Quale linguaggio per quale fede?

Commenti

  1. Un ascolto di grande nutrimento, che credo offra chiarimenti sul senso attuale del nostro sentirci, o del nostro essere: “cristiani”!

    Ricevo stimoli e incoraggiamenti per non rinunciare mai ad ogni battaglia, e ogni lotta spirituale, per una vita comunque attraente o più libera, o ugualmente gioiosa o luminosa, anche quando le difficoltà e gli impedimenti sembrano diventare insormontabili.

    Un abbraccio e un saluto affettuoso a tutti, grazie!

    Fabio.

  2. Grazie, caro Fabio, sei sempre nei miei pensieri, e nella mia preghiera. Un abbraccio. Marco

  3. maria carla dice

    …insegnanti IRC dove siete?
    Mi piacerebbe leggere qualche vostro commento a favore o meno dell’ intervento di M.Guzzi e dare quindi voce a quel dialogo che lui ha invitato a fare…io personalmente ho sempre nutrito ‘riserve’ sull’ insegnamento religioso a scuola (più che altro sul ‘come’ veniva impartito, NON tanto sul senso della sua presenza all’ interno di un percorso formativo scolastico, inevitabilmente condizionato dal contesto storico-politico-culturale del momento)…grazie!
    mcarla

  4. Carissima MariaCarla,
    effettivamente questo video di Guzzi mi ha fatto riflettere molto perché l’esperienza della religione cattolica nella scuola la sto vivendo come molto problematica, ma la problematicità è data dal fatto che si intrecciano molti fattori tra loro difficili (almeno per adesso) da districare.
    Secondo me una cosa importante è che prima di dare motivazioni agli alunni sul perché della religione a scuola siamo noi docenti che abbiamo bisogno di comprendere il perché di tale insegnamento dato che molti aspetti della materia vengono comunque resi inefficaci dal tipo di “ruolo” e di significato che la disciplina ha assunto nell’istituzione. A volte per rendere le ore di religione più incisive e significative devo stravolgere i programmi, o non seguirli proprio per creare dibattito e interesse negli alunni, ma spesso mi chiedo se tutto ciò è corretto. Ho notato che i ragazzi apprezzano le esperienze come la meditazione e questa diventa motivo di dialogo e di conoscenza su un terreno un pò più profondo, ma, ripeto, a volte mi chiedo se la scuola strutturata in un certo modo può accogliere tutto questo a lungo. Le difficoltà dell’ insegnamento di religione, sono da attribuire, come dicevo all’inizio, a molti fattori che qui sarebbe troppo lungo elencare.
    C’è bisogno secondo me di riflettere se è davvero necessario far “resistere” questa materia a tutti i costi e senza dignità o se invece è il caso di lavorare per ri-darle il suo reale valore e la sua significatività che questa disciplina, a mio parere, ha. La crisi comunque sappiamo bene abbraccia anche le altre materie scolastiche considerate fondamentali e se le materie così dette “importanti” sono in crisi figuriamoci la religione …. Nelle scuole superiori vedo alcuni colleghi che hanno classi con un solo alunno! C’è secondo me, da ri-organizzare tutto il sistema scuola di cui anche la materia di religione fa parte e poi formare sempre di più noi docenti alla passione per la spiritualità e la cultura religiosa, coscienti che, quello che insegniamo non è in verità una piccola parte del reale da conoscere ma è un’aspetto fondamentale della vita perché attraversa tutte le dimensioni. Mi sono espressa molto in breve, ma ci tenevo a una piccola condivisione. Un abbraccio. Chiara

  5. proprio così, cara Chiara, c’è da riorganizzare tutto: mondo, Chiesa, scuola etc…….. e questa credo sia una Buona Notizia!
    Un abbraccio. Marco

  6. Mi sono gustata ogni parola su questa riflessione sull’insegnamento della religione a scuola. Sfida molto difficile… ma allo stesso tempo molto entusiasmante! Fonte di ispirazione per l’incontro dei giovani di Sabato.
    Cari saluti,
    Lea

  7. Mi chiedo sovente il perché l’argomento “religione” non interessi più la maggior parte del sociale odierno, e la differenza e le motivazioni per cui, oggi, chi invece se ne interessi, è assai inferiore, almeno numericamente, a quello dei tempi precedenti.
    Fra le prime mi domando la differenza fra il come allora si vivesse e come oggi.
    La prima fra le osservazioni che mi sembra di notare è su come oggi si viva meno nel silenzio, e la naturale riflessività conseguente, di un tempo. Volo velocemente con il pensiero dalle epoche passate ad oggi…
    Nel passato, i soli rumori, i suoni dell’ambiente esistenziale, erano quelli, ad esempio, di una carrozza che passava sul selciato della strada, il vociare di persone, quello di animali… La natura stessa era già più facilmente presente, un habitat più silente e, conseguentemente, più naturale, per qualsiasi individuo, avere desta l’attenzione per sentirsi attrarre ad entrare “dentro” di sé, più facile restare soli con sé stessi…
    Poi, grazie alle varie conquiste della meccanica ed della tecnica, si passò alla presenza delle automobili, sempre più frequenti, i mezzi pubblici, radio, cinema, grammofono, altoparlanti, sirene, sempre di più, l’aereo che passa sulle teste…
    La natura stessa sempre più assente, lontana anche dagli agglomerati urbani e… dall’interesse…
    Rumori attrattivi, attraenti, distoglienti, verso il “fuori”, direzione sempre più presente di un uscire dal proprio sé. Sempre più spiccata un’ttenzione attraente e concupiscente verso il “fuori” umano, sempre di più verso il “fuori”, l’”oggetto altro da sé”…
    Oggi ne siamo all’apoteosi, essendosi moltiplicati gli strumenti centrifughi. Penso al pianeta sul quale viviamo, “terra” anche noi, in cui la forza centrifuga e quella centripeta si bilanciano, equilibrano, a vicenda…
    Dopo la meccanica, la tecnica, la tecnologia….Conquiste importanti, ma che ci hanno sempre più intellettualmente, psicologicamente e spiritualmente spinti fuori, smemori del proprio “interiore”…. Semplice-mente sempre più “out”.
    Massificatamente più non ci si fa caso o interessa il vedersi “dentro”, domandarsi, cercare di capire, vedere, ascoltare … prima di tutto sé stessi. Verso l’ ”altro” è, non di rado, un conoscersi superficiale, un usa-e-getta interoggettivo e quindi interpersonale…. Il vuoto che viene a crearsi è angoscioso, angosciante, del quale non ci si chiede neanche più. Si vive “dissipata-mente”. Più facile sorvolare su tutto: tanto ho internet, la chat, il centro commerciale, le griffes, l’importante è… divertirsi (per consolarmi di tanta solitudine inascoltata).
    Eppure, il potenziale intellettivo nell’uomo è sempre li, ma….i ricercanti sono rari.
    A me sembra che tutto ciò influisca anche con la narcotizzata atarassia collettiva del sentirsi bene così, “l’importante è che ci si diverta”, un atteggiamento che porta ad un allontanamento (anche a tale livello cognitivo) da un potere centrale, da una collettività, da un obbligo sociale (anche i valori sono posti in discussione) per consentirsi una maggiore autonomia.
    Un “bastarsi” da sé, nonostante l’angosciosa solitudine esistenziale.
    L’educazione religiosa a scuola….?
    Grazie,
    Giovanni

  8. Oooops….Curiosamente, dimenticavo proprio la sovranità, sua altezza reale: l’ineguagliabile tv.

  9. Quale…?
    “Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente (Onniscente, Onnipotente, Omnipresente…..), abbi pietà di me (errante, peccatore, ben misera creatura destinata a perire).”
    Altro non è.

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