La paura irretisce, pietrifica il cervello spegnendolo, fa sudare freddo…
certo può sempre scattare il meccanismo istintivo del “fuggi o combatti” ma noi, esseri umani occidentali del ventunesimo secolo, ci siamo allontanati, ahinoi, anche da questo meccanismo primitivo, perché in crisi sta andando anche il nostro essere “specie”.
La paura è sempre esistita e in natura, nel regno animale, è un meccanismo che sostiene la sopravvivenza e quindi la stessa conservazione della specie.
In molti casi, la paura può indurre a “più miti consigli” e a non commettere azzardi che potrebbero rivelarsi molto dannosi, se non addirittura fatali.
Tutto sommato non sarebbe un grave problema ma, noi umani, abbiamo trasformato la paura in un’arma di oppressione di massa.
Il processo è tanto subdolo quanto pervasivo perché inizia fin dall’infanzia.
Noi da bambini non conosciamo il senso del pericolo e lo impariamo solo per atti successivi, attraverso situazioni specifiche che ci insegneranno ad accrescere il nostro livello di attenzione nei confronti di pericoli che ci si manifestino come tali e reali.
Molto più spesso però, e parlo della mia esperienza, che è anche quella di molti, la paura viene inculcata, indotta, insegnata attraverso stati traumatici provocati ad hoc.
Spesso i genitori anziché guidare i bambini, rendendoli consci dei pericoli e di come apprendere a gestirli, preferiscono terrorizzare spaventando e allora, per esempio, gli si dice loro di non avventurarsi nel buio perché qualcosa di terribile potrebbe succedere. Ecco che, come per un incantesimo, la curiosità verso l’ignoto viene trasformata in terrore puro e semplice.
Una volta eseguito questo processo, tutto il resto seguirà a cascata e la paura lentamente ma inesorabilmente si approprierà di tutta l’esistenza umana.
Un po’ alla volta ci verrà insegnato, attraverso la minaccia, ad avere paura delle conseguenze per la non osservazione di quanto ci viene chiesto di fare.
Quindi impareremo ad avere paura di non essere accettati, di non essere amati, avremo paura di essere rifiutati, respinti, scacciati, isolati, ripudiati.
La paura provoca però anche qualcos’altro, come effetto collaterale o indesiderato, perché allo stesso tempo ci viene insegnato che avere paura non sta bene, che non bisogna “mostrarsi paurosi”, perché “solo i vigliacchi hanno paura”.
A questo punto la manipolazione è stata eseguita e comincerà a produrre i suoi frutti velenosi.
Apprendiamo allora che la paura è un sentimento che va tenuto nascosto, se possibile soppresso, perché mostrarlo espone allo scherno o, peggio, alla umiliazione.
Non bisogna “mostrare” di avere paura e per fare questo occorre coprire tutto quanto con la violenza. La violenza è la più grande alleata della paura.
Non “mostrarsi” paurosi diventa quindi la maschera del successo nelle nostre società competitive e più la paura sarà nascosta, più si apparirà vincenti, capaci di affrontare i pericoli ovvero i nemici, da combattere ed eliminare.
La violenza che impareremo ad esercitare su noi stessi si riverserà inevitabilmente nelle nostre relazioni e nella società, perché la paura e’ maestra della diffidenza e la diffidenza va a braccetto col sospetto, generando così quel circolo vizioso che tutti noi ben conosciamo.
Da questo punto in poi risulterà chiaro quanto sia semplice, per il potere, instillare la paura di essere attaccati, invasi da nemici che verranno sempre e soltanto dall’esterno, sollevandoci(impedendoci) così dall’increscioso ed oneroso lavoro di affrontare i nostri “fantasmi” che sono tali proprio perché evanescenti.
Intanto il potere avrà nel frattempo ridotto l’umano ad un essere colmo di una rabbia sempre pronta ad esplodere, e sempre contro il nemico esterno di turno.
L’idea della necessità di una protezione esterna a noi stessi ha una origine, come dire?, ancestrale, nel senso che nasciamo deboli e incapaci di provvedere a noi stessi. E’ vero che tutti i cuccioli animali bisognano della protezione materna e del gruppo ma, nel genere umano, questo bisogno raggiunge la sua massima amplificazione possibile.
I poteri di questo mondo sono stati abilissimi nell’impadronirsi di questa temporanea “debolezza” trasformandola in un’arma formidabile di oppressione, controllo e manipolazione degli umani.
Infatti le odierne societa’ occidentali ormai si reggono solo sulle cosiddette emergenze, ovvero sulla paura che di volta in volta cambierà abito e maschera, mostrandosi prima come terrorismo, poi crisi finanziaria, poi crisi ambientale, poi climatica e così via.
Questo meccanismo infatti, non a caso, ha trovato la sua massima applicazione durante gli anni della cosiddetta emergenza sanitaria globale, dove tutta l’impalcatura autoritaria e liberticida si è fondata e nutrita solo ed esclusivamente della paura e sulla paura dell’invisibile ignoto.
E’ quasi paradossale e inevitabile paragonare questa paura dell’ignoto invisibile, a quella che da bambini la gran parte di noi ha dovuto subire.
Facendo leva su questo semplice ma potentissimo meccanismo, il potere ha privato i cittadini dei diritti fondamentali della libertà di movimento, di espressione, del diritto al lavoro e all’istruzione e perfino della titolarità del proprio corpo, facendoci vivere in un incubo distopico tutt’altro che terminato.
Ha senso perciò tutto il lavoro che nei nostri gruppi ci sforziamo e ci impegniamo a fare, per riconoscere la paura, per fermarci a guardarla e accettarla, accoglierla, affinché si riesca a non essere più identificati con essa e infine a distanziarsene, per non trasformarci in vittime predestinate o, in questo tempo di guerra, carne da cannone.