Come si fonda un partito politico?

Commenti

  1. Onestamente non so dire se e quando sia necessario fondare un partito o una formazione politica, nella mia storia in altri ambiti spirituali, ho esempi di formazioni specificamente politiche poi sciolte, come il Movimento Popolare, perché avevano fatto il loro tempo (e non penso nessuno le rimpianga, anche se parimenti non credo si possano definire esperienze inutili). Quindi proprio, mi arrendo, non so.

    Quello che mi sembra di sapere e che mi piace assai, è l’idea che viene delineata nel video, di non fondare un partito “a tavolino” ma creare un ambiente fecondo dove, se deve nascere qualcosa – anche di tipo politico, perché no – è favorita ed incoraggiata, a germogliare. Così la vita nuova irradia di sé i vari ambiti, non in maniera costruita e razionalistica, ma semplicemente perché la vita nuova non si può contenere, non ammette d’essere limitata o delimitata. In fondo, non ci appartiene, siamo noi ad appartenerle.

    Il “cuore pulsante” della baracca, sarà sempre un punto di entrata cosmico, dove l’universo riversa il nuovo, il vero e il bello. Da una ragazzina capricciosa e profondissimamente umana come Etty, o dove vorrà.

    Grazie.

  2. Antonietta Valentini dice

    È chiarissima la spiegazione di Marco in questo video.
    Un partito o un movimento politico che voglia porsi un obiettivo maggioritario, cioè di raggiungere una grande massa di persone, può nascere solo dentro un humus culturale vivo e diffuso.
    E può nascere solo da personalità creative e di talento che sappiano esprimere e rappresentare questo ambiente.
    Se questo secondo passaggio è un evento non prevedibile, sul primo, cioè sul terreno culturale, molto può essere fatto.

    L’humus collettivo dentro cui siamo adesso è fatto di ossessività commerciale e di informazione-intrattenimento funzionale ad un sistema dato per scontato.
    Sempre più persone ne sentono il disgusto.
    Molti di noi infatti, da anni, si costruiscono il proprio palinsesto quotidiano cercando con pazienza letture, informazioni e pratiche per resistere a questo assedio.
    Con tutti questi gesti di ribellione sotterranea sta già crescendo un nuovo ambiente culturale, ancora confuso ma in espansione.

    Io continuo a vedere in Darsi Pace una grande potenzialità culturale di cambiamento, grande non tanto nei numeri, ma nella concretezza e nella solidità del messaggio.
    Infatti il passaggio decisivo mi sembra proprio quello di convogliare questo sentire, ancora così vago, in un pensiero più strutturato e coerente, che sappia entusiasmare e allo stesso tempo farci crescere come persone.
    Si tratta di dire con sempre più chiarezza cosa contestiamo e in quale direzione evolutiva vogliamo incamminarci.
    E farlo in modo sempre più pubblico e mediatico, con sempre meno timidezza.
    Questo vale per il movimento Darsi Pace e allo stesso tempo per ognuno di noi. Vincere la tentazione del ritiro spirituale, al sicuro, e la facilità dell’omologazione, per tentare un’incarnazione difficile ma reale: questa è la sfida.
    Io nel mio piccolo la trovo entusiasmante.
    Antonietta

  3. giancarlo salvoldi dice

    Di nuove forme politiche c’è estremo bisogno, ma per fortuna non è DarsiPace che deve preoccuparsi di fare né un micropartito senz’anima né un partito grosso senz’anima.

    Il compito di DarsiPace è quello di di creare un terreno, nelle persone e nella cultura, in cui l’anelito spirituale dell’umano possa scorrere liberante gioioso ed in scrosciante creatività.

    Solo su quel terreno potrebbe fiorire un movimento che sintetizzi, nella storia del nostro tempo, ciò che a livello personale e collettivo tante persone stanno comprendendo e sperimentando nei percorsi iniziatici.

    La politica non può più affogare nei poveri ed aridi dibattiti sulle alleanze di governo e sui dati economici, e soltanto quantitativi, delle leggi di stabilità e dei trattati europei.

    La politica del XXI secolo deve fare un salto di qualità ed assumere le problematiche esistenziali ormali ineludibili perchè sono divenute insostenibili, come ci dicono i ragazzi de “L’Indispensabile”.

    La politica dovrà occuparsi dell’uomo nella sua interezza ed integrità per sostenerlo nella ricerca volta a soddisfare i suoi bisogni non solo materiali ma anche spirituali.

    La cultura l’economia e i partiti di oggi non hanno neppure la percezione di queste problematiche vitali.
    Può renderli consapevoli solo chi ha la grazia di “vedere” in profondità ed in larghi orizzonti, e facendo questo noi possiamo essere l’inizio di “realizzazione” di quanto sogniamo.

    Buon lavoro, GianCarlo

  4. Condivido e sottolineo l’entusiasmo di Antonietta per il processo di crescita interiore (e non solo). In effetti, potrebbe sembrare scoraggiante sentire Marco Guzzi dire che certi eventi accadono o non accadono, per cui una figura politica nuova che cambi davvero il destino delle nostre sorti non sappiamo quando potrà… materializzarsi. E se né lui né Mauro Scardovelli pensano di incarnare tale ruolo, figuriamoci noi (parlo per me, evidentemente).
    Eppure, cogliendo tra le righe quello che lui afferma o fa, è piuttosto chiaro (questa almeno è la storia che mi racconto ogni giorno) ciò che possiamo/vogliamo fare o che siamo chiamati a fare. Montaigne scrisse che «”Loro” formano l’uomo, io lo recito». Se nonostante tutto, riusciamo ad avere barlumi di risveglio; se nonostante tutto, proseguiamo nel cammino di autoconsapevolezza; se nonostante tutto, manteniamo la fede/fiducia che fortunatamente da decenni ci illumina (ognuno si collochi dove ritiene più opportuno 🙂 )… Ecco che, secondo me, stiamo facendo già molto, stiamo cercando comunque di non recitare banalmente la parte che qualcuno ci vuole assegnare, ma di formare noi stessi la nostra stessa umanità.
    Quando ho simili pensieri, mi viene sempre in mente la parte finale del film Fahrenheit 451 in cui gli uomini-libro hanno ciascuno il semplicissimo compito di ricordare a memoria un libro del passato, per evitare così che il rogo di quei testi li cancelli per sempre dalla storia. Forse, talvolta, resistere è già un enorme risultato, considerato contro quali forze dobbiamo lottare (dentro e fuori di noi).
    Allora, in attesa che il percorso di autorealizzazione divenga anche politica e si trasformi in azione esterna (e d’accordo che sia bene tentare tutte le opportunità che man mano si aprono), l’idea utopica – in quanto la sua realizzazione è spostata al di là dei… tempi, di questi tempi per lo meno – di una nuova umanità, è la chiave per scardinare attimo per attimo lo sconforto e farsi soggiogare appunto… dall’entusiasmo.
    Etty Hillesum scrisse: «È tutto un mondo che va in pezzi. Ma il mondo continuerà ad andare avanti e per ora andrò avanti anch’io.» E se lo diceva lei…
    Un abbraccio.
    Sergio

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