Politica Gender

Commenti

  1. Aurelio Diano dice

    Cari,
    vorrei dirlo subito. E’ possibile aprire questo discorso evitando reciproche posizioni ideologiche? Proviamo?
    Io comincerei da un video, linkato di seguito, della durata di circa 35 minuti: è girato in Norvegia, in lingua originale – sottotitolato in italiano – e prova a farci vedere come la posizione gender debba fare i conti proprio con fattori scientifici, biologici che, combinati con quelli culturali, costruiscono un vero e proprio paradosso.
    In Norvegia, il paese europeo con il maggior grado di rispetto dell’uguaglianza della dignità di genere, c’è chi si è posto una semplice domanda:
    “Se non ci sono condizionamenti sociali, culturali … se il posto in cui vivo, esprime un grado di libertà tale da farmi sentire che posso realizzarmi pienamente, posso sprigionare tutte le potenzialità che possiedo … se è così … verso quali desideri, quali interessi, quali differenze si struttura il mio maschile al contrario dell’altrui femminile e viceversa?”.

    Vediamo che succede.

    https://www.youtube.com/watch?v=2qx6geFpCmA

  2. Accolgo la “sfida” di Aurelio e mi auguro che riusciremo a confrontarci pacificamente. Intanto grazie per il video. L’ho guardato con molto interesse! Grazie anche ad Alessandra per aver proposto un tema difficile. In effetti questo è un tema su cui mi sono interrogata a lungo. Ho studiato in Germania e all’università c’è un interesse fortissimo nel far passare la teoria dell’identità di genere. E’ talmente scottante questo argomento nelle università che quasi la gente arriva a picchiarsi per questo! E comunque si, anche lì la tesi forte è che sia l’ambiente culturale che influenza già dai primissimi giorni di vita l’identità della persone perché i cervelli sono perfettamente identici per potenzialità e capacità. Io invece sono tendenzialmente d’accordo con la tesi degli inglesi e cioè che le differenze biologiche abbiano la loro importanza. Ma a prescindere da questo, ciò che mi preme oggi è capire come mi devo comportare con chi ha un orientamento sessuale diverso da quello biologico. Per me di fatto è una persona identica alle altre che ha gli stessi diritti degli altri. Rifiuto di trattarla diversamente o di pensare che abbia una “malattia da curare”. E soprattutto mi chiedo, senza voler per questo assumere una posizione ideologia determinata, se effettivamente una famiglia tradizionale sia migliore di una non-tradizionale. Perché dovrebbe essere migliore? Ci sono tante famiglia tradizionali che hanno influenze pessime sui loro figli. E ci sono persone meravigliose e capaci di educare anche se hanno un orientamento sessuale diverso. E non so se questo possa effettivamente provocare un dramma nei figli, non più di quanti ne abbia una persona cresciuta con una “famiglia normale”. Insomma non voglio generare uno scontro ideologico, più che altro preferisco interrogarmi prima di difendere una posizione. E ammetto che una posizione chiara sul tema “riconoscimento dei diritti” non ce l’ho, più che altro per quello che dicevo prima , perché rifiuto di negare dei diritti a qualcuno solo perché è “diverso” da me.

  3. Annapaola Boy dice

    Sono completamente d’accordo con Maila

  4. Alessandra la conclusione della tua lettera mi fa ricordare un libro degli anni 60 “L’uomo a una dimensione” .
    In questi decenni tutte le varie dimensioni dell’uomo sono andate scomparendo, adesso anche quelle familiari e genitoriali.
    Con il pretesto di raggiungere una maggiore libertà ci stiamo trasformando in una umanità informe, indifferenziata, costituita da individui soli, senza radici, senza riferimenti, quindi spaventati, deboli e perciò più facilmente condizionabili.
    Condizionati ad accettare di vivere, appunto, in una sola dimensione, quella di essere unicamente produttori e consumatori di merci.
    Un saluto

  5. Sono contenta che anche su Darsi pace sia approdato il discorso sulla teoria del gender e sono convinta come Maila, che gli scontri ideologici , come finora si sono delineati su questa teoria, non portino da nessuna parte. Scegliamo di essere cristiani solo per difenderci da nemici reali o presunti?
    Siccome il movimento D.P. è impegnato nella costruzione di una nuova umanità e auspica una svolta antropologica, visto che finora l’umanità ha accumulato errori su errori, perché non riflettere e approfondire un nuovo modo di educare a vivere la proprio sessualità? Perché non riconoscere che nella nostra identità sessuale una parte ci è venuta dalla spinte a conformarci ai tradizionali ruoli maschili e femminili? Perché non cercare un nuovo modo di essere autenticamente maschio o femmina? E rispettare altre eventuali identità? La teoria del gender, pur nella sua grossolanità, può aiutarci a capire se gli stereotipi sessuali, pur mutevoli nel tempo, ci aiutano veramente a ritrovare e vivere la nostra natura più profonda. Io non ho mai desiderata di non essere donna, ma di esserlo in modo diverso sì, per esempio meno ripiegata su me stessa, meno accondiscendente, più capace di esporre le mie esigenze.
    La libertà di scegliere il genere non può essere totale e abbandonata a mode, a voglie superficiali e distruttive, d’accordo, ma anche l’essere troppo condizionati non porta da nessuna parte. La discrepanza tra ciò che si è dentro e il ruolo che recitiamo fuori, se è troppo larga, porta a comportamenti insicuri o aggressivi quali è il bullismo e la violenza sul più debole fisicamente?
    Educare è un processo delicato, occorre anche ascoltare anche chi è dissidente dai nostri convincimenti, non chiudersi subito e trattarlo da nemico. Essere almeno curiosi, chissà che non ci possa insegnare qualcosa? Mariapia

  6. Come impariamo nel nostro lavoro in DP, a me pare che abbiamo tanto bisogno di lasciare andare le nostre paure ed in particolare la paura che l’altro ci sottragga qualcosa per il solo fatto di esistere. Mi pare che questo tema, come altri, abbia a che fare con l’accoglienza della differenza come ricchezza anche da parte di chi si sente diverso. La tentazione dell’omologazione agli “altri” è fortissima, perché sentirsi parte di un gruppo è rassicurante, ma ciò rischia di portarci dentro un generico “altri” che ci assimila e ci annulla. La bramosia dell’uguaglianza intesa come equiparazione temo sia una trappola che uccide le nostre vere identità che cerchiamo di delineare con tanta fatica. Io non voglio essere uguale ad un altro e tanto meno agli “altri”, ma essere riconosciuta nella mia diversità che vuol dire nella mia unicità. Se ognuno perciò avrà lo spazio che desidera per esprimersi fino in fondo, cioè andando fino al fondo di se stesso, come impariamo a fare in DP, allora emergeranno le istanze profonde e vere della sua identità. Se inizio ad accogliere me stessa così come sono, allora sarò man mano sempre più in grado di accogliere l’altro per ciò che è, senza metterlo al muro costringendolo dentro forzature deleterie, e magari degeneri, di sé.
    iside

  7. Condivido un articolo di alcuni mesi fa. Purtroppo andando a rivederlo ho visto che è stato rimosso il video documentario che raccontava la vicenda di David conclusa tragicamente.

    http://www.tempi.it/bruce-brenda-david-la-tragica-storia-della-prima-vittima-del-dottor-money-il-guru-del-gender#.VOGc1OaG9sh

  8. Alessandra non pone la questione se un adulto sia libero di vivere la propria sessualità, se la diversità abbia o no cittadinanza, se LGBT abbia il diritto di organizzarsi, perchè è evidente che la risposta è positiva.
    Le questioni che Alessandra pone rigurdano la possibilità che l’ideologia “gender” possa mettersi in cattedra in modo unilaterale e in più cercando di agire all’insaputa dei genitori.
    I portatori dell’ideologia “gender” amano tanto la libertà che hanno deciso loro quale debba essere la libertà dei genitori nell’educazione dei figli.
    E poi perchè dovremmo accettare che sieda in cattedra una nuova ideologia dopo le esperienze del XX secolo?
    Jean Paul Sartre ci aiuta quando dice che :” L’ideologia è il paradiso delle idee ma è l’inferno della realtà”.
    La conferma viene dal fatto che addirittura nelle università tedesche si viene alle mani sull’ideologia del “gender”.
    Acutamente è stato osservato che essendo finita la lotta di classe sta emergendo la lotta dei sessi.
    Propongo che si tenga distinta la questione della libertà degli adulti da quella dell’educazione di chi ha meno di 14 anni, meno di 7, meno di 4, e meno di uno: parlo riferendomi a proposte di legge portate al Parlamento europeo.

  9. Cara Alessandra, grazie di questo intervento molto importante e opportuno.
    L’ideologia “gender” vorrebbe convincerci che non sussista alcuna differenza sostanziale tra i sessi, e che in questo ambito sia tutta una questione culturale e di educazione.
    Dobbiamo chiederci: ma perché sostenere una tesi così bislacca? negando ciò che appare come una delle più forti evidenze, e cioè che l’elemento maschile e quello femminile, in ogni ambito della natura, funzionino come opposti complementari? e che certamente due esseri così diversi biologicamente non possano non possedere caratteristiche anche psicologiche differenziate?
    Noi nei nostri Gruppi, come scrivi, sappiamo che ogni identità è oggi in crisi, proprio a partire da quella sessuale. Sappiamo che i contenuti storici di tutte le identità devono mutare, e che proprio la differenza maschio/femmina per millenni è stata utilizzata per asserire menzogne, violenze, e stereotipi.
    Ma sappiamo anche che la trans-figurazione delle figure identitarie, pur passando per una certa sfigurazione, serve a riscoprire le differenze non più in forma di contrapposizione/opposizione, ma di relazione. Per cui il transito antropologico in atto non solo non distruggerà la differenza tra maschio e femmina (o quella nazionale o religiosa o politica), ma anzi la rivelerà nella sua più profonda essenza dialogica e appunto relazionale/coniugale.
    Lungo il transito però ci sono sempre tendenze sfigurative che vorrebbero invece annientare lo spessore e lo splendore delle differenze, tendenze cioè omosessuanti e omogeneizzanti, così come ci sono sempre tendenze regressive che vorrebbero reimporre le differenziazioni del tempo andato.
    Solo un sano e profondo lavoro interiore e culturale potrà condurci lungo la via della giusta trans-figurazione.
    I problemi poi relativi alla valutazione degli atti sessuali è tutt’altro, e attiene credo più alle sfere della morale e del diritto, che a quella della psicopatologia. La psichiatria infatti cambia spesso opinione, e ritiene salute mentale ciò che fino a ieri giudicava patologico e viceversa. Il desiderio sessuale è molto vario e controverso, ed è sempre una scelta morale quella che ne giudica la positività o la distruttività, una scelta cioè storica e culturale, non scientifica.
    Oggi ad esempio consideriamo pedofilia, e quindi grave e pericolosa patologia, ciò che forse Dante o Novalis (innamorato della dodicenne Sophie) consideravano amore. Forse domani gli psichiatri potrebbero considerare “normali” la necrofilia o il sadomasochismo o l’amore incestuoso o l’amore feticistico per le scarpe o per le mutande usate o altro, i gusti infatti sembrano sempre più vari e fantasiosi…
    Io poi, come sai, penso che siamo un po’ tutti malati di mente, eterosessuali o omosessuali, e che tutti abbiamo urgente bisogno di curarci dalle nostre profondissime distorsioni egopatiche (che portano con sé sempre aspetti sessuali più o meno distorti), per cui non comprendo molto bene questa ossessione di voler essere “normali” e “sani”, mi verrebbe da suggerire: ragazzi, che nessuno si illuda: qui siamo tutti molto insani e normale-mente pazzi…
    Non credo però che potremo mai impedire al Dalai Lama o ad un mussulmano sciita o a Papa Francesco di ritenere gli atti omosessuali come peccati, rispettando e anzi amando i peccatori, che come tutti noi errano e hanno solo bisogno di essere accolti e perdonati (la misericordia però implica che ci sia un peccato da perdonare, e un peccatore che se ne penta …). Ognuno valuti quindi secondo coscienza, e cioè in base ai propri principi morali.
    Poi naturalmente c’è l’ambito del diritto, che è una dimensione ancora ulteriore, nella quale dobbiamo comunque tutelare alcuni principi, quali il diritto che ogni bambino ha di avere un padre e una madre conosciuti (anche distruttivi magari, ma suoi, e non fantasmi con cui dovrà fare conti impossibili per tutta la vita), il diritto cioè alla propria genealogia genetica; il rispetto del corpo delle donne, che non dovrebbero mai essere utilizzate come strumenti di produzione umana spesso mercificata da ricchi occidentali molto “liberal” (e politicamente ipercorretti, quando fa loro comodo, magari nella tutela delle foche nane e contro gli OGM …), e così via..
    Per me infine è più che giusto che le coppie omosessuali possano regolarizzare le loro unioni in forma civile, ma è altrettanto evidente che queste unioni non abbiano molto a che vedere con quella istituzione antropologica che chiamiamo “matrimonio”, e che è stata pensata essenzialmente come tutela della madre, e della maternità. Si inventi invece un’altra istituzione (e lo dico senza alcuna ironia), si abbia il coraggio di darle un altro nome (gaymonio?) e si inventino anche altre forme sociali e celebrative, senza imitare in modo francamente grottesco consuetudini appartenenti ai riti della fecondità…..
    Temi comunque davvero molto complessi, su cui riflettere con grande serenità e in spirito di dialogo libero e aperto, da parte di tutti.
    Un abbraccio. Marco

  10. Concordo in pieno con Aldo, Iside, Giancarlo e Marco…una delle questioni che mi sta più a cuore è proprio la tutela dei diritti dei minori, ancora troppo spesso solo ‘oggetto’ di rivendicazioni da parte di adulti che vedono esclusivamente i propri!!! mcarla

  11. Cari Aurelio, Maila, AnnaPaola, Aldo, MariaPia, Iside, Elisabetta, Giancarlo, Marco, MCarla,
    vi ringrazio per aver voluto condividere le vostre riflessioni.
    Alessandra

  12. Questa “nuova ideologia”, ormai tanto di moda, ho l’impressione che nasca semplicemente dal voler “ricostruire”, “ristrutturare”, “riordinare”, la semplice realtà di cui è costituita “questa realtà”. L’uomo che pensa di avere “diritto” di “sentirsi capace” , avendo oramai ottenuto tante “conquiste”, di poter davvero essere “creatore” di una “nuova realtà”, inventata a proprio piacimento. Voler essere creatore, nonostante il Creatore non esista….

  13. non c’è nessuna ideologia… c’è solo la rivendicazione di vedere rispettate le proprie scelte, senza essere discriminati e aggrediti in una società che ha paura del diverso. Mi dispiace ma nel post di Alessandra c’è l’eco di una campagna , condotta da associazioni cattoliche fondamentaliste , che usa affermazioni false e toni allarmistici: l’educazione sessuale a scuola che indurrebbe nei giovani comportamenti deviati e sconsiderati!!! ma dove sono le prove? di contro risulta che la percentuale dei suicidi di giovani omosessuali è 4 volte quella dei “normali”. Addirittura si insinua che gli omosessuali minano la famiglia !!! e questa è la solita distorsione di vedere all’esterno il nemico , quando è dall’interno che va curata la famiglia , quella famiglia che sappiamo essere l’ambiente dove esiste , purtroppo, prevaricazione e violenza. Se ci sono comportamenti che violano il rispetto della persona , siano denunziati e perseguiti individualmente , sia che il colpevole sia persona omosessuale o eterosessuale … e sappiamo come quest’ultimi, potenti e no, religiosi e laici, di violenze sessuali hanno lastricato la storia e la cronaca.

  14. L’ideologia “gender” cerca di convincere che non esiste alcuna differenza sostanziale tra i sessi ( che in natura sono e restano “soltanto” due), e che l’ appartenenza all’una o all’altra categoria sia semplicemente una questione di imposizioni culturali e preconcette, e che spetti invece al singolo individuo ( e non alla natura), una volta “liberatosi” da tali costrizioni, la scelta più vera e personale di appartenenza.
    – Questa l’ideologia, tutta da verificarsi.
    – Altro argomento è l’attrattiva o la preferenza e quindi la scelta sessuale dell’individuo. Eterosessualità oppure omosessualità (colui o colei che, solitamente, ama il proprio sesso e non ha prova poi tutto quell’interesse di appartenente all’altro) oppure ancora bisessualità, ecc……
    – Altro argomento la discriminazione del “diverso”…..
    Secondo me, ho semplicemente l’impressione che, di questi tre, e diversi argomenti (che non sempre si “fondono” insieme), si cerchi di farne uno solo, con un’unica soluzione a tutto. Il che non mi sembra corretto. Per non parlare, poi, di “matrimonio” e, addirittura, di “adozione”d’innocenti (a tutta questa confusione)…..

  15. Alessandra dice

    Riporto di seguito alcune riflessioni di Papa Francesco sul tema .
    Per motivi di spazio non inserirò i discorsi in forma integrale, vi invito, tuttavia, a leggerli dal momento che sono interessanti. Fornisco, a tal proposito, per ogni citazione le coordinate che possono consentire a chi vuole di consultare i documenti originali.

    “… In positivo, occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva.
    Ciò comporta al tempo stesso sostenere il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli. E a questo proposito vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”. Mi diceva, poco più di una settimana fa, un grande educatore: “A volte, non si sa se con questi progetti – riferendosi a progetti concreti di educazione – si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”.
    Lavorare per i diritti umani presuppone di tenere sempre viva la formazione antropologica, essere ben preparati sulla realtà della persona umana, e saper rispondere ai problemi e alle sfide posti dalle culture contemporanee e dalla mentalità diffusa attraverso i mass media.”
    (Udienza alla delegazione dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia. Data 11/04/2014)

    “- Quarta domanda, Jan-Christoph Kitzler della Ard, la radio tedesca, per il gruppo tedesco:
    Grazie, Santo Padre. Vorrei ritornare un attimo all’incontro che ha avuto con le famiglie. Lì ha parlato della “colonizzazione ideologica”. Ci potrebbe spiegare un po’ meglio il concetto?
    – Papa Francesco: La colonizzazione ideologica: dirò soltanto un esempio, che ho visto io. Vent’anni fa, nel 1995, una Ministro dell’Istruzione Pubblica aveva chiesto un grosso prestito per fare la costruzione di scuole per i poveri. Le hanno dato il prestito a condizione che nelle scuole ci fosse un libro per i bambini di un certo grado di scuola. Era un libro di scuola, un libro preparato bene didatticamente, dove si insegnava la teoria del gender. Questa donna aveva bisogno dei soldi del prestito, ma quella era la condizione. Furba, ha detto di sì e ha fatto fare anche un altro libro e li ha dati tutti e due, e così è riuscita… Questa è la colonizzazione ideologica: entrano in un popolo con un’idea che non ha niente a che fare col popolo; con gruppi del popolo sì, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura. Durante il Sinodo i vescovi africani si lamentavano di questo, che è lo stesso che per certi prestiti si impongano certe condizioni. Io dico soltanto questo caso che io ho visto. Perché dico “colonizzazione ideologica”? Perché prendono proprio il bisogno di un popolo o l’opportunità di entrare e rafforzarsi, per mezzo dei bambini. Ma non è una novità questa. Lo stesso hanno fatto le dittature del secolo scorso. Sono entrate con la loro dottrina. Pensate ai “Balilla”, pensate alla Gioventù Hitleriana… Hanno colonizzato il popolo, volevano farlo. Ma quanta sofferenza! I popoli non devono perdere la libertà. Il popolo ha la sua cultura, la sua storia; ogni popolo ha la sua cultura. Ma quando vengono condizioni imposte dagli imperi colonizzatori, cercano di far perdere ai popoli la loro identità e creare uniformità. Questa è la globalizzazione della sfera: tutti i punti sono equidistanti dal centro. E la vera globalizzazione – a me piace dire questo – non è la sfera. È importante globalizzare, ma non come la sfera, bensì come il poliedro, cioè che ogni popolo, ogni parte, conservi la sua identità, il suo essere, senza essere colonizzata ideologicamente. Queste sono le “colonizzazioni ideologiche”. C’è un libro – scusatemi, faccio pubblicità – c’è un libro, forse lo stile è un po’ pesante all’inizio, perché è scritto nel 1907 a Londra… A quel tempo lo scrittore ha visto questo dramma della colonizzazione ideologica e lo descrive in quel libro. Si chiama Lord of the World. L’autore è Benson, scritto nel 1907, vi consiglio di leggerlo. Leggendolo capirete bene quello che voglio dire con “colonizzazione ideologica”.
    (Conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno dalle Filippine. Data 19/01/2015)

    “Anche la famiglia, in conclusione, non è un oggetto sul quale si comunicano delle opinioni o un terreno sul quale combattere battaglie ideologiche, ma un ambiente in cui si impara a comunicare nella prossimità e un soggetto che comunica, una “comunità comunicante”. Una comunità che sa accompagnare, festeggiare e fruttificare. In questo senso è possibile ripristinare uno sguardo capace di riconoscere che la famiglia continua ad essere una grande risorsa, e non solo un problema o un’istituzione in crisi. I media tendono a volte a presentare la famiglia come se fosse un modello astratto da accettare o rifiutare, da difendere o attaccare, invece che una realtà concreta da vivere; o come se fosse un’ideologia di qualcuno contro qualcun altro, invece che il luogo dove tutti impariamo che cosa significa comunicare nell’amore ricevuto e donato. Raccontare significa invece comprendere che le nostre vite sono intrecciate in una trama unitaria, che le voci sono molteplici e ciascuna è insostituibile.
    La famiglia più bella, protagonista e non problema, è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli. Non lottiamo per difendere il passato, ma lavoriamo con pazienza e fiducia, in tutti gli ambienti che quotidianamente abitiamo, per costruire il futuro.”
    (Messaggio per la XLIX giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Prevista il 17/05/2015. Data messaggio 23/01/2015)

    “Poi ci sono le colonizzazioni ideologiche sulle famiglie, modalità e proposte che ci sono in Europa e vengono anche da Oltreoceano. Poi quello sbaglio della mente umana che è la teoria del gender, che crea tanta confusione. Così la famiglia è sotto attacco. Come si può fare, con la secolarizzazione che è attiva? Come si può fare con queste colonizzazioni ideologiche? Come si può fare con una cultura che non considera la famiglia, dove si preferisce non sposarsi? Io non ho la ricetta, La Chiesa è consapevole di questo e il Signore ha ispirato di convocare il Sinodo sulla famiglia, sui tanti problemi.”
    (Visita pastorale a Napoli. Incontro con i giovani sul Lungomare Caracciolo. Data 21/03/2015)

    “L’esperienza ce lo insegna: per conoscersi bene e crescere armonicamente l’essere umano ha bisogno della reciprocità tra uomo e donna. Quando ciò non avviene, se ne vedono le conseguenze. Siamo fatti per ascoltarci e aiutarci a vicenda. Possiamo dire che senza l’arricchimento reciproco in questa relazione – nel pensiero e nell’azione, negli affetti e nel lavoro, anche nella fede – i due non possono nemmeno capire fino in fondo che cosa significa essere uomo e donna. La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Per esempio, io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione. Per risolvere i loro problemi di relazione, l’uomo e la donna devono invece parlarsi di più, ascoltarsi di più, conoscersi di più, volersi bene di più. Devono trattarsi con rispetto e cooperare con amicizia. Con queste basi umane, sostenute dalla grazia di Dio, è possibile progettare l’unione matrimoniale e familiare per tutta la vita. Il legame matrimoniale e familiare è una cosa seria, lo è per tutti, non solo per i credenti. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta.”
    (Udienza generale di mercoledì 15/04/2015)

Inserisci un commento

*