Che sapore ha il vuoto?

Commenti

  1. Giuliana Martina dice

    Il vuoto sa di silenzio desiderabile da quando il Metodo e l’accompagnamento in Dp mi aiutano ad avvicinarmi ad esso e a starci dentro.

    Prima la paura mi allontanava dal dolore del vuoto e la mente creava illusorie distanze colme di pensieri sbagliati.
    Ora sento nel mio dolore e nel dolore dell’essere umano lo struggimento dell’anima, il richiamo nell’ordine creativo, l’anima si sente creatura che fiorisce nel suo continuo rapporto con la creazione.

    Abbiamo bisogno di forme, di linguaggi per crescere ed evolvere, ma siamo chiamati anche a lasciarci consumare nella forma che finisce di noi stessi e a lasciarci riplasmare.

    Nelle pratiche lo sperimentiamo: lasciamo affiorare e fluire tutto il rumore di superficie, lasciamo uscire il pianto e il grido racchiusi nel cuore e ci poniamo in ascolto della parola che ci abita, ci consola, ci benedice, ci rigenera.

    Allora il dolore di essere consumati nella vecchia forma dell’Io arriva a prendere un buon sapore perchè ci sentiamo portare nella Luce, nella Verità che ci libera da ogni separazione.

    Grazie cara Daria e arrivederci a Trevi, Giuliana

  2. Maria Carla dice

    Sono d’ accordo con le tue conclusioni, cara Daria, quando scrivi che “sia già un primo passo rasserenante scoprire che una piccola possibilità di ribellione e di distruzione delle gabbie per giungere alla pace ci sia”.
    E’ un lavoro quotidiano di destrutturazione per guadagnare terreno giorno dopo giorno, centimetro dopo centimetro, in vista della salvezza…un po’ come nel discorso finale di Al Pacino nel film “Ogni maledetta domenica” quando incita la sua squadra a uscire dall’ ‘inferno’ in cui si trova per aprirsi la strada verso la luce “…possiamo scalare le pareti dell’ inferno un centimetro alla volta…la vita/vera/ è un gioco di centimetri…i centimetri che ci servono sono dappertutto, sono intorno a noi…sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri, il totale allora farà la differenza fra la vittoria e la sconfitta, la differenza fra vivere e morire…è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro…e io so che se potrò avere un’ esistenza appagante sarà perché sono ancora disposto a battermi e a morire per quel centimetro!!!
    Un lavoro che in realtà è un far emergere, un far nascere e aiutare a nascere (come ci ricorda magnificamente Hetty Hillesum) oltre quel “dolore incarnato che riempie le ossa”.
    Grazie Daria,
    ciao, mcarla

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