Il tempo che ci manca

Commenti

  1. bellima conferenza! da riascoltare con attenzione. Grazie

  2. “Un feu va devant nous” (Y. Bonnefoy)

    Interessante davvero, caro Marco. Grazie.

    Dopo aver ascoltato la conferenza mi sono imbattuto in questa poesia di Bonnefoy. La allego.

    “La luce, mutata

    Dio che non sei, posa la mano sulla nostra spalla,
    Abbozza il nostro corpo col peso del tuo ritorno,
    Compi la fusione delle nostre anime agli astri,
    Ai boschi, alle grida d’uccelli, alle ombre ai giorni.

    Rinuncia te in noi come si squarcia un frutto,
    E noi cancella in te. Rivela il senso
    Misterioso di ciò che è solo semplice
    E senza fuoco cadrebbe in parole senza amore.”

    (Y. Bonnefoy, Ieri deserto regnante – Pietra scritta, p. 247)

  3. Il tempo è UNA FORZA che plasma l’essere umano.
    Integrando quotidianaente la pratica trasformativa nella preghiera, questa forza risulta essere SERENA.

    il tempo che non c’è
    sono io
    che vengo mancando
    tremula nella voce e nel passo
    che tacita il pensiero
    di una volta. Una dopo l’altra
    le nubi passano e il cielo
    rasserena così la vita
    finalmente! il tempo
    è quello Buono.

    così, “senza pretese”
    ciao a tutti
    Rosella

  4. molto bella, Rosella. Un caro saluto

  5. grazie Renato.
    mi fa sempre piacere leggerti.
    auguri per tutto
    rosella

  6. Enrico Macioci dice

    Questa magnifica conferenza mi ha fatto venire in mente il testo forse più bello e profondo di Rimbaud, intitolato GENIO, in cui egli parla (credo) di e con Dio, e in definitiva parla anche del tempo, annientandolo (perlomeno se inteso nella sua dimensione terrena).
    Ecco la poesia:

    “Egli è l’affetto e il presente perché ha voluto la casa aperta all’inverno schiumoso e e al rumore dell’estate, lui che ha purificato le bevande e i cibi, lui che è il fascino dei luoghi fugaci e la delizia sovrumana delle soste. Egli è l’affetto e l’avvenire, la forza e l’amore che noi, in piedi nella rabbia e nella noia, vediamo passare nel cielo di tempesta e bandiere d’estasi.
    Egli è l’amore, misura perfetta e reinventata, ragione meravigliosa e imprevista, è l’eternità: macchina amata delle qualità fatali. Tutti abbiamo conosciuto lo spavento della sua concessione e della nostra: o godimento della nostra salute, slancio delle nostre facoltà, affetto egoista e passione per lui, lui che ci ama per la sua vita infinita…
    E noi lo ricordiamo ed egli viaggia… E se l’Adorazione se ne va, risuona, la sua promessa risuona: “Indietro queste superstizioni, questi antichi corpi, queste coppie e queste età. Questa è l’epoca che ha fatto naufragio!”
    Egli non se ne andrà, non ridiscenderà da un cielo, non compirà la redenzione dell’ira delle donne e dell’allegria degli uomini e di tutto questo peccato: poiché è avvenuto, egli essendo, ed essendo amato.
    Oh ilsuo respiro, le sue teste, le sue corse; la terribile celerità della perfezione delle forme e dell’azione.
    Oh fecondità dello spirito e immensità dell’universo!
    Il suo corpo! La liberazione sognata, l’infrangersi della grazia pervasa da una violenza nuova!
    La sua vista, la sua vista! tutte le antiche genuflessioni e le pene riscattate grazie a lui.
    Il suo giorno! L’abolizione di tutte le sofferenze sonore e mobili nella musica più intensa.
    Il suo passo! le migrazioni più enormi delle invasioni antiche.
    Oh lui e noi! L’orgoglio più benevolo delle carità perdute.
    Oh mondo! e il canto chiaro delle nuove sventure!
    Egli ci ha conosciuti e tutti ci ha amati. Sappiamo, in questa notte invernale, da un promontorio all’altro, dal polo tumultuoso al castello, dalla folla alla spiaggia, di sguardo in sguardo, con le forze e i sentimenti spossati, invocarlo e vederlo, e allontanarlo, e sotto le maree e al sommo dei deserti di neve, seguire i suoi sguardi, il suo alito, il suo corpo, la sua luce.”

    Mi sembra proprio che questo convergere, affluire tutto assieme di presente, passato e avvenire, questo combaciare di stagioni, soste, partenze, sessi, gioie e dolori sia quel punto extra-temporale di cui parla Marco Guzzi, di cui parla la Sapienza.
    E in fondo, ci dice Rimbaud, la sconfitta del tempo, ovvero l’eternità, è amore, assoluto e infinito. Quale notizia più bella?
    Enrico

  7. Ieri sera tardi ho terminato di ascoltare anche il dialogo seguito alla lunga ed insieme breve conferenza di Marco. L’applauso dei presenti comunicava da solo la ricezione cordiale del messaggio apocalittico-messianico.

    Sono andato a dormire “sazio”!
    Nulla di nuovo, eppure tutto nuovo, mi dicevo. Lo sa bene chi frequenta i corsi DP, avendo la stra-ordinaria avventura di nutrirsi di “questo tipo” di cibo, sperimentando qualcosa dei benefici effetti che la sua “spirituale” metabolizzazione (esige tempo), produce nella carne.

    In breve i 109 minuti si riassumono nell’accorato e gioioso appello al lavoro trasformativo interiore. Rivolto a ciascuno. A me, anzitutto. Perché dal mio ego possa nascere Io.

    Ho pensato alla fortuna di tanti di noi che, non “avendo tempo” di partecipare di persona a Torino spiritualità, possono godere della dilatazione delle sue risonanze mediante internet.

    Ho preso sonno ripensando al testo paolino: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli… Quindi non sei più schiavo, ma figlio” (Gal 4,4-7).

  8. Grazie, carissimi, dell’ascolto, che è il più bel dono che possiamo ricevere.

    La cosa che mi colpisce sempre di più è che la parola messianica sia così facilmente accolta e così facilmente rifiutata ALLO STESSO TEMPO.

    Essa viene spesso accolta, perché sa di vero, porta con sé una forza inedita, evidente, che ci convince. Ma poi viene anche con altrettanta facilità dimenticata, negata, rifiutata, perché se non diventa radice dentro di noi, ci dimentichiamo della sua evidenza e incomincia a diventare una parola pesante, o addirittura minacciosa per le strutture del nostro vecchio io.

    Il destino di Gesù ci illustra con precisione questo paradosso dell’azione messianica, il suo dramma dentro la storia, dentro la nostra anima.

    Solo la preghiera costante, l’anelito folle a stare in Dio, contro ogni altra evidenza sensibile o concettuale, può salvarci dal volgere le spalle allo Spirito del Messia, che batte alle porte del nostro cuore.

    Marco

  9. parole sante!, Marco.

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