Firenze, Melbourne e la città del futuro.
Dove vogliamo vivere e realizzarci?

Commenti

  1. Stefano Sandron dice

    Penso che l’approccio ideologico e astratto al concetto di apertura, condivisione, esperienza di fraternità, vicinanza reciproca, abbia portato al caos che vediamo nelle nostre città.
    Un’esperienza solo concettuale di ciò che l’uomo è, porta l’uomo stesso a frammentarsi, frantumarsi nella sua interiorità. Come in un processo inverso a quello dei fiumi, che prendono vigore dagli affluenti, l’uomo di oggi si divide in mille rivoli che si perdono, ed evaporano nella calura dei suoi deserti interiori, senza dissetare nessuno.
    Bisogna creare dei bacini (come “darsi pace”) in grado di raccogliere l’uomo di oggi, come un catino che aspetta pazientemente di essere riempito dallo stillare di gocce di umanità, che rischiano di evaporare non appena escono dagli occhi.
    Una fontana in ogni piazza delle città del mondo… senz’acqua, che ricordi a noi uomini che i nostri occhi sono aridi e che attendono di piangere.
    Come un corpo celeste si incendia nell’atmosfera,
    così l’ego si può dissolvere,
    liquefare
    nel passaggio attraverso gli strati di paure che ci abitano.
    per arrivare oltre
    finalmente liquefatto
    e libera l’anima può cantare.

    Questa è la città dell’uomo che immagino,
    il percorso cittadino che vorrei fare.

    Stefano

  2. Sì, in effetti, l’odierno sociale vive in modo fugace, decentrato, centrifugo…. proprio perché al centro non è posto l’Elemento centrante essenziale: Essere.

  3. maria carla dice

    Concordo pienamente con te, caro Filippo, sul “tornare a rivolgerci domande semplici ma essenziali”… c’è troppa dispersione, troppa confusione, troppa frammentazione dentro e fuori di noi!
    E molto bella, Stefano, l’ immagine dell’ uomo di oggi che “come un catino aspetta pazientemente di essere riempito dallo stillare di gocce di umanità”…gocce preziose , aggiungo io, che hanno inevitabilmente bisogno di un Centro Unificatore per non essere disperse, un Centro che deve coincidere con la realtà più profonda del nostro essere.
    Raggiungerlo non è facile, però ci conforta la speranza (confidando anche negli strumenti che il percorso DP ci offre) che una volta arrivati potremo comprendere in pieno- perché ne avremo fatta esperienza- le parole di un mistico francese (padre Gratry, La connaissance de l’ Ame) in cui mi sono imbattuta in questi giorni mentre rileggevo alcuni scritti di Assagioli:
    “Io sentivo come una forma interiore…piena di forza, di bellezza e di gioia…una forma di luce e di fuoco che sosteneva TUTTO IL MIO ESSERE; forma stabile sempre la stessa, spesso ritrovata nella mia vita, dimenticata negli intervalli, e sempre riconosciuta con trasporto e con l’ esclamazione: ‘Ecco il mio vero essere!”

    Un augurio a tutti noi, ciao, mcarla

  4. Filippo Tocci dice

    @Stefano e Giovanni: concordo con voi, anche io ho l’impressione di un girare senza meta, quando in fondo tutti noi cerchiamo luoghi di autentica accoglienza. Non ci resta che crearli, in queste città che sempre più hanno bisogno di luoghi di ristoro per l’anima!

    @Maria Carla: grazie per le tue parole e la citazione… La speranza è proprio questa, quella “forma di luce e di fuoco” preme per espandersi e scioglie le tensioni, lo stress, le emozioni congelate che ci vorrebbero incatenare. Noi possiamo favorire questo processo, imparando a lasciar andare e a fidarci della Vita che ci guida.

    Un saluto!
    Filippo

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