Io resto a cuore

Commenti

  1. è bello leggere e condividere queste riflessioni che cercano il senso a questa esperienza.
    ne voglio prendere una che mi risuona molto:
    “Non è vero che non abbiamo tempo (come spesso si dice); noi non dominiamo il tempo, non lo abbiamo, ma siamo nel tempo!
    Possiamo imparare a vivere il quotidiano che sembra solo ripetitivo, standoci dentro, senza lasciarlo diventare un meccanismo inconsapevole.
    Essere nel tempo è creatività, ognuno è creativo se fa nascere se stesso.”
    La quotidianità può diventare la nostra arma di distruzione e quindi essere consapevoli ogni giorno della nostra vita, esserne quindi “attori” per me rappresenta il passo del mio cambiamento e della trasformazione in generale.

  2. Ringrazio i gruppi della Lombardia, regione molto flagellata dal virus, per questa utile sintesi ragionata di quanto in questi giorni abbiamo nel cuore moltissimi di noi.

    Ho girato questo intervento nel “Giardino” (https://facebook.com/groups/dentro.il.Giardino/) dove in questi giorni alcuni di noi, ed altri amici, si stanno chiedendo come esattamente evitare di “tornare a prima” contravvenendo per amor nostro a quanto la pubblicità ora per ora ci sta suggerendo in mille modi, ma con un unico messaggio, “abbiamo bisogno di te, torna a consumare come prima, dimentica tutto e acquista”.

    Le strategie di resistenza possono essere molte, ma è certo che senza un cammino, da fare preferibilmente in cordata, con guida sicura, alla fine vincerà il mercato.

    Siamo qui per ascoltare il nostro cuore e capire quello che ci fa felici.
    Non è tornare a prima ma, come ben scritto qui, ricominciare.
    Su basi sempre nuove.

  3. Per cortesia mi fate un esempio di strategia di resistenza che non sia un vagheggiamenro di orizzonti di liberta sognati solo per per il tempo imposto dal lockdown forzato (per i privilegiati che se lo sono fatto a casa nelle loro comode residenza cablate, me compreso che mi sono fatto un a bella quarantena anche se malato di covid contratto sul lavoro e contagiati me e i miei famigliari ).
    Lavoro in banca, in uno sportello del nord a Brescia. Vi faccio un piccolo esempio. In questi giorni dovremo negare dei finanziamenti per emergenza covid sbandierati dal governo a un sacco di piccoli operatori commerciali baristi artigiani e partite iva etc perché non rientrano nelle policy aziendali. Tutta gente che i risparmi li ha messi nel loro lavoro e senza i quattrini della banca non riapre più, magari come una coppia di quarantenni che il covid si è portato via il loro lavoro la loro speranza la loro creativita. Mi dite la strategia di resistenza possono mettere in campo? E io che faccio assisto inerme a questo scempio? Sono un praticante al settimo anni ma ngiiel leggere i vs post ultimamente sento una rabbia fortissima che non riesco a canalizzare aiuto help

  4. ClaudiaVignati dice

    Grazie Giorgio per la tua concretezza, di cui anche io sento molto il bisogno.
    Con il tuo lavoro di certo tu tasti il dolente polso della grave crisi economica che ha incastrato tante persone e che si ripercuote poi a cascata (ne so qualcosa anche sulla mia pelle).
    Certo è che gli eccessi passati rendono più pesante la situazione attuale(esempio semplice:l’esosità degli affitti commerciali giustificati da “prezzi di mercato”……ora non si adeguano volontariamente ed automaticamente all’attuale “mercato”?).
    Credo tu racconti fatti più concreti che non le troppe chiacchiere dei massmedia!
    Sul “come fare” si scende veramente in campo!!!
    E solo un gioco di squadra può essere risolutivo.
    Integrare il nostro quotidiano e la nostra azione nel quotidiano con il faro di Darsi Pace nella nostra vita interiore, trovare un equilibrio sempre migliore, passetto dopo passetto.
    Il fatto di sentirsi soccombere nel meccanismo lavorativo-sociale in cui ci troviamo ad agire provoca rabbia/frustrazione/depressione e credo che questo tuo “appello” sia proprio il giusto passo, per non rischiare un “egocentrismo di gruppo”!

    Ho constatato questo squilibrio anche da paziente ospedaliera, con un medico che mi ha confessato di vergognarsi a dover attuare le direttive di gestione economica del “suo” ospedale(sanità lombardia……tanto spinta al lucro)….certo che ricercare il re-equilibrio di se stessi aiuta, ad andare avanti, ma non basta, se comunque vogliamo evitare scissioni…
    Buona giornata, anche quando non riusciamo ad incidere significativamente sull’ingranaggio in cui lavoriamo/siamo incastrati, confido che ci assista una creatività coadiuvante per dare comunque il massimo a livello di rapporto interpersonale…e……non bloccarsi inutilmente nella sofferenza, ma portare verità…grazie!

  5. giancarlo salvoldi dice

    E’ buono lo sforzo di riflessione e confronto del gruppo di Milano, ed interessanti sono le osservazioni di Bruno.

    Il punto 7 propone due alternative che contengono entrambe delle verità: mi sembra che la perseveranza sia un valore anche a costo di non essere apprezzati, ma credo che un gruppo che intenda stare dalla parte della volontà creativa positiva, possa trovarsi nella necessità di allontanare persone che vanno in senso contrario quando ciò renda troppo pesanti le relazioni e la vita del gruppo stesso.

    Caro Giorgio, capisco e condivido il tuo disagio e la tua amarezza, ma tu non porti nessuna responsabilità se il governo ha scelto prestiti difficili e amari anzichè sostegni a fondo perduto.
    Tu sei tutt’altro che inerme: sono certo che tu non vai piazzando prodotti bancari bidoni alle vecchiette, e nel tuo lavoro puoi essere e comunicare indifferenza o ascoltare ed essere in empatia.
    La concretezza del nostro lavoro non è nel costituirci partito o sindacato che ce ne sono già troppi e per tutti gusti, o fare espropri proletari, ma nel fare ciò che costituisce la nostra peculiarità, e cioè proprio quel lavoro che fai da sette anni.
    Io ho sperimentato che la concretezza non è il fare, il risolvere o illudersi di risolvere problemi sociali ed economici e politici e giudiziari, ma collegare i cambiamenti necessari in quei campi con il cambiamento dei nostri cuori.
    Noi stiamo sperimentando che questa è l’insurrezione della nuova umanità, ed è molto più faticosa ma molto più profonda e vera che non le mille ricette frivole e incerte che la politica in questi mesi ci sta rovesciando addosso, con la complicità dei mass media che ci distraggono e stordiscono.
    Io ho sempre confidato nella Magistratura, che ha la gran parte dei magistrati capaci e onesti, ma ora sta emergendo in misura enorme che anche questo potere dello Stato è corroso dalla ideologia e dalla faziosità politica.
    Motivo in più per convincerci che dobbiamo continuare a lavorare alle radici dei temi di fondo innanzitutto a livello culturale.

  6. Giuliana Martina dice

    @Loretta: riequilibrare il rapporto con il tempo ci consente di sviluppare la nostra umanità. L’espressione linguistica che spesso utilizziamo “non ho tempo” dice una impostazione mentale, un rapporto di possesso che è sbagliato in radice, in origine. Ascoltarci da dentro, osservare come funziona la mente aiuta a cambiare la grammatica del tempo per riuscire a viverlo come evento del possibile incontro, tempo del dialogo e della relazione.

    @Marco: ricominciare ogni giorno e più volte al giorno, lasciare il conosciuto per scoprire il vero desiderio che ci anima è la via del ritorno al cuore, al centro dell’essere, un cammino sempre più urgente e oggi indispensabile, a mio parere, da percorrere insieme e con una guida sicura, come ben dici.

    @Giorgio: comprendo la rabbia che questo tempo scatena in te e in tante persone, e comprendo anche che quando si scatena in forme virulente è davvero faticoso, ma non impossibile, canalizzarla. Il lavoro di questi anni penso ti abbia aiutato a vedere che la rabbia è mescolata a paura, a disperazione, a dolore e a tanto altro che va riconosciuto, nominato ed accolto. Con tanta pazienza, con perseveranza, con umiltà e con coraggio, lo diciamo fin dal primo incontro della prima annualità. Attraverso la meditazione, respiro dopo respiro, per quel poco che ogni giorno ci è possibile, è possibile scendere verso le acque più calme del fondo lasciando la tempesta in superficie; possiamo ritornare agli esercizi di autoconoscimento specifici sulla rabbia, quelli che abbiamo conosciuto nella seconda annualità, possiamo condividere il nostro vissuto o l’esercizio stesso nel sito riservato o in antri contesti in cui ci sentiamo di farlo, e possiamo chiedere aiuto, riconoscere il nostro limite, la nostra precarietà attraversando il punto di scissione per spostarci nel luogo relazionale in cui ci affidiamo all’Altro, gridando umilmente il nostro dolore. Trasformare la rabbia in energia pulita non è impossibile, non siamo onnipotenti e nemmeno impotenti, la sfida di questo tempo non è superiore alle nostre forze se impariamo a lasciare alle spalle i sogni infantili senza smettere di sognare.

    @Claudia: i bambini mi hanno insegnato la concretezza; ora comprendo la concretezza dell’esercizio spirituale, incessante lavoro di pulizia dei condizionamenti familiari, culturali e sociali che servono per crescere, ma che vanno riconosciuti e lavorati perché la crescita avvenga nella libertà. I passi concreti e organici del percorso iniziati Darsi pace mi aiutano adesso a tornare bambina. Ed è bello ringiovanire invecchiando.

    @Giancarlo: il rinnovamento culturale è un immenso lavoro di ricerca della verità. Significa smascherare le menzogne, le mezze-verità dentro e fuori di me. La vera rivoluzione, ora lo comprendo meglio rispetto al passato, avviene quando il livello personale non è separato da quello collettivo.
    “Oggi predominano i pregiudizi del monismo materialistico, che ci rende tutti schiavi del caso, e del monismo spiritualistico, che ci rende tutti ugualmente schiavi di un assoluto senza volto e senza storia in cui alla fine ci dissolviamo come soggetti capaci di creare.” (Marco Guzzi, Fede e Rivoluzione, pag.37 )
    Ci aspetta un immenso e affascinante lavoro!

    Grazie a Tutti per le vostre risonanze, Giuliana

  7. Roberta Eleuteri dice

    Condivido con voi sia il bisogno esistenziale (e quotidiano) della ricerca interiore, che trae fuori dalle sabbie mobili della cultura consumistica dominante ( su tutti i livelli: materiale,affettivo,ideologico…), sia l’esigenza che quest’opera si concretizzi in azioni, positive e beneficanti per se’ e per chi abbiamo vicino.

    Credo che ogni nostro gesto possa riflettere questa scelta.

    Nel mio lavoro a volte ho a che fare con persone “sfortunate” ed è a queste che rivolgo più attenzione dandogli quell’informazione in più o quell’attimo di ascolto che vedo poi riflettersi come luce nei loro occhi. Spesso è a persone anziane, che sono forse le categorie più trascurate …, , che mi rivolgo con più gentilezza e vedo che questo li fa rifiorire, rialzare la testa.

    Dico questo non per vantarmene, ma per dimostrare che sempre possiamo FARE qualcosa di concreto, partendo poi dal concetto che già PENSARE , già ESSERE è una promessa di un nuovo FARE.

    Anche io come Giorgio e come chi sa quanti, provo rabbia ad assistere senza poter far nulla al disagio economico e sociale di persone come noi …che per una serie di circostanze sono messe in ginocchio dalla politica del profitto ad ogni costo ed in modo così cieco ed assoluto.
    Vorrei occupare posti più decisionali per poter agire e cambiare “le cose”, ma non è così .

    Posso però creare una contro- tendenza … che è quella di riportare umanità nei piccoli gesti.
    ( È una delle facce del “disgelo” che operiamo in Darsi Pace … )
    In tanti lo fanno già e mettono in circolo la COMPASSIONE ed il CORAGGIO , che poi , siccome sono qualità contagiose … dopo un primo impatto che suscita scalpore , si allargano in un sollievo ed aiuto reciproco che fa la DIFFERENZA ….per tutti !

  8. Giuliana Martina dice

    Cara Roberta, è bello incontrarti anche qui!
    Grazie per la tua risonanza che invita a riflettere sul fare possibile ora, Idea che nel farsi prende Corpo e svela il Senso.

    Il passaggio antropologico che viviamo è lungo e tortuoso, ogni giorno di più comprendo la fatica dell’incarnazione, il tempo necessario per estrarre dall’ Ombra la sua Luce. Quando siamo ingabbiati dalle avversità della vita fatichiamo a vedere nella crisi la possibilità di un nuovo inizio .

    Le tue parole mi portano i versi della poesia di Marco Guzzi, Commento alla fenomenologia di Hegel, sta in Preparativi alla vita terrena.

    L’incarnazione è il tempo che ci vuole.
    E che tutti vorrebbero evitare. Ogni idea
    Impiega una vita
    Ad esplicare il senso
    Della sua remota
    Luce.
    E tu non puoi Darti una ragione: la spiegazione
    E’ il tuo variare mente: la pianta
    La puoi solo immaginare
    Lasciandoti spuntare
    I suoi germogli.

    Attraversiamo insieme questo tempo difficile, noi siamo la pianta che possiamo immaginare e possiamo vedere i suoi germogli liberandoci dalle gabbie mortifere, lasciandoci contagiare dalla Vita che ci viene data in abbondanza.

    Ti abbraccio, Giuliana

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