Pubblichiamo nella sezione audiovisioni la conferenza di apertura dei corsi Darsi Pace (durata 50 minuti), che Marco ha tenuto, come ogni anno, nel Complesso storico dei Padri Domenicani a Piazza della Minerva a Roma, il 10 ottobre 2009.
Abbiamo pensato di creare questa sezione “Audiovisioni” per raccogliere materiali più ampi rispetto a quelli normalmente pubblicati (che non superano i 10 minuti consentiti da Youtube) e che richiedono un tempo dilatato per ascoltare e riflettere con più calma sui temi di volta in volta proposti.
Abbiamo tutti bisogno di chiavi di lettura della realtà complessa che ci circonda, chiavi interpretative che ci aiutino a districarci nel caos e nella confusione predominanti.
Siamo alla ricerca di parole vere, sapienziali e le cerchiamo, affamati, con piena libertà, nelle diverse tradizioni e nei molteplici filoni culturali, come lo “scriba” di cui parla Gesù, che trae fuori dal suo tesoro cose antiche e cose nuove.
Questa sapienza che vogliamo non è una conoscenza concettuale: è piuttosto una sapienza pratica incarnata.
C’è bisogno di nutrire la nostra mente con idee buone, sane, positive, che mostrino la loro verità nella capacità terapeutica e risanante dei nostri cuori spezzati (non sempre spezzati, ma in parte, talvolta, spezzati…..).
L’argomento trattato quest’anno da Marco è molto importante per tutti noi e sarà approfondito anche da un’intervista di prossima pubblicazione (“Il desiderio e la paura della coniugazione dei sessi”), a cura di Massimo.
La domanda, molto semplice, potrebbe suonare così: che cosa ci impedisce di aprirci all’altro?
Ad essa ne seguono altre: cosa ci impedisce di accogliere quella parte di noi che ci fa ancora tanta paura? come sciogliere quei serbatoi di angoscia che ci trattengono dalla nostra vocazione profonda a fiorire sulla terra? ad essere canali di vita e di speranza? come coniugare le parti di noi più femminili, accoglienti, in ascolto, custodi della vita nascente, con quelle, tipicamente maschili, capaci di intraprendere un’azione nel mondo, assumendosi la responsabilità della realtà sociale e della storia del pianeta?
Impostare bene le domande è già un buon inizio per incamminarsi, perciò vi invitiamo ad aiutarci a farlo e a compiere insieme i passi successivi.
Buon ascolto!
Parte prima – La crisi della coppia come segno della svolta antropologica in atto
Il primo indizio, per chi segue la liturgia quotidiana della Chiesa, è la lettura di giovedì scorso. Cristo (Luca 12, 49-53) dice: non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione, “e in una famiglia di cinque persone tre saranno divisi contro due e due contro tre, si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera”. Il secondo (ancora Luca, guarda caso un medico, 12, 54-59), il giorno successivo: “Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice (…) e ti getti in prigione”.
Tutto l’opposto dell’idea zuccherosa del bravo cristiano, buono e un po’ babbeo. A sfogliare il Vangelo, e a leggerlo con occhi moderni, sembra quasi che ciò che più prema a Cristo sia, non tanto una velleitaria fratellanza, ma l’invito ad accogliere i conflitti in cui è immersa la nostra vita. A cominciare da quelli con i nostri familiari, i nostri padri, le nostre madri. “Non opponetevi al male”, ci dice. Restateci dentro, insomma. Non tiratevi indietro, non ignorateli. Scavate nel vostro male. Guardate ai veleni delle vostre relazioni senza menzogne, senza maschere. Anche a costo di mettervi contro chi vi sta vicino, anche a costo di snudare la spada. E nel caso, non limitatevi allo scontro sterile, alla scenata fegatosa. Ma “accordatevi” con il vostro nemico, che è sempre un amico mancato, “accordatevi” con le vostre tenebre. Non nel senso del compromesso. Ma, come sottolinea una lettura del monaco MichaelDavide, nel senso proprio degli strumenti musicali, “accettando di tornare sui nostri passi e magari ricalibrando la tensione delle corde più intime del nostro cuore e della nostra mente insieme a quelle del nostro corpo, per ricercare un’armonia sempre possibile e sempre da ritrovare con pazienza”.
Che il cammino di fede non possa prescindere da un lavoro sul proprio inconscio, sulle proprie strutture psichiche distorte, l’aveva capito bene anche San Paolo, quando riconosce che in lui “non abita il bene”, che ha il desiderio del bene, “ma non la capacità di attuarlo” (Rm 7, 18): “Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”, sintetizza in modo sconcertante.
Lavorare sui blocchi che ci paralizzano, sulle difese che ci portano ad agire in modo aggressivo, remissivo, sconsiderato, sapere ascoltare le parti malate senza rigidità, scoprirne le origini e liberarne la potenza distruttiva riconoscendole una a una, trascenderle e trasformarle nel talento che quasi sempre celano: questo ci dice in modo molto chiaro il vangelo. Meglio di un testo di psicanalisi.
Eppure, nella Chiesa, ma anche in tanti cammini spirituali pieni di buona volontà, il lavoro psicologico viene spesso ritenuto superfluo, quando non sospetto. Oppure accettato, ma come ambito del tutto scisso da quello propriamente spirituale: da una parte, insomma, una bella laurea in psicologia, dall’altra una mezzoretta di preghiera devota. O di meditazione buddista. Basta che tutto resti ben separato.
Il risultato, per chi guarda le cose con realismo, è spesso sconfortante. Capita, persino in religiosi dalla pratica costante e sincera, di avvertire manie di controllo che celano insicurezze infantili, pretese nevrotiche di perfezionismo spacciate per zelo, esaltazioni della sofferenza o della gioia che appaiono forzose, esasperate, prive di quel senso di liberazione che si trova nel linguaggio leggero del Cristo. Quando, in certi ambiti di fede, si accenna alla possibilità di affiancare alla preghiera un’indagine sull’inconscio, con un analista o magari con l’aiuto di qualche piccolo esercizio, ecco che scatta in automatico una barriera difensiva: un’alzata di spalle, uno sguardo sospettoso, un predicozzo che sa di scorciatoia.
Un pregiudizio, del resto, uguale e contrario a quello di molte persone che invece si muovono lungo il percorso della psicoanalisi o della psicoterapia, ma che guardano con sufficienza a una dimensione dell’anima più profonda. Una dimensione spirituale, appunto. Con il risultato che, a volte, la terapia libera effettivamente la persona dai blocchi che la tenevano legata, ma l’abbandona poi dentro deserti senza alcun orizzonte di senso e di speranza. Distruzione senza costruzione. Dunque, per certi aspetti, la lascia peggio di prima.
In questi giorni, dopo quasi ottant’anni di dinieghi da parte degli eredi, esce il Libro rosso di Carl Gustav Jung, il diario con cui il grande psicanalista svizzero testimonia il suo viaggio negli abissi della psiche. Un testo che si preannuncia straordinario: dove il cammino di ricerca dell’anima diventa un pellegrinaggio tra testi sacri, meditazioni, psicologia, letteratura, preghiere, sogni, archetipi e visioni folli che nulla escludono e tutto integrano, infischiandosene dei dogmi e puntando dritti alla potenza liberante dello Spirito. Senza la confusione in cui è scaduta la new-age, ma nell’atteggiamento creativo di San Paolo che invita a provare tutto ciò che serve per la nostra crescita scartando ciò che non serve, o di Sant’Ignazio che ci dice “todo modo”, tutti i modi sono validi se arrivano a Dio. Ecco, nell’esempio di un gigante del Novecento, la strada per una ricerca onesta e fruttuosa. Ma chi di noi ha davvero la voglia, la forza e il tempo per percorrerla fino in fondo?
Sono più che mai convinto – assistendo al pallido e tragico avanspettacolo che sembra essersi impadronito dello scenario pubblico, nel nostro paese – che l’unica salvezza possibile per il nostro paese (ma è un discorso che potrebbe essere riferito all’intero Occidente, nel suo lento e inarrestabile declino) è una rivoluzione dei cuori, una rivoluzione delle persone, una rivoluzione morale.
A me sembra infatti piuttosto chiaro che un paese dove la politica e la moralesono morte, non ha futuro. In un paese dove la politica e la morale sono morte, cioè, può succedere di tutto. Ed è quello che stiamo constatando, giorno dopo giorno.
Politica e morale, dopo dosi spaventose di cinismo e delegittimazione inoculate ad abundantiam, sono due parole che ormai vengono guardate con sospetto. E la loro abolizione è anzi salutata da qualcuno come un lieto evento.
Invece, se soltanto si analizzano le cose con lucidità, si scopre che non abbiamo scoperto ancora alternative praticabili alla mediazione politica come regola di convivenza, e alla morale come regola e interesse comune.
La storia insegna che l’assenza della politica produce anarchie e totalitarismi, mentre l’assenza di morale produce corruzione diffusa, sfruttamento e umiliazione dei più deboli, disinteresse per la cosa pubblica, disfacimento delle istituzioni, in fin dei conti infelicità. Sì, perché l’uomo non può vivere felicemente da solo, e come insegnavano padri della Chiesa da una parte, e filosofi illuministi dall’altra, io non posso essere veramente felice se la mia felicità è fondata sull’infelicità altrui.
Ruminando queste riflessioni, sono ritornato alla esemplare figura di Dag Hammarskjold(Jonkoping 1905 – Ndola 1961), diplomatico svedese che fu per due mandati consecutivi segretario generale dell’ONU, dall’aprile del 1953 fino alla sua morte, avvenuta in un oscuro incidente aereo nel pieno della crisi congolese. A Dag Hammarskjold fu assegnato il Premio Nobel per la pace alla memoria, proprio nel 1961. Alla sua morte fu ritrovato tra i suoi scritti una specie di ‘Diario Intimo’, che fu pubblicato in ogni paese, e tradotto in ogni lingua con il titolo Tracce di cammino.
p style=”margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify” class=”MsoNormal”>Questo testo raccoglie le profonde riflessioni di un cristiano al servizio della polis. Dei suoi dubbi, della sua solitudine, del suo drammatico percorso, alla ricerca di pace e magnanimità tra gli uomini, specie nei posti più tormentati del mondo.
Dag Hammarskjold era un uomo che del “dare se stessi” fece un paradigma di vita. “Dare se stessi” scriveva, ” nel lavoro, per gli altri; basta che non sia un darsi tanto per darsi (magari con la pretesa che gli altri ti stimino). ” Dare se stessi era la politica di Hammarskjold. Dare se stessi era la sua morale. Ecco cosa scriveva quattro mesi di morire, nello strano incidente aereo (quasi certamente un sabotaggio) che spezzò la sua vita:
Io non so chi – o che cosa – abbia posto la domanda. Non so quando essa sia stata posta. Non so neppure se le ho dato una risposta. Ma una volta ho risposto sì a qualcuno – o a qualcosa. Da quel momento è nata la certezza che l’esistenza ha un senso e che perciò, sottomettendosi, la mia vita ha uno scopo. Da quel momento ho saputo cosa significhi non guardare dietro a sé, non preoccuparsi del giorno seguente. Guidato attraverso il labirinto della vita dal filo d’Arianna della risposta, ho raggiunto un tempo e un luogo, in cui venni a sapere che il cammino porta a un trionfo, e che il crollo a cui esso conduce è il trionfo; venni a sapere che il premio per l’impegno nella vita è l’oltraggio, e che l’umiliazione più profonda costituisce l’esaltazione massima che all’uomo sia possibile. Da allora la parola coraggio ha perduto il suo senso, in quanto nulla poteva venirmi tolto.
“Non volevo morire senza aver capito perché ero vissuto. O, molto più semplicemente, dovevo trovare dentro di me il seme di una pace che poi avrei potuto far germogliare ovunque”
La sofferenza può essere una grande occasione di risveglio.
In questa intervista Terzani ci racconta la sua esperienza e ci indica la ‘via’.
link al videoper scaricare <click destro -- salva destinazione con nome>
Pubblichiamo nella sezione audiovisioni la conferenza di apertura dei corsi Darsi Pace (durata 50 minuti), che Marco ha tenuto, come ogni anno, nel Complesso storico dei Padri Domenicani a Piazza della Minerva a Roma, il 10 ottobre 2009. [Leggi di più…]
Annunciamo con molta gioia la nascita di Leonardo e di Lorenzo, figli rispettivamente di Alberta ed Enrico e di Claudia e Antonio.
Ai neogenitori un piccolo vademecum offerto da Domenico, intramezzato dai “vagiti della nuova umanità”, bene espressi dal tenerissimo Andrea.
L’invito è a non spegnere i sogni e le aspirazioni dei figli, e, per far questo, a non rinunciare ai propri sogni, a volare, a tenere alto lo sguardo, nonostante le difficoltà e le fatiche del quotidiano.
Sapendo che non si è soli, e quindi, cercando compagni e compagne di viaggio, amici con cui condividere il cammino.
Tra tre giorni avrà luogo la conferenza di apertura del nuovo anno Darsi Pace con la presentazione dei gruppi ed una descrizione sommaria del lavoro che si svolge nel loro ambito.
“AMARE ALLA FINE DI UN MONDO , il desiderio e la paura della coniugazione dei sessi “ è il tema scelto da Marco per questa occasione e devo riconoscere che ancora una volta il suo attento occhio ha scovato uno dei punti cruciali della realtà che tutti noi stiamo vivendo .
Puntando la lente sul rapporto di coppia ci appaiono tutte e per intero le difficoltà dell’essere in relazione, se le cose non funzionano là dove esistono progetti condivisi sui quali si investe una bella fetta della propria vita figuriamoci cosa accade in altre relazioni che comunque inevitabilmente siamo chiamati a vivere nel quotidiano.
Cammino nei gruppi da tre anni e faticosamente arranco nel tentativo di strappare definitivamente la maschera che mi sono autocostruito inconsapevolmente ma che così bene veste e nasconde il mio più profondo essere.
Devo riconoscere che è questa per me una grande occasione di crescita e sin da subito se ne percepisce l’efficacia ma il lavoro da fare richiede grande impegno, costanza, coraggio, e pazienza.
La scoperta di come la relazione possa essere ben veicolata attraverso la parola VIVA è stata una delle prime emozioni del cammino .
Sentir scendere dentro parole che fanno vibrare tutto il nostro essere e percepire la profonda fonte da dove queste hanno origine nell’altro è la relazione che tutti cerchiamo ma che raramente e difficilmente sperimentiamo, la realtà che abitiamo non la favorisce anzi direi che la ostacola in tutti i modi .
Per questo vorrei aggiungere la mia bene-dizione al lavoro che nei gruppi viene svolto ed augurare a tutti coloro che decideranno di rimboccarsi le maniche in questo anno “ BUON LAVORO “.
Sappiate che abbiamo un ottimo strumento tra le mani ma se non ci impegniamo non dipende certo dallo strumento .
Uno dei frutti sbocciati nel cammino è QUESTO SITO luogo di accoglienza per tutti coloro che desiderano sperimentare relazioni più coinvolgenti che utilizzano un linguaggio capace di veicolare la propria profonda esperienza ma sarebbe utile domandare :
è proprio così, si percepisce questo intento ???
riesce il web ad essere una valida palestra dove far crescere questo nostro intento ???
Festeggiare un compleanno è sempre un evento importante per tante ragioni.
Oggi darsipace.it compie il suo primo compleanno per ricordare un anno trascorso nella Rete.
Ai compleanni si invitano i “compagni di viaggi”, quelli con i quali hai fatto o stai facendo un pezzo di strada per dare valore e rinnovare il senso di questo stare insieme.
Avete capito bene .. gli inviati siete voi 🙂
Venire a mani vuote non è bello convengo con voi … quindi cominciate con gli auguri conditi con qualche vostra sincera considerazione su quanto è stato fatto e magari provate ad esprimere qualche desiderio per il futuro.
Per rompere il ghiaccio comincio io 🙂
All’inizio …
ci fu un grosso dibattito sull’opportunità di andare in rete. Come è possibile tradurre un’ esperienza di 10 anni basata sull’incontro e la condivisione in un contesto “spersonalizzanto” (?) come la Rete?
Ricordo che alcuni nutrivano una profonda avversione, altri inadeguatezza e altri ancora grande entusiasmo. Insomma si cominciava bene. C’erano tutti i presupposti per fare un bel lavoro. Decidemmo così di lasciar lavorare per primo … il tempo.
Passarono molti mesi e piano piano l’entusiamo di pochi divenne quello di molti.
I punti interrogativi stampati sulle facce di molti piano piano scomparvero lasciando il posto ad un bel sorriso.
Durante ..
.. gli incontri di redazione ciascuno metteva sul tavolo dubbi, perplessità, idee e quant’altro ritenesse opportuno.
Dovevate esserci. Discussioni su cosa e come scrivere. Come utilizzare strumenti come YouTube, MySpace. Fare un blog o cosa altro. Quale doveva essere la nostra identità digitale per essere conosciuti e riconosciuti in Rete.
Insomma i punti interrogativi dell’inizio ricomparvero nel durante.. e più grandi di prima 🙂
Alla fine ..siamo finiti in Rete
Partiamo con quello che sapevamo fare, sicuramente con qualche timore in meno ma con le idee sempre più chiare sul cosa scirvere, come e per chi.
Come vi raccontavo all’inizio solo un paio di noi frequentavano la rete per piacere e/o per lavoro. Tutti gli altri no.
In poco tempo mi sono meravigliato dei cambiamenti dei molti 🙂
Alcuni esempi di trasformazione. Non me ne vogliano 😉
Paola che inizia commentando le poesie di Marco, adesso cura le interviste ai partecipanti dei gruppi e degli intensivi: con la sua videocamera (comprata appositamente) filma, monta (avendo fatto un corso ad hoc), sceglie musiche e pubblica su YouTube e sul sito darsi Pace.
Giovanna la meno Internet di tutti si lancia (in realtà è lanciata dagli altri 🙂 ) nella rete dove sembra trovarsi a suo agio. Scrive post con un linguaggio accattivante che incita alla partecipazione.
Alessandro impiegherà più tempo . Alla fine anche lui verrà lanciato. Inizia condividendo i suoi “muri” ma anche i suoi passi avanti incitato dai lettori del sito.
Altri hanno risposto alla nostra richiesta di partecipare anche se non facenti parte direttamente della redazione. Quello che più ci stupisce è che molti hanno raccolto l’invito regalandoci una parte di sè raccontandoci il loro percorso di trasformazione iniziato o continuato grazie ai gruppi Darsi Pace e/o agli intensivi: Alessandro, Enrico, Lauretta ed Eva solo per citarne alcuni.
Il blog Darsi Pace comincia ad avere un certo seguito e ce ne accorgiamo dai commenti. Incontriamo così Rosella, Gabriella, Renato, Fabio, Michele per citare i più assidui.
Perchè tutto questo sia possibile è necessario avere in squadra dei fan della tecnologia internet. Un grande grazie va ad Andrea, il nostro webmaster, che con grande pazienza soddisfa le continue richieste e sollecitazioni. Grazie anche a Fabrizio per il supporto teconologico della redazione nelle attività di pubblicazione dei contenuti.
La scelta editoriale
Dopo un breve periodo dal lancio decidemmo di non pubblicare post giornalieri.
Condividere una parte di sè necessita di una riflessione quindi di tempo così come l’eventuale risposta.
Il tempo è dalla nostra parte, un alleato e non un nemico.
Il tema di ciascun post così come il linguaggio è “libero”. Nessuna forzatura. Ognuno si esprime in base alla sua sensibilità e il suo linguaggio (digitale?).
Cosa è successo?
Che i muri (solo digitali?) iniziali piano piano sono stati abbattuti. Molte energie si sono liberate. Il piacere di condividere e coinvolgere hanno avuto la meglio.
Sono ormai tra i decani dei partecipanti ai Gruppi di Marco Guzzi e spesso ancora mi sorprendo, felicemente, a constatare come la mia vita abbia subito una svolta decisiva da quel non casuale incontro di tanti anni fa con Marco.
All’inizio si trattava di una manciata di attesissime riunioni di pochi ma attenti appassionati, in orari improbabili e luoghi suggestivi… la libreria Appunti Di Viaggio ….
Poi, inesorabilmente, i frequentatori sono cresciuti in spirito, consapevolezza e numero, gli incontri si sono organizzati in periodici appuntamenti mensili, e, anno dopo anno, si sono delineate le diverse gradualità di ingresso a quelli che ormai andavano assumendo la forma di veri e propri corsi.
Oggi i Gruppi sono tre, per i diversi livelli di esperienza sviluppati annualmente, che con cadenza più o meno bisettimanale si riuniscono presso l’Ateneo Salesiano in tre diversi giorni della settimana con ulteriori incontri infrasettimanali dedicati all’attuazione più approfondita delle pratiche e delle tematiche svolte nei corsi di base. Ad ottobre la programmata conferenza presso l’oratorio della Minerva apre ufficialmente il lavoro dei corsi e a giugno l’incontro intensivo di tre giorni in località Santa Marinella conclude la serie di appuntamenti che si è svolta durante l’anno. Non mancano ulteriori intensivi tenuti sempre da Marco in diverse sedi e date per offrire ai fuori sede e a chi non ha molto tempo a disposizione la possibilità di partecipare ugualmente al lavoro dei Gruppi.
Infine si è di recente felicemente, e spontaneamente, costituita l’associazione Darsi Pace per sperimentare in concreto, promuovere e divulgare l’attività maturata nei gruppi.
E da circa un anno la redazione che ne è scaturita ha dato vita al suo (questo) sito sul web che intende dare una espressione concreta al frutto del lavoro che i partecipanti producono nella partecipazione ai Gruppi.
Si tratta di un lavoro articolato, come bene dice Fabio nella sua straordinaria testimonianza contenuta nel Video della settimana, su tre livelli: culturale, psicologico e spirituale. Supportato dal (per ora primo) Manuale di riferimento Darsi Pace scritto da Marco e pubblicato dalle edizioni Paoline, e da altri testi dello stesso autore ugualmente correlati. Nel corso degli incontri è Marco stesso che propone le riflessioni, talvolta attraverso la lettura di brani della Bibbia altre volte dalla semplice ma opportuna analisi della realtà che ci circonda. C’è poi la possibilità di sperimentare direttamente il percorso che si segue attraverso la condivisione, con gli altri partecipanti, al momento dei passaggi più significativi che caratterizzano l’approfondimento delle proprie psicologie, e la pratica meditativa guidata. Non mancano infine un continuo conforto e l’ascolto sempre disponibile di Marco nelle istanze che di volta in volta possono richiedere una attenzione più dedicata.
Grazie a questo incessante lavoro, che si dipana solo facendolo, frequentandolo, io sono ritornato, e faticosamente cerco di raggiungere la fonte incontaminata divina che so in me. Non voglio più fermarmi, e anche dopo le cadute mi rialzo e continuo ad andare. Erodere l’egoità che si è stratificata (in me) nel corso dell’esistenza a volte mi genera scoramento per i risultati che non arrivano, e per le numerose, scontate, ricadute che mi mortificano …
ma è un lavoro che non so più smettere, un compito che non voglio smettere perché è ormai la mia natura stessa, la mia ragione. E le conquiste le raccolgo ogni istante nella mia vita, tutti i giorni.
Sono in cammino grazie a Marco e non mi fermo più.
Non ha certo bisogno di essere celebrato da me, ma mi piace poter qui riportare, come Fabio, una sua bellissima poesia che io ho particolarmente a cuore, porto sempre con me e non mi stanco mai di leggere e riascoltare:
L’ultima lezione
Non rifiutare l’afa di questo pomeriggio calabrese.
Non rifiutare la tua paura.
Non rifiutare la tua meschinità e il tuo orgoglio,
Il senso pungente della tua inferiorità e la percezione di una superiorità
Che giudica e pone sotto o sopra le persone
In base a scale di giudizio inflessibili e crudeli.
Tu non giudicare il tuo giudizio, non condannarti.
Non rifiutare quell’ombra che odi dentro di te,
Né quell’altra che la odia, non separarti da niente.
Non rifiutare l’amarezza della prima mattina
Né il tuo peccato più frequente.
Lascia che io ti dilati: tu
Contieni, accogli, accetta, risana.
Guarda con dolcezza la tua avidità di bambino defraudato.
Guarda con amore la tua arroganza, la tua chiusura.
Guarda alle tue piccolezze come guarda una madre
Al figlio che agita i pugnetti per respingerla piangendo.
Così amerai il tuo assassino e pregherai per lui.
Guarderai con dolcezza il persecutore, chi ti esclude crudelmente,
Chi ti umiliò e ti sconfisse, senza nemmeno riconoscerti.
Non rifiutare niente. Non giudicare. Non condannarti.
A volte mi pare che l’azione politica più congeniale a questo tempo debba essere una sorta di esorcismo.
Mi sembra a volte, molte volte in realtà, e sempre più spesso, che il nemico contro il quale sta combattendo la nostra umanità, per non soccombere, piombata per sempre nella sua disperazione, sia qualcosa di terribile, difficile perfino da descrivere.
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