La via della conoscenza: di sé, del mondo, di Dio

Commenti

  1. Riguardando questo video mi sono resa conto della portata quasi “imbarazzante” della proposta di Marco Guzzi, se ascoltata con un orecchio asetticamente culturale o accademico:

    “I saperi del mondo devono assorbire elementi della conoscenza di sé e della conoscenza dell’assoluto.”

    “Bisogna sapere creare nuovi filoni creativi e nuovi linguaggi che sappiano arricchire le discipline in quest’ottica ampia, di respiro antropologico. Bisogna avere il coraggio di riporsi le domande semplici:
    Che cosa stiamo a fare sulla terra?
    Che cosa l’uomo può veramente sperare o sperare di conoscere?
    Queste domande oggi vanno riposte al centro di tutte le discipline in quest’ottica di integrazione più complessa”.

    Torno a ricordi universitari e penso a come potrebbero reagire gli “esperti” della cultura, accademica e non, nel contaminare la loro scienza con elementi così soggettivi o trascendenti. Penso al rischio di essere come minimo derisi.
    Anche una parte di me in fondo reagisce di getto così:
    La religione può andare bene ma deve stare al suo posto, cioè dentro il recinto del sacro (quando ha cercato di uscirne ha fatto molti danni, dice la storia).
    Anche la psicologia va bene, ma sempre se la teniamo a debita distanza, se la oggettiviamo il più possibile, magari usandola per i nostri scopi (come quelli di vendere e venderci meglio).

    Qui invece si parla di farsi contaminare sul serio, a livello personale, nelle nostre professioni, nella nostra idea stessa di cultura, con queste domande di senso, e far contaminare le discipline, proprio quelle che magari abbiamo studiato con passione, senza snaturarle.
    Ad uno sguardo frettoloso può sembrare un anacronistico rifiuto della modernità, invece è qualcosa di totalmente diverso e nuovo.
    Mi sembra talmente nuovo da provocare una specie di cortocircuito nel cervello, un paradosso, come dice Marco, che si risolve solo dentro il laboratorio interiore di trasformazione di ognuno di noi. Questo laboratorio non può essere raccontato più di tanto: va sperimentato e fatto.
    Il nuovo, la svolta vitale, anche nella cultura e nei saperi, al punto in cui siamo arrivati mi sembra che non possa nascere altrove.
    Antonietta

  2. Hai proprio ragione, cara Antonietta, dobbiamo però anche riconoscere che queste contaminazioni sono in cammino da tempo proprio dentro le stesse ricerche più avanzate: è la fisica contemporanea che “sfora” nelle visioni mistiche, è la psicoanalisi che “sfora” nel simbolismo mitico e spirituale, e così via. Noi insomma proviamo a tirare le fila di processi già avanzatissimi, che da almeno un secolo, procedono verso una nuova visione sintetica del sapere, da intendere ormai come trans-formazione del soggetto conoscente. Un abbraccio. Marco

  3. Lo scorso lunedì, al termine dell’Approfondimento 1 ho avuto la fortuna di visitare a Roma la Biblioteca della Camera dei deputati, oggi una delle maggiori realtà bibliotecarie italiane che si radica nella storia del complesso domenicano della Minerva.

    Ero estasiata alla vista delle sale fra le quali quelle che ospitarono fasi salienti del processo a Galileo, mi sentivo dentro un tempo dilatato.
    La sala del Refettorio mi ha particolarmente colpita.
    In origine era organizzata in modo che i Monaci volgessero il viso all’ affresco raffigurante l’incontro di Emmaus.
    L’attuale disposizione delle sedie, voluta dagli Illuministi, fa in modo che coloro che siedono nella sala all’ affresco volgano la schiena e volgano lo sguardo alla parete opposta dove si trova un lampadario raffigurante i lumi della
    dea Ragione.
    In un lampo sono ritornata alla mia storia, ho visto tutta la mia presunzione giovanile, quando credevo che avrei cambiato la scuola e risolto i problemi del mondo, quando pensavo che lo studio della psicologia mi avrebbe liberato dal dolore che mi abitava, dal quale fuggivo.
    Il tempo e l’esperienza mi hanno mostrato la mia cecità, la mia illusione, la chiusura in uno spazio ristretto di conoscenza e di relazione, la falsità del mio modo di professare la fede.

    Per questo quando sono approdata in Darsi pace ho sentito la singolarità della proposta, qualcosa di antico e di nuovo al contempo, qualcosa che stava dentro di me e poteva ancora esprimersi diversamente dal passato.

    Ora comprendo un po’ di più il pensiero di Guigo II:

    Umiltà è pace
    Chi siede solitario e in silenzio è umile e viene esaltato.

    E comprendo anche il paradosso di Cristo: l’azione della nuova umanità scaturisce dalla pace che possiamo raggiungere nel più grande abbandono e proprio per questo è azione terribilmente rivoluzionaria.

    Grazie Marco.

    Giuliana

  4. proprio così, grazie a te, cara Giuliana. Ciao. Marco

  5. giancarlo salvoldi dice

    Dopo che la rivista Limes scrive che questa “non è la fine del mondo”, Guzzi chiede: “chi lancia l’allarme?”
    L’ha lanciato Gesù: “Perirete tutti”, come i 18 sotto il crollo della torre di Siloe.
    E ha indicato la cura: “Se non vi convertirete”.
    Una lunga teoria di martiri e di santi l’ha capito, sperimentato e testimoniato: erano incarnati, nell’io in relazione.
    Tante persone cristiane piene di buona volontà e spirito di sacrificio, nell’io egoico hanno dato ricette distorte.
    A livello personale c’è la necessità di conoscere sè stessi, ma autorevoli pensatori dicono che la malattia è la psicologia.
    In politica le rovine del ‘900 sembrano irremovibili, e la loro “post-verità” produce Trump, Le Pen, Grillo: inevitabile.
    I preti non riescono a proporre il Vangelo in modo che tocchi la vita delle persone in carne e ossa.
    Perfino al Vangelo del Verbo incarnato manca l’incarnazione, come manca alla psicologia, alla politica, alla scienza.
    Marco ci chiede: “Con 11 miliardi di esseri umani nel 2100, saremo qui tranquilli a “Darsipace”?”
    Ovvio che no.
    Solo la Speranza, generata dalla Fede, ci fa concordare che lo faremo se saremo mentalmente attrezzati.
    Guzzi riporta i dati dell’inverno demografico dell’Occidente, oggi impotente, ma che non morirà.
    Anche perchè l’Occidente non è più un luogo fisico, ma è una cultura planetaria, nel male e nel bene.
    In ambito cristiano, ma non esclusivo, cresce “Darsipace”, microscopica ma virale, di enorme capacità espansiva.
    E voglio ricordare che quasi la metà della popolazione africana è cristiana, sensibile al virus di “Darsipace”.
    E’ vero che gli illuministi e massoni nella sala del Cenacolo hanno deciso di voltare le terga all’affresco di Emmaus.
    Ma è anche vero che l’Illuminismo è tappa di secolarizzazione nel processo storico della Rivelazione.
    Noi facciamo il nostro cammino personale, e a staffetta la fiaccola illuminerà anche le vie del futuro.
    Un caro saluto a tutti i praticanti di “Darsipace” ( darsipacisti è orribile) e a chi legge di “Aleph” ( Alephisti no eh!).
    Giancarlo

  6. Per fortuna ci sono stati gli illuministi, altrimenti saremmo ancora ai tribunali dell’Inquisizione, alle torture, alle donne considerate proprietà dei maschi di famiglia, ecc… Con la Chiesa benedicente.

  7. Grazie, caro Giancarlo, come sempre molto sintetico e efficace. In effetti i processi storici della modernità, illuminismo e secolarizzazione compresi, sono fasi cruciali di quella liberazione che oggi vogliamo e dobbiamo portare oltre i limiti del razionalismo moderno. Ciao. Marco

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