Il brutto anatroccolo

Commenti

  1. Grazie, Antonietta, di questa riflessione, che ho sentito molto. In fondo ogni essere umano è effettivamente un essere che ha dimenticato la propria identità, un re che crede di essere uno schiavo; un profeta che si ritiene un semplice passaparola di qualche potere del mondo; un sacerdote di Dio che spesso si sente una mera nullità. Tutta la nostra esistenza credo che sia la progressiva scoperta della propria carta di identità, del proprio volto, una ricerca che possiamo fare solo insieme, aiutati dall’affetto di altri volti, di altri anatroccoli intirizziti e bisognosi di calore.
    Un abbraccio. Marco

  2. Sono affezionata al libro di C.Pinkola Estes, le storie che racconta sono medicine perché
    “scritte come un leggero tatuaggio sulla pelle della persona che le ha vissute”

    La speranza con la quale chiude il libro mi pare sia ciò che noi sperimentiamo nel laboratorio di dP.

    “Spero che lascerete che le storie vi accadano, e che le elaborerete, le annaffierete con il vostro sangue e le vostre lacrime e le vostre risa finchè non fioriranno, finchè voi medesime non fiorirete. Allora vedrete che medicine sono e, dove e quando somministrarle. Questo è il lavoro. L’unico lavoro”. (Donne che corrono coi lupi, pagg 458-459)

    In dP trovo un luogo in cui essere e raccontarmi senza vergogna, mi sento in buona compagnia nella ricerca di un nuovo linguaggio che mi/ci aiuta a vivere la trasformazione con maggiore consapevolezza e a comprenderne il senso.

    Sempre di più mi rendo conto che la via del ritorno verso la vera identità non è solo lavoro personale, ma impegno politico necessario alla prosecuzione della storia umana sul Pianeta.

    E’ davvero bello guardare con occhi benevoli il brutto anatroccolo che riconosco in me perché adesso vedo anche il cigno, un glorioso cigno che, leggero, si alza in volo.

    Grazie e un abbraccio.
    Giuliana

  3. che strano, stamattina alle 6, rimuginavo: ho una collana a matasse- è la collana di un re- fatta di succhi ed umori- è la collana di un re- fatta di trame ad intreccio- è la collana di un re -che soffre se soffia il vento- è la collana di un re- che stringe a ogni battito di tempo- è la collana di un re. Poi apro il sito e vi vedo. ciao, Antonella

  4. Condivido anch’io quanto è stato scritto in questo thread.
    Personalmente oscillo tra il sentirmi brutto anatroccolo (molto spesso) e il sentirmi cigno o per lo meno in trasformazione verso la “cignitudine”. Questo passaggio mi accade soprattutto quando sono con persone con cui riesco a stabilire una relazione profonda, quando percepisco una sintonia nel sentire comune. Allora la speranza si rianima e si rinvigorisce la fiducia nella mia/nostra destinazione a diventare un vero cigno.
    Il percorso in dP mi sta aiutando proprio in questa direzione, cioè a togliere qualche penna dell’anatroccolo per scoprire quelle del cigno.
    Grazie Antonietta!
    iside

  5. Grazie , cara Antonietta, anche dell’espressiva lettura della fiaba.
    Da bambina , essendo la terza figlia femmina ,mi sentivo spesso un brutto anatroccolo, perché non all’altezza delle mie sorelle, di quello che sapevano fare loro, di quanto loro, sembrava a me , fossero amate. Poi naturalmente le cose sono cambiate, ma il complesso della persona non adeguata, diversa, in peggio dagli altri ,mi è rimasto a lungo. Oggi so di essere figlia di Dio come tutti, figlia teneramente amata, ma in tante occasioni manco di discernimento e di memoria.
    Come ho meditato oggi nella prima lettura della messa, “ In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo, infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.” ( Dalla lettera di San Paolo ai Romani).
    Mi appello allora alla misericordia di Dio e in me nascono le ali di cigno!… Ma mi consolo anche pensando che pure le anitre sanno volare e quando sono a terra sono più graziose dei cigni! Mariapia

  6. maria carla dice

    Care Antonietta e Giuliana, grazie per aver citato DONNE CHE CORRONO COI LUPI, un libro a me particolarmente caro che ho scoperto in un momento davvero importante della mia vita, di profondo cambiamento accompagnato da altrettanta sofferenza psico-emotiva…mi ha sempre affascinato l’intensità della scrittura della sua autrice e quel ricorso al simbolico per segnare le tappe di un ritorno alla “natura selvaggia” che altro non è che la dimensione più autentica di noi stessi!
    Mi piace poterne parlare anche qui, ciao a tutti, mcarla

  7. Grazie dei vostri commenti! Sono contenta di aver condiviso con voi questa storia e la sua interpretazione simbolica.
    Spero che, anche continuando a leggere e a scrivere in questo blog, riusciamo a tenerci compagnia lungo il percorso verso una nostra più compiuta realizzazione.
    Antonietta

Inserisci un commento

*