Per i 200 anni dalla sua nascita, ho immaginato di fare un’intervista “impossibile” a Fëdor Dostoevskij.
Quello che segue è il testo originale dell’incontro.
Incontro Fëdor Dostoevskij nel suo studio di San Pietroburgo. Mi accoglie con semplicità e senza inutili cerimoniali, dandomi la sensazione di una grande presenza di spirito e calore umano. Mi fa sedere di fronte a lui, guardandomi con uno sguardo diretto e umile, ma allo stesso tempo imperscrutabile e profondo, come se fosse capace di leggermi dentro.
Nella stanza dove si svolge l’intervista noto un Vangelo sul suo scrittoio, e sparpagliati qua e là dei fogli scritti a mano, che lasciano indovinare un fermento creativo in atto.
F.M: «È per me un onore incontrarla, Maestro”.
F.D: «Per favore, non mi chiami Maestro. Uno solo è il vero Maestro».
F.M: «Si sta riferendo forse al Cristo?».
F.D: «Vede tutta la mia vita, tutta la mia opera, è divorata da un senso che brucia sino alla passione: non “l’insegnamento del Cristo”, ma proprio il suo spirito, il mistero dell’Incarnazione: l’intreccio inscindibile fra divinità e umanità e ciò che questo implica per ciascuno di noi a livello esistenziale e storico, capisci? Il problema è tutto qui: credete in Cristo e nelle sue promesse? Tutta la mia fede in definitiva è incentrata perciò sulla conversione e sulla rinascita dell’uomo».
F.M: «La sua perciò è una fede iniziatica, che diviene tutt’uno con l’esistenza incarnata?».
F.D: «Vede per me la vita è in un certo senso come il gioco d’azzardo, e così è la fede. Se non puntiamo tutto su Dio, se non ci giochiamo tutto, allora accumuliamo debiti e perdite, e procreiamo distruzione in noi e attorno a noi. Questo è il peccato: fare la puntata sbagliata, capisci?
Sempre e in ogni cosa io giungo fino al limite estremo ho scritto un tempo. Per questo mi sono sempre interessato ai peccatori, ai disperati, agli “umiliati e offesi”. A loro sarà perdonato molto, perché molto hanno amato.
Vede io non ho avuto una vita facile, come tutti del resto. Ho perso mia madre quando avevo 15 anni. Mio padre era un alcolizzato, molto violento e collerico. È stato assassinato da un gruppo di servi esasperati quando avevo 18 anni. Alla notizia della sua morte sono stato colpito da un terribile attacco di convulsioni epilettiche, malattia che mi ha accompagnato per tutta la vita. Ho perso più tardi anche la mia prima moglie, mio figlio Aleksej di tre anni, e questo mi ha dato un dolore indicibile…
Ti voglio raccontare un episodio della mia vita. Il 25 aprile 1849 sono stato arrestato, per avere letto pubblicamente una lettera di Belinsky a Gogol, in cui lo accusava di essersi venduto al potere autocratico dello Zar! Ti lascio immaginare che cosa direbbero di me oggi, forse che sono un complottista…Ebbene, con l’accusa di “partecipazione a società segreta con scopi sovversivi”, la corte marziale mi condanna, il 16 novembre, alla fucilazione.
Mentre mi considero del tutto spacciato, lo Zar commuta la condanna a morte in lavori forzati senza termine; ma, secondo una pratica allora in uso, con la clausola che la grazia sia resa nota solo dopo la lettura pubblica della sentenza! Che simpatico lo Zar..
Partendo subito dopo per la Siberia, avendo visto la morte in faccia, ho scritto queste poche righe a mio fratello Michail, dettate dallo shock emotivo:
«La vita è dappertutto, la vita è in noi stessi e non fuori di noi. Accanto a me ci saranno sempre degli esseri umani, ed essere uomo tra gli uomini e restarlo sempre, in nessuna sventura svilirsi o perdersi d’animo: ecco in che cosa consiste la vita, ecco il suo compito».
Queste parole, nonostante tutto, sono rimaste per me vere sempre. È come scegliamo di porci nei confronti del dolore a determinare, in definitiva, il nostro destino. Possiamo maledire l’esistenza, oppure, mediante la fede, affidarci completamente a Lui, al Cristo Vivente. Le mie opere sgorgano da questo dolore purificato e da un corpo a corpo senza riserve con la vita e con Dio».
F.M: «Dopo un secolo e mezzo i suoi romanzi sono quanto mai attuali. L’ateismo che a suo avviso stava distruggendo la Russia, le “idee ginevrine” come le chiamava lei, che consistono in fondo nelle virtù cristiane “senza Cristo”, sono oggi dominanti in Occidente. Viviamo infatti sotto la cappa sempre più asfissiante di un liberalismo umanitario che vuole la “solidarietà”, che mira alla difesa dei diritti umani e dello Stato Sociale, ma sta costruendo un mondo alienante, algoritmico e iniquo, in cui l’esistenza è controllata in ogni suo aspetto e l’essere umano in ogni comportamento».
F.D: «Sì, è proprio così. Ne “I demoni”, ne “L’Idiota” e ne “I Fratelli Karamazov” ho cercato di esprimere queste intuizioni. Lo spirito umanitario che vuole creare “il paradiso sulla terra” già allora mi sembrava portare con sé il pericolo di creare l’esatto contrario, e cioè una condizione infernale, come puntualmente è avvenuto in Unione Sovietica con il comunismo.
Ora, dopo la caduta del regime comunista, si sta palesando l’altro grande pericolo che intravedevo. Un regime ancora più totalitario, perché apparentemente benevolo, liberale appunto, che schiavizza gli umani dando loro l’illusione della libertà. Un paradiso artificiale in cui gli esseri umani sono sempre più simili ad automi, a quegli oggetti che usate adesso…come si chiamano?».
F.M: «Si riferisce ai tele-foni cellulari?».
F.D: «Sì esatto, le “voci a distanza”. Gli spiriti cioè…Dovete stare molto attenti a girare con queste voci a distanza..».
F.M: «Il capitolo del Grande Inquisitore è probabilmente dove ha compreso meglio questo punto di cui diceva sopra..»
F.D: «Ah bene! Vedo che ha studiato! Ottimo, mi fa molto piacere. Sì, quel capitolo potrebbe essere scritto anche oggi, nel 2021. Chissà magari il Cristo riappare di nuovo sulla terra…ma questa volta a Bruxelles, o a Strasburgo, oppure a New York. Magari invece del Grande Inquisitore potrebbe esserci che so io…vediamo.. sì il Presidente della Commissione Europea, o quello del Fondo Monetario Internazionale! Non rappresentano forse il potere spirituale attuale?! Reagirebbero allo stesso modo: “perché sei venuto a disturbarci?”- direbbero al Cristo- “Ce ne stiamo così bene senza di te! Tu hai voluto che l’essere umano fosse libero, ma questa è una follia!”
“La gente, infatti” – direbbero senza pudore alcuno – “vuole il pane, e per il benessere materiale è pronta a scattare nell’obbedienza più assoluta. Essa venera il potere che le assicura ordine e tranquillità e la esime dalle scelte e dalla ricerca”.
Questo direbbero i vari funzionari del potere attuale se il Cristo ritornasse sulla terra: “Codesta gente è persuasa, più che sia stata mai, d’essere libera in pieno, mentre pure con le proprie mani essi han recato a noi la loro libertà e l’hanno umilmente deposta ai nostri piedi. Giacché chi mai può avere il dominio degli uomini meglio di coloro che hanno il dominio della loro coscienza, e che hanno in mano il pane loro?»
Sono parole che ho scritto un secolo e mezzo fa, nel punto culminate del romanzo e forse della mia intera opera e sono di un’attualità spaventosa!»
F.M: «C’è una frase che mi è rimasta particolarmente impressa, quando il Grande Inquisitore dice: “Il gregge di nuovo si radunerà e di nuovo si sottometterà, e stavolta per sempre. Allora noi gli daremo una quieta, umile felicità, una felicità da esseri deboli, quali costituzionalmente essi sono. (..)Si sottometteranno a noi lietamente e con gioia. Perfino i più torturanti segreti della loro coscienza, tutto, tutto porranno in mano a noi, e noi tutto risolveremo, ed essi si affideranno con gioia alla decisione nostra, perché questa li avrà liberati dal grave affanno e dai tremendi tormenti che accompagnano ora la decisione libera e personale”.
È esattamente quello che stiamo vivendo!
F.D: «Sì, questo è vero. Ma credo anche che il pericolo estremo di questo tempo contenga in sé una speranza inaudita. È il mistero di Cristo come evento storico che ci coinvolge tutti che va sperimentato più a fondo, capisci? È solo in questo affidamento vertiginoso, nell’abbandono totale della fede più povera e spericolata, che il suo spirito torna ad accendere le nostre anime!
Essere scrittori oggi significa riportare gli esseri umani a quella inquietudine e tormento che scuotono dal torpore e dall’ipocrisia. È risvegliarli alla follia di una creatività poetica che è gestazione dell’umanità nascente! Lo scrittore autentico è profetico e rivoluzionario!
C’è una fame enorme di questo, di sperimentare una libertà spirituale che mette veramente paura ai poteri di questo mondo, fondati invece sul regno della necessità e della mancanza di alternative. C’è una fame indicibile di contattare una sorgente di bellezza, di luce e di amore che incenerisce le figure pallide e demoniache dell’inferno post-moderno. È il sottosuolo delle vostre anime e delle vostre città il luogo da redimere, sono gli esclusi, gli umiliati e gli offesi da convocare, da convertire, da chiamare per la rivoluzione vera, quella inaugurata 2000 anni fa, e che non avrà mai fine!
Ricordalo sempre: È morale solo ciò che coincide col vostro senso della bellezza e con l’ideale in cui voi la incarnate».
Grazie Francesco.
Una voce potente nel coro maestoso di Darsi Pace. Grazie Francesco mi ha fatto bene leggerti.
Grazie molte, caro Francesco. Un dialogo vero, avvincente, potente, incisivo, entusiasmante, che contiene tutti i presupposti esplosivi della Nuova Umanità. Sicuramente Fëdor da qualche parte se ne starà rallegrando molto, e probabilmente quella notte in cui l’hai scritto era lì presente, in spirito e parola.
Un abbraccio, Luca.
Bellissimo risentire le parole dell’autore che più mi ha illuminata e guidata fin dall’adolescenza! Penso davvero che Fedor ti sia stato vicino mentre scrivevi, Francesco. Grazie