Che sia benedetta la scuola
Insegnare ai tempi del covid

Commenti

  1. Antonio Todisco dice

    Che dire? Credo che l’articolo centri veramente il problema di cosa significhi insegnare oggi, fornisca una reale prospettiva, un approccio concreto e una positiva prospettiva. Bravissimo.

  2. Si, grazie Dario poeticamente calato nella nostra realtà.
    Bellissimo questo contributo del nostro gruppo di Creattività Culturale Darsi Scuola!

  3. Carmela De Santo dice

    Complimenti, Dario, il nuovo mondo nascerà proprio dalla nuova scuola, e tu ne stai seminando i germi, insieme a tante/i altri insegnanti che credono che un’ora di lezione può cambiare la vita, come insegna Recalcati !

  4. Rosanna V. dice

    Grazie!! Un articolo che condivido pienamente. Tanti i temi, relazione non competizione, accoglienza, fiducia, ascolto, apprendimento collaborativo..tenendo in considerazione il clima culturale pesante e insensato che i bambini e le bambine respirano.
    Insegnare diventa così dare in ogni momento un nuovo senso alla nostra relazione con noi stessi, con gli altri e con il mondo, scoprendo che la vera essenza è una ricerca che non finirà mai.

  5. Francesca Minato dice

    Grazie Dario per questo post così intenso e diretto . Ho quasi fatto fatica a leggerlo per la commozione che mi rapiva tra le righe. É vero quello che dici, credo fermamente che la scuola sia fatta più di silenzi che di parole, più di sguardi che di compiti, più di tocchi gentili che di spinte…l’immagine dell’orchestra mi sembra efficace. Il compito dell’insegnante a volte sembra una vera “misson impossible” . Occorre davvero fare un atto di fede nella” benedetta ” scuola prima di entrare in classe , perché la scuola, al di là di tutto é davvero una benedetta esperienza , per tutti, come dici tu, come lo è la vita.

  6. Caro Dario,
    tra tante voci critiche e lamentose quando parlano della scuola, la tua voce è risuonata in me come un inaspettato inno di Gioia, di Speranza, di Fiducia!
    E non posso che ringraziarti per questo dal profondo del cuore, come ex insegnante, come nonna di un bambino “difficile”, come quello che hai avuto in classe, come persona che ha amato stare in classe, ne ha amato l’atmosfera, il profumo, il mistero…
    Sai, ho “ascoltato” il tuo scritto come si ascolta una musica conosciuta e nuova, una musica che ti fa vibrare e ti entusiasma, una musica che ti stupisce e ti commuove. E ne ho “estratto ” alcune “note”, chissà perché…
    Scrivi: “…ascolto…melodia…spartito…armonia…sintonizzarsi…classe cassa di risonanza…frequenza di una radio …varietà delle onde radio… apprendere gli uni dagli altri la propria musica…”
    E “sento” le note dissonanti che salgono da tanti bambini diversi, poi il silenzio poi di nuove ascolto le note che pian piano si compongono, si armonizzano mentre quei bambini compiono la fatica di apprendere attenti alla voce che li guida.
    La Scuola che tu, Dario, vivi e descrivi, è un luogo nel quale si impara, faticosa mente e amorevol mente, a crescere, prima di tutto, in umanità.
    GRAZIE!
    Francesca Mannozzi

  7. Dario Falconi dice

    Grazie di cuore per i vostri commenti.

    Grazie Antonio: ho scritto cercando di partire dal concreto della mia viva esperienza. Senza “pensare” il mio vissuto ma cercando solamente di “dirlo bene”. Cadono addosso moltitudini di parole “senza cuore” che pretenderebbero diventare i nostri abiti. Le nostre abitudini. Rischiamo facilmente di convincerci di somigliare a queste proiezioni che non sono nostre. Tutti quei discorsi distruttivi sulla scuola posso facilmente diventare il nostro unico orizzonte di senso.
    Ma questi discorsi non sono nostri. Non ci appartengono. Ogni tanto è salutare ricordarsene.
    “Nostro” è il presente che attraversiamo, l’ombra e la luce che siamo, gli orizzonti molteplici che intuiamo. La prospettiva è possibile solo quando ci si sente in cammino, quando si sa che non si è ancora visto abbastanza.

    Grazie Carmela: il nuovo mondo nascerà dalla nuova scuola e la nuova scuola nascerà dalla nuova umanità.

    Grazie Rossana: tutto verissimo. Più miglioriamo la relazione con noi stessi più siamo “sintonizzati” con gli altri.

    Grazie Francesca Mi.: lavorare a scuola è sempre più faticoso. Sta diventando davvero una missione impossibile. Eppure è proprio questa insostenibilità che ci permette di mettere in gioco l’umano, che ci motiva a tirare fuori tutta la bellezza e la grandezza che custodiamo. Quindi è una palestra dello spirito sempre più efficace.

    Grazie Francesca Ma: ci sono due tipi di fatica. Una sterile e involutiva: vedere il terreno arido, lamentarsi e maledirlo tutto il tempo. Un’altra rinvigorente e evolutiva: vedere il terreno arido, prendersene cura e benedirlo tutto il tempo. Il primo tipo di fatica genera rabbia, odio, rancore. Il secondo invece Gioia, Speranza e Fiducia come dici tu. Sai perché? Non è certo una posa “buonista”. Perché si assiste a questo splendore così concreto e tangibile di veder uscire fuori da quel terreno arido prima delle piantine verdi, poi dei veri e propri frutti. E succede davvero, non è un miraggio! A volte mi viene anche il dubbio che il miraggio sia proprio quel terreno arido. 🙂

    Abbraccio forte,

    Dario

  8. Paola Achilli dice

    Grazi a te, Dario! Hai centrato con parole dette bene, bene-dette appunto, il vero significato dell’ insegnamento…. sempre più difficile, di questi tempi…..
    Mantenere vivo l’entusiasmo, l’attenzione tra mascherine e divieti non è facile; eppure, forse, sono proprio i nostri allievi, alunni, bambini e ragazzi che ci danno ogni giorno la Forza di andare avanti e di credere fino in fondo a ciò che facciamo per loro. L’ Energia che c’ è in una classe , le “onde sonore” come le chiami tu nell’ articolo, è qualcosa di entusiasmante, per chi le sa captare. Il nostro compito di Docenti è anche quello mantenere alta la frequenza di queste onde, anche per creare, come dici tu, il giusto clima della classe.

  9. dario falconi dice

    Grazie Paola!

    E’ questo il vero problema della frequenza scolastica! Non solo l’assenza del corpo ma soprattutto dello Spirito.

    Abbraccio forte,

    dario

  10. Ho letto le sue parole e sono felice per lei che ancora riesce a trovare passione per quello che fa. Io nella scuola ci lavoro ma con compiti di segreteria. Per me è diventata una vera PRIGIONE e francamente anche le facce dei miei colleghi non sembrano sprizzare gioia. Tante, troppe pratiche burocratiche inutili. Ambienti di lavoro fatiscenti, tecnologie software e hardware che danno problemi ogni singolo giorno. NESSUNA considerazione da parte dei massimi organi ministeriali per il personale assistente tecnico e ammnistrativo (chi conosce la normativa è ben consapevole del trattamento di favore riservato ai docenti rispetto agli ATA). Per me la scuola di oggi è un moribondo allo stato terminale. Non vedo l’ora di trovare altro e ricominciare a RESPIRARE. Vogliate scusarmi se mi firmo con uno pseudonimo…non vorrei trovarmi a carico anche una sanzione disciplinare solo per esprimere liberamente il pensiero basato su fatti incontestabili . Saluti.

  11. Giuliana Martina dice

    Caro Dario,
    insegnare è davvero un’arte misteriosa, come lo è vivere. So che ci sono tanti insegnanti, nei vari ordini scolastici, che con cuore e con fatica la praticano e so che educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto. (sono parole di C.M.Martini)

    All’inizio degli anni settanta, quando ho iniziato ad insegnare, ho avuto la fortuna di condividere una sperimentazione nella scuola insieme ad amici/colleghi, credendo al lavoro di squadra tra docenti e vivendolo fino a metà degli anni ottanta, quando ho cominciato a non capirmi più con i colleghi soffrendo la chiusura, l’isolamento, la competitività, la menzogna che si nascondevano dentro parole altisonanti, ma inefficaci nella ricaduta sulla classe.
    Ho continuato ad espormi per la scuola in cui credo arrivando a condividere l’azione didattica, a fine carriera, con una sola amica/collega.

    Ciò che scrivi riferito all’alunno io lo penso anche riferito all’insegnante: ogni insegnante custodisce un potenziale, è un po’ come uno strumento in una orchestra. Accordarsi, affinare l’orecchio all’ascolto reciproco, alla mutua corrispondenza del suono e dell’attesa, sciogliere il chiasso nella melodia è lavoro sfiancante e necessario. Mettersi alla prova è imparare.

    Ma il sistema in cui siamo è potente e gli insegnanti che resistono alla disumanizzazione in atto sono chiamati oggi a denunciare un sistema scolastico che parla di accoglienza, di integrazione, di ascolto, di relazione funzionando sempre più come una azienda, con ritmi disumani, con azioni didattiche che difficilmente vengono confrontate e condivise tra docenti, con Collegi Docenti muti nei quali non c’è più discussione, confronto, dibattito, ma solo approvazione di ciò che le Commissioni hanno deciso.

    Perciò è utilissimo il lavoro che Darsi scuola sta facendo. Vi seguo con interesse e con voi torno a sentire ciò che sempre mi ha animato: una scuola pulsante che insegna a pensare, ad esplorare, a criticare, nella quale è possibile scoprire che l’Io è anche Noi.
    Grazie!

    Giuliana

  12. Dario Falconi dice

    Gentile Vito,

    La ringrazio e comprendo per questo suo “grido di dolore”.

    Cone ho scritto lavorare a scuola è diventato sempre più difficile.

    Cara Giuliana,

    Il deterioramento è sotto gli occhi di tutti. Tutto quello che dici lo sento, soffro e vivo. Tutto appare sclerotizzato. Diffidenza tra colleghi, collegi “muti”, procedure, burocrazie, nuove parole d’ordine incomprensibili.

    Mi domando spesso però: questo gelo riguarda solo la scuola? Fuori come stiamo messi? A me pare che questo gelo pervada un po’ tutto.

    Così cerco -e non è affatto facile- di vedere il mio compito, di non darmi alibi, di fare il mio. Questo restituisce anche ad una prigionia, per riprendere la sensatissima metafora di Vito, una dignità di senso.

    C’è una bellezza nell’insegnare che ancora non hanno trovato il modo di eliminare, è quella mutua trasmissione di essenze che (in)segna gli allievi. Più è cupo il contesto, più è necessario fare luce. Più fatica, più cuore.

    Grazie di cuore ai vostri commenti.

    Un abbraccio,

    Dario

  13. dario falconi dice

    Carissima Giuliana,

    Poi mi sono dimenticato di dirti che una tua partecipazione al gruppo Darsi Scuola sarebbe decisamente gradita. Come nello spirito di Darsi Pace ciascuno aderisce con i propri tempi e disponibilità ma mi sento di poter dire che il tuo contributo, seppur piccolo, sarebbe molto utile alla causa.

    Un abbraccio,

    Dario

  14. Maria Carla dice

    Ciao a tutti!
    Sono contenta di leggere e di percepire ancora entusiasmo nel “fare scuola” …nessuno però ha parlato dell’ esperienza ancora in atto, soprattutto alle superiori, della cosiddetta DAD o didattica a distanza !
    Da genitore che ha accompagnato la figlia (con disabilità motoria e un ‘sostegno’ quasi nullo da parte della scuola x “mancanza di risorse umane”) durante tutto quest’ anno scolastico verso l’ esame di Stato, posso solo dire che è stata un’ esperienza faticosissima, alienante e frustrante…un ingurgitare nozioni su nozioni da ripetere e utilizzare in vista di verifiche scritte e interrogazioni !
    Una condizione di vita scolastica priva di scambio, di dialogo…ore e ore passate davanti a uno schermo senza contatto umano ma davanti a tanti ‘quadratini’ con il viso di persone spesso annoiate e stanche (sia di insegnanti che di studenti).
    Spero tanto che la scuola non continui su questa strada, anche se i segnali in questo senso non sono per niente rassicuranti, perché sarebbe davvero la fine della Scuola, nel suo significato educativo più profondo!!!
    Auguri, Maria Carla

  15. dario falconi dice

    Gentile Maria Carla,

    Grazie per questa tua condivisione.

    Mi è stata chiesta una testimonianza e, per fortuna, alle medie abbiamo fatto pochissima DAD quest’anno.

    La strada che tu intravedi la scorgo anch’io. La direzione in cui sta andando la scuola mi è purtroppo chiara. Al tempo stesso credo che questa sia una direzione intrapresa non solo dalla scuola ma, come questo percorso ci aiuta a capire, da un intero tipo umano “morente”. L’esperienza che descrivi mi risulta una metafora straordinaria di questa umanità: noia, stanchezza, apatia, incomunicabilità.

    La scuola, luogo di formazione e crescita di bambini e ragazzi, mette in luce queste contraddizioni. Le rende insopportabili.

    Su questa strada però è possibile ancora portare l’allegria del “nascente”, lavorare con spirito rinnovato senza arrendersi all’evidenza. Confidando in una evidenza ancora invisibile ma molto più potente.

    C’è ancora molta strada da fare, il cammino è impervio, spesso mi domando se valga la pena tutta questa fatica, ma se non è un cammino di speranza che camminiamo a fare?

    Abbraccio forte,
    Dario

  16. Pasqualino dice

    Caro Dario, non sai quanto bene fanno queste tue parole. Queste tue dichiarazioni che vengono dal profondo sono acqua di sorgente anche per me che non sono insegnante, ma padre di insegnante che vive indirettamente ma non con meno apprensione le vicende del tempo e dello spazio Scuola.
    E vedo che te questo spazio sai “abitarlo” bene. Sí, perché non basta essere presenti, ma bisogna abitare l’ ambiente. Abitare vuol dire entrare in comunione con l’ ambiente che ti circonda, assimilandone il clima ed i contenuti. Avere nel confronto quotidiano con i ragazzi quell’ empatia che ti porta a conoscerli veramente nel profondo. Ciascuno di loro, come Andrea, ha bisogno di una risposta di senso. Gli studenti hanno bisogno di far comprendere di esserci, di essere parte attiva con un bagaglio di emozioni e a volte di sofferenze che spesso condizionano il rendimento.
    Ma l’ insegnante spesso non vede questo. È miope e sorvola sugli aspetti che non siano strettamente didattici.
    Ieri mia figlia ha raccontato un episodio di un ragazzo che in classe ha fatto una dichiarazione : “siamo sempre chiusi qui dentro….sembra di essere in prigione”
    Una dichiarazione forte che ha smosso Elisa (mia figlia) che spostando la sedia si è avvicinata al ragazzo chiedendogli : “ma te sai veramente cosa vuol dire stare in prigione” ? Da uno scambio di domande e risposte sempre più fitto si è arrivati a conoscere una realtà, quella del padre, che mai sarebbe venuta altrimenti in superficie.
    Conoscere i propri studenti significa anche entrare, in punta di piedi, in questa sfera per poter avere un approccio adeguato e distinto per ogni situazione.
    Non si chiede all’ insegnante di diventare psicologo, ma almeno di avere quel tatto, quelle attenzioni che facciano sentire l’ accoglienza e la comprensione. Invece spesso si creano situazioni di conflitto che contribuiscono ad alimentare il distacco tra insegnante ed alunno.
    Gli insegnanti si “alleano” prendendo di mira lo studente. L’insegnante “risvegliato” è colui che ha scelto il suo lavoro con il preciso intento di trasmettere non solo la conoscenza di nozioni ma aiutare a trovare le capacità, i doni non espressi, spesso tenuti nascosti. Far crescere la fiducia in sé stessi concedendo a nostra volta fiducia.
    È un lavoro molto arduo Dario, ma come dici te i motivi di soddisfazione dopo sono tanti e
    vedere nascere quel virgulto dal seme che hai piantato è veramente una gioia immensa.
    Grazie Dario

  17. dario falconi dice

    Caro Pasqualino,

    Ti ringrazio di cuore per questa tua condivisione.

    Hai scritto parole molto precise e “sorprendenti”.
    Sento e vivo la verità profonda di questo tuo messaggio.
    Non ho altro da aggiungere.
    I bambini e i ragazzi vanno sempre guardati con fiducia. Bisogna sempre “ammirare” lo studente,e non prenderlo di mira, per la potenzialità che sempre c’è ma che ancora magari non si è espressa. Bisogna essere esigenti con la sua parte luminosa affinché sia motivata ad emergere. Se ci si ferma all’ombra, se si giudica il giovane come un cristallo ormai finito e irrecuperabile si commette un errore molto grave. Purtroppo capita.

    Grazie di cuore a te.

    Un abbraccio,

    Dario

  18. Maria Carla dice

    Sì Dario, condivido in pieno la tua risposta…c’è proprio bisogno di una rivoluzione antropologica e culturale radicale, che dia spazio e voce a un’ umanità nuova, in grado di esprimere quella dimensione interiore che sembra oggi dimenticata, per non dire zittita e ‘violentata’ !!!
    Grazie e buon lavoro, maria carla

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