Pubblichiamo nella sezione audiovisioni il video della conferenza di Marco Guzzi “Realizzarsi. Possiamo creare la nostra felicità?”.
La conferenza ha aperto l’incontro di presentazione dei corsi Darsi Pace 2010-2011, che si è svolto sabato 9 ottobre a Roma presso il complesso storico dei Padri Domenicani a Piazza della Minerva.
Alcune testimonianze dei partecipanti ai gruppi verranno pubblicate prossimamente.
Realizzarsi: Possiamo creare la nostra felicità?
Etty Hillesum – profeta per i cuori pensanti
- L'intervento di Marco Guzzi e Fabrizio Falconi su Radio Uno Rai -
Più scendiamo nella confusione e nei conflitti che avvelenano le nostre vite, più diventano vere e profonde le parole scritte settant’anni fa da Etty Hillesum, la giovane intellettuale di Amsterdam uccisa nel campo di sterminio di Auschwitz. All’orrore estremo del male, quello senza paragoni storici prodotto dai nazisti, Etty sapeva reagire smarcandosi dall’odio, certo legittimo e comprensibile, che nutriva i suoi fratelli ebrei. E proponeva una via nuova, folle, ma straordinariamente vera: guardare prima al proprio marciume, estirparlo e dissotterrare quella potenza d’amore che sta in fondo alla nostra anima. Fino a imparare a lodare la vita sempre, malgrado tutto quello che può succedere. [Leggi di più…]
Crisi epocale e nuovo inizio. Sfide per la vita consacrata
Pubblichiamo la conferenza tenuta da Marco Guzzi all’Istituto di Teologia della Vita Consacrata “Claretianum”, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, il 23 ottobre 2009.
Europa dove stai andando?
Massimo Cerofolini intervista Marco Guzzi sulla crisi dell”identità europea:
http://www.radio.rai.it/radio1/radioeuropa/view.cfm?Q_EV_ID=289459
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Il 57% degli europei non è andato a votare, manifestando in modo inequivocabile che i popoli europei non apprezzano questa Europa, non si riconoscono in essa, e non considerano importanti le sue istituzioni.
Lo sapevamo già, ma indubbiamente questi dati ci danno una conferma eclatante del netto rifiuto popolare di questa Europa. [Leggi di più…]
Un mondo di lussuriosi?
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Il volto sempre più pornografico del nostro tempo, traboccante di una sessualità ostentata e mercificata, non segnala affatto una esuberanza del desiderio, quanto piuttosto uno spaventoso calo dell’eros reale. In questo mondo di passioni virtuali o comunque tristi e squallide, soffriamo in realtà di una penuria crescente di passioni autentiche, e di creatività.
Di questi argomenti ha parlato la giornalista Stefania Rosini con Marco Guzzi nella puntata della trasmissione Percorsi, curata da Elisabetta Parisi, su Radio Tre, domenica 29 novembre.
Alla trasmissione hanno partecipato anche Simona Argentieri e Angelika Riganatou.
Dalla fine all’inizio
Con questo post inizieremo ad offrirvi nuovi e più ampi materiali audio e video di varia lunghezza.
Si tratterà di trasmissioni radiofoniche e di conferenze, come di parti di seminari intensivi o delle nostre sedute e meditazioni di gruppo.
Iniziamo con una serie di 8 trasmissioni che ho condotto, a partire da sabato 7 febbraio 2009, alle ore 10.50, per Radio Tre.
Il tema generale era:
Dalla fine all’inizio
Percorsi per ricominciare
Il programma, che si intitola Percorsi, ed è a cura di Elisabetta Parisi, affronta otto scenari fondamentali della vita contemporanea osservando appunto ciò che si sta consumando in essi e cosa stenta ad emergere come nuova configurazione.
Questo ciclo può considerarsi un’ottima introduzione al senso del nostro lavoro nei Gruppi Darsipace, in quanto ci mostra come solo un intenso processo di trasformazione interiore possa ormai alimentare e orientare quei mutamenti storici, politici, e culturali, che tutti avvertiamo come ineluttabili.
Il calendario delle trasmissioni è stato il seguente:
Testimonianza di Iapino
La testimonianza di Alessandro Iapino: qui ho imparato ad ascoltarmi.
La cura dell’orto
Vorrei condividere con voi questo passaggio del libro di Enzo Bianchi “Il pane di ieri”, perché mi sembra una metafora molto bella della vita interiore, e della “pratica” quotidiana e concreta di cui la nostra interiorità ha bisogno per non avvizzire.
[…] Ho imparato molto presto a scoprire autentici tesori di umanità in poveri uomini cenciosi che tuttavia conoscevano bene la vita perché l’attraversavano nella fatica, nell’estraneità, nell’ascoltare molto e nel parlare poco.
Uno di questi grandi maestri anonimi […] è stato per me un vicino di casa, Pinot: non sposato, viveva con una nipote ed era sovente preso in giro per una malformazione al cuoio capelluto […]. Aveva un bellissimo orto in un terreno che in seguito dovette cedere per fare spazio alla costruzione della cantina sociale del paese: Pinot ogni mattina scendeva nell’orto a lavorare per poi tornare a casa verso le undici con ortaggi e verdure che servivano per il pranzo e la cena.
Bambino di una famiglia che non possedeva appezzamenti di terra perché il padre non era contadino, io ero molto incuriosito dal lavoro agricolo e sovente, fin da piccolo, mi accodavo a Pinot e scendevo con lui nell’orto.
Quell’uomo semplice e buono mi ripeteva sempre: “Ricordati che per fare un orto ci vuole acqua, letame, ma soprattutto ciuènda!”.
Sì, per l’orto non basta che ci siano gli elementi che fanno crescere una pianta, ci vuole anche la ciuènda, la recinzione fatta di canne – più tardi sostituite dalla rete metallica – e di pali che protegge l’appezzamento di terra dagli animali che minacciano di devastarlo: cani, conigli, a volte il cinghiale, più raramente anche altre persone attratte dall’idea di poter raccogliere senza aver seminato.
Così, alla fine dell’inverno e anche ogni volta che si apriva qualche varco, aiutavo Pinot a riparare la ciuènda e più che i segreti della coltivazione degli ortaggi imparavo una lezione di vita perché l’orto è una grande metafora della vita spirituale: anche la nostra vita interiore abbisogna di essere coltivata e lavorata, richiede semine, irrigazioni, cure continue e necessita di essere protetta, difesa da intromissioni indebite. L’orto, come lo spazio interiore della nostra vita, è luogo di lavoro e di delizia, luogo di semina e di raccolto, luogo di attesa e di soddisfazione. Solo così, nell’attesa paziente e operosa, nella custodia attenta, potrà dare frutti a suo tempo.
Mi sono quindi appassionato molto presto all’orto, […] Così, a quattordici anni chiesi in dono a mio padre di affittare per me un fazzoletto di terra dove potessi avere il “mio” orto. Venni esaudito e da allora non sono mai riuscito a vivere senza accudirne uno […]
Ripenso sovente con gratitudine a Pinot, che mi insegnò tramite l’orto ad avere un sano rapporto con le “cose”: non mi spiegava solo a piantare, seminare, far crescere, ma mi aiutava anche a capire perché occorre seminare in se stessi, coltivare se stessi, far crescere se stessi e attendere i frutti.
(Enzo Bianchi, “Il Pane di ieri”, Einaudi 2008)
Queste parole di Enzo Bianchi mi hanno spinto anche ad un’altra riflessione: la pratica concreta delle cose ci insegna molto di più delle nozioni imparate solo con la testa.
Certi concetti non si possono apprendere solo con la mente: possiamo capire razionalmente che è importante curare la nostra anima, ma finché questa comprensione non passa attraverso il nostro corpo, le nostre mani, la nostra fatica, rimane una conoscenza solo parziale, che non ci coinvolge nel profondo e che quindi difficilmente porterà dei cambiamenti concreti nella nostra vita.
Forse anche per questo i nostri genitori e nonni, che passavano molto più tempo a fare che a leggere e a studiare, erano in tante cose molto più saggi ed equilibrati di noi.
Antonietta
Ri-Generazione: una tappa fondamentale
Si è concluso domenica 29 marzo il Seminario LA-RIGENERAZIONE tenuto da Marco Guzzi.
Il Seminario ha segnato per molti una tappa fondamentale della vita. Le riflessioni e le meditazioni di Marco, il lavoro personale e le condivisioni, hanno aiutato ad acquistare consapevolezza delle tante immagini distorte di Dio che bloccano la piena manifestazione della nostra Umanità.
Questa lettera, arrivata appena concluso il seminario, testimonia il superamento di paure infantili legate all’immagine del ‘crocifisso’ e l’inizio della ‘fioritura’, la Nuova Umanità liberata.
Caro Marco,
L’intensivo si è rivelato un’esperienza fantastica; credo di poter dire, già sin d’ora, che rimarrà una tappa fondamentale nella mia vita.
E’ incredibile che si sia presentata questa opportunità nel momento in cui sono continuamente alla ricerca di determinate risposte. Ma si è presentata, e l’ho colta (un caso oppure no? Non ho certezze, per ora).
Per la prima volta ho cominciato a percepire verso la figura di Gesù una viva simpatia, laddove prima sentivo paura e disagio.
Sin da bambino, Gesù inchiodato a quella croce (ma non soltanto) m’ha spaventato; adesso mi sembra un amico; e provo gratitudine e affetto nei Suoi confronti.
Naturalmente l’ego si è subito incaricato di rendermi ridicolo ai miei stessi occhi, ma d’ora in poi a me Gesù starà simpatico: un fatto nuovo e incontrovertibile, che cambia la direzione della mia vita, ego o non ego.
Appena tornato a casa, a testimonianza della stranezza e contraddittorietà e novità delle mie emozioni, ho scritto un terribile racconto breve di enorme disperazione e solitudine, e una raggiante poesia dal titolo RIVELAZIONE; a dire il vero fino in fondo, il racconto ce l’avevo pronto in testa e la poesia invece no, l’ho scritta quasi per risarcirmi della disperazione del racconto; ma è venuta fuori una lirica stupendamente speranzosa, la prima di una raccolta che intitolerò provvisoriamente FIORITURE, e che si sforzerà di cercare attraverso una luce più chiara e limpida.
Le poesie che ho scritto sin qui, a testimoniare il demone del dubbio, erano radunate sotto il titolo SOGLIE; ma ora mi pare che almeno alcune soglie siano state oltrepassate, e che sia tempo di fiorire. Curiosa comunque questa dicotomia fra prosa/disperazione e poesia/speranza, no? Ennesima conferma, comunque, che pendoliamo (altro concetto fondamentale da introiettare).
Ancora: ho capito meglio cosa significa incarnare il lavoro intellettuale, e ho capito meglio l’importanza della condivisione del lavoro. Confrontandosi con gli altri, si ha davvero la percezione di quanto certe male-dizioni dimorino nella carne, nelle cellule; questo però non mi sembra vada a favore di coloro che sostengono che siamo soltanto muscoli, ossa e chimica; al contrario.
E’ la testimonianza, ho l’intuizione, che siamo questo ed altro. E “altro” è un vocabolo che, come ci ha insegnato Rimbaud (e come oggi insegna Lost), dovrebbe risuonare costantemente nelle nostre coscienze. Senza l’altro non si dà l’io, e viceversa. Per citare ancora Rimbaud: “Se l’ottone si sveglia tromba, non è colpa sua”. Ma intanto capiamo in cosa ci siamo svegliati, giusto?
Ancora: ho apprezzato le tue poesie più che in occasione delle mie prime letture; sono pozzi cui più si attinge, più danno acqua; e sono visioni e promesse, ma promesse presenti, in cui il futuro ci raggiunge e ci permea; sono cartoline celesti.
In esse mi pare si condensi magicamente quel triplice lavoro cui tu ti dedichi inesausto da anni e anni; in esse la tua alterità sgorga libera.
Ho vieppiù apprezzato la tua capacità di accogliere, e a tal proposito faccio un esempio: trovo assai significativo che il ‘contestatore’ che t’aveva “aggredito” seccamente la prima sera, alla fine del corso abbia proposto l’applauso di tutti per te. Una perfetta chiusura del cerchio.
Questa è la dimostrazione che l’onestà intellettuale funziona, al di là della forza “bellica” delle idee precostituite (purtroppo, dinanzi a un pensiero come il tuo, avere idee precostituite sembra quasi inevitabile; io stesso le ho a lungo nutrite prima di liberarmene, il che non significa che non ti contesterò se lo riterrò opportuno).
In fondo ci si potrebbe azzardare ad affermare che la nuova umanità vincerà sulla vecchia, alla fin fine. Il ‘contestatore’ della prima sera lo vedo fortemente simbolico di uno scricchiolio foriero di tante belle cose, simile a una crosta di ghiaccio che si spezza.
In conclusione, mi sembra di poter affermare che questo intensivo sia stato straordinario; e sia ben chiaro che chi scrive resta un relativista, uno scettico, un uomo in cerca, affatto pacificato; e però rinnovato.
Un caro saluto. Enrico
Ascoltando “Dentro la sera”: Testimonianza di Giulia Basili
La dimensione sonora e vocale del parlare mi ha sempre attratto e affascinato e spesso nell’ascoltare unicamente la voce di persone di cui non era visibile il corpo (alla radio o al telefono), mi accorgevo di fantasticare sul loro aspetto fisico, sul loro modo di sentire e di essere.
Calvino diceva, con grande sensibilità, che “la voce manifesta la persona a chi sa ascoltare, a chi sa cogliere quello che ella rivela, quello che la persona ha di più nascosto e di più vero”.
Ora con la maturità, ho scelto di intraprendere un percorso di conoscenza e di relazione d’aiuto proprio attraverso la mediazione della voce.
Ho capito, che nell’ascoltare chi parla (così come nell’ascoltare la voce di Marco Guzzi alla radio) stando in una condizione interna centrata e ricettiva, si aprono paesaggi e dimensioni dell’essere che vanno oltre il solo contenuto semantico delle parole stesse.
La ricerca di un contatto sempre più intenso e autentico con se stessi porta anche ad una liberazione della propria voce, che diventa così un canale di energia e di nutrimento sia per la persona che parla che per chi le sta intorno.
Ritrovo questa dimensione così privilegiata ogni volta che alla radio tornano trasmissioni che parlano dell’uomo e degli strati più profondi del suo essere (così come la trasmissione Percorsi condotta da Marco Guzzi) tenendo sempre conto che una voce purificata e liberata può, nel suo comunicare la verità e la sapienza, operare delle grandi trasformazioni interiori.
Ricordo con grande piacere e anche commozione quelle serate, senza televisione, in cui con mio marito (allora non ancora sposati) aspettavamo con curiosità le nove, per ascoltare la trasmissione Dentro la Sera condotta da Marco Guzzi.
La sua voce calda e accogliente ci faceva entrare in quella ‘casa’ silenziosa e tranquilla dove, oltre ai commenti musicali così intensi, si parlava di cose profonde e immense: dell’essere umano e della sua complessità, dei suoi dolori e di quelle sconfinate domande sugli enigmi dell’universo e della sua esistenza sulla terra.
Mio marito ed io attingevamo spunti di riflessione incredibile e trovavamo tante affinità con ‘quella’ persona, che non vedevamo, ma ci accorgevamo come stesse lentamente riempiendo il nostro cuore e i nostri pensieri e dilatando ancora di più la nostra visione delle cose terrene.
A quel tempo (e tuttora, ma in modo più consapevole e mirato) eravamo molto appassionati e impegnati nell’ambito della conoscenza dell’antroposofia di Rudolf Steiner e nell’ascoltare le parole di Marco risuonavano non pochi riferimenti e corrispondenze con il nostro percorso interiore.
E dunque quella voce, divenuta così familiare e necessaria, che ci parlava dalla radio, testimoniava, anche dall’esterno (in questo caso dalla radio) ciò in cui credevamo e sperimentavamo con così grande intensità.
Sempre più si manifestava il desiderio di dare anche un ‘corpo’ a quella voce notturna, di condividere in modo più diretto sentimenti e pensieri comuni, in somma di conoscere personalmente o comunque avere un contatto con Marco Guzzi.
Così mio marito Alessandro decise di scrivergli una lettera affettuosa e di stima, e la cosa per noi ‘sorprendente’ (non molti personaggi della radio o tv rispondono in modo personale agli ascoltatori) fu che rispose con la stessa stima e calorosità confermando la corrispondenza tra il ruolo di conduttore radiofonico pubblico e quello della persona in privato.
Era tutto vero: una persona profondamente spirituale, attenta, coltivata nell’anima e nella mente, ci parlava in modo diretto e amichevole da un’emittente nazionale! Che fortuna!
Da lì è cominciato il contatto, poi la conoscenza, lo scambio e finalmente la partecipazione assidua ai gruppi di crescita personale e al lavoro di scavo e di conoscenza dei meccanismi di difesa inevitabili, ma limitanti, delle modalità ricorrenti di conformarsi a ruoli e situazioni, che mettono in luce paure e automatismi emotivi.
È stato ed è tuttora un mettersi continuamente a nudo, cercando lentamente di intaccare la scorza dura dell’ego.
Ogni passaggio seppur doloroso e lucido, se non avesse avuto il supporto di un conforto spirituale cristiano, portato dalla lettura e commento delle Scritture, sarebbe stato devastante e scoraggiante, e ciò mi ha ulteriormente confermato la necessaria integrazione tra lavoro psicologico e lavoro spirituale, senza cui ogni lavoro di scavo interiore, anche il più accurato, rimane fine a se stesso.
Ormai sono passati nove anni da quando ho cominciato con i gruppi di trasformazione interiore (oggi divenuti Associazione Darsi Pace) e molti cambiamenti sono avvenuti in me e anche nel mio modo di scegliere e di valutare persone ed eventi della vita.
Guardandomi indietro credo di aver sfoltito molte ‘erbacce’ e, malgrado continui ad essere spesso confusa e insicura, so che posso contare su strumenti di consapevolezza che solo un lavoro meticoloso e accurato, svolto in tanti anni, mi ha saputo dare e continuerà a darmi.
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