La ferita dell’ascolto è una ferita arcaica che deriva dal nostro bambino ferito. Un bambino che ha urlato molte volte, ma che non è stato ascoltato. Questo bambino ha dovuto soffocare quel grido di aiuto, ma soprattutto quella richiesta di essere visto.
E così, quando guardiamo il mondo, quella richiesta di essere ascoltati sembra emergere sempre con più forza, ma allo stesso tempo svanire, perché continuiamo a opprimerla, fino a non sentirla più.
In questo modo continua a vibrare nella nostra vita quel sentimento di impotenza, quando vediamo le sofferenze e le ingiustizie del mondo. Finiamo per pensare di essere intrappolati nelle tenebre e di non poterne più uscire.
Quando vediamo Gaza che viene distrutta ogni giorno sotto i nostri occhi, ci sembra che più ci disperiamo, più gridiamo aiuto per quelle persone che stanno perdendo la vita in diretta streaming, e più sembra riconfermarsi quella conclusione errata che abbiamo assunto fin da piccoli: questo mondo non ci ascolta.
Il mondo sembra andare avanti senza di noi, quasi non curandosi di noi. Ci sembra ingiusto sotto tutti i punti di vista. E in effetti questo mondo è davvero ingiusto perché infinite volte non ci ha ascoltati. Non ci ha ascoltati durante la pandemia quando siamo stati obbligati a vaccinarci col ricatto oppure ci hanno impedito di lavorare, uscire di casa e incontrare i nostri cari. Quando ci hanno impedito di stare vicino ai malati che morivano da soli, isolati in una stanza d’ospedale. Non ci ha ascoltati quando ci siamo opposti alle armi, quando abbiamo chiesto la pace tra i popoli. Quando abbiamo chiesto che i nostri soldi venissero investiti più nella sanità e nell’istruzione e meno nella guerra. Non ci ha ascoltati quando ci siamo laureati ma non abbiamo trovato lavoro, quando non riuscivamo ad arrivare nemmeno a fine mese. Quando siamo stati costretti a essere sempre più veloci ed efficienti nei nostri posti di lavoro, perché così avremmo fatto fare più profitto all’azienda. Non ci ha ascoltati tantissime altre volte e non ci ascolta tutt’ora.
Questa ferita effettivamente ha una ragione di esistere e non solo per via della nostra infanzia: il mondo sembra non ascoltarci. Il mondo sembra non vederci e noi ci convinciamo di questo. Dentro di noi, cresce una rabbia sempre più forte e non sappiamo più come esprimerla. Così ci ritroviamo di fronte a due derive: l’alienazione o la disperazione.
Arriviamo cioè, a sopprimere quel grido, a non riconoscerlo più perché “tanto nessuno lo sente”. E così finiamo per anestetizzare il nostro cuore, a non occuparci più di nulla se non del vivere la nostra giornata, magari con qualche distrazione che talvolta ci fa ancora più male.
Un’altra deriva che assumiamo è quella di urlare sempre più forte, perché alla fine questo piccolo io che sta implodendo chiede disperatamente di essere sentito. E così tutti i piccoli io si radunano nelle piazze a urlare giustizia o vendetta. Cercano di difendere una “causa”, pensando di essere dalla parte giusta, tanto poi alla fine ognuno ha una “causa giusta da difendere”.
Paradossalmente, più chiediamo al mondo di essere ascoltati, più perdiamo la capacità di ascoltare e ascoltarci. Più urliamo e meno il mondo ci ascolta, e così confermiamo ancora di più la convinzione che questo mondo non ci ascolta. Questo, penso, sia il punto cruciale della nostra storia.
Da infermiera posso dire che una ferita che non viene medicata peggiora sempre di più, fino a diventare infettiva e nociva per tutto il nostro corpo. Le ferite necessitano di cura, necessitano di essere protette, non di essere difese. Ogni ferita ha bisogno di uno schema di medicazione che va applicato con attenzione e seguito finché guarisce. Non esiste uno schema unico per tutte le ferite, perché ognuna è diversa, e solo provando ad applicare un metodo potremo trovare quello idoneo per ognuna di esse.
La buona notizia, quindi, è che le ferite possono essere curate!
Ma è più facile curare una ferita lacero-contusa o una ferita interiore?
Quello che posso dire, dalla mia esperienza, è che tutte le ferite hanno bisogno di essere seguite giorno per giorno. A volte, quando si medica una ferita, non si trova subito il metodo giusto; a volte adoperiamo un prodotto, un tipo di cerotto o una spugna assorbente che però, nel corso del tempo, deve essere cambiato. La ferita va guardata, bisogna seguirne il decorso, bisogna vedere come reagisce. La ferita ha bisogno di una cura che non abbia fretta, di una cura che proceda con calma. Insieme a tutto questo, il gesto amorevole fa sempre la differenza.
Una cosa straordinaria che si osserva curando una ferita è che essa guarisce da sola, e tutto ciò che applichiamo serve solamente a facilitare il processo di guarigione. I prodotti che utilizziamo non fanno guarire, ma creano un ambiente favorevole alla necessaria rigenerazione. L’ambiente della ferita deve essere mantenuto umido: né secco né troppo bagnato. In sostanza tutto quello che facciamo serve solo a garantire questo giusto equilibrio. Ciò significa che dentro di noi abbiamo già il necessario per guarire, tutto il famoso “kit di sopravvivenza”, ma non quello proposto dalla UE!
Come possiamo, quindi, guarire le nostre ferite interiori? Credo allo stesso modo: dentro di noi abbiamo già tutto; dobbiamo solo scoprirlo! Dobbiamo creare le condizioni favorevoli a questa rigenerazione e procedere con un ritmo costante, amorevole e coraggioso. Possiamo, prima di tutto, vedere la nostra ferita per renderci conto che ha bisogno di essere curata. Vedere la ferita sulla nostra pelle o quella interiore non è poi tanto diverso: dobbiamo imparare a guardarci e ascoltarci, capire dov’è che ci fa male.
Questo è il segreto: vedere, prima di tutto, che noi abbiamo una ferita e avviare così il processo di guarigione. E quindi, quell’ascolto che disperatamente chiediamo al mondo, lo dobbiamo dare prima di tutto noi, e prima di tutto a noi stessi.
Non possiamo pretendere di essere ascoltati dagli altri solo alzando la voce oppure rinchiudendoci, perché così otteniamo l’effetto opposto: quella ferita si propaga e non guarisce. La nostra rabbia però è lecita, quel dolore c’è e va visto.
Quell’ascolto che disperatamente e giustamente chiediamo al mondo possiamo darcelo noi, e subito. Senza aspettare nulla, possiamo avviare il nostro processo di guarigione interiore, quello adatto a noi, alle nostre qualità e ai nostri vissuti, senza fretta ma con costanza.
E così, quell’ascolto diventerà fonte di vita e di luce, che potremo donare anche al mondo. E solo così vedremo che il mondo, in realtà, ci ascolta se noi ascoltiamo noi stessi.
Quell’infinita luce divina che ci abita, quando le chiederemo aiuto, ci risponderà sempre.
“Chiedi e ti sarà dato, bussa e ti sarà aperto.” Quando chiediamo nella luce dello Spirito, veniamo sempre ascoltati e guariti.
3 risposte
Grazie Sana per questo portarci nella tua esperienza di curare le ferite, sapendone le profondità, le implicazioni, il desiderio di guarire.
Approfitto di questo post per ricordare che il Gruppo di Creatività Culturale DarsiSalute è aperto a tutti coloro che, a partire dal percorso in Darsi Pace, sentano l’urgenza di pensare e vivere la salute in modo ben più incarnato di quello che la versione sanitaria ci offre.
Chi fosse interessato può contattarmi. I miei recapiti sono disponibili in segreteria presso info@darsipace.net.
iside
Dobbiamo solo scoprirlo, con ritmo costante, amorevole e coraggioso. Grazie
Attenzione, dedicazione e pazienza, accogliendo senza pretendere.
Un articolo che ci dice molto piu’ di quanto riusciamo a leggere.
Grazie