Durante l’incontro generale dei gruppi Darsi Pace del 12 Marzo 2016 parlavo con una delle partecipanti e le esprimevo il frutto di alcune mie meditazioni: da mesi oramai riscontro come, nelle facoltà universitarie, siano stati isolati e “rimossi” gli esponenti delle discipline più illuminati e unificanti. Parli con i dottori in psicologia, e a malapena sanno chi siano C.G. Jung o James Hillman (!), parli con i dottori in filosofia e dicono che Kierkegaard non è considerato un filosofo ma “letteratura” (!!!).
D’altronde Marco Guzzi ha ben individuato e descritto questa mortifera dinamica, evidenziandola in molti suoi scritti: “I saperi (linguaggi) dominanti proliferano e sviluppano lo loro rete organizzativa sul mondo e sull’uomo attraverso un duplice processo unitario, che si accelera di decennio in decennio lungo tutto il Novecento: da una parte si spersonalizzano tendendo alla meccanicità tecnica (al codice computerizzato), dall’altra si settorializzano sempre di più abbandonando qualsiasi connessione con un principio unitario, con ciò che chiamiamo appunto “mondo”. … Ciascuno di noi è inserito nelle strutture di questi linguaggi, che poi sono mondi (del lavoro, dell’informazione ecc.): “mondi non più mondi” (Heidegger). Ciascuno di noi patisce a proprio modo la provocazione che questi automatismi generano, la pressione che questi non-mondi esercitano su di noi per ridurci a mere funzioni spersonalizzate della loro riproduzione insensata, per ridurci cioè a “non-ii” (Da “L’Insurrezione dell’umanità nascente”).
Questa realtà io l’ho sempre sentita e sofferta, perché è un pugnale freddo e sterile che punta al tuo cuore per isolarlo, toglierlo di mezzo, sterilizzarlo. Per questo da sempre sono stato rapito e affascinato da personaggi come Dante, Rimbaud, Dostoevskij, Springsteen, Jung, Terzani, Gandhi, Martin L. King e tanti altri che, molto diversi per disciplina, epoca, ambito e modalità espressive, hanno in comune tutti quella “Nuova figura di poeta, paradigma di un uomo nuovo … continuatore dell’Incarnazione del Verbo, del continuo farsi uomo di Dio attraverso la parola” (Da “L’Insurrezione dell’umanità nascente”).
Io ho sempre sentito molto vicine queste persone, quasi come fossero miei (e nostri) amici, a cui potevo appellarmi perché mi dimostravano un modo di vivere in cui l’Anima era posta al Centro della loro vita e della loro opera, attraversata e illuminata da un Nuovo Mattino sempre operante e sempre Nascente.
Da queste riflessioni e dalla frequentazione dei ragazzi del gruppo poetico insurrezionale, che sono valide e profonde persone ricche e ognuna unica e significativa a suo modo, è nato questo articolo che verrà pubblicato sul mensile “Acqua&Sapone” del mese di Aprile! E che ora ho l’onore di poter condividere con tutti voi! È il racconto di una storia vera accaduta a me personalmente, unita invece ad un’antica leggenda su uno di questi “giganti-amici” … Buona lettura!
Poco tempo fa andai a dare un esame all’Università. Un esame di letteratura italiana. Mentre sgomitavo con vigore per sedermi sul tram, pensavo che ero risoluto a scrivere su Dostoevskij. Sentivo dentro una spinta che non capivo ad esplorare questo enorme gigante, ad esplorare questo esploratore del mistero umano. Non capivo perché.
Arrivato all’Università mi precipitai allo studio del professore dove si sarebbe tenuto l’esame che dovevo dare. Era tardi, faceva un caldo pazzesco, era fine Giugno, ed ero nervoso perché dovevo assolutamente passare: mi mancavano una manciata di esami alla laurea e non potevo assolutamente non finirli entro l’estate. Questo nervosismo, però, non mi impedì di alzare gli occhi dal libro, che voracemente ripassavo, per dare un’occhiata a quel corridoio. Quanto vidi mi colpì, e rattristò.
Nell’immaginazione di tutti, infatti, l’università è il luogo dove i grandi sapienti e “filo” – “sofi” cioè amanti della sapienza, accendono le anime dei ragazzi, facendovi fiorire la personalità. Ma quanto avevo sotto gli occhi io, in quel corridoio di quella importante Università di Roma, davanti allo studio di quell’importante e rinomato docente, era l’esatto contrario di questa fioritura di vita.
Vedevo ragazzi, tra cui me stesso, divorati dall’ansia e preoccupati di imparare le parole vuote di testi fiacchi, per poi foraggiare l’ego di docenti piccoli piccoli, che, seduti tronfi su quelle cattedre gloriose, avrebbero “pagato” quelle attenzioni e foraggiamenti dell’ego con un numero da 18 a 30.
Invece, dunque, di vedere un amore della sapienza germogliare nei cuori, assistevo attonito allo spegnersi di quei cuori stessi, al sottrarre da essi tutta la luce che serviva poi a mercanteggiare un arido numero su un foglio. Certo, sbagliato generalizzare, ma quel pomeriggio era così.
Io, ansioso tra gli ansiosi e senza poter nulla insegnare a niuno, dentro di me dissi: “E questa sarebbe letteratura? E dov’è finita l’Anima Eterna di Dante? E lo struggimento, in cui pulsa vivo Dio, di Petrarca? E il silenzio di Ungaretti? Dove sono finite le anime?” mi chiedevo, quando uscì dalla stanza un uomo di bassa statura che chiamò il mio nome. Toccava a me.
Entrato nella stanza, interrogato dal dotto in persona, mi venne chiesto di leggere un testo in cui, il poeta su cui mi si interrogava, citava il leggendario endecasillabo dantesco “di qua, di là, di su, di giù li mena” del V canto dell’Inferno. Mi commossi, profondamente, davanti a lui. Non trattenni le lacrime nel riconoscere la voce amica di Dante in mezzo a quel clima in cui non mi sentivo a mio agio. Il dotto, freddo e formale, mi disse testuali parole: “Su Su, continui, forza! Questo non è Dante, sia scientifico”.
“Sia scientifico”. Ma quanto è arida sta frase?! Ma come! Pensai dentro di me, porca miseria ladra! Non dovrebbe essere il sogno della tua vita di insegnante che uno studente senta dentro di se la commozione per i versi eterni di Dante!?
Ma perché? Mi chiesi, ci si è ridotti a scartare l’anima delle persone e l’autenticità dei cuori per una sterile scienza? Ma perché, mi chiesi, non si vede più la vita e si riduce tutto a codici morti, svuotando proprio le opere di persone che hanno dato l’Anima per gridare nei loro scritti che la Vita Vincerà?! Quanta piccolezza, pensai. Quanta povertà.
Fu allora che, la sera, bevendo buona birra forte e fresca con un mio caro amico, lui mi raccontò casualmente” proprio una leggenda su Dostoevskij.
Si racconta che, alla fine della sua vita, egli fosse uno spirito vibrante, altero, tormentato, e che si aggirasse di notte, errante e inquieto come un fantasma, per le strade di San Pietroburgo. Si dice fosse dilaniato, in se stesso, da un altissima tensione per la Verità, per Cristo, per la Vita Vera e le rovinose cadute nell’alcool, nel gioco, nei tormenti. Si dice che, una notte, egli entrò disperato e in lacrime in un’antica chiesa dove un monaco era in preghiera.
“Ah pietà padre!” gridò il disperato: “Io ho peccato! Io bevo, io gioco! Io cado! E ora padre” disse gridando e aggrappandosi con la forza della disperazione all’abito del vecchio monaco: “Ecco in espiazione dei miei peccati, io non scriverò mai più!”.
Il vecchio monaco ebbe un colpo al cuore. Alcuni dicono che i suoi occhi, in quel momento, si rigarono di lacrime e che egli ringraziò il buio che poteva coprirle. Dicono infatti che il vecchio monaco, in gioventù, fosse stato travolto dai dubbi sulla sua vocazione. Dubbi provenenti dalle fortissime idee positiviste, nichiliste, atee che circolavano per tutta Europa. La leggenda vuole che, proprio leggendo le opere del grande scrittore, egli avesse salvato, ritrovato e rinvigorito la sua fede e la sua vocazione.
Il vecchio monaco lo guardò, e teneramente lo amò. “Vedi figlio” disse celando in cuor suo d’averlo riconosciuto: “Io credo, in verità, che poco importerebbe al Signore se tu smettessi di bere, o di giocare. Certo, sarebbe bene, ma lo interesserebbe molto poco. Ma il giorno che tu smettessi di scrivere egli tingerebbe i cieli di lutto eterno, perché a un’eterna Luce sarebbe tolta la parola.
Forza, Figlio!” disse il vecchio monaco scuotendo lo scrittore con tutto il vigore che aveva in corpo, con il suo sguardo profondamente penetrandolo fino al midollo:
“Mai taccia la tua voce. Mai taccia la tua Luce. Rendi grida di Sole i tormenti, rendi perle e diamanti gli errori, rendi gemme le tue lacrime, e fulmini di luce le tue oscurità, e se cadi, figlio, ebbene sia! Ma ogni demone che ha provocato quella caduta, tu guardalo, comprendilo, illuminalo e trasformalo nei tuoi doni più profondi. Facci vedere le orme dei demoni! Stanali figlio, manifestali, illuminali, spiegali. Perché un demone non odia anzi spesso si serve della pur buona legge ma detesta venire in superficie, alla luce.
Ebbene figlio!” disse il vecchio monaco guardando lo scrittore con quanta forza aveva in corpo: “rendi palesi i passi dei demoni! Perché non la legge che condanna, ma la Luce dell’Amore, ti salverà”.
E così, dopo quella notte, nei suoi ultimi anni, con occhi gonfi di luce e di lacrime il vecchio gigante regalò le sue gemme più profonde al mondo, proprio denunciando quella riduzione dell’uomo a materia, dell’anima a tecnica, della vita a mente e vuota biologia che purtroppo pare aver vinto nella cultura del nostro Occidente. Ogni volta infatti che un demone interiore lo assaliva egli lo osservava, lo comprendeva e lo rendeva dono smascherandolo, denunciandolo affinché tutti noi potessimo vederlo, e affinché potessimo evitare quello che poi purtroppo è divenuto in larga parte pensiero dominante, ma che non ha vinto ne vincerà mai. Perché l’uomo non è fatto per essere ridotto a materia o mente, e quanto ha dentro di profondo, vivo ed infinito prima o dopo si desterà, lo scuoterà e lo salverà.
Meraviglioso Giacomo … “ … un pugnale freddo e sterile che punta al tuo cuore per isolarlo, toglierlo di mezzo, sterilizzarlo … “ e mi chiedo per “quanti giorni”e per quanto ancora …
… ma Qui è già Luce !
Di tutto lo scritto e pure il book trailer che ho appena guardato … Grazie … sono con il cuore in Cielo ed è una sensazione talmente grande e bella che, umanamente per il corpo richiede ancora tanto allenamento per riuscire a sostenerla … questo “così tanto” che anche solo intuisco, quando non ancora a comprendere.
Che giorni incredibili stiamo vivendo, in un momento all’inferno, il momento seguente in una Luce sfolgorante di meravigliosa Bellezza!!
Il cuore abbraccia
Barbara
Grazie Giacomo per questa bella testimonianza,quando il professore,durante l’esame ti ha invitato a leggere l’endecasillabo dantesco del V canto mi sono scese le lacrime.Purtroppo in questo mondo c’e’ poco spazio e poco tempo per commuoverci,ci vogliono scientifici e l’anima non viene ascoltata. Penso spesso a quanta fatica fate voi ragazzi che frequentate l’universita’,fortunatamente ci sono anche quelli come te che contribuiscono a rendere questo mondo migliore. Ben vengano le lacrime! Un caro saluto. Elisabetta
Ottimo, Giacomo, senza il “cuore” resta il nulla, che gira tutto intorno, senza requie, ad un “sapere” solo umano, perché:
…. voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?
(Gv 5,44 )
Grazie, quello che custodisci, è un grande tesoro.
La Vita è disposta a morire se il luogo dove si trova è inospitale, ma rinascerà mille volte.
Quel luogo è dentro di noi.
La Vita continua, anche in mezzo al cemento, nei luoghi più aridi e inospitali, continua.
Su una fragile navicella, in un mondo dove tutto sta diventando merce, continua.
Adesso, come nei conventi del medioevo, si conservavano sapienze antiche e nuove per chi verrà dopo e questo da un senso alla vita di chi conserva e custodisce.
Un caro saluto
Condivisione piena!
Facciamo forza tutti,
brilliamo della luce dell uomo
opponiamoci alla sterilitá,
convibriamo della nostra nota,
assecondiamo l anima con forza,
slanciamoci verso l alto!
Condivisione piena!
Facciamo forza tutti,
brilliamo della luce dell uomo
opponiamoci alla sterilitá,
convibriamo della nostra nota,
assecondiamo l anima con forza,
slanciamoci verso l alto!
Sono con voi!
Alleluja!!!
Grazie Giacomo per questo grido di ribellione contro il conformismo imperante che appiattisce ogni slancio dell’anima.
Ecco il link al bel video-trailer del tuo nuovo romanzo, che mi fa piacere pubblicizzare tra i nostri amici di DP:
https://www.youtube.com/watch?v=4oc9Aum4jvE
Buona giornata!
paola
Molto bello, grazie, tanti auguri!
Caro Giacomo continua e continuiamo a credere nelle nostre ricerche! Sono e siamo con te!
Grazie per l’emozione che ci hai trasmesso, tantissimi auguri!
Ciao Giacomo! Già mi aveva commosso il tuo intervento durante l’ultimo incontro del Gruppo Cultura. Leggere la tua esperienza con il prof accademico ingessato, mi fa tornare in mente il mio entusiasmo universitario e le restrizioni che pativo al tempo, costretta nei programmi per l’esame, nell’inutilità di sforzi mnemonici assurdi ecc. ecc. E poi la libertà di imparare che ho iniziato ad assaporare dopo la laurea, quando mi sono liberata dalle costrizioni e ho lasciato più spazio a ciò che mi piaceva davvero, che sentivo sensato per me. Da allora ho un rifiuto per ogni tipo di attestato, esame, valutazione che sia basato sull’apprendimento meccanico, fuori da ciò che mi brucia dentro. Quello è il mio criterio ormai.
Ti auguro che questo tuo percorso in Darsi Pace ti aiuti, come sta aiutando me, a trovare un sentiero di senso nella giungla dell’ingovernabile.
iside
Grazie a tutti carissimi!
Ogni vostro intervento è unico e prezioso, per questo vi ringrazio, mi fa venire in mente una frase che ho trovato in un libro di Anselm Grun: “Rendete perle le vostre lacrime”.
Iside in particolare ci tenevo a dirti che credo che quanto Marco Guzzi ha sistematizzato sia come uno dei grandi Fari che si stanno accendendo nella notte: puoi andare dove vuoi e stare sereno, tanto sai che c’è sempre il Faro che ti riporta sul sentiero! ROCK N’ROLL!!!!!!!!!!!