Il progresso di ieri

Commenti

  1. Grazie caro Davide, per questo efficace e sintetico quadro riepilogativo!
    Il contributo del movimento Darsi Pace mi sembra sia proprio il tentativo di dare sostanza di pensiero e di azione alla trasversalità e a-ideologicità di questa nuova idea di progresso.
    E di coniugare la dimensione mistica, intesa come cammino di liberazione interiore da tutte le ombre negative che l’uomo vecchio continua a proiettare sul nemico esterno, con la dimensione sociale, culturale e politica.
    La trasformazione del mondo potrà procedere nella storia se sarà nutrita da un nuovo coraggio e da nuove intuizioni, che scaturiranno solo da visioni ispirate dallo spirito messianico di giustizia e di pace.
    “La qualità è il nemico più potente di qualsiasi massificazione. Questo significa rinunciare alla ricerca di posizioni preminenti, saper gioire di una vita nascosta e avere il coraggio di una vita pubblica. Significa tornare dal giornale e dalla radio al libro, dalla fretta alla calma e al silenzio” (Dietrich Bonhoeffer).
    Questo programma sembra arduo e lontano per la nostra mentalità odierna del “tutto e subito”, ma le cose vere hanno bisogno di tempo e lavorare alle prossime generazioni è la grande sfida ambientale e psichica che ci interpella.
    Auguri a tutti di essere canali fluidi e accoglienti di nuove visioni!

  2. Grazie Davide,

    un bell’articolo che mi aiuta molto a superare gli schemi ormai abusatissimi, di “destra” e “sinistra” e a capire qual è il vero campo di gioco: in modo da poter scegliere più nitidamente, senza eccessive confusioni, da che parte stare, per provare a “sviluppare qualcosa di chiaro ed incisivo”.

    Troppe volte è capitato di giocarsi in una squadra in cui l’allenatore in realtà spingeva in direzione opposta a quanto noi speravamo e intendevamo costruire, e nemmeno ce ne eravamo accorti. Queste visioni, al contempo disincantate e portatrici di speranza, ci aiutano a scegliere bene.

  3. Grazie Davide per l’interessante analisi sul concetto di progresso durante l’era del neocapitalismo.
    Vorrei solo aggiungere che su questo argomento Pasolini, testimone eretico del suo tempo, spese molte delle sue energie. Una lettura delle sue opere potrebbe aiutare a capire di più l’avvento del neocapitalismo e la differenza tra progresso e sviluppo.

  4. Fabio Camboni dice

    Bell’articolo davvero! Io che sono nato nel 1980, anno in cui si innaugura di fatto il neoliberismo capitalistico più avanzato (pensiamo all’Inghilterra della Thatcher e agli USA di Regan), ho sempre avuto la percezione/sensazione che il binomio destra/sinistra non avesse alcun senso. Entrambe hanno sempre perseguito più o meno obiettivi simili in quanto ciò che comandava, come comanda tutt’ora, è l’assolutismo delle logiche di profitto degli agenti economici (aziende, singoli individui, Stati, organizzazioni di vario genere..). La Destra storica ha sempre preso le difese della tradizione, del Clero, dei profili di un’identità più o meno consolidata. La Sinistra invece nasce come rivoluzione permanente degli assetti sociali consolidati: la rivoluzione doveva essere intr-nazionale nello spazio aperto di tutto il globo, abolendo il concetto stesso di classe sociale. Ora viviamo nel bel mezzo del fallimento sia dell’una che dell’altra.

  5. Davide Sabatino dice

    Vi ringrazio Paola, Marco, Giulio e Fabio per la vostra paziente e attenta lettura. Ogni sintesi porta con se il rischio di una mancanza, di una firma non definitiva; ma è forse propio questo limite – rispetto al quale ogni particolarismo è impotente – che la rendere aperta e libera agli occhi di chi può completarla.
    Darsi Pace è indubbiamente un distillato di soluzioni, di tentativi, come dice Paola, volti ad accelerare il processo di ricapitolazione e conversione dell’intero assetto socio-politico (“trasformazione del mondo”). Infatti, qui, trovo spazio anch’io e sono grato.

    Su Pasolini, Giulio, sfonda una porta aperta. Ho letto e mi sono formato molto partendo dal suo pensiero, soprattuto quello dei celeberrimi “Scritti corsari”. Anche se come “poeta” non posso dire la stessa cosa.

    Sulla fine delle ideologie, Fabio, pur essendo nato dieci anni dopo (1991) mi ritrovo immerso, come tutti, in quell’arco temporale che ho cercato di sottolineare all’inizio dell’articolo. Un tempo, come sappiamo, che segna un limite e una contraddizione spaventosa. Un tempo che non ammette più né destra né sinistra, né basso né alto, né fuori né dentro ma, appunto, ricerca un punto di vista capace di abbracciare l’intera dimensione umano-cosmica non nella direzione di una “internazionale” panaceica e illusoria, bensì, in quella trasversalità che, forse, in un’ottica glocale, sarà la chiave di volta per questo passaggio.

  6. Giuseppe Spinnato dice

    Caro Davide, permettimi di divagare (al di là di tutte le riflessioni condivisibilissima dell’articolo), apparentemente lontano dal fuoco dell’articolo. Mentre leggevo l’articolo pensavo alla “poesia”, al modo specifico in cui anche la poesia, intesa come genere letterario, subisce la stessa sorte, quella di riduzione a merce. Si dirà che mercificata sì, lo è da un pezzo, ma mai come oggi e in questo modo. Penso alle due linee vincenti e vigenti odierne, quelle che dettano legge, entrambe nate morte (ma non se ne sono ancora accorte): da un lato la poesia ridotta a performance, con i vari poetry slam (una sorta di X factor, Got Talent, MasterChef della poesia) che assegnano valore assoluto alla performance, all’impressione, alla distrazione quindi. Dall’altro alle estenuate propaggini dei minimalismi di ogni sorta. Entrambi, nel loro micromondo, sono lo specchio di questo tempo: una (derive minimaliste), chiamiamole così) di una dimensione iperpersonale minuscola (in realtà un ego smisurato nel suo farsi vittima) che si autoproclama poesia, l’unico modo, a quanto pare, di fare poesia; l’altra (slam) di un io che per esistere deve essere non solo visto ma giudicato sulla base di una performance, e venduto, il tutto su un palcoscenico, davanti a un pubblico. Una poesia che in un caso o nell’altro è carne da macello. Perché resta evasa la questione del senso. Questione giudicata oggi, dai meno severi, come “imbarazzante”.
    Un abbraccio,
    Giuseppe

  7. Giuseppe Spinnato dice

    Cercavo di modificare il mio commento, togliendo qualche “articolo” di troppo nelle prime righe, ma non è modificabile, ben mi sta! 😉

  8. Grazie Davide
    Un bell’articolo che, come hai fatto con il precedente “L’Europa e/è l’utopia”, contribuisce a dare una visione spaziosa del presente.

    Quante discussioni su Destra e Sinistra, quanto tempo perso inutilmente, mentre il mondo cadeva in mano ai mercanti e l’unico metro di giudizio diventava il denaro che tutto copre, annulla, cancella, persino l’istinto di sopravvivenza.

    Un caro saluto

  9. Davide Sabatino dice

    @Giuseppe Carissimo, non credo tu abbia divagato più di tanto. È evidente che il poeta, così come l’artista, ha da tempo abiurato alla sua missione solenne, in parte sottomettendosi, in parte compiacendosi e in parte illudendosi di poter poetare allontanandosi sempre più dalla fonte. Dal senso. Le due correnti che tu richiami sono l’espressione decadente di questo allontanarsi. Per usare i termini dell’articolo: è mero consumismo, prosa capitalista, narcisismo d’accatto, versioni più o meno dotte della società dello spettacolo (Debord). 
Ti prometto che scriverò presto un articolo anche su questo, nello specifico. Grazie del tuo occhio. 



    P.S. Sugli errori ortografici, o di punteggiatura, stenderei un velo pietoso. Nell’articolo e nel mio commento precedente rileggendomi ho trovato: “fese” al posto di “fase”; un “con se” senza apostrofo acuto e un “rendere” al posto di “rende”. Chi è messo peggio fra noi due? 


    @Aldo Grazie della costante attenzione. Sì, oggi questi due termini ideologici sono contenitori di carta pesta che non dicono nulla e, anzi, mascherano e coprono le nefandezze del neocapitalismo. La strada è altrove: la vita è altrove (Kundera).

    Saluti

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