Per il buon Dio

Commenti

  1. La concretezza disarmante che abbiamo quando siamo bambini, e che qui è ben rappresentata in questa breve storia, mi fa riflettere su come il nostro rapporto con il divino non possa che essere storicamente mediato.
    Conosciamo Dio perché Gesù di Nazareth, un uomo, ce lo rivela. Conosco Dio perché un essere umano mi si approssima con un gesto di cura che non chiede niente in cambio. Nel racconto del nipote di Hesse mi pare che il bambino che dona ciò che ha sia stato, in quel momento, testimone della cura di Dio per l’uomo e perciò sostegno all’apertura fiduciosa verso la vita da parte dell’anziana.
    In fondo, il lavoro che facciamo nei gruppi dP è proprio quello di (ri)scoprire una nuova modalità di relazionarsi con se stessi, con gli altri, con il mondo, perché soltanto dentro queste relazioni possiamo imparare cosa significhi il rapporto con il divino. Il resto è metafisica, ma noi vogliamo stare con i piedi ben piantati sulla Terra!
    Un abbraccio
    iside

  2. Nel gesto di Silver vedo la capacità di abbandonarsi all’Adesso, capacità più facile al bambino che all’adulto.

    Recuperare, da adulta, questa capacità, è credere e sperimentare che esiste una dimensione in cui posso essere me stessa nella relazione con gli altri e con le cose se imparo a riconnettermi con il Principio creativo originario.

    Più la pratica si approfondisce, più comprendo quanto sia difficile non farmi intrappolare dall’immagine idealizzata di me stessa, scatta automatico il pensiero che butta fuori di me l’oggetto di conoscenza: è difficile vedere la vecchina costretta ad appoggiarsi al bastone come una mia parte che ha bisogno di aiuto e di cura.

    Ma è proprio imparando a riconoscere le mie parti malate e sofferenti, ad attraversare le emozioni che le accompagnano che sperimento, in Cristo, la guarigione, il perdono, la possibilità di rigenerazione.

    Il dono che ci viene offerto è così grande che ci trasforma in dono, come la monetina ricevuta per il compleanno diventa dono per la vecchina.

    L’io un po’ più relazionale che umilmente tentiamo di costruire non si contrappone all’altro, ma si fa dono perché sperimenta in sé il perdono.

    Ti abbraccio.
    Giuliana

Inserisci un commento

*