L’Italia ad un bivio

Commenti

  1. Fabio Donati dice

    Grazie Gabriele.
    Leggo sempre con molto piacere i tuoi testi, sia per la chiarezza e semplicità con cui riesci a trattare argomenti complessi e a me abbastanza estranei, sia per l’estrema concretezza e originalità dei tuoi ragionamenti che tentano di elaborare direzioni efficaci.
    Un caro saluto
    Fabio Donati

  2. Grazie Gabriele,
    posso trovarmi in dialogo su certi punti (esempio, l’Euro) ma questo non toglie che apprezzo molto la chiarezza espositiva e il punto di vista originale e meditato, che ne fa utilissimo “pane” da impastare per riflessioni, fuori dal mainstream prefabbricato che ci eviterebbe ahimè la fatica di pensare.

  3. Piero Macellari dice

    Caro Gabriele solo alcuni appunti alla tua lunga trattazione su un tema preciso. Credo da sempre nella importanza di sintesi e semplicita’. Impariamo ad usare tutti le parole con parsimonia. Pongo solo alcune questioni :
    1 ) parliamo di Europa senza tenere conto che al voto sono andati poco più del 50 per cento degli aventi diritto e non abbiamo la minima attenzione alle percentuali in base alle fasce di eta, di estrazione soiale, in quali quartieri etc. INSOMMA PARLIAMO GIA DI UN EUROPA DI NUMERI E NON DI PERSONE
    E non buttiamola sempre sulla affermazione “ma in fondo questa e la democrazia” troppo facile … Sì può e si deve raggiungere una migliore democrazia partecipativa e non accontentarci. Chiediamolo alla nostra politica. Diamo voce a quel partito.
    2) parliamo di Europa sempre in termini astratti discutiamo,cooperiamo, gettiamo ponti , scusa Gabriele, ma sono solo parole. Non voglio disilludere una tua visione ottimistica ma trova pensieri che vadano oltre se vuoi convincere Non parlare un politichese un po’ meno politichese . Il problema Europa è enorme e complesso nel gioco degli equilibri mondiali . Non cadiamo nel tranello Salvini Di Maio che tutto si gioca su una economia di dettaglio. Sono ben altre le problematiche in gioco e loro bene lo sanno .
    Le parole sono già troppe, vedi Gabriele. Pensiamo ad un Europa unita costituita da Cristiani che sono da secoli disuniti. Certo ci vuole una bella fantasia … Chiamiamola così… Una riflessione di getto.
    Con affetto Piero

  4. Gabriele Guzzi dice

    Carissimi,
    Grazie per i commenti. Grazie Fabio e Marco, a cui vorrei solo dire che, sebbene l’ambiguità delle mie parole – che noto ex post – il mio articolo non intendeva dire che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro. Era una riflessione – ormai comune anche a moltissimi economisti mainstream – che sosteneva fosse stato uno sbaglio mettere in comune una moneta come l’euro, senza avere prima una politica e una democrazia comune. L’uscita o meno è un tema ovviamente di estrema sensibilità politica.

    Caro Piero, tu scrivi che le mie sarebbero solamente parole. Ti posso assicurare che, almeno ad una mia prima disamina, anche le tue sono “solamente” parole. Sicuramente, come tu fai notare, sono più semplici e chiare delle mie, ma sono anch’esse parole.
    Non sottovaluterei poi la forza delle parole, soprattutto di quelle che riescono ad esprimere almeno un concetto non del tutto confuso. Proverei piuttosto a entrare in dialogo, opera assai poco politichese ma sicuramente più ricca di sfide e di occasioni di crescita.

    Un saluto a tutti!
    Gabriele

  5. Carlo Gigliotti dice

    Caro Gabriele, io invece penso che ciò che hai scritto sia molto concreto. Il problema a mio modesto parere è che per aprire una discussione su questi temi prima di tutto bisognerebbe approfondire cos’è la sovranita monetaria e cosa succede quando uno Stato se ne priva, cosa sono e cosa dicono i trattati europei e se sono in linea con le Costituzioni dei vari paesi europei e quali interessi e quali classi sociali avvantaggiano, in definitiva ci tocca studiare. Poi sempre con animo aperto a tutte le opinioni, possiamo discutere di quale Europa e di conseguenza quale Italia realizzare per portare Pace e non conflitto. Un saluto.

  6. Piero Macellari dice

    Caro Gabriele certo che anche le mie sono solo parole … Era sottinteso … Il problema è forse ritenere che le parole possano avere una vita propria che vada oltre il loro significato , diciamo che le parole, se non sono ben agganciate alla realtà, volano via. La mie volevano essre semplici e se vuoi banali osservazioni, una riflessione di getto come scritto, ad un vero e proprio tuo ” trattato” sullo stato della Europa post elezioni. Mi pare che le osservazioni da me fatte siano peraltro assolutamente aperte ad un dialogo sincero e ti sarei grato di repliche in merito sia da parte tua che di altri amici interessati. Dialogare non vuol dire essere sempre d’accordo come troppo spesso mi sembra di assistere su queste pagine. Seguo sempre con attenzione e affetto le iniziative e video del vostro gruppo. Un caro saluto a tutti. Piero

  7. “Dai loro frutti li riconoscerete”
    Io userei queste poche parole e mi farei queste domande:
    I diritti dei lavoratori sono stati rispettati o cancellati?
    La disoccupazione giovanile è diminuita o è aumentata?
    I giovani, che sono il bene più prezioso di una comunità, hanno la possibilità di realizzarsi e di formare una famiglia oppure se ne vanno a centinaia di migliaia e non tornano più?
    Poi certo, per cercare di capire cause e soluzioni, occorrono utilissimi incontri come quello del Festival sull’Europa del 10 e 11 maggio o le conferenze di Nino Galloni sulla sovranità monetaria e tante altre riflessioni…

    Un caro saluto a tutti

  8. Maria Carla dice

    Domande fondamentali le tue, caro Aldo, sulle quali valutare il programma e l’operato di chi vuole fare seriamente politica…
    Per arrivare lì di sicuro ci vuole molto pensiero e parole altrettanto pensate!
    Ciao a tutti, mcarla

  9. Grazie Gabriele per il chiarimento, in effetti non avevo abbastanza riflettuto che un giudizio sulla bontà dell’entrata nell’Euro, a suo tempo, non è affatto automaticamente connesso ad una valutazione sulla successiva eventuale uscita. Sembra banale ma non ci avevo davvero pensato.

    Benissimo per questi spunti di riflessione, per me piuttosto ignorante in materia rimangono preziosi.

  10. Molto bello e attento, questo articolo. Complimenti!

  11. Claudia Vignati dice

    Effettivamente antipatie e pregiudizi fra gli stati dell’ Unione sono duri a morire.Proprio ieri mi sono confrontate con amici olandesi sul caso della eutanasia della ragazzina di 17 anni, loro la chiamano libertà laica e non hanno dubbi di sorta……unica via, di nuovo e sempre, è capire BENE cosa pensa chi ci “contraddice”.
    Di economia so pochissimo e vorrei però capire cosa possa fare un singolo cittadino medio per i punti elencati da Aldo (oltre che votare…io ho votato VERDI……metto attenzione ad essere ecologica….ma non basta!), da Piero e dalla grande sintesi fatta da Gabriele.
    Grazie

  12. Mi riferisco al messaggio di Claudio Vignati. In questi giorni si è parlato molto del tristissimo caso della ragazza olandese. Tuttavia, volevo precisare che non si è trattato di eutanasia nel senso proprio. In altre parole questa pratica non era stata autorizzata dalle strutture competenti. È stata la ragazza stessa, sostenuta dai genitori, a darsi il suicidio. L’Olanda infatti non contempla tale pratica su minori con problemi psichici.

  13. Claudia Vignati dice

    Grazie Federico per il chiarimento, a me gli amici Olandesi avevano detto che in Olanda si può ricevere eutanasia dai 12 anni.
    Comunque storia orribile.
    Claudiaaa

  14. Mi scuso con Claudia per averla chiamata, nel mio precedente commento, Claudio. Comunque è proprio una storia tristissima.

  15. Gennaro De Mattia dice

    Parlare di Europa non è facile. In quanto continente non esiste e geograficamente noi individuiamo la Eurasia come placca continentale. Esistono i Paesi europei però, che hanno trascorso secoli e millenni a farsi guerra. Qui possiamo andare indietro a piacimento ma non voglio qui dare lezioni di storia perché non posso e non voglio. Nel corso della loro lunga storia i popoli europei si sono uniti e divisi a più riprese sotto varie dominazioni o per mezzo di una sola potenza unificatrice. Inutile dire che la più grande tra tutte le potenze che fu insieme dominatrice ed unificatrice fu quella dell’Impero Romano. I Romani furono spietati e tolleranti allo stesso tempo e la loro esperienza rimane ad oggi l’unica che sia mai stata in grado di unire tutti i popoli e le nazioni dall’atlantico al Danubio, quindi non citerò il medio-oriente e l’Asia minore.
    Dissoltosi l’Impero ognuno ha continuato per la propria strada però avendo metabolizzato il concetto di potenza attraverso cui imporre la propria volontà. Questa storia di guerre, repressioni e rivoluzioni è continuata fino al 1945, anno in cui la Germania nazista e l’Impero del Giappone accettarono la resa alle forze cosiddette “Alleate” ma in realtà già pronte a continuare le ostilità, sebbene in altre non meno pericolose forme. Sarebbe solo il caso di ricordare, a chi sostiene che una Guerra nucleare è stata scongiurata, che in realtà durante la “Guerra fredda” sono state fatte esplodere migliaia di ordigni nucleari e di potenza spaventosa. Detto ciò nell’Europa post-bellica, divisa tra Stati Uniti e Unione Sovietica, ci si appresto’ a creare un nuovo equilibrio fondato sulla trattativa e la collaborazione anziché sul confronto diretto storicamente sempre sfociato nella conflagrazione bellica. Nasceva così la CECA Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio, seguita dalla CEE Comunità Economica Europea ed infine dalla odierna Unione Europea. Molto si è detto di questo “ideale europeo” o “progetto di unificazione europea” o anche “sogno europeo”. Quando frequentavo la Scuola Media e poi il Liceo, l’Europa era per noi l’orizzonte da raggiungere, l’ideale di libertà, giustizia sociale e democrazia che sentivamo negato nel nostro Paese. L’orizzonte europeo rappresentava il sogno del riscatto e la nascita di una speranza nuova di rinnovamento. In quegli anni l’Europa non era solo divisa in due tra NATO e Patto di Varsavia ma in tre perché all’interno dei Paesi a Occidente della Cortina di ferro vi erano si le democrazie ma anche molti Paesi sotto il tallone della dittatura ovvero la Spagna, il Portogallo e la Grecia. L’isola democratica era formata da Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Il Regno Unito vi sarebbe entrato solo dopo il disfacimento dell’Impero britannico. Parliamo quindi di pochi, piccoli Paesi distrutto dalla guerra ed in tutto dipendenti dal protettore americano. Ebbene già allora molti quello che sarebbe stato conosciuto come “il gap democratico”. Si trattava del fatto che questi Istituti CECA prima e CEE poi non possedevano un Parlamento, essendo nati da accordi commerciali no se ne vedeva il bisogno. Però già ci era chi vedeva un pericolo in questo “gap”. Trattandosi di accordi commerciali tra Paesi “Sovrani” retti da regimi democratici i rappresentanti erano difatto legittimati dal voto popolare nei ciascuni Paesi e, particolare importante, dal vincolo rappresentato dalla approvazione, nei rispettivi Parlamenti nazionali, di qualsiasi accordo che valesse per tutti gli altri. Insomma pochi Paesi, un piccolo club, dove tutti si conoscevano e dove il vincolo democratico e la sovranità nazionale ne garantivano la legittimazione sovranazionale. Intanto, per fronteggiare la cosiddetta minaccia Sovietica e per disinnescare le tensioni sociali provocate dalle crescenti richieste dei lavoratori in termini di assistenza sociale, istruzione e diritti civili (welfare) il consesso europeo diventata sempre più il garante di queste libertà e diritti così faticosamente conquistati. In realtà questa lunga premessa ritengo sia necessaria per delineare un poco il quadro storico in cui si inserisce il contesto europeo che naturalmente è molto più e complesso di quanto io abbia scritto. In breve la Comunità europea, a questo punto, è ancora composta da un gruppo di Sati sovrani che adottano misure che diventano comuni e condivise solo se e quando vengono adottate dai singoli Stati membri dopo, state approvate dai rispettivi Parlamenti nazionali. Questo meccanismo, per quanto, mantiene ancora una forma di legittimità democratica ma, non dimentichiamolo, è ancora forte e sentito il dibattito sul cosiddetto “gap democratico” della Comunità che consiste nel fatto che al Parlamento europeo non viene riconosciuta la funzione legislativa in nome, attenzione, del fatto che l’attribuzione di questa funzione priverebbe inevitabilmente gli Stati della propria sovranità. Una ragione importante quindi. Siamo quindi ancora molto lontani da una ipotesi di unità politica che è ancora vissuta come qualcosa di lontano ed estraneo dai popoli europei. È a questo punto che comincia a prendere piede l’ipotesi che allora si potrebbe procedere verso una maggiore “armonizzazione di carattere economico” partendo dal principio che gli accordi commerciali, in luogo di quelli politici, siano più semplici da raggiungere. Si compie qui il primo passo della sottomissione della politica alla economia, si abdica cioè a costruire un progetto politico, quindi di pensiero e di aspirazione e ad esso si comincia a sostituire il primato dell’economia che nella società capitalistica viene rappresentata nel e dal “mercato”. Con la caduta del Muro di Berlino nel 1989 il processo di “mercatizzazione” europeo subisce una accelerazione incredibile che va di pari passo con l’affermazione del pensiero unico neo-liberista in tutto il mondo capitalistico, ad occidente come ad oriente. Con la scusa di dover garantire la democrazia a quei Paesi dell’est Europa non più sotto l’albero la cosiddetta “dominazione” Sovietica si decide di Co sentire il rapido ingresso nella famiglia europea a ben 10 nuovi Stati, di ersi tra loro,per cultura, religione e tradizioni ed ancor più diversi dai già diversi Stati membri. Le élite europee allora cercano di accelerare i tempi per dare vita ad un progetto europeo maggiormente integrato e decidono di lavorare ad una Costituzione europea che sancisca una maggiore integrazione ma il disegno viene bocciato nei primi due Paesi cui venne sottoposto a Referendum ovvero Olanda e Francia. Il progetto, così bocciato, sembrò essere accantonato, evidentemente questi due Paesi Europei, pur essendo europeisti, non gradirono la soppressione delle specificita’ nazionali in nome di un non ben precisato Stato europeo. Il buon senso avrebbe consigliato una lunga pausa di riflessione, per analizzare e capire le ragioni di un tanto clamoroso rigetto. Si decise allora di dar vita ad una Unione monetaria che avrebbe così dovuto bypassare le riserve nazionali in nome di una armonizzazione dei cambi che avrebbe consentito e facilitato gli scambi all’interno dei Paesi aderenti. Non tutti furono d’accordo, si trattava in sostanza di rinunciare alla propria moneta e rinunciare alla facoltà ed al diritto di stampare ed usare una moneta a seconda delle proprie esigenze. Infatti il Regno Unito non avrebbe mai aderito a questa follia. In realtà si trattava di armonizzare economie e valute profondamente diverse tra loro inventandosi un criterio del tutto arbitrario e vennero concepiti e stipulati “Trattati” che prevedevano la progressiva cessione di pezzi di sovranità nazionale agli organismi europei. Si decise quindi di liquidare la Comunità per dar vita ad una Unione Europea che ancor and una volta anziché attribuire al Parlamento la funzione legislativa affidava questa a due organismi la Commissione ed il Consiglio d’Europa ed al Parlamento veniva lasciata una mera funzione consultiva attraverso la possibilità di non approvare i provvedimenti adottati da questi due organismi e di formulare proposte. La novità più rilevante fu l’introduzione della obbligatorietà, per gli Stati aderenti alla unione, di accogliere ed implementare nelle leggi nazionali tutti i provvedimenti adottati ed una serie di sanzioni a quei Paesi che si fossero rivelati inadempienti (la procedura di infrazione). Insomma la direzione imboccata andava nel senso opposto all’allargamento degli spazi democratici e affidava alla due Commissioni un potere esclusivo e pressocche’ inappellabile. Le conseguenze di queste scelte antidemocratiche oggi si stanno manifestando in modo inequivocabile e Paesi una volta condividevano pienamente il “progetto comunitario” diventavano a livello di cittadini e di volontà popolari sempre più indifferenti alla costruzione della “Casa europea” quando non apertamente ostili, come nel caso del Regno Unito. La crisi finanziaria innescata negli anni 2007/2008 dalle grandi corporazioni finanziarie globali ha poi inferto un colpo mortale al progetto europeo. Basti solo pensare che nel nostro Paese, in Italia, l’approvazione del progetto europeo è passata in brevissimo tempo da oltre l’ 80% dei consensi al 36% di oggi ed il nostro era sempre stato il Paese con la più alta adesione al progetto europeo. La moneta unica ha bene rappresentato questa progressiva disaffezione in quanto il potere d’acquisto dei cittadini è andato sempre più diminuendo a solo beneficio di grandi Corporazioni oppure di pochi Paesi, tra cui la Germania che è diventata il caso più eclatante, insieme all’amico Francia, della disparità di trattamento e i disuguaglianza tra i Paesi dell’Unione. Si arriva così al caso della Grecia, letteralmente svilita ed umiliata dalle cosiddette Istituzioni Europee che, come se non bastasse, hanno consentito l’accesso di organismi totalmente estranei all’interno della Unione, valga per tutti l’ingresso del Fondo Monetario Internazionale negli affari europei attraverso la creazione della cosiddetta “Troika”. Così, paradossalmente, oggi anziché trovarci in una Unione maggiormente integrata ed armonizzata abbiamo questo mostro burocratico con due capitali, Bruxells e Strasburgo, attanto solo ai conti e non alle condizioni dei cittadini, una Eurocrazia che ha creato di nuovo divisioni, recriminazioni e pericolosi atteggiamenti ritorsivi tra gli Stati membri. Una situazione estremamente pericolosa e pregna di conflitti sempre più acuti tra Stati membri e tra cittadini ed Istituzioni europee. Una miscela esplosiva che andrebbe disinnescata prima che sia troppo tardi. La domanda oggi è: cosa è possibile fare? Non ci sono risposte semplici ma una idea potrebbe essere quella di chiedere che il Parlamento europeo sia dotato di quella funzione legislativa che è prerogativa dell’ordinamento democratico perché, in caso contrario, ed è il caso della Unione Europea, ci troviamo di fronte ad uno Stato burocratico, super-centralizzato ed autoritario. Un Parlamento dotato di questi poteri potrebbe avere un carattere Costituente che, fatta salva la sovranità nazionale dei Paesi europei e con le appropriate misure di bilanciamento dei poteri tra Istituzioni nazionali ed Istituzioni europee, riscriva daccapo il Progetto di una Casa di tutti i popoli e le nazioni d’Europa, insomma una ”Nuova Ventotene per il XXI secolo”, che si fondi sulla solidarietà, la sussidiarietà ed il perseguimento dei soli obiettivi da tutti condivisi. Ma questa è utopia allo stato puro. E qui concludo, scusandomi per la lunghezza ma anche per la estrema superficialità con cui l’argomento è stato affrontato. Mi premeva sottolineare, da cittadino consapevole e non da storico o studioso (che non sono) quale sia il contesto in cui oggi viviamo e da dove questa incredibile ed imprescindibile aspirazione alla unità trovi origine. Mi scuso di nuovo (anche per errori vari di scrittura), Vi ringrazio per il tempo e la pazienza impiegata fin qui e per gli ulteriori e autorevoli contributi che dovessero seguire. Grazie!

  16. Grazie. E’ interessante la tua osservazione: si è data la priorità agli accordi commerciali perché sono più semplici da raggiungere di quelli politici, ma questo ha portato (non so quanto inconsapevolmente) alla sottomissione della politica alla economia, al “mercato” e quindi a conseguenze profondamente antidemocratiche.
    Per come è strutturata, l’Unione Europea non è affatto una garanzia di pace ma sta aumentando le tensioni tra gli stati europei a livelli pericolosi.

    Un caro saluto

  17. giancarlo salvoldi dice

    L’illusione ottica, ideologica, della fine dello spirito nazionale, è spazzata via dai popoli europei e di tutto il mondo, dalla Russia al Brasile, dall’India alla Cina , per non dire dell’Africa.
    E noi proviamo a sognare un’Europa che tracci un percorso verso forme di unione che sappiano valorizzare lo splendore delle identità, comunque ineliminabili perchè forgiate nei secoli.
    Le identità finora sono state strumentalizzate dai governanti prevalentemente per imporre supremazie, nello spirito egoico bellico che è sempre parso naturale e senza alternative.

    Il nostro è un sogno per ora, ma abbiamo la consapevolezza di stare gettando le fondamenta per una politica che conosce Aristotele e Machiavelli, ma che può aggiungere ai tanti slanci utopici creativi del passato, quello di provare a far camminare insieme le ragioni delle strutture economiche e sociali con le ragioni di una nuova umanità che vuol nascere attraverso percorsi iniziatici.
    Soffia forte il vento nazionale ed identitario, e a me sembra che le forme di sovranismo e populismo siano soprattutto una reazione di difesa per troppe scelte politiche sbagliate e affrettate, e dettate dalla infatuazione devastante per una globalizzazione gestita dalla finanza speculativa neoliberista.

    Lo spirito dei popoli è ricchissimo di tesori che hanno dato vita e forza e speranza a civiltà che hanno potuto superare prove dure e faticose e sanguinose.
    E’ proprio alla inesauribile fonte della spiritualità che l’Europa può attingere per trovare prima i presupposti, e poi gli strumenti necessari a dare risposte, stavolta in chiave europea, ai bisogni fondamentali che finora sono stati soddisfatti con logiche nazionali.

    Oggi da un lato si tenta di tenere insieme un’Unione europea evidentemente non sopportabile, e dall’altro c’è una critica fortissima di populismi e sovranismi che sono vincenti nella Brexit, nella Francia di Le Pen, nell’Italia del governo Lega-5 Stelle, nei Paesi ex comunisti.
    E per capirsi teniamo presente che la socialdemocrazia ha vinto le recenti elezioni in Danimarca con un risicato 25% e solo grazie ad un programma di tolleranza zero sull’immigrazione.
    Senza dimenticare che a tenere ferma in porto a Barcellona la nave delle ong non è stato Salvini ma il governo socialista spagnolo.

    Per riflettere sul futuro dell’Europa senza sbagliare in partenza, bisogna saper leggere la realtà dei fatti, cosa molto difficile in un’Italia in cui i mass-media sono stati capaci di creare una realtà immaginaria come quella dell’esperienza di Riace, dove stavano proponendo il premio Nobel per la pace agli abitanti di un borgo, supposti campioni di accoglienza e multiculturalità, che invece, appena hanno potuto votare, hanno scelto liste favorevoli alla linea della Lega.
    Ma io ho certezza che in queste scelte politiche non solo non ci sia né odio né razzismo, ma ci siano valori conculcati di cui gli elettori si sono sentiti privati e di cui chiedono il riconoscimento con lo strumento democratico delle elezioni.

    Ho fatto questo esempio perchè immigrazione e sicurezza sono i temi che hanno dominato le elezioni europee.
    E anche quando può essere doloroso, dobbiamo tener presente che la nostra creatività ha bisogno di poggiare su basi di verità, e non su basi ideologiche o politiche.

    Non posso dilungarmi, sennò parlerei del lavoro che la globalizzazione sta togliendo agli europei, dell’inverno demografico, della disoccupazione che incombe con l’automazione e di cui ha detto bene Gabriele https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2019/01/14/italia-repubblica-lavoro/

    Concludo dicendo che la buona notizia è che abbiamo i presupposti per salvare l’Europa, partendo dall’Italia.

    Un caro saluto a tutti, e buon lavoro, GianCarlo

  18. giancarlo salvoldi dice

    Marco (questa volta non Guzzi) Minniti, è uno che il comunismo l’ha succhiato col latte materno, che è stato uno stalinista doc, che resta fermamente di sinistra, e che proprio stamattina pubblica un Manifesto contro la sinistra senza neuroni, sul quotidiano “Il Foglio”.

    Pochi mesi fa Federico Rampini, corrispondente da New York per “la Repubblica”, tesserato Partito comunista a 17 anni, che resta fermamente di sinistra, ha scritto della sinistra nei termini di “il tradimento” e di “le menzogne delle élites”.

    Critiche spietate di due intellettuali di prim’ordine, compatibili con quelle di Guzzi ne”I presupposti di una rivoluzione democratica”, con la differenza che queste erano di 12 anni fa e quindi profetiche.

    Guzzi, invocando la necessità di una ispirazione messianica, sferzava una sinistra che era nell’errore, e oggi, meglio tardi che mai, due politici di quella sinistra rendono omaggio alle dure critiche di Guzzi, e probabilmente condividono una speranza messianica.

    L’Europa ha bisogno dell’Italia, sia del suo patrimonio spirituale che di quello politico, anche se oggi quel patrimonio è sotto uno strato di macerie: ma resta ben vivo ed ineliminabile.

    Restiamo nella Speranza, GianCarlo

Inserisci un commento

*