Titan, quanto è forte in noi la pulsione di morte?

Commenti

  1. Grazie per questa riflessione utilissima!!!
    Silvia

  2. Grazie per questa riflessione psico-spirituale

  3. Che parole vere! Risuonano in me in modo molto potente perché sto vivendo,in un certo modo, in questo pantano da anni.. grazie di cuore! Ne farò tesoro!

  4. Grazie anche da me. Caro Marco le tue parole sono un regalo che arriva per me al momento giusto.

  5. Maria Antonietta dice

    Anni ed anni di terapia in attesa di un cambiamento e rimanere sempre nello stesso pantano.Ma questo i terapeuti non lo sanno?Grazie

  6. Marco Piccolo dice

    Grazie Franca e Maria Antonietta, per questa testimonianza di “pantano” che anche io ho potuto verificare, indirettamente nella mia esperienza professionale, ma anche direttamente in alcune fasi della mia analisi personale…
    E’ una domanda intrigante la tua, Maria Antonietta… alla quale non è facile rispondere brevemente. Volendo semplificare moltissimo, direi che sia le psicologie psicodinamiche che quelle cognitive, tendono a trascurare la dimensione imprescindibile dell’uomo che è quella spirituale, oggi sempre più tabù in determinati contesti. E la tendono a trascurare anzitutto nella loro esperienza personale, prima ancora che nei pazienti. I nostri pensieri sono contenuti in ciascuna cellula del nostro corpo, che ne custodisce ferite, blocchi, traumi, difese, ecc. Ma ciascuna cellula contiene anche il nostro spirito, una radice indomita il cui frutto è la speranza, la creatività, l’amore, la libertà, il significato, il futuro.
    Sono contento Silvia, Caterina e Francesca, che questa piccola pratica, oltre a donarmi un pò di chiarore per la mia vita e il mio lavoro, sia stata utile anche per altri. Mi commuove questa cosa… Grazie.

  7. Come sempre le parole più vere risuonano e danno senso al mio sentire inespresso. È per questo che sono con voi, fratelli cari

  8. Maria Antonietta dice

    Grazie Marco

  9. Camboni Fabio dice

    Riflessione davvero utile, grazie mille!

  10. Grazie Marco, rivedo in questa luce il mio percorso terapeutico, che dura ormai da anni, ne capisco meglio le potenzialità e anche i limiti, come il rischio di rimanere impantanati ed invece la necessità (peraltro sollecitata dalla stessa terapeuta) di quello “scatto di reni” che tu descrivi nell’articolo. Decisamente utile, per me. Da leggere e rileggere.

  11. Marco M Munari dice

    Bello questo spunto di riflessione! Oserei dire che Freud fin da piccolo è stato invischiato in quella dimensione che noi in Darsi Pace chiamiamo la “separazione dalla vita”, la ferita che provoca la matrice emotiva fondamentale; secondo me quello che Sigmund chiama “pulsione di morte” non è altro che essere invischiati nelle “rogne” del passato, essere dentro ad una fossa buia e non riuscire a venirne fuori! So che il piccolo Sigmund era stato traumatizzato da un episodio che era capitato a suo padre che era stato umiliato perché ebreo! C’è un’immagine di Sigismondo accanto a suo padre seduto! Guardate i suoi occhi e il suo viso…lui avrà circa 8-10 anni. La foto si trova in internet facilmente. Li vedo la sofferenza e la paura. Inoltre si che Freud da adulto aveva paura di uscire di casa perché aveva un’ossessione del controllo della realtà! Credo che non sia mai riuscito a superare quel trauma!

  12. Marco Piccolo dice

    Grazie Marco M Munari, non conoscevo questo episodio specifico della vita di Freud. La pulsione di morte è un vero mistero della nostra psiche; peraltro non è propriamente “farina del sacco” di Freud quanto del lavoro fatto di Sabina Spielrein. Viene poi – a mio parere – maggiormente valorizzata da Jung che la integra nel suo processo di coniugazione e identificazione. Certamente attinge la sua energia psichica – con varie soluzioni – nella ferita originaria personale, così come nel trauma esistenziale collettivo. Personalmente sono molto grato al lavoro che facciamo nei nostri laboratori perché ho potuto imparare ad andarci, a conoscerla… normalmente essa agisce inconsciamente in tutti i modi autodistruttivi e distruttivi della nostra esistenza.

  13. Marco Piccolo dice

    Caro Marco Castellani, è bello sentire che ci sono colleghi che hanno questo tipo di lettura e di prospettiva! Grazie per la risonanza!

  14. Simone Compagnucci dice

    Caro Marco,
    grazie infinite di quest’insigne contributo che ho apprezzato moltissimo. Sono felice, e non sai proprio quanto, di constatare che ci sono psicologi e terapeuti che stiano tentando, pian piano, di rimodellare il panorama psicologico tuttora altrimenti molto desertificato.
    Qualcuno potrebbe identificare la pulsione di morte cui tu accenni con quella che Jung chiamò ombra, ma a me sembra che non sia propriamente così. Come infatti pure noi di DP sappiamo e sperimentiamo, l’ombra in sé non racchiude solo elementi oscuri, ma anche molto luminosi. Es.: Un uomo che ha un’immagine di sé come forte, invulnerabile e potente può aver ricacciato nella sua ombra tratti di debolezza e tenerezza che aveva ignorato.
    Mi verrebbe da pensare che qui si tratti di un qualcosa di più indistinto e difficile da descrivere; sì, una sorta di trauma antico collettivo, qualcosa che ha anche a che fare con la stagnazione e la comodità, con una certa autoconservazione e con tutto quel che in qualche modo fluisce in direzione opposta alla Vita. Per qualche ragione perlopiù ignota, la spinta di tale elemento esercita un potere, un magnetismo tale sull’uomo che diventa difficile sfuggirla, se non, appunto, grazie ad occhi estremamente consapevoli. Marco Guzzi, nel suo libro L’insurrezione (pag. 143), riprendendo l’archetipo del dia-ballein, lo descrive un po’ così: “Satana è colui che vuole convincerci che resteremo bestie e resteremo all’inferno, che anzi non esiste altro luogo fuori dall’inferno, e che cioè non supereremo mai questa fase iniziatica. (…) Satana, dunque, è quella potenza medusea che vuole impietrirci negli inferi, bloccarci lì, nella sfigurazione, ostacolando così il passaggio trans-figurativo”. Ecco, tale voce, sovente neanche riconosciuta, che invita ad appiattirci su quel poco che abbiamo e che, secondo lei, anche SIAMO, incarna per me un po’ una traduzione concreta di tale pulsione. (Magari mi sbaglio, non so..).
    In ogni caso, si tratta di un mistero, c’è poco da fare..

    Grazie comunque di cuore di questo tuo intervento, che ho apprezzato molto!!
    Un abbraccio e buon lavoro per tutto..

    Simone

  15. Grazie Marco! Bellissima e profonda riflessione! Manuela

  16. Marco Piccolo dice

    Caro Simone, ti ringrazio molto per il feedback! Tenere la vita unita, anche nella professione, ed in una professione come quella psicologica, è ciò che desidero per la mia vita, per la mia “fecondità”, ma anche perché capisco quanto sia utile alle persone che l’Essere in qualche modo mi fa incontrare in studio. Il lavoro che faccio da tre anni in DP è essenziale, come altri “laboratori professionali” che frequento come l’Associazione di psicologia cattolica.
    Non ho letto quel testo di Marco e ti ringrazio moltissimo per quel concetto che – sì – mi sembra oltremodo attinente. Credo che in qualsiasi percorso umano che parte su una dimensione apparentemente “fisica” (culturale, filosofica, psicologica, ecc.) prima o poi si arriva a quel punto che ha a che fare con le dinamiche dello spirito. Grazie

  17. Angela Picciafuoco dice

    Mille grazie per questa lettura psico-spirituale del ” Titan “, mi ha interessato e stimolato molto.

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