Il senso della vita

Commenti

  1. “Fin che siamo qui in questa vita e su questa terra possiamo comunque sperare di poter dare qualcosa.” Quindi anche nei giorni o ore che precedono la fine vita la persona è in grado di dare e di ricevere. Credo che il lavoro proposto dal movimento dp davvero sia una via importante che aiuta ad affrontare situazioni personali di malattia anche gravemente invalidanti o terminali. Utili i consigli proposti nella conferenza sia per gli operatori sanitari che per le stesse persone che si trovano coinvolte nella malattia.
    Grazie

  2. Grazie a te, Fabio, un forte abbraccio. Marco

  3. Trasformare il grido in canto…mi piacerebbe come titolo di una conferenza/evento…il grido scomposto e disperato quando è ascoltato e accolto mostra la sua potenza e si armonizza fino a diventare un dolce canto; regolare il respiro semplicemente si trasforma in vibrazione sonora dolce e lieve, la materia è la stessa, ma è lavorata, incanalata utilizzata per il meglio, tutta la nostra vita è un grido che può essere trasformato, il grido mi fa male, la gola si arrossa la voce se ne va il canto invece è terapeutico lenisce e addolcisce l’anima produce vibrazioni che massaggiano la corteccia cerebrale.
    In fondo è tutto il lavoro che stiamo facendo nei gruppi DP lavoriamo la materia grezza per trasformarla in opera d’arte!
    Sempre stimolante ascoltarti Marco!
    Daniela

  4. Marco Guzzi dice

    Grazie, carissima, sì, davvero un’opera immane imparare a cantare, a laudare …
    Ciao. Marco

  5. Concordo con l’affermazione di Fabio :”Utili i consigli proposti nella conferenza ……… (an)che per le stesse persone che si trovano coinvolte nella malattia”. Necessario come ricorda Marco capire, affrontare, riconoscere le proprie paure per poter “stare” con la persona e con la sua malattia. La malattia delle persone a noi care ci può portare in un abisso che ci risucchia in una profonda angoscia dalla quale possiamo risalire velocemente evitando di sentire oppure andare, calarsi, sentire quella profonda paura della sofferenza, della solitudine, dell’annientamento che ci abita … anche lì il “Seguimi” (trattato nel post di Vanna) ci viene rivolto, unica Via per trovare la Luce in quelle tenebre. Solo così io credo, per quanto mi riguarda, si possa “stare” accanto in un modo nuovo che non è più fuga, ansia, paura…
    grazie.
    Alessandra

  6. Grazie di cuore. Ciao. Marco

  7. Stando ai piedi della croce si può imparare molto. Soffrendo con chi soffre, soprattutto accanto a persone che si amano, ci poniamo inevitabilmente domande di senso, si affina la sensibilità, si trova un coraggio inaspettato. Personalmente ho sofferto senza difese e sono stati percorsi che hanno rafforzato la mia fede.
    Sono del tutto concorde nel sostenere che il rispetto direi umano e la capacità di relazione del personale medico e paramedico sono qualità che andrebbero particolarmente curate nella formazione professionale degli stessi e che i regolamenti e le stesse strutture debbano essere pensati per permettere al malato di avere vicino i propri cari. Al termine della mia vita spero di poter dire di aver amato, spero che sorella morte non mi faccia troppo male e attendo da sempre di ritornare nello spirito del Padre….Amen
    Un fraterno saluto

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