo anche questa:

    http://mysterium.blogosfere.it/2010/12/mistero-ora-e-ufficiale-il-placebo-funziona-anche-quando-il-paziente-sa-che-e-un-trucco.html

  11. Grazie Marco F. per questa tua luminosa riflessione sulla felicità, che ci ricorda che Dio ci ha creati perchè possiamo essere felici.

    Anche se spesso facciamo di tutto per ostacolare il divino disegno inscritto nella nostra anima.

    E grazie al lavoro dei nostri gruppi, anche se la mia strada è segnata ancora da brutte cadute e momenti bui, la meta mi è più chiara.

    Come afferma Gibran la cosa più grande ed importante è il maturare della consapevolezza. Non importa quanto tempo occorre.

    Tanti auguri affettuosi per un anno pieno di vita
    Filomena

  12. Enrico Macioci dice

    Marco,
    un post davvero interessante. Soprattutto mi colpisce questa concezione dell’anima come qualcosa di (anche) biologico, un concetto che fatico ad ammettere, io che inclino o verso un bruto materialismo o verso un’astratta metafisica.
    Forse la cosiddetta materia invece è “anima”, è un’essenza lavorabile, soggetta ad artigianato (e cioè meditazione, pensieri positivi eccetera), ma non per questo meno “divina”.
    Sicuramente certe barriere sono un mio limite specifico, tuttavia credo che la divaricazione nefasta tra fede e scienza poggi in parte anche su pregiudizi del genere.
    Ricard c’insegna, fra l’altro, una maggiore apertura mentale, ovvero una maggiore apertura spirituale (che quindi, per certi versi, è la stessa cosa).
    Un abbraccio a tutti.
    Enrico

  13. Carissimo Pino, solo una piccola precisazione:
    quando parliamo di stato mentale non intendiamo soltanto uno stato psichico “dentro di noi”, e quindi irrelato o auto-gestibile, quanto piuttosto un assetto dell’intera identità, e quindi qualcosa che va a toccare l’abisso spirituale della natura umana nella sua intrinseca apertura cosmica e collettiva.

    Per il cristiano poi l’unica felicità compiuta è il dono dello Spirito Santo, è cioè la partecipazione consapevole alla vita di Dio. Questo “stato mentale”, dell’io in Cristo appunto, è pneumatico, è cioè lo stato in cui la nostra coscienza diventa Spirito, attraverso una sua metamorfosi o meta-noia (mutamento del nous appunto, della mente).

    Questo stato mentale, e cioè assumere lo Spirito di Dio come proprio pensiero, propria autocoscienza, è di per sé, sostanziale-mente (nella sostanza dello Spirito), relazionale, è connessione (sostanziale, non morale o solo intenzionale) fraterna con gli altri, e connessione (sostanziale, della stessa sostanza) filiale con la Fonte dell’Essere, il Padre:
    e’, in altri termini, la stessa mente di Gesù Cristo, la sua luce, che illumina ciascuno di noi, il suo pensiero, come dice san Paolo, che diventa il nostro, la nostra parola incendiaria, che spazza via le tenebre della menzogna, e guarisce e perdona e illumina e consola.

    Perciò in questo tempo messianico, e fino alla fine dei tempi, il cristiano è felice solo se si fa strumento della realizzazione del Regno, anche se questo lo può portare alla emarginazione, alla persecuzione, e perfino alla morte:
    Beati voi, felici voi, quando vi maltratteranno, vi escluderanno, e diranno ogni specie di menzogna contro di voi, per farvi fuori…., allora siete per davvero felici, perché siete ME, siete il Crocifisso Risorto, siete la Nuova Umanità, siete tutto ciò che rimarrà di questa terra di esilio.

    Credo che OGGI sia determinante che si ricomprenda a livelli molto più radicali e profondi il senso della fede cristiana, in quanto il tempo messianico sta diventando l’evidenza finale di questo mondo. Perciò è sempre più necessario che sorgano cristiani in grado di spiegare cosa sta succedendo, e quale sia la via della nostra piena realizzazione, e quindi della nostra gioia piena.

    Sempre in dialogo, anzi approfondendo il dialogo con tutte le altre tradizioni, dalle quali abbiamo sempre moltissimo da imparare…

    Un abbraccio. Marco

  14. darsipace su fb dice

    Consigliamo a tutti la lettura di questo articolo che abbiamo messo sulla nostra rassegna stampa in facebook. Parla delle diverse forme di felicità realizzabili nella vita spirituale a 20, 30, 40 e 60 anni. Le parole di un saggio francese da meditare. Davvero un bel pezzo.

    http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201101/110101gauthierchaumont.pdf

  15. Sono oltremodo felice degli altri interventi pervenuti.
    E ringrazio m per la sua analisi sempre così lucida e carica di entusiasmo,
    grazie a Filomena per l’ennesimo richiamo alla nostra felicià, a Fabrizio per l’ulteriore interessante segnalazione, a Enrico perchè la materia è anima, ed infine Marco G. in modo molto particolare per il suo intervento che è sempre più : luce, e felicità, per le nostre menti.
    La sua precisa e puntuale analisi dello “stato mentale” è per me un ennesimo capitolo, che ho stampato, per meditare ancora meglio, sull’incessante lavoro e sulle responsabilità che siamo chiamati ad assolvere nel nostro cammino cristiano in questo tempo messianico.
    Grazie.
    Marco F.

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